Il denaro restituito

Il denaro restituito

Un anziano signore, prossimo al termine dello scorrere della clessidra che segna il tempo terreno, chiamò al proprio capezzale i suoi sette figli, per esprimere le sue ultime volontà e dare le giuste raccomandazioni.
Chiese di portare con sé, dentro la cassa, una cifra in denaro.

Spiegò che non era importante la cifra che avrebbero inserito.

Voleva che facessero questo gesto poiché da loro non aveva mai ricevuto nulla, nonostante avesse costruito ad ognuno una casa.
Spiegò che i soldi li avrebbe restituiti tutti, a cassa chiusa, ma solo a chi di loro si fosse dimostrato più generoso ma anche più furbo.
Recitò un proverbio nel quale veniva spiegato che un padre mantiene sette figli, ma che sette figli non riescono a mantenere un padre.
Passato a miglior vita, i figli fecero una riunione di famiglia su come esaudire le volontà del padre e il più giovane, l’unico che per l’insistenza del padre aveva studiato, propose:

“Date a me i sodi in contanti da mettere nella cassa.

Per semplificare il tutto, li tramuterò in un assegno, attestante la nostra unità.
Sarà anche più semplice evitare furti in questo modo, dato che, come sappiamo, ci possono essere dei malintenzionati tombaroli che potrebbero approfittare della nostra generosità!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il pittore e gli allievi (Mamma e figlia)

Il pittore e gli allievi (Mamma e figlia)

Cara figlia mia, voglio narrarti una storia.

“Molto tempo fa, un uomo che aveva ricevuto da Dio il dono di dipingere con pennelli e colori le meraviglie che vedeva attorno a sé, pensò che fosse giusto insegnare la sua arte ad altri giovani così che non morisse con lui.
Spiegò ai suoi allievi come usare i pennelli, a diluire i colori per ottenere le sfumature più infinite per rappresentare il creato.
Quando, secondo lui, furono pronti, mostrò loro un suo dipinto e li esortò a riprodurlo il più fedelmente possibile, seguendo i suoi insegnamenti, concedendo loro una settimana di tempo.

Trascorsi i sette giorni ogni allievo si recò da lui con la propria opera.

Quale fu la meraviglia del maestro quando vide che ogni riproduzione era simile nei tratti alla sua originale, ma i toni e le sfumature li distinguevano una dall’altra.
Deluso e amareggiato li rimproverò per non aver ascoltato i suoi insegnamenti.
Prima che gli allievi avessero modo di difendersi, intervenne la sposa del maestro pittore, che aveva assistito a tutto restando fino ad allora in disparte:
“Marito mio, tu hai trasmesso a questi giovani il tuo dono, mostrando loro come usarlo, secondo il loro cuore e la loro anima.
E sai bene che ogni anima è dono di Dio ed è unica.
Come puoi chiedere, anche ad uno solo di loro, di guardare il mondo coi tuoi occhi… tu puoi insegnargli a osservare la natura e la tecnica per riprodurla, ma è con i suoi occhi che egli la vedrà e la esprimerà attraverso la sua anima, unica e ineguagliabile.
E ogni opera che uscirà dalle sue mani, grazie al dono che tu gli hai fatto, sarà mirabile e unica, degna di onore e ammirazione.

Tu hai donato loro il pennello per dipingere la vita…

ma lascia che lo usino secondo il loro cuore e sii sempre e comunque fiero di loro!”
Fu così che il pittore capì che se facciamo un dono non possiamo ipotecare l’uso che ne verrà fatto.”

Ecco, figlia mia, Dio ha fatto dono ad ogni donna di cooperare alla creazione della vita, attraverso la maternità e in tantissimi altri modi.
Ogni madre userà il pennello avuto in dono per insegnare ai figli a dipingere, secondo coscienza e amore, la vita che decideranno di avere per volontà e aspirazione.
Ogni opera sarà unica, frutto di insegnamenti ricevuti attraverso atti di amore, rispetto, compassione, riconoscenza, carità e umiltà.
Poiché tutti siamo fallibili, gli errori nel tuo dipinto lo renderanno ancora più prezioso e unico.
Ma ricorda che col tuo pennello potrai dipingere qualunque cosa, secondo il tuo cuore e i tuoi desideri, in piena libertà.
Ecco, ora il pennello è tuo, è un dono, usalo come meglio senti di fare; ricorda i miei insegnamenti sempre, perché son frutto della vita che ho ricevuto e che ti ho dato, ma dipingi la tua vita coi colori che vedono i tuoi occhi, attraverso il cuore.

Fai lo stesso coi tuoi figli e, quando verrà il momento, lascia loro in dono questo pennello, come faccio ora con te.

Così che in futuro tutti possano godere degli insegnamenti, ma mantengano la libertà di utilizzarli.
Ciò che ti lascio è la tela dove ho dipinto la mia vita, perché tu la possa osservare e prenderne spunto per dipingere la tua, secondo le tue sole aspirazioni; è la forza di camminare con le tue gambe, ma mai da sola, perché il filo con il quale il Padre ci ha legato non può essere spezzato e io sarò sempre parte di te come tu di me.
Prendi questo dono e sii sempre fiera delle tue capacità, in esso c’è anche il mio cuore che da sempre batte assieme al tuo, per l’eternità.
Con amore, la tua mamma.

Brano senza Autore

Il vecchio e la famiglia

Il vecchio e la famiglia

Cera una volta una famiglia serena e tranquilla che viveva in una piccola casa di periferia.
Una sera i membri della famiglia erano seduti a cena, quando udirono bussare alla porta.

Il padre andò alla porta e l’aprì.

