Il rasoio pigro

Il rasoio pigro

Nella bottega di un barbiere, c’era una volta un bel rasoio.
Trovatosi da solo, un giorno, pensò di dare un’occhiata in giro, e tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come in una guaina.

Come vide il sole specchiarsi nel suo corpo, rimase meravigliato:

la lama d’acciaio mandava tali bagliori da farlo montare in boria.
“E io dovrei tornare in quella squallida bottega,” pensò il rasoio, “a tagliare le barbe insaponate di quei rustici villani, ripetendo all’infinito le stesse monotone operazioni!
Avvilire in questo modo il mio corpo così bello, sarebbe una pazzia.
Meglio andarmi a nascondere in qualche posto ben segreto, e godermi in tranquillità il resto dei miei giorni!”

Così dicendo si cercò un nascondiglio, e per molti mesi non si lasciò più trovare.

Senonché, venne pur il giorno in cui, volendo prendere un po’ d’aria, il rasoio lasciò il suo rifugio e, uscito cautamente fuori dal manico, tornò a guardare il proprio corpo.
Ahimè!
Cos’era mai successo?
La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole.
Amareggiato e pentito, pianse invano il suo stupido errore:
“Oh, quanto sarebbe stato meglio tenere in esercizio la mia bella lama affilata!

La mia superficie sarebbe rimasta luccicante, il mio taglio netto e sottile!

Invece, eccomi qua, corroso e incrostato per sempre dalla ruggine!”

La stessa fine è riservata alle persone d’ingegno che invece di esercitare le loro qualità, preferiscono rimanere oziose.
Proprio come il rasoio, anch’esse perdono la sottigliezza e la luce dello spirito, e rimangono corrose dalla ruggine dell’ignoranza.

Brano di Leonardo da Vinci

L’occhio del falegname


L’occhio del falegname

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname.
Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente.
Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola:
“Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti.
Ha il carattere più mordace della terra.”

Un altro intervenne:

“Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla:
ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca.”
“Fratel Martello,” protestò un altro “ha un caratteraccio pesante e violento.
Lo definirei un picchiatore.
E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti.
Escludiamolo!”
“E i Chiodi?
Si può vivere con gente così pungente?
Che se ne vadano!
E anche Lima e Raspa.

A vivere con loro è un attrito continuo.

E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”
Così discutevano, sempre più animosamente gli attrezzi del falegname.
Parlavano tutti insieme.
Il martello voleva espellere la lima e la pialla questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via.
Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname.
Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro.

L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace.

Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca.
Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla.
Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere.
Per accogliere la Vita.

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero. Elledici edizioni.