La matematica ed i numeri binari

La matematica ed i numeri binari

Alberto, uno studente al primo anno del liceo scientifico, un giorno rientrò a casa con un due in matematica.
La madre si accorse del pessimo risultato e chiese, allarmata, spiegazioni.

Alberto fu pronto a giustificarsi e argomentò:

“Il professore di matematica si è un po’ distratto e deve aver usato, per la mia valutazione, il sistema binario, dove il dieci è rappresentato dal due.
Tu sei ancora legata, romanticamente, al dieci della smorfia napoletana, che vuol dire soldi sognati!”

La madre, che spiccava per intelligenza pur essendo una casalinga, lo prese in contropiede e replicò:

“A proposito di soldi, per questa volta ti consiglio di non dire niente a tuo padre dello stupefacente voto che hai preso in matematica, poiché anche lui userebbe il sistema numerico binario e, pur essendo un operaio a cottimo, ti darebbe due euro al posto di dieci!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

E tu, che cosa hai fatto dell’ora appena trascorsa?

E tu, che cosa hai fatto dell’ora appena trascorsa?

Un saggio teneva nel suo studio un enorme orologio a pendolo che ad ogni ora suonava con solenne lentezza, ma anche con gran rimbombo.

“Ma non la disturba?” chiese uno studente.

“No!” rispose il saggio, “Perché così ad ogni ora sono costretto a chiedermi:

che cosa ho fatto dell’ora appena trascorsa?”

E tu, che cosa hai fatto dell’ora appena trascorsa?

Brano di Bruno Ferrero

La banca del tempo

La banca del tempo

Immagina che esista una banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto, non conservando, però, il tuo saldo giornaliero rimanente.
Questa banca, infatti, ogni notte cancella qualsiasi quantità di denaro che non sia stata usata durante il giorno.
Che faresti?
Ritireresti e spenderesti tutto fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente.
Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa banca…

Il suo nome?

Tempo.
Ogni mattina essa ti accredita 86.400 secondi; ogni notte questa banca cancella e da, come persa, qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito.
Questa banca non conserva saldi né permette trasferimenti.
Ogni giorno ti apre un nuovo conto.
Ogni notte elimina il saldo del giorno.
Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro, non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi.
Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute, felicità e successo:

l’orologio continua il suo cammino!

Ottieni il massimo da ogni giorno.

Per capire il valore di un anno, chiedi ad uno studente che è stato bocciato.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi ad una ragazza che ha un ritardo.
Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che aspettano di incontrarsi.
Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno.
Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente.
Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia di argento alle Olimpiadi.

Dai valore ad ogni momento che vivi e dagli ancor più valore se lo potrai condividere con una persona speciale, tanto speciale, da dedicarle il tuo tempo…

E ricorda che il tempo non aspetta nessuno!

Ieri? Storia.
Domani? Mistero.
È per questo che esiste il presente.

Brano senza Autore
Non aver paura del domani, perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri.

Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?

Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?

Durante il mio secondo mese di scuola per infermieri, il nostro professore ci fece fare un test a sorpresa.
Io ero uno studente diligente e risposi facilmente a tutte le domande, finché lessi l’ultima:

“Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?”

Sicuramente questo era una specie di scherzo.
Avevo visto la signora delle pulizie molte volte.
Era alta, con i capelli scuri, sulla cinquantina, ma come avrei potuto sapere il suo nome?

Consegnai il mio foglio,

lasciando in bianco l’ultima domanda.
Prima che la lezione finisse, uno studente chiese se l’ultima domanda avrebbe contato nella graduatoria del nostro test.
“Certamente!” disse il professore, “Nella vostra professione incontrerete molte persone.

Tutte sono significative.

Esse meritano la vostra attenzione e cura, anche se tutto quello che fate è sorridere e dire ciao!”
Non ho mai dimenticato quella lezione.
E ho anche imparato che la signora si chiamava Dorothy.