Cera un vecchio in abiti laceri, con i pantaloni strappati e senza bottoni.
Portava un cesto pieno di verdura.
Chiese alla famiglia se volessero acquistare un po’ di verdura.
Loro lo fecero subito, perché volevano che se ne andasse.
Con il tempo, il vecchio e la famiglia fecero amicizia.
L’uomo portava la verdura per la famiglia ogni settimana.

Scoprirono che soffrisse di cataratta e che fosse quasi cieco.

Ma era così gentile che impararono ad aspettare con ansia le sue visite e ad apprezzare la sua compagnia.
Un giorno, mentre consegnava la verdura, il vecchio disse:
“Ieri ho ricevuto un grande regalo!
Ho trovato fuori della mia casa un cesto di vestiti che qualcuno ha lasciato per me!”
Tutti quanti, sapendo quanto lui avesse bisogno di vestiti, dissero:
“Meraviglioso!”

E il vecchio cieco disse:

“Ma la cosa più meravigliosa è che ho trovato una famiglia che aveva davvero bisogno di quei vestiti!”
La gioia di donare è più forte della vita.
È veramente povero solo chi non la prova mai.

Brano senza Autore

I tre agnellini

I tre agnellini

Lassù sulle montagne del Tirolo, c’era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità.
Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose.
Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio.
Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli.

Il bambino rispose:

“A Gesù non importa, Lui sa che non ho giocattoli per giocare.”
Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva.
“Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?”
“Là!” rispose il fanciullo indicando vagamente l’alto.
Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l’agnellino era pronto, bello da sembrare vivo.
Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio.
Il bambino appena vide l’agnellino protese le braccine e l’afferrò.
Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato.

Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando:

“Tienilo pure.
Intaglierò un altro agnellino.”
Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo.
“Oh! Che meraviglioso agnellino!” disse, “Posso averlo per piacere?”
“Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro” rispose Dritte e ne realizzò un altro.
Ma il bambino dai capelli d’oro non ritornò, e l’agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega.
La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame.
Prima di Pasqua, in un giorno uggioso, un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare.

Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro:

“Sono alla locanda,” disse il commerciante, “in caso cambiate idea.”
La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l’agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega.
Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d’oro.
“Ho tenuto l’agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto.
Ne farò subito un altro!”
“Non ho bisogno di un altro agnellino,” disse il fanciullo scuotendo il capo, “quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me.
Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo.”
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso.
Quella notte Dritte si recò alla locanda.
“Costruirò giocattoli per voi!” disse.
“Allora avete cambiato idea.” sussurrò il mercante.
“No!” rispose Dritte con gli occhi scintillanti, “Ma ho ricevuto un segno da Dio!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date

Alcuni giorni fa ero in strada con mia nipote, una bambina di circa 8 anni.
Stavamo camminando, quando vedemmo sul marciapiede un mucchietto di buste e cartoni, con un giovane tutto rannicchiato sopra.

Quello che tutti chiameremmo “barbone.”

Il mio occhio, anche se “cristiano”, ma purtroppo abituato a queste scene, quasi aveva escluso dall’attenzione questa presenza.
Ma quello della bambina no!
Più ci avvicinavamo al povero, più lei lo guardava con occhio evangelicamente misericordioso.
Accortomi di questo atteggiamento, diedi una moneta alla bambina per metterla nel cestino, quasi vuoto, del povero.

A questo punto il giovane si alzò e velocemente si allontanò.

“Dove starà andando?” mi chiesi.
Entrò in un bar e quasi subito uscì da lì con un ovetto di cioccolato in mano e lo donò alla bambina con un sorriso che non dimenticherò mai!
E subito scomparve, tornando al suo mucchio di povere cose!

Rimasi senza parole!

Anche la nipotina rimase colpita dal dono ricevuto.
Mi ripresi subito e spiegai alla bambina che quello che conta è l’amore!
Noi avevamo donato solo una moneta, lui aveva donato oltre all’uovo di cioccolato un enorme gesto d’amore!

Brano senza Autore.

La bicicletta gialla

La bicicletta gialla

Andrea aveva un solo grande desiderio:
una bicicletta.
Una bicicletta gialla super-accessoriata che aveva visto in una vetrina della città.

Non se la poteva più togliere dalla mente.

Vedeva la bicicletta gialla nei sogni, nel caffelatte, nella figura di Carlo Magno che c’era sul libro di scuola.
Ma la mamma di Andrea aveva tante cose da pagare ancora e le spese aumentavano ogni giorno.
Non poteva certo comprare una bicicletta costosa come quella sognata da Andrea.
Andrea conosceva le difficoltà della mamma e così decise di chiedere la bicicletta direttamente a Dio.
Per Natale.
Tutte le sere Andrea cominciò ad aggiungere una frase alle sue preghiere:
“Ricordati di farmi avere la bicicletta gialla per Natale. Amen.”
Ogni sera la mamma sentiva Andrea pregare per ottenere la bicicletta gialla e

ogni sera scuoteva tristemente la testa.

La mamma sapeva che Natale sarebbe stato un giorno ben doloroso per Andrea.
Non ci sarebbe stata la bicicletta e il bambino ne sarebbe stato mortalmente deluso.
Venne il giorno di Natale e naturalmente Andrea non ricevette nessuna bicicletta.
Alla sera, il bambino si inginocchiò come al solito accanto al lettino per dire le preghiere.
“Andrea,” gli disse dolcemente la mamma, “penso che sarai scontento, perché non hai ricevuto la bicicletta per Natale.
Spero che tu non sia arrabbiato con Dio, perché non ha risposto alle tue preghiere!”

Andrea guardò la mamma:

“Oh no, mamma.
Io non sono arrabbiato con Dio.
Ha risposto alle mie preghiere.”
Dio ha detto: “No!”

Brano tratto dal libro “Cerchi dell’acqua.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.