La gioia di vivere

La gioia di vivere

Un uomo, di profonda spiritualità, osservava lo spettacolo della città, formicolante di gente indaffarata, sempre alla rincorsa del tempo e alla ricerca del buon affare.
Improvvisamente gli apparve un angelo.
L’uomo spirituale approfittò dell’occasione e chiese all’angelo:

“Illumina la mia ignoranza:

c’è qualcuna di queste persone, di questa città, che entrerà nel paradiso?”
“Nessuno, purtroppo, nessuno!” rispose l’angelo, scrollando il capo.
In quel momento arrivarono nella piazza principale della città due uomini.
Si misero a fare giochi di abilità, scherzi e buffonate per attirare la gente.

Intorno a loro si formò un cerchio di grandi e piccoli,

che si divertivano e battevano le mani ridendo.
L’angelo: “Questi certamente entreranno nel paradiso!”
L’uomo, incuriosito, andò a parlare ai due pagliacci.
“Scusatemi, ma voi, cosa vendete?” chiese.

Risposero:

“Offriamo ciò che gli uomini cercano affannosamente:
la gioia di vivere!”

Brano senza Autore

Diventerai una persona straordinaria

Diventerai una persona straordinaria

C’è un vecchio detto dalle mie parti:
“Se a una libellula togli le ali, avrai un brutto insetto.
Ma se a un brutto insetto aggiungi le ali, avrai una libellula.”
Questo detto mi ha fatto tornare in mente la mia maestra delle scuole elementari, la signora Dalla Torre, la quale aveva previsto grandi cose per il mio futuro.
Ora vi racconterò brevemente un fatto che ora che ci penso, ha proprio cambiato in positivo la mia vita.

Ero un ragazzino ordinario da tutti i punti di vista.

Ero di statura normale e provenivo da una famiglia del ceto medio.
Non ero lo studente più brillante, ma non ero nemmeno il peggiore della classe.
Ricordo la signora Dalla Torre come una donna severa sui trentacinque anni.
Aveva un figlio che frequentava la mia stessa scuola:
io lo conoscevo bene perché l’anno precedente giocavamo nella stessa squadra di calcio.
Un giorno, mentre attraversavo il cortile alla fine delle lezioni, il figlio della signora Dalla Torre si avvicinò e mi invitò ad andare a giocare ai videogiochi a casa sua.
L’idea mi tentava, ma avevo paura di imbattermi nella signora Dalla Torre.

Compresa la mia esitazione,

il mio amico mi assicurò che sua mamma rientrava di rado prima delle quattro del pomeriggio.
Acconsentii, facendo presente che me ne sarei andato prima di quell’ora.
Ci divertimmo moltissimo con i suoi videogiochi, che ci rapirono al punto da farci dimenticare l’orario.
Ad un certo punto la porta di casa si spalancò e sentii la signora Dalla Torre entrare.
Mi irrigidii, immaginando che sarei stato sgridato oppure messo in castigo per aver giocato invece di fare i compiti.
Con mia sorpresa, la signora Dalla Torre mi salutò con un gran sorriso.
Si rivolse a me con gentilezza e mi abbracciò come se fossi suo figlio.
Grazie a quell’abbraccio compresi che la mia maestra in realtà era una persona gentile e amorevole, che in classe appariva severa per mantenere il controllo dei suoi scolari.
Preparò una merenda buonissima a base di Nutella, una cosa che accordava a suo figlio soltanto in rare occasioni:

mi fece sentire così un ospite speciale.

Mentre mangiavo mi accarezzò affettuosamente il capo e disse:
“Sarai un buon studente e un autentico modello per i tuoi amici.
Sono sicura che diventerai una persona straordinaria, che porterà saggezza e felicità a tantissima gente.”
Nel mio giovane cuore provai un’emozione difficile da esprimere a parole.
Di fatto, dopo quel giorno, mi misi a studiare sodo e cercai di essere un esempio positivo per gli altri studenti.
Poiché la signora Dalla Torre aveva riposto la sua fiducia in me, ero determinato a non deluderla.
Oggi, ora, penso di essere diventato ciò che sono, grazie alle sue parole di quel pomeriggio.
Senza quel suo incoraggiamento non avrei avuto la fiducia necessaria per eccellere negli studi, né per diventare docente universitario e guida spirituale.
Oggi non manco mai di infondere motivazione nei miei studenti e al prossimo.