Brano di Bruno Ferrero

Diventerai una persona straordinaria

Diventerai una persona straordinaria

C’è un vecchio detto dalle mie parti:
“Se a una libellula togli le ali, avrai un brutto insetto.
Ma se a un brutto insetto aggiungi le ali, avrai una libellula.”
Questo detto mi ha fatto tornare in mente la mia maestra delle scuole elementari, la signora Dalla Torre, la quale aveva previsto grandi cose per il mio futuro.
Ora vi racconterò brevemente un fatto che ora che ci penso, ha proprio cambiato in positivo la mia vita.

Ero un ragazzino ordinario da tutti i punti di vista.

Ero di statura normale e provenivo da una famiglia del ceto medio.
Non ero lo studente più brillante, ma non ero nemmeno il peggiore della classe.
Ricordo la signora Dalla Torre come una donna severa sui trentacinque anni.
Aveva un figlio che frequentava la mia stessa scuola:
io lo conoscevo bene perché l’anno precedente giocavamo nella stessa squadra di calcio.
Un giorno, mentre attraversavo il cortile alla fine delle lezioni, il figlio della signora Dalla Torre si avvicinò e mi invitò ad andare a giocare ai videogiochi a casa sua.
L’idea mi tentava, ma avevo paura di imbattermi nella signora Dalla Torre.

Compresa la mia esitazione,

il mio amico mi assicurò che sua mamma rientrava di rado prima delle quattro del pomeriggio.
Acconsentii, facendo presente che me ne sarei andato prima di quell’ora.
Ci divertimmo moltissimo con i suoi videogiochi, che ci rapirono al punto da farci dimenticare l’orario.
Ad un certo punto la porta di casa si spalancò e sentii la signora Dalla Torre entrare.
Mi irrigidii, immaginando che sarei stato sgridato oppure messo in castigo per aver giocato invece di fare i compiti.
Con mia sorpresa, la signora Dalla Torre mi salutò con un gran sorriso.
Si rivolse a me con gentilezza e mi abbracciò come se fossi suo figlio.
Grazie a quell’abbraccio compresi che la mia maestra in realtà era una persona gentile e amorevole, che in classe appariva severa per mantenere il controllo dei suoi scolari.
Preparò una merenda buonissima a base di Nutella, una cosa che accordava a suo figlio soltanto in rare occasioni:

mi fece sentire così un ospite speciale.

Mentre mangiavo mi accarezzò affettuosamente il capo e disse:
“Sarai un buon studente e un autentico modello per i tuoi amici.
Sono sicura che diventerai una persona straordinaria, che porterà saggezza e felicità a tantissima gente.”
Nel mio giovane cuore provai un’emozione difficile da esprimere a parole.
Di fatto, dopo quel giorno, mi misi a studiare sodo e cercai di essere un esempio positivo per gli altri studenti.
Poiché la signora Dalla Torre aveva riposto la sua fiducia in me, ero determinato a non deluderla.
Oggi, ora, penso di essere diventato ciò che sono, grazie alle sue parole di quel pomeriggio.
Senza quel suo incoraggiamento non avrei avuto la fiducia necessaria per eccellere negli studi, né per diventare docente universitario e guida spirituale.
Oggi non manco mai di infondere motivazione nei miei studenti e al prossimo.

Brano senza Autore

La porta verde

La porta verde

La prima volta successe quando aveva sei anni.
Mentre saltellava nel viale, al centro di un lungo muro bianco, vide una porticina verde.
La porta aveva un’aria invitante.
Sembrava dicesse:
“Aprimi, entra.”
Spalancò la porta ed entrò.
Si trovò di colpo nel giardino più incantevole che avesse mai immaginato.
Tutto era immerso in un profumo esaltante, che dava una sensazione di leggerezza, di felicità e di benessere.
E nei colori c’era qualcosa di magico che li rendeva incredibilmente vividi, perfetti, luminosi.

Sentiva di respirare felicità:

non si era mai sentito così bene.
Quando, la sera uscì, si voltò indietro, ma nel muro, malinconico e screpolato, non c’era più nessuna porta.
A casa raccontò quello che gli era successo, ma nessuno gli credette.
Ogni sera, dopo le preghiere ufficiali, però aggiungeva sempre un’accorata preghiera personale.
Ma per quanto vagabondasse non riusciva più a trovare la porta verde.
Dieci anni dopo, era diventato uno studente modello, diligente e impegnato.
Una mattina, mentre si affrettava verso la scuola, si trovò davanti all’improvviso la sua porta.
L’aveva tanto cercata…
Ma non pensò neppure un istante ad entrare.
Era preoccupato solo di non arrivare a scuola in ritardo.
Tornò il giorno dopo ma non trovò più neanche il muro bianco.
Non rivide più la porta verde fino a ventidue anni.
Proprio il giorno in cui doveva sostenere l’esame più importante dell’Università.

Era combattuto tra due opposte volontà:

entrare nel giardino o affrettarsi per dare il suo esame.
Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e ripartì verso l’università.
Si laureò e cominciò una brillante carriera di avvocato.
La sua porta, ora, era la carriera.
Rivide altre volte la porta verde e il muro bianco.
La prima volta stava correndo all’appuntamento con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie.
La seconda volta, dopo altri anni ancora, la porta gli si presentò livida sotto la luce dei fari dell’automobile.
Sentì come un dolore acuto al petto.
Ma proprio quella sera aveva un incontro importantissimo con un noto personaggio politico.
La terza volta (era ormai diventato un famoso deputato), vide la porta con la coda dell’occhio.
Stava passeggiando con il ministro di un paese estero.

La sfiorò quasi…

Era a meno di mezzo metro di distanza, ma non poteva certo sparire in quel momento.
L’avrebbero preso per matto.
E poi figurarsi i giornali!
Passarono altri anni.
La nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte.
Rimpiangeva le volte che non aveva avuto il coraggio di fermarsi ed entrare nella porta verde.
“La prossima volta entrerò di sicuro…
La prossima volta, qualunque cosa accada, mi fermerò…” continuava a ripetere.
Girava e rigirava per la città.
Ogni volta che intravedeva un muro bianco, il suo cuore raddoppiava i battiti.
Ormai viveva soltanto quella porta verde.
Ma non la ritrovò più.

Brano tratto dal libro “L’allodola e le tartarughe.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Il professore e le domande su Dio

Il professore e le domande su Dio

Germania, primi anni del XX secolo.
Durante una conferenza tenuta per gli studenti universitari, un professore ateo dell’Università di Berlino lanciò una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:
“Dio ha creato tutto quello che esiste?”
Uno studente diligentemente rispose:
“Sì! Certo!”
“Allora Dio ha creato proprio tutto?” replicò il professore
“Certo!” affermò lo studente

Il professore rispose:

“Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato il male, poiché il male esiste e, secondo il principio che afferma che noi siamo ciò che produciamo, allora Dio è il Male!”
Gli studenti ammutolirono a questa asserzione.
Il professore, piuttosto compiaciuto con se stesso, si vantò con gli studenti che aveva provato per l’ennesima volta che la fede religiosa era un mito.
Un altro studente alzò la sua mano e disse:
“Posso farle una domanda, professore?”
“Naturalmente!” replicò il professore.
Lo studente si alzò e disse:
“Professore, il freddo esiste?”
“Che razza di domanda è questa?
Naturalmente, esiste!
Hai mai avuto freddo?”
Gli studenti sghignazzarono alla domanda dello studente.

Il giovane replicò:

“Infatti signore, il freddo non esiste.
Secondo le leggi della fisica, ciò che noi consideriamo freddo è in realtà assenza di calore.
Ogni corpo od oggetto può essere studiato solo quando possiede o trasmette energia ed il calore è proprio la manifestazione di un corpo quando ha o trasmette energia.
Lo zero assoluto (-273 °C) è la totale assenza di calore; tutta la materia diventa inerte ed incapace di qualunque reazione a quella temperatura.
Il freddo, quindi, non esiste.
Noi abbiamo creato questa parola per descrivere come ci sentiamo… se non abbiamo calore!”
Lo studente continuò:
“Professore, l’oscurità esiste?”
Il professore rispose:
“Naturalmente!”

