La domanda di un filosofo alla figlia

La domanda di un filosofo alla figlia

Un famoso filosofo, giorno dopo giorno, si tormentava per cercare il significato ultimo dell’esistenza.
Aveva dedicato alla soluzione di questo enigma i migliori anni di vita e di studio.

Aveva consultato i più grandi saggi dell’umanità e

non aveva trovato alcuna risposta soddisfacente alla domanda.
Una sera, nel giardino della sua casa, mettendo da parte i suoi pensieri, prese in braccio la sua bambina di cinque anni che stava giocando allegramente.
E le chiese:

“Bambina mia, perché sei qui sulla terra?”

La bambina rispose sorridendo:
“Per volerti bene, papà!”

Brano di Bruno Ferrero

L’annuncio del passero

L’annuncio del passero

La notte in cui Dio inviò l’Arcangelo Gabriele a Maria, un passero si trovava per caso lì, sul davanzale di una finestra.
Impaurito dall’apparizione, stava per fuggire.
Ma non appena udì l’arcangelo annunciare a Maria che essa avrebbe dato presto alla luce il figlio di Dio, il suo piccolo cuore cominciò a battere forte per l’emozione.
E rimase fermo come un sasso fin quando l’arcangelo non fu volato via.
“Ho davvero capito bene?
Da Maria nascerà proprio il figlio di Dio?” si chiese l’uccellino.
Provava una grande felicità.
“Sono stato fortunato a sentire tutto.” pensò, “Devo andare subito a riferire il meraviglioso annuncio agli uomini affinché si preparino ad accogliere e a festeggiare il Bambino.
Così partì in volo sul villaggio di Nazaret e si diresse al mercato.
Lì vi erano donne che vendevano grano, farina e pane.
“Ho un segreto, uno straordinario segreto da rivelarvi!” cinguettò il passero saltellando sulle zampette, impaziente di raccontare.

Ma una di loro gli gridò arrabbiata:

“Voi passeri fate sempre i furbi per rubarmi il grano!
Vattene via di qui, impertinente!”
E lo minacciò con una scopa, senza ascoltare ciò che le voleva dire.
Il passero volò allora fino alla piazza.
Riuniti sotto un albero, i saggi del villaggio stavano discutendo animatamente.
“Loro sì, mi ascolteranno di certo!” pensò, per farsi coraggio.
“Si sta preparando qualcosa di grandioso per le creature della terra!” cinguettò, posandosi su un ramo proprio sopra di loro.
I saggi alzarono per un attimo lo sguardo verso di lui, poi ripresero i loro discorsi.
Neanche si accorsero che l’uccellino, per nulla intimorito da un gatto, continuava a saltare di ramo in ramo tentando disperatamente di attirare la loro attenzione.
Scuotendo la testolina per la delusione, il passero proseguì fino alla capitale e puntò diritto verso il palazzo del Re.
“Come osi oltrepassare le mura della reggia?” gridò una guardia.
“Vengo per darvi una notizia importante!” cinguettò il passero, “Sta per nascere il figlio di Dio, il signore dei cieli e della terra!”
“Se non taci immediatamente, ti faccio rinchiudere in una gabbia!” tuonò il capitano, “È il nostro Re il signore di tutto e di tutti!”

Ma il passero riuscì a sfuggire alle guardie.

Entrò per una finestra nel palazzo, e si diresse verso la sala del trono.
“Cacciate via quell’uccello maleducato!” urlò il Re furente, senza ascoltare un bel niente di quanto il passero cercava di dirgli.
Guardie e servitori inseguirono il passero per catturarlo.
Questo, impaurito, tentò di uscire dal palazzo, ma nel frattempo la finestra era stata chiusa!
“Prendetelo! Afferratelo!” gridavano le guardie e i servitori, correndo attraverso le stanze dove l’uccellino cercava invano di nascondersi.
Per fortuna, proprio nell’ultima stanza, il passero trovò una feritoia aperta, e in un baleno riguadagnò la libertà.
“Salvo!
Finalmente sono salvo!” esclamò l’uccellino librandosi alto nel cielo.
Da lassù scorse, vicino a un villaggio, dei bambini che giocavano allegri in mezzo alla neve.
“I bambini sì, loro mi daranno retta!” pensò, avvicinandosi velocemente.
Infatti, si era appena posato sulla neve, che tutti i bambini si erano già raccolti in cerchio attorno a lui.
“Com’è carino questo passerotto!” dissero, “Che cosa sarà venuto a fare?

