Dimitri e Gesù

Dimitri e Gesù

C’era una volta un santo buono buono, che si chiamava Dimitri.
Un giorno, mentre pregava, Gesù gli disse:
“Mio caro Dimitri, oggi voglio incontrarmi con te.
Troviamoci al piccolo santuario della Santissima Trinità, sulla via per Kiev, a mezzogiorno.” Figuratevi la gioia del buon Dimitri!
Non si prese neanche il mantello e partì di corsa.
Camminava in fretta, con il cuore che batteva forte, perché aveva un appuntamento con Dio.
La strada che portava al santuario era sconnessa e tormentata e non gli era mai sembrata così lunga.
Improvvisamente, dove c’era un po’ di discesa, si imbatté in un povero carrettiere che si affannava inutilmente a riportare sulla strada il suo carro che si era semi rovesciato nel torrentello che fiancheggiava la strada.
Da solo, il pover’uomo non ci sarebbe certamente riuscito.

Dimitri non sapeva proprio che cosa fare:

“Devo fermarmi ad aiutare questo pover’uomo in difficoltà o far finta di niente e proseguire velocemente per arrivare al mio unico e imperdibile appuntamento?
Dopotutto carrettieri in difficoltà ne incontrerò ancora.
Ma mancare all’appuntamento con Dio sarebbe gravissimo.
Non mi capiterà mai più nella vita!”
Era veramente dibattuto fra una cosa e l’altra.
Fu il suo cuore a decidere.
Dimitri si fermò e si affiancò al carrettiere, appoggiò anche lui le spalle al carro, che era finito di traverso nel fosso, e unì i suoi sforzi a quelli dell’uomo che lo ringraziò con gli occhi.
Sbuffando e sudando, i due riuscirono a riportare sulla strada le ruote del carro.

Dimitri non sentì neppure i ringraziamenti del carrettiere.

Appena il carro fu sulla strada ripartì di corsa verso il suo appuntamento, verso il suo incontro con Dio.
Ma quando, stanco e ansimante, arrivò nel posto convenuto per l’incontro, Dio non c’era.
Forse stanco di aspettare se n’era andato.
Con il cuore spezzato per la delusione, Dimitri si accasciò piangendo sul ciglio della strada.
Dopo un po’ passò di là il carrettiere che, vedendolo così abbattuto, si fermò, si sedette sull’erba accanto a lui, lo guardò con occhi pieni di dolce comprensione, trasse dalla bisaccia una pagnotta, la divise in due e gliene porse metà, mormorando:
“Dimitri…”
Con l’animo in subbuglio, davanti a quel pane spezzato.
Dimitri capì.

Abbracciò quell’uomo piangendo di felicità:

“Gesù mio, eri tu!
Eri tu, il carrettiere!
Mi eri venuto incontro…”

Brano tratto dalla rivista “Dossier Catechista.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi. Marzo 2013.

Il giovane albero e l’indipendenza


Il giovane albero e l’indipendenza

Gli alberelli ormai si tenevano su da soli e sentivano il naturale desiderio di indipendenza, per questo volevano liberarsi dai sostegni che il contadino gli aveva messo alla base quando erano alberi piccini.
“Vi spostate?” chiese un alberello ai suoi sostegni, “Ora posso stare su da solo.”
I due sostegni lo guardarono dispiaciuti, dicendo:
“E questo è il tuo ringraziamento? Ti sosteniamo da quando eri un verde ramoscello.
Lo so, lo so e ve ne sono grato ma adesso posso andare avanti da solo.” disse l’alberello.

Mai i due sostegni non lo vollero lasciare e continuarono a volerlo strettamente abbracciare.

L’albero crebbe ugualmente ma con la convinzione che ciò che era divenuto dipendeva dal sostegno che aveva ricevuto.
E quando il sostegno non ci fu più, l’alberello non credendo in se stesso, restò basso.
Un altro alberello fece la stessa richiesta ma mentre stava per dire ai suoi sostegni di spostarsi, si accorse che di sostegno in realtà ne aveva uno solo e che si spostava instancabile un po’ di qua e un po’ di la, per dargli sempre la giusta direzione.

L’alberello ne fu commosso, il suo sostegno essendo da solo aveva imparato a camminare e a spostarsi da una parte all’altra, facendosi in due ed a volte in quattro.

Il sostegno lo liberò dal suo abbraccio, sapeva che quello era il momento del balzo verso l’indipendenza e si poteva fare solo con un pizzico di incoscienza, di cui l’età giovanile era l’essenza.
Da lì in poi l’alberello continuò a crescere e divenne alto e proteso al cielo, non ebbe mai dubbi sulle sue capacità ed andò avanti senza alcuna difficoltà.
Il suo sostegno ogni giorno doveva alzare il capo al cielo per scorgerne la cima, ed ogni giorno lo vedeva più grande di prima.
La giovinezza era la culla dell’incoscienza ma questo apparente eccesso madre natura lo aveva volutamente concesso, anche il primo volo degli uccellini era dall’incoscienza contaminato altrimenti per paura nessun uccello avrebbe mai volato.

Brano di Cleonice Parisi