Le suore carmelitane in viaggio

Le suore carmelitane in viaggio

Un gruppo di suore carmelitane, che stava viaggiando verso la Terra Santa, fece una tappa a Beirut, nel Libano.
Attraversando la città, passarono davanti ad un grande edificio che sembrò loro una chiesa cristiana, e vi entrarono.

Si trovarono in una moschea musulmana, in mezzo ad una folla in preghiera.

L’intrusione delle suore provocò una certa agitazione tra i musulmani, ma il loro “ulema” li assicurò:
“State tranquilli, queste donne sono speciali:
sono sante e vestono come Miriam, la madre di Gesù di Nazaret.”
Si rivolse quindi alle suore e continuò:
“In vostro onore mi permetto di leggere dal Corano alcuni brani, dove si parla di Miriam, esaltata e lodata come la santa madre di Gesù.”

Così le suore ascoltarono in silenzio le belle parole che il Corano dice di Maria.

Tutti i presenti seguirono la lettura con grande attenzione e devozione.
Al termine, l’ulema aggiunse:
“Le nostre care visitatrici hanno sentito cosa dice il nostro libro santo.
Ora vi prego,” disse rivolto alle suore, “diteci come voi venerate Miriam.”

Tra i fedeli musulmani si destò una grande curiosità.

Le carmelitane intonarono l’Ave Maria per suggellare quell’incontro inaspettato.
Un profumo soave e delicato avvolse tutti i fedeli della moschea e una luce azzurrina, simile ad un impalpabile manto fatto d’aria, scese dall’alto della cupola.
Ancora oggi tutti si chiedono come ciò sia potuto capitare.

Brano tratto dal libro “Mese di Maggio per i bambini.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

La formichina e la forza dell’amore

La formichina e la forza dell’amore

Il Re Salomone, un giorno, gironzolando per il deserto fu attratto da un formicaio!
Tutte le formiche si precipitarono ad ossequiare le sante impronte del Re.

Una sola non si curò minimamente della sua presenza!

Continuò, imperturbabile, a lavorare con invariata alacrità senza fermarsi un attimo.
Stava ai piedi di una duna di sabbia ed il Re si chinò su di lei, chiedendo:
“Che cosa fai, formichina?”
Senza distrarsi un attimo dal lavoro la formica gli rispose:
“Vedi, Re dei Re, un granello dopo l’altro io porto altrove questa duna!”

“Formichina generosa!”

le disse Salomone, “Non è un lavoro sproporzionato per le tue forze?
Questa duna è così alta che neanche riesci a vederne la cima.
Neanche con la longevità di Matusalemme, e la pazienza di Giobbe, potresti sperare di spostare questa duna!”
“Gran Re!” riprese la formica, “Faccio questo per amore della mia amata!

Questa duna mi separa da lei.

Niente e nessuno mi potrà impedire di abbatterla!
E se quest’opera dovesse consumare tutte le mie forze, almeno morirò nella misteriosa e felice follia della speranza!”
Così parlò la formica innamorata.
In questo modo il Re Salomone scoprì, sul sentiero del deserto, quanto può essere forte e coraggioso l’amore!

Brano senza Autore

Il mandorlo e la grande quercia

Il mandorlo e la grande quercia

C’erano una volta, in un terreno coltivato, due piccole piante che erano molto amiche e che avevano in comune lo stesso sogno:
diventare sante.

Tuttavia, della santità avevano due concezioni molto diverse, quasi opposte.

La prima, che era la piantina di un mandorlo, sapendo che i santi stanno in paradiso, era convinta che la santità consistesse nel tendere verso l’alto, staccandosi da terra.
La seconda, che era la piantina di una quercia, avendo letto la vita dei santi, era convinta, invece, che la santità consistesse nel tendere verso l’alto, ma stando con i piedi per terra e dando il massimo di sé in questo mondo.
Col passare del tempo la piantina del mandorlo, pur potendo, non riusciva a portare frutti perché era poco attenta al terreno che avvolgeva le sue radici e, per via della sua convinzione, cercava di spingerle sempre più verso l’alto a tal punto che

un giorno seccò e fu tagliata dal padrone del terreno.

L’altra piantina, invece, spingendo le sue radici sempre più in profondità, crebbe e divenne una grande e maestosa quercia e, pur non potendo produrre frutti commestibili per il suo padrone, era molto apprezzata per la sua frescura ed era diventata ormai casa e riparo per molti animali di quella zona.

Brano tratto dal libro “Novena dell’Immacolata.” di Angelo Valente. Edizione ElleDiCi.