Amore è Amare

Amore è Amare

Se accanto a te c’è qualcuno che soffre, piangi con lui.
Se c’è qualcuno che è felice, ridi con lui.

L’amore vede e guarda, ode e ascolta.

Amare è partecipare, completamente, con tutto l’essere.
Chi ama scopre in sé infinite risorse di consolazione e di compartecipazione.

Siamo angeli con un’ala sola:

possiamo volare solo se ci teniamo abbracciati.

Brano di Bruno Ferrero

Parla solo di ciò che ami

Parla solo di ciò che ami

Quando parli dei tuoi problemi economici, di relazione, di salute, o persino degli utili in ribasso della tua impresa, non stai parlando di quello che ami.
Quando parli di un tragico fatto di cronaca, oppure di una persona o di una situazione che ti ha irritato o deluso, non stai parlando di quello che ami.
Lamentarti della giornataccia che hai affrontato, di un ritardo a un appuntamento, di un ingorgo in cui sei rimasto intrappolato, dell’autobus che hai perso significa parlare di ciò che non ami.

Ogni giorno accadono molte piccole cose:

ognuna di esse renderà più difficoltosa la tua vita se ti fai trascinare in discorsi che riguardano ciò che non ami.
Tieni a mente le buone notizie della tua giornata.
Parla dell’appuntamento andato a buon fine.

Del piacere di essere puntuale, di come sia bello godere di buona salute.

Parla dei guadagni che vuoi realizzare, delle situazioni e degli incontri proficui di oggi.
Devi parlare di ciò che ami se vuoi attrarre ciò che ami.
Ripetendo a pappagallo le cose negative che ti accadono e lagnandoti di quelle che non ami, ti metti letteralmente in gabbia.
Tutte le volte in cui parli di ciò che non ami, aggiungi un’altra sbarra alla gabbia in cui ti rinchiudi, allontanandoti da tutto ciò che c’è di buono intorno a te.

Le persone con una vita meravigliosa, al contrario, parlano più spesso di ciò che amano.

Così facendo, godono di un accesso illimitato al meglio della vita, e sono libere come gli uccelli che volano nel cielo.
Per vivere un’esistenza meravigliosa, spezza le sbarre della gabbia in cui sei imprigionato:
dai amore, parla solo di ciò che ami, e l’amore ti libererà!

Brano di Rhonda Byrne

Un uomo, il suo cavallo ed il suo cane

Un uomo, il suo cavallo ed il suo cane

Un uomo, il suo cavallo e il suo cane camminavano lungo una strada.
Mentre passavano accanto a un albero gigantesco, si abbatté un fulmine e morirono tutti fulminati.
Ma l’uomo non si accorse di avere ormai lasciato questo mondo e continuò a camminare con i suoi due animali.
A volte occorre del tempo perché i morti si rendano conto della loro nuova condizione.
Era una camminata molto lunga, su per la collina, il sole era forte e loro erano tutti sudati e assetati.
Avevano disperatamente bisogno di acqua.
A una curva della strada, avvistarono un magnifico portone, tutto di marmo, che conduceva a una piazza pavimentata con blocchi d’oro, al centro della quale c’era una fontana da cui sprizzava dell’acqua cristallina.

Il viandante si rivolse all’uomo che sorvegliava l’entrata:

“Buongiorno!”
“Buongiorno!” rispose l’uomo.
“Che posto è mai questo, così meraviglioso?” chiese il viandante.
“Questo è il Cielo.” disse l’uomo.
“Che bello essere arrivati nel cielo, abbiamo molta sete.” esclamò il viandante.
“Lei può entrare e bere a volontà.” disse il guardiano indicando la fontana.
“Anche il mio cavallo e il mio cane hanno sete.” fece notate il viandante.
“Mi spiace molto, ma qui non è permessa l’entrata di animali.” replicò l’uomo.
L’uomo ne rimase assai deluso, perché aveva molta sete, ma non avrebbe mai bevuto da solo.

Ringraziò e proseguì.

Dopo aver camminato a lungo, ormai esausti, arrivarono in un luogo la cui entrata era segnata da una vecchia porta, che si apriva su di un sentiero sterrato, fiancheggiato da alberi.
All’ombra di uno degli alberi, c’era un uomo sdraiato, con il capo coperto da un cappello, che probabilmente stava dormendo.
“Buongiorno!” salutò il viandante.
L’uomo fece un cenno con il capo.
“Abbiamo molta sete, il mio cavallo, il mio cane e io.” continuò il viandante.
“C’è una fonte tra quelle pietre.” disse l’uomo indicando un posto, “Potete bere a volontà.
L’uomo, il cavallo e il cane si avvicinarono alla fonte e bevvero a volontà.
Poi, l’uomo tornò indietro per ringraziare, e chiese:

“Come si chiama questo posto?”