Lo studente replicò:

“Ancora una volta signore, è in errore, anche l’oscurità non esiste.
L’oscurità è in realtà assenza di luce.
Noi possiamo studiare la luce, ma non l’oscurità.
Infatti possiamo usare il prisma di Newton per scomporre la luce bianca in tanti colori e studiare le varie lunghezze d’onda di ciascun colore.
Ma non possiamo misurare l’oscurità.
Un semplice raggio di luce può entrare in una stanza buia ed illuminarla.
Ma come possiamo sapere quanto buia è quella stanza?
Noi misuriamo la quantità di luce presente.
Giusto?
L’oscurità è un termine usato dall’uomo per descrivere ciò che accade quando la luce non è presente!”
Finalmente il giovane chiese al professore:
“Signore, il male esiste?”

A questo punto, titubante, il professore rispose:

“Naturalmente, come ti ho già spiegato.
Noi lo vediamo ogni giorno.
È nella crudeltà che ogni giorno si manifesta tra gli uomini.
Risiede nella moltitudine di crimini e di atti violenti che avvengono ovunque nel mondo.
Queste manifestazioni non sono altro che male!”
A questo punto lo studente replicò:
“Il male non esiste, signore, o almeno non esiste in quanto tale.
Il male è semplicemente l’assenza di Dio.
È proprio come l’oscurità o il freddo, è una parola che l’uomo ha creato per descrivere l’assenza di Dio.
Dio non ha creato il male.
Il male è il risultato di ciò che succede quando l’uomo non ha l’amore di Dio presente nel proprio cuore.
È come il freddo che si manifesta quando non c’è calore o l’oscurità che arriva quando non c’è luce!”
Il giovane fu applaudito da tutti in piedi e il professore, scuotendo la testa, rimase in silenzio.
Il rettore dell’Università si diresse verso il giovane studente e gli domandò:
“Qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Albert Einstein, signore!” rispose il ragazzo.

Aneddoto attribuito ad Albert Einstein

Il professore ed il nastro azzurro (Chi sono io è importante)

Il professore ed il nastro azzurro
(Chi sono io è importante)

Un insegnante di New York decise di onorare i suoi studenti dell’ultimo anno delle superiori spiegando perché fosse importante ciascuno di essi.
Utilizzando un procedimento elaborato da Helice Bridges di Del Mar, California, chiamò ogni studente davanti alla classe, uno per volta.
Prima disse in che modo lo studente fosse importante per lei e per la classe.
Poi consegnò a ciascuno un nastro azzurro su cui era stampata a lettere d’oro la dicitura:

“Chi sono io è importante.”

In seguito il professore decise di avviare una ricerca in classe per vedere quale impatto avrebbe avuto questo riconoscimento nella comunità.
Consegnò a ciascuno studente altri tre nastri e incaricò tutti di andare a diffondere questa cerimonia di riconoscimento.
Quindi avrebbero dovuto controllare i risultati, vedere chi avesse conferito e ricevuto il riconoscimento e riferire in classe dopo circa una settimana.
Uno dei ragazzi della classe andò da un giovane funzionario di un’azienda nei dintorni e gli diede il riconoscimento per averlo aiutato nella pianificazione degli studi.
Gli diede il nastro azzurro e glielo appuntò sulla camicia.
Poi gli consegnò altri due nastri dicendogli:
“Stiamo facendo una ricerca in classe sul riconoscimento e vorremmo che lei trovasse qualcuno da onorare, gli consegnasse un nastro azzurro e un altro in più perché questi possa onorare un terza persona per proseguire questa cerimonia di riconoscimento.
Poi dovrebbe per favore riferirmi quello che è successo.”
Più tardi, lo stesso giorno, il funzionario si presentò dal suo capo, che era noto fra l’altro per essere un tipo piuttosto brontolone.
Lo fece sedere e gli disse che lo ammirava profondamente perché era un genio creativo.
Il capo sembrò molto sorpreso.
Il funzionario gli domandò il permesso di consegnargli il dono del nastro azzurro e di appuntarglielo.

Il capo, sorpreso, rispose:

“Beh, certo.”
Il funzionario prese il nastro azzurro e lo appuntò sulla giacca del capo, giusto sopra il cuore.
Consegnandogli l’altro nastro gli chiese:
“Mi farebbe un favore?
Potrebbe prendere quest’altro nastro e usarlo per onorare qualcuno?
Il ragazzo che mi ha dato i nastri sta facendo una ricerca a scuola e mi ha chiesto di proseguire questa cerimonia di riconoscimento per scoprire come influenzi la gente.”
Quella sera il capo tornò a casa dal figlio quattordicenne e lo fece sedere.
Gli raccontò:
“Oggi mi è successa la cosa più incredibile.
Ero in ufficio e uno dei funzionari entra e mi dice che mi ammira e mi dà una nastro azzurro perché sono un genio creativo.
Immagina…
Mi considera un genio creativo.
Poi mi mette sulla giacca, sopra il cuore, questo nastro azzurro che dice “Chi sono io è importante.”
Mi dà un altro nastro e mi chiede di trovare qualcun altro da onorare.
Tornando a casa in macchina, stasera, ho cominciato a pensare chi onorare con questo nastro e ho pensato a te.

Voglio onorare te.

Le mie giornate sono davvero frenetiche e quando torno a casa non ti presto molta attenzione.
A volte ti sgrido perché non hai voti abbastanza buoni a scuola e perché la tua camera è un caos, ma in qualche modo stasera volevo proprio sedermi qui e, beh, farti sapere che per me sei davvero importante.
Assieme a tua madre, sei la persona più importante della mia vita.
Sei un ottimo ragazzo e ti voglio bene!”
Il ragazzo sbalordito cominciò a singhiozzare e non finiva più di piangere.
Tremava con tutto il corpo.
Guardò suo padre e disse fra le lacrime:
“Prevedevo di suicidarmi domani, papà, perché pensavo che non mi volessi bene.
Adesso non serve.”

Brano tratto dal libro “Brodo caldo per l’anima. Volume I” di Jack Canfield e Mark Victor Hansen

Il ritorno della memoria

Il ritorno della memoria

Un contadino facendo grandi sacrifici riuscì a mandare il suo unico figlio a studiare in una lontana città.
Il ragazzo, dopo alcuni anni, tornò con fare e modi fin troppo urbani, ignorando volutamente usi, costumi e termini agricoli.
Un giorno il padre lo invitò a collaborare all’orto di casa, ma alla richiesta di prendere zappa e vanga si sentì rispondere cosa fossero,

esasperando così il padre.

Lo studente, mentre stava aiutando il padre, calpestò in maniera maldestra il rastrello e questo in automatico si alzò.
Il ragazzo venne colpito dal manico del rastrello sulla fronte, provocandosi un evidente ematoma che gli fece imprecare:

“Maledetto rastrello!”

Il padre replicò felice:
“Mi dispiace molto per la botta in testa, ma mi rallegro perché in questo modo ti è tornata la memoria!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

I rintocchi del pendolo

I rintocchi del pendolo

Un saggio teneva nel suo studio un enorme orologio a pendolo che ad ogni ora suonava con solenne lentezza,

ma anche con gran rimbombo.

“Ma non la disturba?” chiese uno studente.
“No!” rispose il saggio,

“Perché così ad ogni ora sono costretto a chiedermi:

che cosa ho fatto dell’ora appena trascorsa?”

E tu, che cosa hai fatto dell’ora appena trascorsa?

Brano di Bruno Ferrero