La voce della conchiglia

La voce della conchiglia

Il Re di “Nonsodove”, essendo ormai vecchio, convocò i suoi tre figli:
Valente, forte e risoluto ma arrogante;
Folco, intelligente ma avido e ambizioso;
Giannino, ancora giovane, il volto lentigginoso, svelto e furbo ma oggetto degli scherzi dei fratelli, che non lo stimavano molto.
Il Re disse ai figli:
“È ora che io designi il mio successore al trono.
Voglio bene a tutti e tre e non so chi scegliere.
Pertanto ho pensato che chi di voi mi porterà lo Smeraldo Verde sarà re.”

I figli sentendo quelle parole strabuzzarono gli occhi:

lo Smeraldo Verde era stato il sogno di tutti i cavalieri, ma tutti coloro che avevano cercato di prenderlo erano morti.
Il re allora disse:
“So che vi ho chiesto una cosa molto difficile, per questo ho pensato di darvi qualcosa che vi potrà giovare!”
Dicendo così aprì un contenitore in cui vi erano una spada, un sacchetto di monete d’oro e una conchiglia.
Il re disse ancora:
“Ecco: rappresentano la mia forza, la mia ricchezza, le mie parole: la lama di questa spada non può essere spezzata, chi avrà queste monete d’oro sarà il più ricco della terra e in questa conchiglia ci sono tutte le mie parole, quelle che vi ho detto da quando siete nati ad oggi. Scegliete!”
Valente e Folco si scambiarono un’occhiatina e scelsero secondo le loro inclinazioni, senza badare a Giannino.
Con mossa rapida Valente afferrò la spada fiammeggiante e Folco il sacco di monete.
Giannino prese la conchiglia e se la legò al collo.
Poi tutti e tre partirono.
Valente sul suo focoso destriero; Folco sulla sua carrozza dorata; Giannino a piedi, ma fischiettando.
Lo Smeraldo Verde si trovava nella grotta Ferrea e per raggiungerla bisognava attraversare per prima la foresta abitata dal bandito Molk.
Valente ingaggiò una furibonda battaglia contro i suoi uomini;
Folco gli offrì centomila monete d’oro, mentre Molk ne voleva di più.
Quando giunse Giannino i fratelli erano ancora là, uno a combattere e l’altro a contrattare.

Portò la conchiglia all’orecchio e sentì la voce del padre che gli diceva:

“Si prendono più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile di aceto!”
Giannino preparò una deliziosa bevanda per il bandito e gliela offrì lodando per il suo coraggio e la sua generosità, cosa che mai nessuno gli aveva detto.
Molk, commosso gli chiese cosa volesse in cambio.
Giannino chiese di poter passare con i suoi fratelli attraverso la sua foresta.
Molk glielo concesse.
Giannino portò all’orecchio la conchiglia e sentì ancora la voce del padre:
“Le ore del mattino hanno l’oro in bocca!”
Mentre era ancora notte riprese il cammino; giunse al lago delle tempeste prima dell’alba, quando ancora era ghiacciato e lo poté attraversare.
I fratelli, invece, avendo dormito fino a tardi, quando arrivarono al lago il sole aveva sciolto il ghiaccio e perciò dovettero fare il giro lungo.
Il terzo ostacolo prima della grotta ferrea era la palude della tristezza, immensa e piena d’insidie.
Valente con la sua armatura veniva risucchiato dalle sabbie mobili; la carrozza di Folco si capovolse e tutte le monete andarono a fondo:

tornati indietro, si sedettero ai bordi della palude disperati.

Anche Giannino scivolò tante volte e fu sul punto di temere per la stessa vita, ma ogni volta portava all’orecchio la conchiglia dalla quale gli giungevano le parole del padre che lo guidavano e lo incoraggiavano.
Così riuscì a raggiungere la grotta ferrea e a prendere lo Smeraldo Verde.
Allora, pieno di gioia, gridò:
“Grazie, papà!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Lo smeraldo in regalo

Lo smeraldo in regalo

Una donna saggia che viaggiava attraverso le montagne trovò una pietra preziosa di colore verde in un ruscello.
Capii immediatamente che si trattava di un bellissimo smeraldo.

Il giorno dopo trovò un altro viaggiatore che stava morendo di fame,

e la donna saggia aprì la borsa per condividere il suo pasto.
L’affamato viaggiatore vide la pietra preziosa e chiese alla donna di donargli lo smeraldo.
La donna lo fece senza esitare.

Il viaggiatore partì, compiacendosi della sua buona fortuna.

Sapeva che la pietra valeva sufficientemente per dargli sicurezza per tutta la vita.
Ma qualche giorno più tardi tornò a restituire lo smeraldo alla donna saggia.
“Ho riflettuto,” disse, “sul valore della pietra preziosa, ma te la restituisco con la speranza che tu mi possa dare qualcosa di ancora più prezioso.”

Ed aggiunse:

“Dammi quello che hai dentro di te che ti ha permesso di regalarmi la pietra.”

Storia Zen
Brano senza Autore, tratto dal Web

La pizza Armonia. (Le cose belle della vita)


La pizza Armonia.
(Le cose belle della vita)

C’era una volta una pizzeria piccola piccola, in una viuzza stretta stretta.
La pizzeria aveva una porticina a vetri e un campanellino, che tintinnava appena.
In quella bottega si conoscevano tutti i segreti della vera pizza e facevano la pizza più buona del mondo!
Mattia un giorno passò davanti alla vetrina della pizzeria.
Non aveva voglia di rientrare a casa:
erano due sere che a cena, in famiglia, il clima era teso e pesante;
il suo papà masticava voracemente, la sua mamma aveva gli occhi rossi e non parlava;
la sorellina Alice, di cinque anni, guardava l’uno e l’altra, con i suoi verdi occhioni da uccellino spaurito.

