Il rito della prosperità (Festa di San Giorgio)

Il rito della prosperità
(Festa di San Giorgio)

Il 23 aprile è il giorno della ricorrenza (della morte) di San Giorgio, protettore di tutti i cavalieri che hanno combattuto il male, il quale, in quasi tutte le storie e nelle leggende, veniva rappresentato dal drago.
Cavaliere viene chiamato in Veneto pure un bruco, il Bombyx Mori, conosciuto come baco da seta.
Proprio in questa data, le piccolissime uova del bruco venivano messe in incubazione sotto un caldo cuscino e, addirittura, venivano nascosti in gran segreto tra i seni procaci delle donne di casa, per accelerare la schiusa delle uova.

Mai nessun cavaliere fu così coccolato e viziato, nonostante fosse, per giunta, un insetto.

I bruchi rappresentavano la fonte del primo guadagno dell’anno, atteso dalle donne, soprattutto da quelle che si dovevano sposare, le quali erano in trepidante attesa della propria dote.
Molto spesso ciò avveniva attraverso la vendita dei preziosi bozzoli di seta.
Ricordo ancora oggi quando, un giorno, da ragazzo, andai a trovare un compagno di scuola e di giochi e non trovandolo subito in casa, iniziai a girovagare per le stanze, come facevo di solito.
Giunsi in un grande locale adibito all’allevamento del baco da seta.
L’allevamento era suddiviso in graticole e, nella stessa stanza, intravidi due donne di mezza età.
Non fui notato, quindi poté assistere ad un singolare rito ancestrale, risalente, molto probabilmente, ad una epoca precristiana e riferito all’antico culto della Dea Madre.
Le donne si erano alzate vistosamente le lunghe gonne fino al ventre, mostrando le bianche nudità, con in testa una corona, realizzata con le foglie e con i rami di gelso, e così “bardate” fecero tre giri intorno alle graticole, mormorando frasi a me incomprensibili.
Non rimasi però turbato dalla singolare scena!

Anzi, rimasi divertito!

Pur non riuscendo a capire lo scopo di quello “spettacolo”, non ebbi mai il coraggio di chiedere ai miei il significato di quello che avevo visto.
Infatti, nonostante anche a casa mia si allevasse il baco da seta, non rividi più la scena vista a casa del mio amico.
Continuai a coltivare i bachi da seta con passione finché, dopo essere rimasto l’unico e l’ultimo nel mio paese, fui costretto a smettere nel 1989, a causa dell’inquinamento ambientale portato da un insetticida irrorato a sproposito nei frutteti.
Il baco da seta, essendo una sentinella ecologica, non tollerava questo insetticida.
In quegli anni, su nostro invito, il parroco veniva a benedire l’allevamento e, in quel momento, veniva esposta per la cerimonia una immagine sacra della Madonna, come auspicio devozionale per la buona riuscita dell’allevamento.

Solo in età adulta, leggendo testi di antropologia religiosa,

ricordai il rito ancestrale a cui avevo assistito, non subito da me interpretato, essendo una prerogativa segreta delle donne, sopravvissuta nei secoli.
Penso di essere stato uno degli ultimi, casuali, spettatori che lo possono ancora raccontare.
Diverse volte ripensai alla scena che vidi, vissuta nel mio tranquillo e secolare borgo di Levada, e giunsi alla conclusione che nei muri e nei sassi dell’epoca sono celati, ancora oggi, segreti che a breve andranno persi per sempre, a causa del cambiamento urbanistico e culturale che il mio borgo e la nostra nazione hanno subito negli ultimi 70 anni.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La foto, che è stata gentilmente fornita dall’autore, lo vede impegnato in una delle varie attività agricole che, ormai, svolge da anni.

La divisione dei fagioli

La divisione dei fagioli

Correva l’anno bisestile 1948.
Uno dei primi anni in cui l’Italia stava cercando di riprendersi dalla seconda guerra mondiale, con una difficile ricostruzione da cui ripartire, mentre il mondo stava per dividersi in due blocchi geopolitici, quello comunista e quello occidentale, che daranno inizio, nei successivi anni, alla guerra fredda ed alla costruzione del muro di Berlino.
La società veneta era in grande fermento, soprattutto quella contadina, aggravata dall’atavico assetto dell’istituzione patriarcale, che costringeva a vivere e lavorare, sotto lo stesso tetto, fratelli con prole allora numerosa.
A gestire, con le rigide regole di quell’epoca, era di norma il vecchio capofamiglia che, quando veniva a mancare,

rendeva la divisione per i figli quasi obbligatoria.

Erano le donne a proporre maggiormente i propri uomini per la gestione del nucleo famigliare e per la divisione dei beni, sperando di ottenere più autonomia e libertà.
La parola più gettonata era democrazia.
Non sempre la divisione avveniva in un clima sereno.
Risultava sempre difficile ottenere la parte migliore dal poco che si aveva e, nel tirare la coperta troppo corta, qualcuno rimaneva sempre scoperto.
In questo contesto, a Levada, due fratelli decisero di procedere alla spartizione dell’eredità, assoldando un mediatore per dividere casa, terra e bestiame.
Per le cose restanti decisero di fare da soli, per cercare di risparmiare.

Sorsero, però, subito dei problemi.

L’incidente più eclatante avvenne nel granaio dove, dopo essersi strattonati per la divisione di un sacco di mais e uno di preziosi e nutrienti fagioli, fecero cadere per le scale i due sacchi, che si ruppero.
I cereali si mischiarono con i legumi provocando un vero e proprio disastro, anche se l’aspetto cromatico dei vari colori era veramente bello da vedere.
Tutta la famiglia, bambini compresi, fu costretta a separare i due prodotti con una pazienza certosina, ma nel contempo aiutò tutti a riflettere ed a riportare calma e armonia.
La divisione dei beni proseguì.
Grazie a questo episodio nacque una grande e duratura solidarietà, che si perpetuò nel tempo.
Anche oggi, i discendenti diretti beneficiano di quel particolare episodio.
Inoltre ne trae giovamento anche il paese, che li fa operare in armonia per la riuscita della festa patronale.

Emilio Durighello,

testimone bambino di allora, si commuove nell’evocare l’episodio e conserva gelosamente, ancora oggi, una piccola manciata di quei fagioli, riservati per il gioco collettivo della tombola.
Per il proprietario, il tempo trascorso li ha impreziositi di valore, dato che, quei fagioli fanno riaffiorare nella sua mente un vivo ricordo della singolare vicissitudine famigliare.
I fagioli possiedono, come caratteristica magica, la forza di unire e mai quella di dividere, come avviene nel campo, nel baccello, in pentola ed in famiglia.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno