Noi dobbiamo correre il rischio!

Noi dobbiamo correre il rischio!

Ridere, è rischiare di apparire matti!
Piangere, è rischiare di apparire sentimentali!
Tendere la mano, significa rischiare di impegnarsi!

Mostrare i sentimenti, è rischiare di esporsi!

Far conoscere le proprie idee ed i propri sogni, è rischiare di essere respinti!
Amare, è rischiare di non essere contraccambiati!
Vivere, è rischiare di morire!

Sperare, è rischiare di disperare!

Tentare, è rischiare di fallire!
Ma noi dobbiamo correre il rischio!
Il più grande pericolo nella vita è quello di non rischiare.

Colui che non rischia niente…

Non fa niente!
Non ha niente!
Non è niente!

Brano di Joseph Rudyard Kipling

Un pomeriggio con papà

Un pomeriggio con papà

Levada è una piccola frazione del comune di Pederobba, situata in pianura, che confina con il comune di Monfumo, il quale è disposto totalmente in collina.
A Monfumo, la mia famiglia possedeva un terreno in una collinetta, e questo (terreno) era in parte popolato da alberi da frutto di vario genere, mentre il restante era dedicato alla fienagione.
Un pomeriggio di tanti anni fa, quando ero ancora un bambino, con mio padre andammo ad espletare proprio questa tecnica (fienagione).

Dopo qualche ora,

passò dal nostro terreno un uomo del luogo, che viveva di espedienti, e mio padre lo invitò ad aggregarsi a noi per fare merenda, cosa che accetto ben volentieri.
Approfittò a sproposito dell’invito, lasciando, addirittura, mio padre senza vino.
Non contento del nostro invito e del modo in cui venne trattato, quando nel tardo pomeriggio caricammo il fieno sul carro, il quale doveva essere trainato dai buoi, notammo che le corde per legare il fieno erano scomparse.
Cercammo invano e non trovandole, mio padre esclamò:

“Un furto!”

Con molta difficoltà riprendemmo la via di casa, la quale, ovviamente, fu molto difficile.
Mio padre dovette fermarsi a riassettare il carico di fieno più di una volta, poiché la strada era piena di buche e, per questa ragione, l’intero carico era a rischio.
A metà percorso ci fermammo in una osteria per rinfrescarci e per rilassarci, incontrando nuovamente l’uomo della merenda.
Mio padre gli offrì, nuovamente, da bere.
Io lo chiamai in disparte e gli dissi:
“Come mai fai questo?
Ci ha rubato le corde e gli offri ancora da bere?”

Mio padre, dolcemente, mi spiegò:

“Dino, non preoccuparti, ricchi si può diventare, ma signori si deve nascere.
Noi siamo signori, nonostante (siamo) poveri da sempre.
Inoltre, ricorda, il tempo è galantuomo!”
Grande fu la lezione che mio padre mi diede e che, ancora oggi, mi segna.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Amarsi e basta

Amarsi e basta

C’erano una volta un uomo ed una donna che insieme dovevano progettare un futuro insieme.
Si sedettero intorno ad un tavolo ed ognuno stirò il suo foglio bianco impugnando una penna; avevano bisogno di scrivere tutte le cose che tra loro non andavano ed anche quelle che invece li facevano felici.

Lei scrisse che di lui amava lo sguardo ed il modo in cui la baciava, i sogni e l’amore che le dava;

lui invece non riusciva a scrivere nulla, non perché non trovasse una ragione per amarla, ma perché nel suo cuore ogni cosa di lei gli procurava gioia, ed era proprio questo sentimento quasi morboso che lei annotò fra le cose colpevoli di turbare il loro rapporto:
quel tipo di amore che opprime e fa sentire in gabbia senza possibilità di fuga.
Quando lei ebbe terminato di scrivere i “pro” e i “contro” della loro vita insieme, lui stava ancora cercando un aggettivo che potesse descrivere ciò che provava, innervosito scrisse la prima cosa che gli balenò in testa:

Amore.

