Lo scoiattolo Bernardo

Lo scoiattolo Bernardo

C’era una volta, nel parco di un vecchio castello, ormai diroccato, una grande, antica e generosa quercia.
Proprio nella quercia, alla biforcazione di due rami, cinque allegri scoiattoli striati avevano costruito la loro casa.
La casa degli scoiattoli aveva sette capaci magazzini, spalancati come bocche di uccellini sempre affamati.
Per tutta l’estate, gli scoiattoli non facevano che correre, giorno e notte, per riempirli di cibarie.
Sapevano che l’inverno era lungo e crudele e dovevano affrontarlo con la dispensa piena, se volevano arrivare a vedere la primavera.

Gli scoiattoli non si riposavano mai:

si davano da fare freneticamente per raccogliere ed ammassare grano e noci, ghiande e bacche.
Lavoravano tutti.
Tutti, tranne Bernardo.
Bernardo era uno scoiattolo dal musetto intelligente, le orecchie da filosofo, il pelame lucente e una bella coda folta.
Ma mentre i suoi compagni correvano avanti e indietro trafelati con le zampine cariche di provviste, se ne stava assorto con il muso all’aria e gli occhi chiusi.
“Bernardo, perché non lavori?” chiesero gli scoiattoli.
“Come, non lavoro?” rispose Bernardo un po’ offeso, “Sto raccogliendo i raggi del sole per i gelidi giorni d’inverno!”
E quando videro Bernardo seduto su una grossa pietra, gli occhi fissi sul prato, domandarono:

“E ora, Bernardo, che fai?”

“Raccolgo i colori!” rispose Bernardo con semplicità, “L’inverno è così grigio!”
Quattro scoiattolini correvano e correvano, sempre più affannati.
I magazzini si riempivano di nocciole e bacche e squisitezze.
Bernardo, invece, se ne stava accoccolato all’ombra di una pianta.
“Stai sognando, Bernardo?” gli chiesero con tono di rimprovero.
Bernardo rispose:
“Oh, no!
Raccolgo parole.
Le giornate d’inverno sono tante e sono lunghe.
Rimarremo senza nulla da dirci!”
Venne l’inverno e quando cadde la prima neve, i cinque scoiattolini si rifugiarono nella loro tana dentro la grande quercia.
I primi giorni furono pieni di felicità.
Gli scoiattolini facevano una gran baldoria, mentre fuori fischiava il vento gelido.

Suonavano le nacchere con i gusci di noce, cantavano e ballavano.

E prima di dormire con il pancino ben pieno si divertivano a raccontare storielle divertenti sugli allocchi allocchiti e sulle volpi rimbambite.
Ma, a poco a poco, consumarono gran parte delle provviste.
I magazzini si vuotarono uno dopo l’altro, finirono le nocciole, poi le ghiande (anche quelle amare), poi le bacche.
Rimasero solo le radici meno tenere.
Nella tana si gelava e nessuno aveva più voglia di chiacchierare.
Improvvisamente si ricordarono dello strano raccolto di Bernardo.
Del sole, dei colori, delle parole.
“E le tue provviste, Bernardo?” chiesero.

Bernardo si arrampicò su un grosso sasso e cominciò a parlare:

“Chiudete gli occhi.
Ora sentite i caldi, dorati raggi del sole che si posano sulla vostra pelliccia; sono lucenti, giocano con le foglie, sono colate d’oro…”
E mentre Bernardo parlava, i quattro scoiattolini cominciarono a sentirsi più caldi.
Che magia era mai quella?
“E i colori, Bernardo?” chiesero ansiosamente, “Chiudete gli occhi!”
E quando parlò dell’azzurro dei fiordalisi, dei papaveri rossi nel frumento giallo, delle foglioline verdi dell’edera, videro i colori come se avessero tanti piccoli campicelli in testa.
“E le parole, Bernardo?”
Bernardo si schiarì la gola, aspettò un attimo, e poi, come da un palcoscenico, disse:
“Nascosto nella corteccia di un albero, nel bel mezzo di una foresta meravigliosa, vive uno scoiattolo dal pelo rosso, lo sguardo brillante e la coda a pennacchio.
Questo straordinario piccolo scoiattolo porta sul capo una corona di noci.

È un genio:

possiede certi poteri e conosce molti segreti.
Quando un coniglietto è ferito da un cacciatore, è il genio scoiattolo che dice qual è la pianta utile per guarire la ferita.
Quando un uccellino si rompe un’ala è il genio scoiattolo che gli applica un supporto di sottili aghi di pino perché possa volare ancora.
Ma la cosa che gli riesce meglio è guarire i cuori malati di tristezza e di paura.”
“Ci vogliono tante coccole, per vivere,” dice il genio scoiattolo, “e tanta tenerezza.
Perché tutte le creature del bosco sono come i fiorellini che appassiscono se non sono baciati dai raggi di sole.
Quando un animaletto è triste, io faccio il raggio di sole.
E lui riapre i petali del suo cuore!”
Quando Bernardo tacque, i quattro scoiattolini applaudirono e gridarono:
“Bernardo, sei un poeta.”
Bernardo arrossì, si inchinò e disse modestamente:
“Lo so, cari musetti!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Informazione, prego!

