Le tre pipe


Le tre pipe

Un vecchio saggio indiano dava questo consiglio agli irruenti giovani della sua tribù:
“Quando sei veramente adirato con qualcuno che ti ha mortalmente offeso e decidi di ucciderlo per lavare l’onta, prima di partire siediti, carica ben bene di tabacco una pipa e fumala.
Finita la prima pipa, ti accorgerai che la morte, tutto sommato, è una punizione troppo grave per la colpa commessa.

Ti verrà in mente, allora, di andare a infliggergli una solenne bastonatura.

Prima di impugnare un grosso randello, siediti, carica una seconda pipa e fumala fino in fondo.
Alla fine penserai che degli insulti forti e coloriti potrebbero benissimo sostituire le bastonate.
Bene!
Quando stai per andare a insultare chi ti ha offeso, siediti, carica la terza pipa, fumala, e quando avrai finito, avrai solo voglia di riconciliarti con quella persona.”

I monaci di un convento trovavano molta difficoltà ad andare d’accordo.
Spesso scoppiavano dispute, anche per motivi futili.
Invitarono allora un maestro di spirito che affermava di conoscere una tecnica ga­rantita per portare l’armonia e l’amore in ogni gruppo.

A loro il maestro rivelò il suo segreto:

“Ogni volta che sei con qualcuno o ce l’hai con qualcuno, devi dire a te stesso:
io sto morendo e anche questa persona sta morendo.
Se pensi veramente a queste parole, ogni amarezza scomparirà.”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero

Padre, io ti amo come il sale da cucina!


Padre, io ti amo come il sale da cucina!

C’era una volta un re che rispondeva al nobile nome di Enrico il Saggio.
Aveva tre figlie che si chiamavano Alba, Bettina e Carlotta.
In segreto, il re preferiva Carlotta.
Tuttavia, dovendo designare una sola di esse per la successione al trono, le fece chiamare tutte e tre e domandò loro:
“Mie care figlie, come mi amate?”
La più grande rispose:
“Padre, io ti amo come la luce del giorno, come il sole che dona la vita alle piante.
Sei tu la mia luce!”

Soddisfatto, il re fece sedere Alba alla sua destra, poi chiamò la seconda figlia.

Bettina dichiarò:
“Padre, io ti amo come il più grande tesoro del mondo, la tua saggezza vale più dell’oro e delle pietre preziose.
Sei tu la mia ricchezza!”
Lusingato e cullato da questo filiale elogio, il re fece sedere Bettina alla sua sinistra.
Poi chiamò Carlotta.
“E tu, piccola mia, come mi ami?” chiese teneramente.
La ragazza lo guardò fisso negli occhi e rispose senza esitare:
“Padre, io ti amo come il sale da cucina!”
Il re rimase interdetto:
“Che cosa hai detto?”

“Padre, io ti amo come il sale da cucina!”

La collera del re tuonò terribile:
“Insolente!
Come osi, tu, luce dei miei occhi, trattarmi così?
Vattene!
Sei esiliata e diseredata!”
La povera Carlotta, piangendo tutte le sue lacrime, lasciò il castello e il regno di suo padre.
Trovò un posto nelle cucine del re vicino e, siccome era bella, buona e brava, divenne in breve la capocuoca del re.
Un giorno arrivò al palazzo il re Enrico.
Tutti dicevano che era triste e solo.
Aveva avuto tre figlie ma la prima era fuggita con un chitarrista californiano, la seconda era andata in Australia ad allevare canguri e la più piccola l’aveva cacciata via lui…
Carlotta riconobbe subito suo padre.
Si mise ai fornelli e preparò i suoi piatti migliori.

Ma invece del sale usò in tutti lo zucchero.