“Cielo.” rispose l’uomo.
“Cielo?
Ma il guardiano del portone di marmo ha detto che il cielo era là!” esclamò il viandante.
“Quello non è il cielo, quello è l’inferno.” replicò l’uomo.
Il viandante rimase perplesso e disse:
“Voi dovreste evitarlo!
Una tale informazione falsa causerà grandi confusioni!”
L’uomo sorrise e disse:
“Assolutamente no.
In realtà, ci fanno un grande favore.
Perché laggiù rimangono tutti quelli che sono capaci di abbandonare i loro migliori amici.”

Brano di Paulo Coelho

L’ultimo posto all’inferno

L’ultimo posto all’inferno

L’inferno era al completo ormai, e fuori della porta una lunga fila di persone attendeva ancora di entrare.
Il diavolo fu costretto a bloccare all’ingresso tutti i nuovi aspiranti
Era rimasto un solo posto libero, e logicamente doveva toccare al più grosso dei peccatori, quindi chiese:

“C’è almeno qualche pluriomicida tra voi?”

Per trovare il peggiore di tutti, il diavolo cominciò ad esaminare i peccatori in coda.
Dopo un po’ ne vide uno di cui non si era accorto prima.
“Che cosa hai fatto tu?” gli chiese.
“Niente. Io sono un uomo buono e sono qui solo per un equivoco!”
“Hai fatto certamente qualcosa!” ghignò il diavolo “Tutti fanno qualcosa!”

“Ah, lo so bene!” rispose l’uomo convinto “Ma io mi sono sempre tenuto alla larga.

Ho visto come gli uomini perseguitavano altri uomini, ma non ho partecipato a quella folle caccia.
Lasciano morire di fame i bambini e li vendono come schiavi; hanno emarginato i deboli come spazzatura.
Non fanno che escogitare perfidie e imbrogli per ingannarsi a vicenda.
Io solo ho resistito alla tentazione e non ho fatto niente. Mai!”
“Assolutamente niente?” chiese il diavolo incredulo, “Sei sicuro di aver visto tutto?”

“Con i miei occhi!” replicò l’uomo.

“E non hai fatto niente?” ripeté il diavolo.
“No!”
Il diavolo ridacchiò: “Entra, amico mio. Il posto è tuo!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Godi di tutti i momenti della vita (La felicità)

Godi di tutti i momenti della vita
(La felicità)

Questa è la storia di un uomo che quando era ragazzo e andava a scuola continuava a dire:
“Ah! Quando lascerò la scuola e comincerò a lavorare, allora sarò felice!”

Lasciò la scuola, cominciò a lavorare e diceva:

“Ah! Quando mi sposerò, quella sarà la felicità!”
Si sposò, e in capo a pochi mesi constatò che la sua vita mancava di varietà, e allora disse:
“Ah, come sarà bello quando avremo dei bambini!”

Vennero i bambini, ed era un’esperienza affascinante,

ma piangevano tanto, anche alle due di notte, e il giovane sospirava:
“Crescano in fretta!”
E i figli crebbero, non piangevano più alle due di notte, ma facevano una stupidaggine dopo l’altra e cominciarono i veri problemi.
E allora l’uomo sognò il momento in cui sarebbe stato di nuovo solo con sua moglie:

“Staremo così tranquilli!”

Adesso è vecchio, e ricorda con nostalgia il passato:
“Era così bello!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Una chiacchierata con un amico. (L’arte del saper ascoltare)


Una chiacchierata con un amico
(L’arte del saper ascoltare)

Una sera un caro amico mi chiamò.
Mi fece molto piacere la sua telefonata e come prima cosa mi chiese:
“Come stai?”
Non so perché gli risposi:
“Mi sento molto solo!”
“Vuoi che parliamo?” mi disse.
Gli risposi di si, e subito mi chiese:
“Vuoi che venga a casa tua?”

Io risposi di si.

Depose la cornetta del telefono e in meno di 15 minuti stava già bussando alla mia porta.
E così gli parlai per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, della mia fidanzata, dei miei dubbi e lui sempre attento mi ascoltava.
Finché non si fece giorno, mi sentivo rilassato mentalmente, mi fece bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto, mi sentii sostenuto e mi fece notare dove sbagliavo.
Mi sentii molto bene e quando lui si accorse che mi sentivo meglio, mi disse:
“Bene, ora me ne vado, perché devo andare a lavorare.”
Io mi sorpresi e gli dissi:
“Perché non mi hai avvisato che dovevi andare al lavoro?
Guarda che ora è, non hai dormito per niente, ti ho tolto tutto il tempo questa notte.”

Lui sorrise e mi disse:

“Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!”
Mi sentii molto felice e orgoglioso di avere un amico così.
Lo accompagnai alla porta di casa e mentre lui camminava verso l’auto gli gridai da lontano:
“Ora è tutto a posto, ma perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?”
Lui ritornò verso di me e mi disse a voce bassa che desiderava darmi una notizia, ed io gli chiesi:
“Cos’è successo?”
Mi rispose:
“Sono andato dal dottore e mi ha detto di essere molto malato!”
Io rimasi muto… ma lui mi sorrise e mi disse:
“Ne riparleremo, ti auguro una bella giornata.”

Si girò e se ne andò.

Mi servii un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi chiesi più volte:
perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me?
Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di dirmi tutto quello che mi ha detto, stando in quella situazione?
Questo è incredibile…
Da quel momento la mia vita è cambiata.
Ora sono meno drammatico con i miei problemi e godo di più per le cose belle della vita.
Adesso dedico il giusto tempo alle persone a cui voglio bene.
Auguro loro che abbiano una bella giornata e ricordino che:
“Colui che non vive per servire… non serve per vivere!”
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La Rosa Bianca


La Rosa Bianca

C’era una volta un ragazzo.
Non era un bellissimo principe azzurro sul cavallo bianco, né un perfetto gentiluomo in carriera.
Era un semplice e banalissimo ragazzo, come quelli che potreste vedere all’uscita di una scuola.
Certo, era molto bello e intelligente, ma non era felice perché sentiva che gli mancava qualcosa.
Gli mancava qualcuno da amare.
Ogni notte, si ritrovava triste a osservare il cielo e piangeva, perché si sentiva solo.
Più le lacrime scorrevano sul suo viso, più si rendeva conto che nessuno gliele avrebbe mai asciugate.
Così era sempre più infelice e il cuore gli faceva tanto, tanto male.

Un giorno, uscendo da scuola, decise di cambiare strada per tornare a casa.

Voleva solo distrarsi, per non pensare a quanto fosse solo, quando si ritrovò di fronte a un’enorme cancellata.
Era stata costruita in modo tale da sembrare una grande siepe di ferro.
Purtroppo, il tempo aveva fatto arrugginire la vernice verde brillante, adesso presente solo in pochi punti.
“Strano,” pensò “non ricordavo ci fosse un qualcosa del genere, da queste parti!”
“Perché non c’è mai stato!” rispose una vocetta gracchiante alle sue spalle.
Spaventato, il ragazzo si voltò.
Un vecchietto tutto ricurvo gli sorrideva gentilmente.
Aveva entrambe le mani appoggiate a un bastone di legno.

La giacca e i pantaloni color castagna erano vecchi e bucati, mentre le scarpe erano sporche di terra.

Era quasi totalmente calvo, tranne ai lati della testa dove resistevano due ciuffi di capelli bianchi.
Sulla punta del naso, spiccavano un paio di occhialetti tondi.
Al di là delle lenti, due furbi occhietti nocciola parevano brillare di contentezza.
“Che significa che non c’è mai stato?
Non è possibile, il cancello è tutto rovinato!” balbettò il ragazzo ripresosi dallo spavento.
“Ma, ma come avete fatto?
Io l’avevo solo pensato!”
Il vecchietto trattenne una risatina.
“Io so tutto, ragazzo mio. So tutto!” esclamò l’anziano agitando il bastone sotto il naso del giovane. “Che ne diresti di entrare a dare un’occhiatina?” proseguì facendogli l’occhiolino.

“Ma il cancello è chiuso, e poi i proprietari…”

“Si dia il caso che io sia il custode di questo meraviglioso posto!” lo interruppe, vantandosi “Allora che ne dici?
Vuoi entrare?” lo tentò.
“Ma perché io?
Perché lo chiedete proprio a me?” chiese il ragazzo allargando le braccia.
“Perché tu sei in cerca di qualcosa, ragazzo mio.
E qui la puoi trovare…” rispose serio il vecchio.
Lo sguardo del giovane si fece dubbioso.
“Come posso trovare, qui, ciò che mi manca? Non è possibile!”
“Invece ti sbagli!
Qui, tutto è possibile.” lo corresse “Allora, vuoi entrare sì o no?”
Il ragazzo annuì.

“Ah-ha! Lo sapevo!” esultò il vecchietto facendo un saltello.

Detto questo, conficcò il suo bastone di legno nella serratura del cancello.
“Com’era? Due giri a destra, uno a sinistra e altri tre a destra…” mormorò, mentre era intento a girare la chiave nella toppa.
Con un cigolio spettrale, il cancello si aprì.
“Ah-ha! Ci siamo!” esclamò il custode.
Davanti a loro c’era un bellissimo giardino.
Era talmente grande che non si poteva vedere la fine.
Anzi, sembrava che non ce l’avesse affatto, una fine.
C’erano solo tanti fiori di ogni genere, tutti colorati e profumati.
Poi, alberi di tutte le dimensioni, dalle imponenti querce ai più piccoli bonsai.

E ancora, panchine e fontane in pietra finemente lavorata.

Si poteva addirittura udire l’allegro cinguettio degli uccellini.
Un paradiso.
A quella vista, il giovane rimase senza parole.
Era tutto così bello che pareva un sogno.
“Benvenuto ragazzo mio.
Benvenuto nel Giardino delle Meraviglie!” disse il vecchio.
“Cosa?
Ma non è possibile!
Il Giardino delle Meraviglie non esiste!” esclamò incredulo il ragazzo.
“Eppure ce l’hai davanti agli occhi…” esclamò il vecchio.

Quante volte la mamma gli aveva raccontato di questo fantastico giardino?

Tante, così tante volte che era diventata la sua favola preferita quando andava a dormire.
Il Giardino delle Meraviglie era un luogo fantastico, pochi erano i fortunati che potevano entrarvi, poiché si mostrava solo a chi poteva amare con tutto il cuore.
“E, purtroppo, in questo mondo, non sono più in tanti a farlo.
La maggior parte delle persone ha dimenticato sentimenti puri e nobili come l’amore e l’amicizia…” disse triste il custode “Ma non tu, ragazzo mio, non tu.
Hai il cuore limpido e cristallino.
Un cuore puro.
Avanti, non avere paura, entra!” continuò il vecchio, dandogli una pacca sulla schiena.

Imbambolato, il ragazzo traballò e, per un soffio, non cadde con la faccia sull’erba.

“Qui ci sono fiori per tutti e sono più che sicuro che troverai quello che cerchi…” continuò il custode allargando le braccia.
Poi, facendosi serio in viso, gli si avvicinò.
“Ma ricorda!
Potrai prenderne solo uno!” sottolineò puntandogli contro il nodoso indice “Quindi scegli bene, perché sarà tuo per la vita.”
Detto questo, si alzò una folata di vento così forte, che il ragazzo chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, del vecchio custode non c’era più traccia.
“Va bene, solo uno.
Sceglierò bene!” ripeté tra sé e sé.
Seguendo il viottolo in ciottolato, iniziò a guardarsi intorno.
Che fiore avrebbe scelto?
Una simpatica margherita bianca?

O un elegante giglio?

Oppure un allegro girasole?
C’era davvero l’imbarazzo della scelta.
Ma più li osservava, più si rendeva conto che non c’era nessun fiore che lo attirasse sul serio.
Non c’era nessun fiore che desiderasse davvero.
Non c’era nessun fiore che fosse speciale, almeno per lui.
Stanco e sconsolato, si sedette su una panchina.
Le mani gli sorreggevano la testa e gli occhi iniziarono a velarsi di lacrime.
“Il vecchio custode mi ha detto una bugia.
Non esiste un fiore solo per me!” si lamentò.
Facendosi forza, si rialzò e stava per imboccare il cancello quando la vide.

Era lì, in un angolo, vicino ad un muretto caduto in rovina.

Le ragnatele la stavano avvolgendo, eppure era bellissima, così candida e pura come la neve.
Era perfetta.
Una rosa bianca.
“Ecco, è lei ciò che cerco!” disse a bocca aperta.
Era lei il fiore che voleva, non aveva dubbi, e ora che l’aveva trovata, non l’avrebbe lasciata mai più.
“Ottima scelta!” esclamò il custode comparendogli nuovamente alle spalle “Guardandoti negli occhi, posso dire con certezza che nei sei proprio sicuro.
Prendila!
Su, forza, prendila.
E’ tua!” gli suggerì consegnandogli un paio di forbici d’argento.
“Ma se la taglio, morirà…” mormorò il giovane.
“Oh, no… quello succede con i fiori normali.
E credo che tu sappia che questi non sono fiori normali!

Non temere, quindi, non morirà.

Ella si nutrirà del tuo amore.
Finché tu avrai amore nel cuore, non potrà morire!” lo rincuorò il vecchio. “Ora su, coraggio, prendila!”.
Il ragazzo annuì e, prese le forbici, tagliò la rosa.
Un bagliore accecante l’avvolse e fu costretto a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, la rosa bianca non c’era più.
Al suo posto, c’era una bellissima ragazza dalla pelle chiara e dai vestiti candidi.
Stupito, il ragazzo non fece in tempo a riprendersi che la sua rosa lo aveva già avvolto in un caldo abbraccio.
Si guardarono negli occhi e sorrisero felici, perché capivano perfettamente i pensieri dell’altro.

E le loro labbra si unirono in un dolcissimo bacio.

“Mi raccomando ragazzo mio, prenditene cura…” disse commosso il custode.
“Sì, lo farò.
Per me, esiste solo lei!” rispose deciso il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalla sua amata.
Mano nella mano, i due varcarono il cancello e non si resero conto che il Giardino delle Meraviglie era scomparso.
Al suo posto, era ritornato il vecchio parco cittadino.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Chi sono io?


Chi sono io?

“Chi sono io?” chiese un giorno un giovane ad un anziano.
“Sei quello che pensi!” rispose l’anziano,

“Te lo spiego con una piccola storia.”

Un giorno, dalle mura di una città, verso il tramonto, si videro sulla linea dell’orizzonte due persone che si abbracciavano.
“Sono un papà e una mamma!” pensò una bambina innocente.
“Sono due amanti!” pensò un uomo dal cuore torbido.
“Sono due amici che s’incontrano dopo molti anni!” pensò un uomo solo.

“Sono due mercanti che hanno concluso un buon affare!” pensò un uomo avido di denaro.

“È un padre che abbraccia un figlio di ritorno dalla guerra!” pensò una donna dall’anima tenera.
“Sono due innamorati!” pensò una ragazza che sognava l’Amore.
“Chissà perché si abbracciano!” pensò un uomo dal cuore asciutto.
“Che bello vedere due persone che si abbracciano!” pensò un uomo di Dio.

“Ogni pensiero rivela a te stesso quello che sei.

Esamina di frequente i tuoi pensieri:
ti possono dire molte più cose su te di qualsiasi maestro!” concluse l’anziano.

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero

Aggiustare il Mondo


Aggiustare il Mondo

Un bambino ed il suo papà erano seduti su un treno.
Il viaggio sarebbe durato un’ora circa.
Il padre prese posto comodamente e si mise a leggere una rivista per distrarsi.
Ad un certo punto il bambino lo interruppe e gli domandò:
“Cos’è quello, papà?”
L’uomo si voltò per vedere quello che gli aveva indicato il bambino e gli rispose:
“È una fattoria.”
Riprese di nuovo a leggere quando il bambino gli rivolse un’altra domanda:
“Quando arriveremo, papà?”
Il padre gli rispose che mancava ancora molto.
Aveva di nuovo cominciato a leggere la sua rivista quando un’altra domanda del bambino lo interruppe e così per tantissime altre volte.

Il padre disperato cercò la maniera di distrarre il bambino.
Vide sulla rivista che stava leggendo la figura di un mappamondo, la ruppe in molti pezzetti e li diede al figlio invitandolo a ricostruire la figura del mappamondo.
Così si sedette felice sul suo sedile convinto che il bambino sarebbe stato occupato per tutto il resto del viaggio.
Aveva appena cominciato a leggere di nuovo la sua rivista quando il bambino esclamò:
“Ho terminato!”
“Impossibile!
Non posso crederci!
Come hai potuto ricostruire il mondo in così poco tempo?” chiese il padre.
Però il mappamondo era stato ricostruito perfettamente.
Allora il padre gli domandò di nuovo:
“Come hai potuto ricostruire il mondo così rapidamente?”
Il bambino rispose:
“Non mi sono fissato sul mondo, dietro al foglio c’era la figura di un uomo.
Ho ricostruito l’uomo e il mondo si è aggiustato da solo!”

Brano senza Autore, tratto dal Web