Informazione, prego!

Quando ero bambino, mio padre ebbe il primo telefono del paesino dove vivevamo.
Mi ricordo bene la vecchia scatola di legno, bella lucida, fissata al muro e il bel ricevitore nero, bello lucido, appeso al suo fianco.
Ero troppo piccolo per giungere fino al telefono, ma ero abituato ad ascoltare estasiato mia madre parlargli.
Più tardi, ho scoperto che da qualche parte, dentro quel meraviglioso apparecchio, viveva una persona fantastica…
Il suo nome era “Informazione, prego!” e non c’era nulla che non sapesse
“Informazione, prego!” poteva fornire il numero di chiunque in più dell’ora esatta.
La mia prima esperienza personale con quel “genio della lampada” accadde un giorno quando mia madre si era recata da una vicina:

“Stavo giocando in cantina e diedi un forte colpo di martello su un dito.

Il dolore era tremendo, ma non mi sembrava utile che mi mettessi ad urlare.
Ero da solo e non c’era nessuno per potermi sentire e consolare.
Andavo avanti e indietro intorno a casa, succhiando il mio dito.
Giunsi per caso ai piedi della scalinata.
Il telefono!
Di fretta, corsi in cucina, presi il piccolo sgabello e lo trascinai fin sotto il telefono.
Dopo essere salito, sganciai il ricevitore e lo avvicinai all’orecchio.
“Informazione, prego!” dissi nel microfono, lì, un po’ sopra la mia testa.
Un clic, o forse due… e sentii una vocina chiara dirmi:

“Informazione!”

“Mi sono fatto male al dito!” dissi quindi, “Mi sono fatto male al dito!”
“Stai sanguinando?” mi chiese la voce.
Gli risposi:
“No, mi sono colpito un dito con un martello e mi fa tanto male!”
Mi chiese:
“Puoi aprire lo scomparto del ghiaccio!”
Ho riposto che, certo, potevo farlo.
“Allora, prendi un cubetto di ghiaccio e mettilo sul tuo dito!” mi disse.”
Dopo quell’esperienza ho chiamato “Informazione, prego!” per qualsiasi cosa:
“Gli chiesi di aiutarmi per la geografia, e mi ha detto dove si trovava Montréal.
Mi ha aiutato anche per i compiti di matematica.
Mi ha detto che il piccolo scoiattolo, che avevo trovato nel parco il giorno prima, doveva mangiare della frutta e delle noccioline.

Un brutto giorno, il mio canarino è morto

Ho chiamato “Informazione, prego!” e gli ho raccontato la mia triste storia.
Mi ha ascoltato attentamente e mi ha detto le solite cose che dice un adulto per confortare un bambino, ma ero inconsolabile.
Allora, gli chiesi con un nodo alla gola:
“Perché gli uccelli cantano così melodiosamente e recano tanta gioia alle famiglie, solo per finire miseramente come un mucchietto di piume in fondo ad una gabbia?”
Probabilmente ha percepito la mia profonda disperazione e mi ha detto, con voce molto rassicurante:
“Paul, ricordati che c’è un altro mondo dove si può cantare!”
In un certo senso mi sono sentito meglio.”
Un’altra volta chiamai di nuovo: “Informazione, prego!”
“Informazione!” mi rispose la voce, ormai diventata così familiare.
Gli chiesi:
“Come si scrive la parola riparazione!” ”
Tutto questo si svolse nella citta di Québec, in quel tempo avevo 9 anni.
Poi, traslocammo nell’altra parte della provincia, a Baie-Comeau.

La mia amica mi mancava da morire.

“Informazione, prego!” apparteneva a quella cassetta di legno del casolare di famiglia, e, stranamente, non ho mai pensato di utilizzare il nuovo telefono, appoggiato su un tavolo nel corridoio dell’ingresso!
Giunto nell’adolescenza, i ricordi di quelle conversazioni nella mia infanzia non mi hanno mai lasciato.
Spesso, nei momenti di dubbi e di difficoltà, mi sono ricordato di quelle sensazioni rassicuranti che avevo all’epoca.
Apprezzavo ora la pazienza, la comprensione e la gentilezza che ha avuto, per dedicare il suo tempo ad un ragazzino!
Alcuni anni dopo, mentre mi recavo al collegio, a Montréal, il mio aereo doveva fare scalo in Québec.
Avevo mezzora d’attesa prima di prendere l’altro aereo.
Ho trascorso 15 minuti al telefono con mio fratello, che vive sempre in Québec.
Poi, senza pensare veramente a quello che stavo facendo, ho pigiato su “0” e ho detto “Informazione, prego!”
Come per incanto, ho udito quella stessa vocina chiara che conoscevo benissimo:

“Informazione!”