Brano senza Autore

L’adorazione della chiocciola

L’adorazione della chiocciola

Un signore di nome Pietro ogni anno allestiva in casa un piccolo presepe mettendoci tutta la maestria possibile affinché fosse sempre più bello ed originale.
Poneva particolare cura nei dettagli, non facendo mancare mai le classiche luci ed il muschio sempre fresco.

Un anno, cercando proprio il muschio nel bosco,

trovò una piccola chiocciola con il guscio opercolato, cioè chiuso per il letargo, ed ebbe l’idea di portarla a casa.
Allestito il presepe aggiunse, nel lato opposto alla capanna, la chiocciola come nota caratteristica perché, in fondo, era anch’essa una casetta.
Avendo paura di un corto circuito ogni notte spegneva tutte le luci, ma durante la notte di Natale, per renderla magica, le lasciò volutamente accese.

Il calore emanato dalle luci portò al risveglio della chiocciola.

Il mattino seguente rimase sorpreso vedendo la caratteristica scia della bava della chiocciola, sopra il muschio lungo tutto il presepe.
La chiocciola, incredibilmente, era ferma davanti alla statuina di Gesù Bambino con le corna fuori come fosse in adorazione.
Pietro trovò la cosa di buon auspicio, e pieno di gratificazione e di gioia,

la segnalò ai famigliari e ai vicini e fu fotografata come una star.

La foto fu mostrata al parroco che commentò dicendo che la chiocciola con la sua casa ovunque simboleggiava la crescita spirituale e ben ci stava con il presepe di Pietro.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

È Natale ogni volta che…

È Natale ogni volta che…

… sorridi a un fratello e gli tendi la mano.

… rimani in silenzio per ascoltare l’altro.

… non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società.
… speri con quelli che disperano nella povertà fisica e spirituale.

… riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza.

… permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri.

Poesia di Madre Teresa di Calcutta

L’eremita e l’abate

L’eremita e l’abate

Un eremita si recò un giorno a visitare un convento.
Mentre l’abate lo accompagnava in giro, l’eremita continuava ad esprimere la sua meraviglia nel vedere i monaci intenti ai vari lavori manuali ed esclamò:

“Perché mai si danno così da fare per occupazioni terrene?

Gesù non ha forse lodato Maria, che si è fermata ad ascoltarlo, e ripreso Marta, che si preoccupava troppo per l’andamento della casa?”
L’abate non rispose nulla; alla fine della visita, si limitò a condurre l’eremita, in una cella perché potesse pregare e stare in silenzio.
Verso le tre del pomeriggio, l’eremita, che cominciava ad avere fame, uscì dalla cella; trovato l’abate, gli chiese se quello fosse giorno di digiuno per i monaci.
“No!” rispose l’abate, “Hanno già mangiato tutti.”

“Ma… Come mai non mi avete chiamato?” domandò l’eremita.

“Beh, a dire il vero, abbiamo pensato che, siccome hai scelto la parte migliore, come Maria, ti sarebbe bastato il cibo spirituale…”
L’eremita abbassò lo sguardo e l’abate concluse con dolcezza:
“Se Marta non avesse lavorato, come avrebbe potuto riposarsi Maria?”

Brano incluso nel libro “Il libro degli esempi. Fiabe, parabole, episodi per migliorare la propria vita.” Piero Gribaudi Editore.