Forse vuole giocare con noi…”

“Oh no!
Sono qui per svelarvi un bellissimo segreto!” cinguettò l’uccellino, piegando un po’ dilato la testolina, “Nascerà tra poco sulla terra, proprio qui tra noi, un altro bambino, il figlio di Dio!”
“Ascoltate quanti cip cip… cip cip…” notò un bambino, “Sembra proprio che voglia dirci qualcosa…”
“Io dico che ha fame!” esclamò una bambina, e gli diede delle briciole di torta.
Ma il passero non pensava davvero al cibo.
Era lì per qualcosa di ben più importante.
Per richiamare meglio la loro attenzione, batté eccitato le ali e ripeté da capo tutto, cinguettando nel modo più chiaro possibile.
“Come vorremmo capirti!” disse un bambino all’uccellino, accarezzandolo.
Il passero fu certo che i bambini, purtroppo, non potevano comprenderlo.
Al passero dispiaceva molto di non poter comunicare a nessuno il grande segreto.
“Quale sfortuna che gli uomini non sappiano ciò che sta per accadere!” pensava, “Gli adulti fanno i sordi e mi cacciano via, e i bambini, tanto gentili, non riescono a capirmi…”
“Se non posso raccontare nulla agli uomini, non vi sarà nessuno ad accogliere Giuseppe e Maria al loro arrivo a Betlemme.” si preoccupava l’uccellino, “E nessuno, proprio nessuno sarà davanti alla stalla nella notte santa per far compagnia al figlio di Dio!

Debbo fare a ogni costo qualcosa!” decise.

Allora chiamò gli altri passeri e raccontò loro ciò che aveva udito nella casetta di Maria.
I passeri si rallegrarono subito quanto lui.
“Se gli uomini non vogliono capire quale Bambino sta per nascere, noi lo faremo sapere almeno agli altri uccelli!” decisero.
In men che non si dica, volarono in ogni direzione e diffusero ovunque la notizia.
Allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, proprio tutti seppero del grande evento.
Nel mondo degli uccelli cominciò a regnare l’impazienza.
Ovunque fervevano preparativi.
Tutti provavano i loro più bei canti attendendo la nascita del figlio di Dio.
Quando Gesù nacque e fu deposto nella greppia, i primi a vederlo furono l’asinello che aveva portato Giuseppe e Maria a Betlemme, il bue che abitava nella stalla, e stormi di allodole, fringuelli, cinciallegre, pettirossi, usignoli e merli venuti da ogni parte.
Dal tetto della stalla i passeri vegliavano su Gesù bambino, mentre gli altri uccelli cantavano gioiosamente tutt’attorno.
Poi arrivarono i primi pastori, che avevano finalmente udito l’annuncio dagli angeli discesi dal cielo.
Davanti a Gesù, si meravigliarono di trovare tutti quegli uccelli in festa.

Si guardarono l’un l’altro.

“Cantiamo anche noi!” dissero, e fecero un coro solo con allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, suonando pure dolcemente i loro flauti e le zampogne.
Quando gli altri uomini li udirono di lontano e capirono che era nato il figlio di Dio, pure loro si rallegrarono e cominciarono a cantare.
Così in ogni luogo della terra fu festa per il sacro evento.
Potete immaginare la felicità del nostro passero!
Per merito suo, Gesù, nascendo, aveva trovato tante e tante creature e tanti canti di felicità attorno a sé.
E ancor oggi, nella notte santa, davanti al Presepio o all’albero di Natale, bambini e grandi riempiono di canti le loro case.

