Il maestro, l’allievo ed il sale

Il maestro, l’allievo ed il sale

Si narra che un giorno un vecchio maestro fosse stanco delle continue lamentele del suo allievo.
Perciò un mattino lo spedì a prendere un po’ di sale.
Quando l’allievo tornò, il maestro lo pregò di mescolarne una manciata in un bicchiere d’acqua e di berla.

“Com’è?” domandò il maestro.

“Salata!” rispose l’allievo, facendo una smorfia.
Il maestro rise e invitò il ragazzo a mescolare la stessa manciata di sale nel vicino lago.
I due si recarono in silenzio fino alla riva e dopo che l’allievo ebbe versato la manciata nell’acqua, il maestro disse:
“Adesso bevi dal lago!”
L’allievo obbedì e di nuovo il maestro domandò:
“Com’è?”

“Fresca.” rispose l’allievo.

“Hai sentito il sapore del sale?” domandò il maestro.
“No.” rispose il giovane.
Quando i due si sedettero insieme, il maestro disse all’allievo:
“L’amarezza della vita è, né più e né meno, come il sale puro.

La quantità di amarezza nella vita rimane esattamente la stessa.

Tuttavia la quantità di amarezza che avvertiamo dipende dal contesto in cui la proviamo.
Se avverti amarezza, dunque, l’unica cosa che puoi fare è ampliare il senso delle cose.
Smetti di essere un bicchiere.
Sii un lago!”

Storia Zen
Brano tratto dal libro “Kung-Fu e l’arte di stare calmi: I 7 principi Shaolin per l’autocontrollo.” di Bernhard Moestl

Il narratore (E tu, quale storia vorresti ascoltare?)

Il narratore
(E tu, quale storia vorresti ascoltare?)

C’era una volta un narratore.
Viveva povero, ma senza preoccupazioni, felice di niente, con la testa sempre piena di sogni.
Ma il mondo intorno gli pareva grigio, brutale, arido di cuore, malato d’anima.
E ne soffriva.
Un mattino, mentre attraversava una piazza assolata, gli venne un’idea:
“E se raccontassi loro delle storie?
Potrei raccontare il sapore della bontà e dell’amore, li porterei sicuramente alla felicità!”

Salì su una panchina e cominciò a raccontare ad alta voce.

Anziani, donne, bambini, si fermarono un attimo ad ascoltarlo, poi si voltarono e proseguirono per la loro strada.
Il narratore, ben sapendo che non si può cambiare il mondo in un giorno, non si scoraggiò.
Il giorno dopo tornò nel medesimo luogo e di nuovo lanciò al vento le più commoventi parole del suo cuore.
Nuovamente della gente si fermò, ma meno del giorno prima.
Qualcuno rise di lui.
Qualche altro lo trattò da pazzo.
Ma lui continuò imperterrito a narrare.
Ostinato, tornò ogni giorno sulla piazza per parlare alla gente, offrire i suoi racconti d’amore e di meraviglie.
Ma i curiosi si fecero rari, e ben presto si ritrovò a parlare solo alle nubi e alle ombre frettolose dei passanti che lo sfioravano appena.

Ma non rinunciò.

Scoprì che non sapeva e non desiderava far altro che raccontare le sue storie, anche se non interessavano a nessuno.
Cominciò a narrarle ad occhi chiusi, per il solo piacere di sentirle, senza preoccuparsi di essere ascoltato.
La gente lo lasciò solo dietro le palpebre chiuse.
Passarono cosi degli anni.
Una sera d’inverno, mentre raccontava una storia prodigiosa nel crepuscolo indifferente, sentì che qualcuno lo tirava per la manica.
Aprì gli occhi e vide un ragazzo.
Il ragazzo gli fece una smorfia beffarda:
“Non vedi che nessuno ti ascolta, non ti ha mai ascoltato e non ti ascolterà mai?
Perché diavolo vuoi perdere così il tuo tempo?”
“Amo i miei simili!” rispose il narratore, “Per questo mi è venuta voglia di renderli felici!”

Il ragazzo ghignò:

“Povero pazzo, lo sono diventati?”
“No!” rispose il narratore, scuotendo la testa.
“Perché ti ostini allora?” domandò il ragazzo preso da una improvvisa compassione.
“Continuo a raccontare.
E racconterò fino alla morte.
Un tempo era per cambiare il mondo!” tacque, poi il suo sguardo si illuminò e disse ancora:
“Oggi racconto perché il mondo non cambi me!”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il novizio ed il puledro di razza

Il novizio ed il puledro di razza

Un saggio abate volle un giorno mettere alla prova il più promettente tra i suoi novizi.
Chiamò a sé il giovane.

“Ascolta Pietro, voglio farti un dono.” disse,

“Ti regalerò un cavallo di razza che tu potrai cavalcare e usare a tuo piacimento, se sarai capace di recitarmi dal principio alla fine il Padre Nostro senza mai neppure per un istante distogliere il tuo pensiero dalla preghiera.”
“Oh,” rise Pietro meravigliato, “è puerile padre, quel che mi chiedete.
E davvero io in premio potrei avere un cavallo?”
Impaziente com’era di vedersi in groppa a un bel puledro di razza, il giovane cominciò la sua orazione:

“Padre Nostro che sei nei cieli…”

Ma il suo pensiero era lontano dalle parole di fede:
inseguendo il bel sogno, Pietro mormorava meccanicamente:
“Venga il Tuo regno… come in cielo così in terra…” e ad un certo punto si trovò senza accorgersene a chiedere:

“Ma il cavallo, avrà poi una sella perché io lo possa montare?”

L’abate rise divertito e consolò il giovane.
In fondo era stato un’ottima lezione.

Leggenda della Navarra.
Brano senza Autore.