I tre agnellini

I tre agnellini

Lassù sulle montagne del Tirolo, c’era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità.
Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose.
Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio.
Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli.

Il bambino rispose:

“A Gesù non importa, Lui sa che non ho giocattoli per giocare.”
Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva.
“Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?”
“Là!” rispose il fanciullo indicando vagamente l’alto.
Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l’agnellino era pronto, bello da sembrare vivo.
Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio.
Il bambino appena vide l’agnellino protese le braccine e l’afferrò.
Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato.

Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando:

“Tienilo pure.
Intaglierò un altro agnellino.”
Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo.
“Oh! Che meraviglioso agnellino!” disse, “Posso averlo per piacere?”
“Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro” rispose Dritte e ne realizzò un altro.
Ma il bambino dai capelli d’oro non ritornò, e l’agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega.
La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame.
Prima di Pasqua, in un giorno uggioso, un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare.

Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro:

“Sono alla locanda,” disse il commerciante, “in caso cambiate idea.”
La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l’agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega.
Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d’oro.
“Ho tenuto l’agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto.
Ne farò subito un altro!”
“Non ho bisogno di un altro agnellino,” disse il fanciullo scuotendo il capo, “quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me.
Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo.”
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso.
Quella notte Dritte si recò alla locanda.
“Costruirò giocattoli per voi!” disse.
“Allora avete cambiato idea.” sussurrò il mercante.
“No!” rispose Dritte con gli occhi scintillanti, “Ma ho ricevuto un segno da Dio!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’ombrello giallo

L’ombrello giallo

C’era una volta un paese grigio e triste, dove, quando pioveva, tutti gli abitanti giravano per le strade con degli ombrelli neri.
Sempre rigorosamente neri.
E sotto l’ombrello tutti avevano una faccia aggrondata e triste.
Come, del resto, è giusto che sia sotto un ombrello nero.
Ma un giorno che la pioggia scrosciava, proprio nell’ora di punta, si vide circolare un signore un po’ bizzarro che passeggiava sotto un ombrello giallo.
E come se non bastasse, quel signore sorrideva.
Alcuni passanti lo guardavano scandalizzati e mugugnavano:
“Guardate che indecenza!
E veramente ridicolo con quel suo ombrello giallo.

Non è serio.

La pioggia invece è una cosa seria e un parapioggia deve essere nero.”
Altri montavano in collera e dicevano forte:
“Ma che razza di idea è mai quella di andare in giro con un ombrello giallo?
Quel tipo è solo un esibizionista, uno che vuol farsi notare a tutti i costi.
Non è per niente divertente!”
In effetti non c’era niente di divertente in quel paese, dove pioveva sempre e gli ombrelli erano tutti neri.
Solo la piccola Marta non sapeva che cosa pensare.
Un pensiero le ronzava nella mente:

“Quando piove, un ombrello è un ombrello.

Che sia giallo oppure nero, quello che conta è avere l’ombrello.”
D’altra parte, quel signore aveva proprio l’aria felice sotto il suo ombrello giallo e Marta si chiedeva perché.
Un giorno, all’uscita della scuola, Marta si accorse di aver dimenticato il suo ombrello nero a casa.
Scosse le spalle e si incamminò verso casa a testa scoperta, mentre la pioggia le bagnava i capelli.
Dopo un po’, incrociò l’uomo dell’ombrello giallo che le propose sorridendo:
“Vuoi ripararti?”
Marta esitava:
se accettava e si riparava sotto l’ombrello giallo, tutti l’avrebbero presa in giro, ma poi pensò:
“Quando piove, un ombrello è un ombrello.
Che sia giallo oppure nero, è sempre meglio avere l’ombrello che non averlo per niente!”
Così accettò e si riparò sotto l’ombrello giallo accanto al signore gentile.

E allora Marta capì perché quel signore era sempre felice:

sotto l’ombrello giallo il cattivo tempo non esisteva più!
C’era un gran sole caldo nel cielo azzurro, e degli uccellini che cinguettavano.
Marta aveva un’aria cosi sbalordita che il signore scoppiò in una risata:
“Lo so!
Anche tu mi prendi per un pazzo, ma voglio spiegarti tutto.
Un tempo, ero triste anch’io, in questo paese dove piove sempre.
Avevo anch’io un ombrello nero.
Ma un giorno, uscendo dall’ufficio, dimenticai l’ombrello e partii verso casa a testa scoperta.
Per strada, incontrai un uomo che mi propose di ripararmi sotto il suo ombrello giallo.
Come te, esitavo perché avevo paura di farmi notare e di rendermi ridicolo, ma poi accettai perché avevo più paura ancora di buscarmi un raffreddore.
Mi accorsi che sotto l’ombrello giallo il cattivo tempo non esisteva più.
Quell’uomo mi insegnò che le persone erano tristi perché non si parlavano da un ombrello all’altro.
Poi, improvvisamente, l’uomo se ne andò e mi accorsi che avevo il suo ombrello giallo in mano.
Lo rincorsi, ma non riuscii più a trovarlo:

era scomparso.

Ho conservato l’ombrello giallo e il bel tempo non mi ha più lasciato.”
Marta esclamò:
“Che storia!
E non sente imbarazzo a tenersi l’ombrello di un altro?”
Il signore rispose:
“No, perché so bene che questo ombrello è di tutti.
Quell’uomo l’aveva senza dubbio ricevuto anche lui da qualche altro.”
Quando arrivarono davanti alla casa di Marta, si dissero arrivederci.
Marta allora si accorse di tenere in mano l’ombrello giallo, ma il signore gentile era già scomparso.
Così Marta conservò l’ombrello giallo, ma sapeva già che quell’ombrello speciale avrebbe ben presto cambiato proprietario e sarebbe passato in tante altre mani, per riparare dalla pioggia tante altre persone e portare loro il bel tempo.

Brano tratto dal libro “Altre storie. Per la scuola e la catechesi.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.