Brano di Bruno Ferrero

I quattro fratelli “saggi”

I quattro fratelli “saggi”

Quattro saggi reali erano alla ricerca di una specializzazione in cui non avessero nessuno alla pari.
Si dissero l’un l’altro:
“Perlustriamo la terra e impariamo la scienza massima!”
Così, dopo aver concordato un luogo per un appuntamento futuro, i quattro fratelli si mossero, ciascuno in una direzione diversa.

Il tempo passò.

Dopo un anno, un mese e un giorno, i quattro fratelli si incontrarono nel luogo stabilito e si chiesero l’un l’altro cosa avessero imparato.
“Io ho imparato una scienza,” disse il primo, “che rende possibile, anche se possiedo solo un pezzetto d’osso di un essere vivente, di creare subito la carne che lo ricopre!”
“Io,” disse il secondo, “so come far crescere la pelle di quell’essere e anche il pelo, se quell’osso è ricoperto di carne!”

Il terzo disse:

“lo sono capace di creare le membra, se ho la carne, la pelle e la pelliccia!”
“Ed io,” concluse il quarto, “so come dar vita a quella creatura se la sua forma è completa di membra!”
A questo punto, i quattro fratelli andarono nella giungla per trovare un pezzo d’osso che dimostrasse la loro specialità.
Non fu difficile.

Fatti pochi passi, trovarono un osso e lo raccolsero.

Non si chiesero a che razza di animale fosse appartenuto.
Erano così presi dalla loro scienza che non ci pensarono neppure.
Uno aggiunse carne all’osso, il secondo creò la pelle ed il pelo, il terzo lo completò con membra adatte ed il quarto diede vita ad … un leone.
Scuotendo la folta criniera, la belva si levò con fauci minacciose, denti aguzzi e mascelle spietate e balzò sui suoi creatori.
Li uccise tutti e svanì soddisfatto nella giungla.

Brano senza Autore.

L’espediente dello champagne

L’espediente dello champagne

Quando avevo trent’anni, come già raccontato, andai a lavorare durante la stagione estiva, per un mese, in un importante albergo di lusso nella perla delle Dolomiti, qual è Cortina.
Fu un’esperienza unica, anche se mi licenziai rapidamente, dato che mi facevano lavorare troppo poco essendo abituato al ritmo ed alla modalità della fabbrica.

Alle diciotto finivo il mio turno di lavoro ed avevo tutta la sera e la notte da vivere, nella tentacolare Cortina.

Optai subito per ciò che culturalmente Cortina offriva, quale mia esigenza personale di allora, come andare alla presentazione di libri, saggi e romanzi da parte di autori importanti, allora perlopiù emergenti, che mi onoro di aver incontrato.
Di alcuni di essi conservo ancora le opere autografate.
Le ville private, in prevalenza, ospitavano tali eventi e, per un fortunato vortice di circostanze, entrai nel giro esclusivo dove si partecipava solo con invito.

In una serata indimenticabile, mi trovai protagonista grazie ad un espediente.

Alla fine di ogni presentazione si partecipava ad un lauto rinfresco dove non mancava mai lo champagne, che correva a fiumi.
Nel momento clou della serata scomparve il cavatappi d’argento, dato che qualcuno lo aveva sottratto per cattiva moda, mettendo in difficoltà ed in imbarazzo i padroni di casa, per le ulteriori bottiglie da aprire.
Vista la situazione, attirai l’attenzione degli ospiti prendendo una bottiglia, indicandone ed elogiando la marca.
Palesandomi esperto, colpii il bordo del tavolo con il collo della bottiglia, facendo schizzare il tappo con un po’ di vetro, ma questo poco importò agli astanti assetati.
Alcuni anni prima, avevo visto mio padre fare magistralmente la stessa operazione con una bottiglia di birra, in una circostanza più frugale.