Il pranzo divenne il festival delle smorfie:
tutti assaggiavano e sputavano poco educatamente nel tovagliolo.
Il re, rosso di collera, fece chiamare la cuoca.
La dolce Carlotta arrivò e soavemente disse:
“Tempo fa, mio padre mi cacciò perché‚ avevo detto che lo amavo come il sale di cucina che dà gusto a tutti i cibi.
Così, per non dargli un altro dispiacere, ho sostituito il sale inopportuno con lo zucchero!”
Il re Enrico si alzò con le lacrime agli occhi:
“E il sale della saggezza che parla per bocca tua, figlia mia.
Perdonami e accetta la mia corona!”
Si fece una gran festa e tutti versarono lacrime di gioia:
erano tutte salate, assicurano le cronache del tempo.

Brano tratto dal libro “Solo il Vento lo Sa.” di Bruno Ferrero. ElleDiCi Editore.

Il problema degli altri

Il problema degli altri

C’era una volta un saggio molto conosciuto, che viveva su una montagna dell’Himalaya.
Stanco della convivenza con gli uomini, aveva scelto una vita semplice, e passava la maggior parte del tempo meditando.
La sua fama, però, era così grande che la gente era pronta ad affrontare strade anguste, ad arrampicarsi su colline ripide, a oltrepassare fiumi copiosi solo per conoscere quel sant’uomo, che tutti credevano fosse capace di risolvere qualsiasi angoscia del cuore umano.
Il saggio, essendo un uomo molto compassionevole, elargiva un consiglio qui, un altro lì, ma cercava di liberarsi subito dei visitatori indesiderati.
Essi, comunque, si presentavano a gruppi sempre più numerosi, e un giorno una folla bussò alla sua porta, dicendo che sul giornale locale erano state pubblicate delle storie bellissime su di lui, e tutti erano sicuri che lui sapesse come superare le difficoltà della vita.
Il saggio non fece commenti e chiese loro di sedersi e aspettare.
Trascorsero tre giorni, e arrivò altra gente.

Quando non ci fu più posto per nessun altro, egli si rivolse alla popolazione che si trovava davanti alla sua porta:
“Oggi vi darò la risposta che tutti desiderate.”
Ma voi dovete promettere che, non appena i vostri problemi saranno risolti, direte ai nuovi pellegrini che mi sono trasferito altrove, così che io possa continuare a vivere nella solitudine cui tanto anelo.
Gli uomini e le donne fecero un giuramento solenne:
se il saggio avesse compiuto quanto promesso, essi non avrebbero permesso a nessun altro pellegrino di salire sulla montagna.
“Raccontatemi i vostri problemi!” disse il saggio.
Qualcuno cominciò a parlare, ma fu subito interrotto da altre persone, poiché tutti sapevano che quella era l’ultima udienza pubblica che il sant’uomo avrebbe concesso, temevano che non avrebbe avuto il tempo di ascoltarli.

Qualche minuto dopo, si era creata una grande confusione, con tante voci che urlavano nello stesso tempo, gente che piangeva, uomini e donne che si strappavano i capelli per la disperazione, perché era impossibile farsi sentire.
Il saggio lasciò che la situazione si prolungasse per un po’, finché urlò:
“Silenzio!”
La folla si azzittì immediatamente.
“Scrivete i vostri problemi e posate i fogli di carta davanti a me!” esclamò.
Quando tutti ebbero terminato, il saggio mescolò tutti i fogli in una cesta, chiedendo poi:
“Fate passare tra voi questa cesta, e che ciascuno prenda il foglio che si trova sopra e legga ciò che vi è scritto.

Potrete scegliere se cominciare ad avere il problema che vi troverete scritto oppure potrete richiedere indietro il vostro problema a chi gli è capitato nel sorteggio!”
Ciascuno dei presenti prese uno dei fogli, lesse e rimase terrificato.
Ne conclusero che ciò che avevano scritto, per peggiore che fosse, non era tanto serio come il problema che affliggeva il vicino.
Due ore dopo, si scambiarono i fogli e ciascuno si rimise in tasca il proprio problema personale, sollevato nel sapere che il proprio problema non era poi tanto grave quanto immaginava.
Tutti furono grati per la lezione, scesero giù dalla montagna con la certezza di essere più felici degli altri e, rispettando il giuramento fatto, non permisero più a nessuno di turbare la pace del sant’uomo.

Brano di Paulo Coelho