Il saggio e le due donne

Il saggio e le due donne

Due donne si recarono da un saggio, che aveva fama di santo, per chiedere qualche consiglio sulla vita spirituale.
Una pensava di essere una grande peccatrice.
Nei primi anni del suo matrimonio aveva tradito la fiducia del marito.
Non riusciva a dimenticare quella colpa, anche se poi si era sempre comportata in modo irreprensibile, e continuava a torturarsi per il rimorso.
La seconda invece, che era sempre vissuta nel rispetto delle leggi, si sentiva perfettamente innocente e in pace con se stessa.

Il saggio si fece raccontare la vita di tutte e due.

La prima raccontò tra le lacrime la sua grossa colpa.
Diceva, singhiozzando, che per lei non poteva esserci perdono, perché troppo grande era il suo peccato.
La seconda disse che non aveva particolari peccati da confessare.
Il sant’uomo si rivolse alla prima:
“Figliola, vai a cercare una pietra, la più pesante e grossa che riesci a sollevare e portamela qui!”
Poi, rivolto alla seconda:
“E tu, portami tante pietre quante riesci a tenerne in grembo, ma che siano piccole.”
Le due donne sì affrettarono a eseguire l’ordine del saggio.
La prima tornò con una grossa pietra, la seconda con un’enorme borsa piena di piccoli sassi.

Il saggio guardò le pietre e poi disse:

“Ora dovete fare un’altra cosa:
riportate le pietre dove le avete prese, ma badate bene di rimettere ognuna di esse nel posto esatto dove l’avete presa.
Poi tornate da me.”
Pazientemente, le due donne cercarono di eseguire l’ordine del saggio.
La prima trovò facilmente il punto dove aveva preso la pietrona e la rimise a posto.
La seconda invece girava invano, cercando di ricordarsi dove aveva raccattato le piccole pietre della sua borsa.
Era chiaramente un compito impossibile e tornò mortificata dal saggio con tutte le sue pietre.

Il sant’uomo sorrise e disse:

“Succede la stessa cosa con i peccati.
Tu,” disse rivolto alla prima donna, “hai facilmente rimesso a posto la tua pietra perché sapevi dove l’avevi presa:
hai riconosciuto il tuo peccato, hai ascoltato umilmente i rimproveri della gente e della tua coscienza, e hai riparato grazie al tuo pentimento.
Tu, invece,” disse alla seconda, “non sai dove hai preso tutte le tue pietre, come non hai saputo accorgerti dei tuoi piccoli peccati.
Magari hai condannato le grosse colpe degli altri e sei rimasta invischiata nelle tue, perché non hai saputo vederle!”

Brano di Bruno Ferrero

Il monaco povero ed il monaco ricco

Il monaco povero e il monaco ricco

In una città c’erano due monasteri.
Uno era molto ricco, mentre l’altro era poverissimo.
Un giorno, uno dei monaci poveri si presentò nel monastero dei ricchi per salutare un amico monaco che viveva là.

“Per un po’ non ci vedremo più, amico mio.”

disse il monaco povero, “Ho deciso di partire per un lungo pellegrinaggio e visitare i cento grandi santuari:
accompagnami con la tua preghiera perché dovrò valicare tante montagne e guadare pericolosi fiumi.”
“Che cosa porti con te, per un viaggio così lungo e rischioso?” chiese il monaco ricco.
“Solo una tazza per l’acqua e una ciotola per il riso.” disse sorridendo il monaco povero.

L’altro si meravigliò molto e lo guardò severamente:

“Tu semplifichi un po’ troppo le cose, caro mio!
Non bisogna essere così sventati e sprovveduti.
Anch’io sto per partire per il pellegrinaggio ai cento santuari, ma non partirò di certo finché non sarò sicuro di avere con me tutto quello che mi può servire!”
Un anno dopo, il monaco povero tornò a casa e si affrettò a visitare l’amico ricco per raccontargli la grande e ricca esperienza spirituale che aveva potuto fare durante il pellegrinaggio.

Il monaco ricco dimostrò solo un’ombra di disappunto quando dovette confessare:

“Purtroppo io non sono ancora riuscito a terminare i miei preparativi!”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.