Riempii i calici vuoti e protesi fra gli applausi (e gli evviva) dei presenti, salvando così la serata.

Ebbi un notevole successo personale, nonché inaspettato, che mi diede accesso ad altre serate indimenticabili nelle ville della conca Ampezzana, anche al di fuori dell’ambito letterario, che mal si conciliavano con il mio essere facchino di giorno.
Mai come in quel momento, mi sentii sdoppiato in una doppia vita che non riuscì a sostenere.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Dio è come lo zucchero

Dio è come lo zucchero

Mancavano cinque minuti alle 16:00.
Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi.

Alle 16:00 in punto arrivò la maestra per iniziare l’esame scritto di religione.

Immediatamente un silenzio generale piombò nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.

1° Domanda: “Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?” cominciò a dettare la maestra.
2° Domanda: “Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?”

Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnate le risposte.
La maestra lesse ad una ad una le prime 29; erano più o meno ripetizioni di parole dette e ascoltate molte volte:

“Dio è nostro Padre.

Ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste.”
Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione.
Poi chiamò Ernestino, un piccolo e vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni.
Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere.
La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò.

Singhiozzando Ernestino lesse:

“Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione.
Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza.
Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo.
Se Lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto.”
Un applauso forte riempì l’aula e la maestra ringraziò Ernestino per le risposte così originali, semplici e vere.
Poi completò:
“Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita.”

Brano tratto dal libro “La Zattera: Regole per vivere in armonia.” di Carlo Gaudio

Sorridi…

Sorridi…

… al sole che illumina la terra e fa germogliare la vita.
… al passero che si posa sul tuo davanzale in cerca di poche briciole.
… al vecchio che ti regala i suoi saggi consigli e aiuta la sua mano tremante, ti benedirà.

Sorridi…

… all’amico quando cerca il tuo sguardo, ti chiede aiuto e sicurezza.
… all’ammalato senza speranza, il tuo sorriso sarà per lui la medicina più preziosa.
… al sorgere di ogni nuovo giorno perché è un dono di Dio.

Sorridi…

… al timido bocciolo di un fiore, anch’esso ti annuncia il miracolo della vita.
… al frastuono dei bimbi, essi sono la speranza di un mondo migliore.
… all’amore in qualunque forma si manifesti, esso vince il tempo e lo spazio.

Sorridi…

… davanti alle meschinità della gente senz’anima, il tuo sorriso forse le farà ricredere.
… quando ascolti note armoniose, la musica è linguaggio universale.
… al tuo fratello dalla pelle più colorata, è in tutto simile a te.
… e troverai la pace nel tuo cuore e in quello degli altri.

Brano di Ishak Alioui

Vivi il momento presente

Vivi il momento presente

C’era una volta un re che aveva passato tutta la vita a far guerre e ad ingrandire il suo regno.
A sessant’anni si rese conto che non aveva imparato molto sulla vita e sul senso dell’esistenza.
Convocò tutti i suoi ministri e consiglieri ed ordinò loro:
“Prendete tutto il denaro dei miei forzieri e andate ai quattro angoli del mondo alla ricerca dei libri di sapienza; vorrei finalmente conoscere la vera saggezza della vita.”
I consiglieri presero diversi sacchi d’oro e si spostarono verso tutte le direzioni della terra.
Tornarono dopo sette anni spingendo quaranta cammelli carichi di ogni sorta di libri grandi e piccoli.
Una vera montagna di libri rari.

Vedendoli, il re esclamò:

“Ho sessantasette anni, non avrò mai il tempo di leggere tutti questi libri.
Fatemi un riassunto di tutto!”
Furono convocati i più abili letterati del mondo che si misero al lavoro e dopo sette anni consegnarono un ottimo riassunto di tutto quel tesoro di sapienza.
Ma il riassunto equivaleva ancora al carico di sette cammelli.
“Ho già settantaquattro anni!” disse il re, “Non ho il tempo di leggere tutto.