Mattia parlava, parlava di tutto, ma nessuno lo ascoltava.

Così, trovandosi davanti all’insegna della pizzeria, Mattia si fermò a leggere:
la prima pizza in elenco si chiamava Armonia.
Entrò, e il vecchietto che stava al banco, lo salutò con un sonoro:
“Buongiorno!”
“Vorrei prenotare una pizza Armonia, formato famiglia… Per questa sera.” disse.
“Gli ingredienti base, li mettiamo noi.” rispose l’anziano pizzaiolo, che poi aggiunse:
“Tu devi portarmi da casa alcuni altri elementi indispensabili!”
“Che cosa?”
“Procurati un secchio, riempilo di tutte le cose belle che trovi, poi portalo qui. Vedrai…”

Mattia corse a casa.

La mamma lo vide entrare in cucina come un tornado e ritornare, poco dopo, con un grosso secchio di plastica blu.
Mattia le mise il secchio sotto il naso.
“Mamma, per piacere, metti un bacio nel secchio!”
Sbalordita e sorpresa, la mamma di Mattia mandò un bacio nel secchio.
Mattia sparì di corsa.
Cominciò a raccogliere tutte le cose belle che trovava:
una bella foglia verde, gli spruzzi della fontana, un po’ di tramonto, due nuvole color arancio, una preghiera della nonna, una carezza del nonno, il riflesso smeraldo degli occhioni verdi di Alice, il ricordo di un bel voto preso a scuola, l’abbaiare di un cane, un “Bravo!” ricevuto dal papà…
Alla fine, trafelato, il ragazzo tornò nella pizzeria portando con sé il secchio, che pesava!
“Hai fatto proprio un buon lavoro!” disse il pizzaiolo “Ma, manca una cosa!”
“Che cosa?” chiese Mattia.

“Una cosa molto semplice: un tuo sorriso!”

Mattia si chinò sull’orlo del secchio e si rispecchiò nell’acqua che aveva raccolto.
Felice, fece il più smagliante sorriso di cui fosse capace.
L’anziano prese il secchio e lo inclinò versando tutto nell’impasto della pizza che aveva preparato.
Allargò, appiattì, guarnì e infine infornò la pizza.
La piccola pizzeria si riempì subito di un profumo delizioso.
Mattia corse a casa tenendo nelle braccia l’enorme confezione di pizza.
Appena varcato l’uscio gridò:
“Mamma, non preparare niente per cena!

Ho portato la pizza!”

La mamma fece per protestare, ma il profumo della pizza e l’entusiasmo di Mattia la riempirono di tenerezza.
“La pizza! Che bello!” disse Alice, contenta, battendo le mani.
Il papà arrivò a tavola un po’ imbronciato, ma il profumo della pizza gli fece mutare l’espressione, e in volto gli si allargò un sorriso.
Il profumo era buonissimo, ma il gusto della pizza era ancora migliore.
Tutti mangiarono, ridendo e scherzando.
Alla fine il papà appoggiò una mano sul braccio della mamma, e disse:
“Avete mai visto una mamma così bella e radiosa?”
Mattia non si era mai sentito così felice!

Brano senza Autore

Credo che la perfezione esista


Credo che la perfezione esista

Credo anche che i momenti perfetti durino soltanto un istante, un dono dell’Universo che potrò conoscere e sperimentare molte volte nella vita, senza mai possederlo.
Questo è ciò che provo quando contemplo un tramonto e aspetto quel momento magico in cui l’oceano è sul punto di accogliere in un abbraccio la bellezza mozzafiato del sole all’orizzonte.
L’istante esatto è quando il sole scompare, quando l’ultimo oro scintillante dell’astro si confonde con il blu trasparente dell’oceano per trasformarsi in un verde smeraldo.
Un momento che dura un infinitesimo di secondo ma un ricordo che certo dura una vita.

Oggi il cielo sembra farsi più limpido del solito.

Guardo con soggezione quella palla rosso fuoco che inizia la sua discesa all’orizzonte e come il cielo cambi d’aspetto quando le rade nuvole che fanno da cortina sospesa nel firmamento si sfaldano per lasciare il posto a una tavolozza di colori.
Ogni istante il quadro vivente che ho di fronte agli occhi sembra trasformarsi in qualcosa di nuovo e unico.
Potrei scattare una fotografia proprio adesso e un’altra un attimo dopo, e il risultato sarebbe sempre un capolavoro differente.

È come se la bellezza fosse nell’occhio di chi la osserva e non nei cieli.

Forse la perfezione sta nel cogliere un semplice istante di bellezza.
Forse la perfezione non è da cercarsi proprio ovunque ma in fondo al cuore.
Credo che dovremmo tutti prenderci il tempo per sperimentare istanti di vera perfezione almeno una volta al giorno.
Negli occhi di un bimbo che nasce, nel profumo di un fiore, nel canto di un colibrì, nelle meraviglie quotidiane che la vita ci fa incontrare.

Mai assuefarsi alla vita.

Vedi ogni giorno come un nuovo inizio, come un’unica opportunità di scoprire qualcosa di stupendamente perfetto.

Brano di Sergio Bambaren