Non avevo per niente previsto questo, ma mi è scapato di dirgli:
“Come si scrive la parola riparazione?”
Ci fu un attimo di silenzio…
Poi, udii quella voce tanto dolce rispondermi:
“Immagino che il tuo dito è guarito ormai!”
Con un misto tra la gioia e l’emozione gli ho detto:
“E quindi sempre lei! Mi chiedo se ha la minima idea di quanto è stata importante per me in tutti quegli anni trascorsi!”
“Io mi chiedo,” dice lei, “se tu sai quanto erano importanti per me le tue chiamate.
Non ho mai avuto figli ed ero sempre impaziente di ricevere le tue telefonate!”
Gli ho detto quanto spesso, ho pensato a lei nel corso degli ultimi anni e le ho chiesto se potevo richiamarla, quando tornavo a trovare mio fratello.

“Ben volentieri, puoi chiedere di Sally!” mi rispose.

Tre mesi dopo, quando mi recai di nuovo a Québec, un’altra voce mi rispose a “Informazione!” chiesi di parlare a Sally.
“Lei è un amico?” mi chiese quella voce sconosciuta.
Gli risposi:
“Sì, un vecchio amico!”
Sentii allora quella voce dirmi:
“Sono dispiaciuta di doverle dire questo, Sally lavorava solo Part-Time in questi ultimi anni perché era molto ammalata.
Ed è deceduta, ormai da cinque settimane!”
Fui molto sconcertato!
Ma prima che potessi riagganciare, mi disse ancora:
“Aspetti un instante!
Ha detto che si chiama Paul?”
Risposi di si.

“Allora, Sally a lasciato un messaggio per lei.
Lo ha scritto, nel caso che chiamasse.
Me lo lasci leggere!
Quel messaggio diceva:
“Gli dica che credo sempre che c’è un altro mondo dove si può cantare.
Saprà quello che voglio dire!”
La ho ringraziata e ho riagganciato.
Certo, sapevo quello che Sally voleva dire!”
Non sottovalutare mai l’effetto positivo che puoi avere sugli altri!

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il cavallino ed il fiume

Il cavallino ed il fiume

Il cavallino, felice di aiutare la mamma, si mise il sacco sulla groppa e si avvio verso il mulino.
Ma lungo il cammino si trovò dinnanzi un fiume pieno d’acqua.
Il cavallino si fermò sulla riva e pensò:
“Che cosa devo fare adesso? Potrò mai attraversare questo fiume?”

Il piccolo cavallo era spaventato e non sapeva a chi chiedere un consiglio.

Si guardò intorno in cerca di aiuto e vide un vecchio bue che mangiava in un prato li accanto.
Il cavallino, allora, si avvicinò al bue e gli chiese se poteva attraversare il fiume.
“Certo.” rispose il bue “L’acqua non è molto alta, arriva al ginocchio, vai pure tranquillo!”
Il cavallino, rassicurato dal vecchio bue, si mise a correre verso il fiume, ma appena arrivato sulla riva, un piccolo scoiattolo gli si avvicinò e tutto agitato gli disse:
“Non attraversare! È molto pericoloso, rischi di affogare!”
“Ma perché?” chiese il cavallino confuso “Il fiume è molto profondo?”

“Si,” rispose lo scoiattolo “un mio amico ieri è morto annegato.”

Il cavallino spaventato non sapeva più a chi dare ascolto e decise di ritornare a casa e chiedere alla mamma la cosa giusta da fare:
“Mamma, sono tornato perché l’acqua del fiume è molto alta e non posso oltrepassare il fiume.”
“Sei sicuro?” chiese la mamma “Io credo che l’acqua non sia tanto profonda!”
“Me lo ha detto anche un vecchio bue, ma uno scoiattolo, invece, mi ha detto che il fiume è pericoloso e che ieri è vi annegato un suo amico.” rispose il cavallino.
“Allora, figlio mio,” continuò la mamma “ l’acqua del fiume è profonda o poco profonda?
Prova a pensarci da solo!
Non devi ascoltare i consigli altrui senza rifletterci con la tua testolina.
Puoi arrivarci da solo alla soluzione.
Il bue è un animale grande e grosso e per lui il fiume è davvero poco profondo, mentre lo scoiattolo è piccolo e pensa che il fiume sia molto profondo.”
Il cavallino dopo aver ascoltato attentamente la spiegazione della mamma si incammino verso il fiume deciso di attraversarlo.

Quando lo scoiattolo lo vide che stava entrando nel fiume gli gridò:

“Allora vuoi morire!”
“No!” disse il cavallo “Voglio solo provare ad attraversare il fiume!”
E cosi il cavallino scoprì che per lui l’acqua del fiume non era né poco profonda come sosteneva il bue, né troppo profonda come diceva il piccolo scoiattolo!

Fiaba Cinese
Brano senza Autore