Le bastò però vedere ciò che aveva scritto lei per turbarsi profondamente, siccome tutto si può chiedere, eccetto che cambiare il proprio modo d’amare.
Così, tra le cose che non andavano di lei, segnò:
preferisce essere amata di meno.
Scambiandosi i fogli uno dei due proclamò:
non riusciremo a cambiare niente.

Ma l’altro rispose:

ciò che faremo o non faremo non conta, conta solo pensarlo sempre in due.
E così si baciarono andando incontro al rischio più grande:
amarsi e basta, scampando però a quella insoddisfazione che spesso attanaglia il cuore di chi, non accettando quel rischio, piange la propria solitudine per anni, fino a quando non torna ad amare se stesso.

Brano senza Autore

Il galletto, il gatto ed il topolino

Il galletto, il gatto ed il topolino

Un Topolino inesperto, che non conosceva ancora nessuna delle insidie che riserva il mondo, un giorno corse il rischio di essere catturato e raccontava alla mamma la sua brutta avventura in questo modo:
“Mi dirigevo verso le montagne che circondano il paese e camminavo veloce come un qualunque topolino che voglia dimostrarsi abile e coraggioso,

quando ad un certo momento mi accorsi di due strani animali che erano sulla strada.

Uno di questi sembrava tranquillo e di bell’aspetto, l’altro invece era agitato, fiero e turbolento, aveva sul capo un elmo di un bel rosso fuoco e, ogni tanto, apriva le due braccia nel tentativo di spiccare il volo.
Questo strano animale aveva una voce stridula e feroce ed una coda simile ad un pennacchio, ricca di piume e di colori.”
Il Topolino intendeva parlare di un gallo, ma lo dipinse in un modo così strano, neppure fosse un’orca, uno sciacallo o un animale misterioso.

Poi continuò:

“Avessi visto, mamma, si batteva i fianchi con le due braccia, strillava e faceva un chiasso tale che sembrava il diavolo in persona.
Io stesso che, grazie a Dio, sono coraggioso, ho provato una paura tale che ho seriamente pensato di fuggire.
Ma, subito dopo, mi sono pentito perché avrei veramente avuto il desiderio di fare amicizia con quell’animale così gentile.
Aveva infatti il pelo liscio e striato, simile al velluto, quasi come il nostro, una coda morbidissima e bellissima, e uno sguardo così mite e luminoso che ognuno potrebbe innamorarsene.
Credo che sarebbe molto amato anche fra i topi.
Che cosa pretendi oltre a questo?

Aveva perfino le orecchie come le abbiamo noi.

Se non ci fosse stata quell’altra bestia a ricacciarmi indietro, gli sarei corso tra le braccia.”
“Male per te, figliuolo,” gli disse la madre, “perché quell’animale grazioso e gentile, sotto quelle false apparenze è un nemico crudele, mentre l’altro che ti ha fatto così paura è un animale innocuo… Il Gatto invece, che ti è sembrato così mite, divora i topi come fossero gustose polpette.
Finché vivrai non dimenticare che non è saggio giudicare la gente dall’apparenza.”

Brano tratto dal libro “Le Fiabe degli Animali.” di Jean de La Fontaine. Fratelli Melita Edizioni.

Il serpente a sonagli ed il giovane

Il serpente a sonagli ed il giovane

In una tribù indiana, i giovani venivano riconosciuti adulti dopo un rito di passaggio vissuto nella più stretta solitudine.
Durante questo periodo di solitudine dovevano provare a se stessi di essere pronti per l’età matura.
Una volta uno di loro camminò fino a una splendida valle verdeggiante di alberi e radiosa di fiori.
Guardando le montagne che cingevano la valle, il giovane notò una vetta scoscesa incappucciata di neve dal biancore abbacinante.

“Mi metterò alla prova contro quella montagna.” pensò.

Indossò la sua camicia di pelle di bisonte, si gettò una coperta sulla spalla e cominciò la scalata.
Quando arrivò in cima, vide sotto di sé il mondo intero.
Il suo sguardo spaziava senza limiti, e il suo cuore era pieno di orgoglio.
Poi udì un fruscio vicino ai suoi piedi, abbassò lo sguardo e vide un serpente.
Prima che il giovane potesse muoversi, il serpente parlò.
“Sto per morire!” disse, “Fa troppo freddo quassù per me e non c’è nulla da mangiare.

Mettimi sotto la tua camicia e portami a valle!”

“No!” rispose il giovane, “Conosco quelli della tua specie.
Sei un serpente a sonagli.
Se ti raccolgo mi morderai e il tuo morso mi ucciderà!”
“Niente affatto,” disse il serpente, “Con te non mi comporterò così.
Se fai questo per me, non ti farò del male!”

Il giovane rifiutò per un po’, ma quel serpente sapeva essere molto persuasivo.

Alla fine, il giovane se lo mise sotto la camicia e lo portò con sé.
Quando furono giù a valle, lo prese e lo depose delicatamente a terra.
All’improvviso il serpente si arrotolò su se stesso, scosse i suoi sonagli, scattò in avanti e morse il ragazzo a una gamba.
“Mi avevi promesso…” gridò il giovane.
“Sapevi che cosa rischiavi quando mi hai preso con te!” disse il serpente strisciando via.

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero. Edizione Elledici.

La mappa del Rio delle Amazzoni

La mappa del Rio delle Amazzoni

Un esploratore era tornato dalla sua gente, che era ansiosa di sapere tutto del Rio delle Amazzoni.
Ma come poteva esprimere con le parole i sentimenti che avevano invaso il suo cuore nel vedere fiori di strabiliante bellezza e nell’udire i suoni della foresta di notte?
Come comunicare ciò che aveva provato nel suo cuore nell’avvertire il pericolo delle belve o nel condurre la sua canoa per le acque infide del fiume?

Disse:

“Andate a vedere voi stessi.
Niente può sostituire il rischio personale e l’esperienza personale.”
Tuttavia, per guidarli tracciò una mappa del Rio delle Amazzoni.
Essi presero la mappa, l’incorniciarono e l’appesero in municipio.

Ne fecero delle copie personali.

E chiunque aveva una copia si considerava un esperto del Rio delle Amazzoni.
Non conosceva forse ogni svolta e curva del fiume, e quanto era largo e profondo,

e dov’erano le rapide e dove le cascate?

L’esploratore visse nel rimpianto di aver tracciato quella mappa.
Sarebbe stato meglio se non avesse disegnato nulla.

Brano di Anthony de Mello

Dilemma

Dilemma

Ridere è correre il rischio… di passare per stupido!
Piangere è correre il rischio… di passare per sentimentale!

Pretendere da qualcuno è correre il rischio… di impegnarsi!

Esternare i propri sentimenti è correre il rischio… di essere rifiutato!
Esporre i tuoi sogni davanti alla gente è correre il rischio… di essere ridicoli!
Amare è correre il rischio… di non essere corrisposto!

Darsi da fare nelle avversità è correre il rischio… di sbagliare!

Però i rischi si devono prendere, perché il pericolo più grande nella vita è quello di non rischiare mai.
La persona che non rischia niente, non fa niente, non possiede niente, non è… niente!
Deve evitare di soffrire e di penare.
Però non può imparare, sentire, cambiare, crescere o amare.

È uno schiavo incatenato dalle sue incertezze.

Solo la persona che sa rischiare… è libera!
Che la tua vita sia sempre… A colori.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Guardate la vita da angolazioni diverse

Guardate la vita da angolazioni diverse

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse.
E il mondo appare diverso da quassù.

Non vi ho convinti?

Venite a vedere voi stessi!
Coraggio!
E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.

Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo:

ci dovete provare.
Ecco:
quando leggete, non considerate soltanto l’autore.
Considerate quello che voi pensate.

Figlioli dovete combattere per trovare la vostra voce.

Più tardi cominciate a farlo, più alto è il rischio di non trovarla affatto!

Citazione del professor John Keating (Robin Williams) nel film “L’attimo fuggente” di Peter Weir.