Riassumete ancora!”

Si fece il riassunto del riassunto.
Ci vollero altri sette anni, al termine dei quali i saggi si ritrovarono con il carico di un solo cammello.
“Ho passato gli ottanta anni!” disse il re, sempre più debole, “I miei occhi sono molto stanchi.
Non riuscirei mai a leggere questi libri.
Riassumete ancora!”
I saggi si rimisero a lavoro e per sette anni ancora lavorarono giorno e notte.
Il risultato fu un solo libro.
Un libro che conteneva tutta la saggezza della terra.

In quel momento, un valletto si precipitò dai saggi:

“Presto, portate il libro al re.
Sta morendo!”
Il re aveva ormai ottantotto anni e agonizzava nel suo letto.
Il più dotto dei saggi avvicinò il suo volto a quello del re che in un debole soffio gli mormorò:
“Per favore, riassumi in una sola frase tutto il sapere, tutta la saggezza del mondo…”
Eccola, sire:
“Vivi il momento presente.”

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Il riposino

Il riposino

Un discepolo del maestro Soyen Shaku racconta che, quando erano bambini, il loro maestro era solito fare sempre un riposino dopo pranzo.
Al risveglio i bambini gli chiedevano perché lo facesse e lui rispondeva:

“Vado nel mondo dei sogni a trovare i vecchi saggi, come faceva Confucio!”

Si narra infatti che Confucio sognasse gli antichi saggi prima di parlare ai suoi discepoli.
Un giorno, racconta il discepolo, c’era un caldo terribile e alcuni dei bambini si appisolarono.

Il maestro al risveglio li sgridò ed uno di loro rispose così:

“Siamo andati nel mondo dei sogni a trovare gli antichi saggi proprio come faceva Confucio!”
Allora il maestro li interrogò:
“E che cosa vi hanno detto quei saggi?”

Uno dei piccoli discepoli rispose:

“Siamo andati nel mondo dei sogni, abbiamo incontrato i saggi e domandato se il nostro maestro andava là tutti i pomeriggi, ma loro ci hanno detto di non averlo mai visto!”

Storia Zen
Brano senza Autore, tratto dal Web

Segui Gesù come Maria

Segui Gesù come Maria

Una notte ho fatto un sogno splendido.
Vidi una strada lunga, una strada che si snodava dalla terra e saliva su nell’aria, fino a perdersi tra le nuvole, diretta in cielo.
Ma non era una strada comoda, anzi era una strada piena di ostacoli, cosparsa di chiodi arrugginiti, pietre taglienti e appuntite, pezzi di vetro.
La gente camminava su quella strada a piedi scalzi.
I chiodi si conficcavano nella carne, molti avevano i piedi sanguinanti.

Le persone però non desistevano:

volevano arrivare in cielo.
Ma ogni passo costava sofferenza e il cammino era lento e penoso.
Ma poi, nel mio sogno, vidi Gesù ché avanzava.
Era anche lui a piedi scalzi.
Camminava lentamente, ma in modo risoluto.

E neppure una volta si ferì i piedi.

Gesù saliva e saliva.
Finalmente giunse al cielo e là si sedette su un grande trono dorato.
Guardava in giù, verso quelli che si sforzavano di salire.
Con lo sguardo e i gesti li incoraggiava.
Subito dopo di lui, avanzava Maria, la sua mamma.
Maria camminava ancora più veloce di Gesù.

Sapete perché?

Metteva i suoi piedi nelle impronte lasciate da Gesù.
Così arrivò presto accanto a suo Figlio, che la fece sedere su una grande poltrona alla sua destra.
Anche Maria si mise ad incoraggiare quelli che stavano salendo e invitava anche loro a camminare nelle orme lasciate da Gesù, come aveva fatto lei.
Gli uomini più saggi facevano proprio così e procedevano spediti verso il cielo.
Gli altri si lamentavano per le ferite, si fermavano spesso, qualche volta desistevano del tutto e si accasciavano sul bordo della strada sopraffatti dalla tristezza.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

L’elefante e i sei saggi ciechi


L’elefante e i sei saggi ciechi

C’erano una volta sei saggi che vivevano insieme in un piccolo villaggio.
I sei saggi erano ciechi.
Un giorno, un principe straniero che attraversava il paese si fermò con la sua corte davanti alle mura di questo villaggio.
Subito tra gli abitanti del villaggio si diffuse la voce che il principe montava un animale straordinario.
Si trattava di un elefante.
In quel paese non esistevano elefanti, e la gente non aveva idea di come potessero essere fatti quegli animali.
I sei saggi volevano vederlo, ma come avrebbero potuto farlo essendo ciechi?
Così decisero di andare a toccare l’animale, in modo da poterlo descrivere.
Al loro ritorno, i sei ciechi furono accolti dalla popolazione impaziente di sapere a cosa poteva assomigliare un elefante.
“Bè,” disse il primo, “un elefante è come un enorme ventaglio rugoso.”

Gli aveva toccato le orecchie.

“Assolutamente no,” intervenne il secondo, “E’ come un paio di lunghe ossa.”
Gli aveva toccato le zanne.
“Ma proprio per niente!” esclamò il terzo, “Assomiglia ad una grossa corda.”
Gli aveva toccato la proboscide.
“Ma cosa state dicendo? Piuttosto è compatto come un tronco d’albero!” disse il quarto che gli aveva toccato le zampe.
“Non capisco di cosa state parlando…” disse il quinto, “Un elefante assomiglia ad un muro che respira.”
Gli aveva toccato i fianchi.
“Non è vero,” gridò il sesto, “Un elefante è come una lunga fune.”

Gli aveva toccato la coda.

I sei ciechi cominciarono a litigare, ciascuno rifiutando di ascoltare la descrizione degli altri cinque.
Attirato dalle loro urla, il principe venne a vedere che cosa stava accadendo.
“Sire,” disse un vecchio, “i sei saggi sono venuti a toccare l’elefante per capire com’è fatto e ognuno dice una cosa diversa.
Non si sa a chi credere.”
Il principe ascoltò i sei ciechi che descrissero di nuovo l’elefante.
Dopo un lungo silenzio, egli dichiarò:
“Tutti e sei dicono la verità, ma ognuno di essi ha toccato solo una parte dell’animale, e quindi conosce solo quella parte di verità.
Finché ognuno crede di essere il solo ad avere ragione, nessuno conoscerà la verità intera.

I diversi colori del caleidoscopio non si mescolano forse per formare un solo e splendido disegno?

Il principe descrisse allora l’elefante mettendo insieme le sei descrizioni e gli abitanti del villaggio seppero finalmente che aspetto aveva quello straordinario animale.”
Tutti noi abbiamo la nostra personale visione del mondo ed essa è basata su ciò che attraverso i sensi percepiamo ed interiorizziamo e che costituisce la nostra esperienza diretta sulle cose.
Ma proprio perché personale e quindi filtrata dai nostri sensi, tale visione non è detto che sia corrispondente alla realtà in se stessa.
Accettare l’idea che i diversi punti i vista possono tutti essere validi e che il loro insieme fa la realtà della cose, ci aiuta ad essere più disponibili verso il punto di vista dell’altro e a rispettarlo tanto quanto vogliamo che sia rispettato il nostro.
Ascoltare significa anche porsi nella condizione di recepire ciò che ci viene detto come un possibile fertile spunto di riflessione, un punto di vista diverso che potremo scartare o accettare in funzione di ciò che riteniamo utile per noi ma che in linea di principio non è più sbagliato o più giusto del nostro, ma solo diverso…

Brano senza Autore, tratto dal Web