Lo specchio nel Bazar

Lo specchio nel Bazar

In un pittoresco, stravagante, chiassoso “bazar” di una città orientale, una ricca turista americana scovò una strana specchiera, incastonata in una preziosa cornice d’argento.
Il prezzo di vendita richiesto era però troppo alto, esageratamente alto.
Ma nel corso della lunghissima trattativa, lo scaltro padrone del “bazar”, con fare segreto e misterioso, confidò alla cliente che quello specchio possedeva un potere magico, che produceva un incantesimo unico al mondo.
Bastava specchiarsi, e sfiorare leggermente con l’indice della mano destra la superficie del vetro.
Immediatamente, insieme con la persona riflessa, sullo specchio appariva una scritta, comprensibile in ogni lingua, che rivelava la verità più profonda della persona rispecchiata.
Era un’occasione unica e stupefacente di successo!

Da non perdere assolutamente!

Possedere uno specchio “Che dice la verità su tutto e su tutti” era un affarone eccezionale!
L’americana non resistette alla tentazione e fece subito una prova:
si vide riflessa alla perfezione nello specchio e, sfiorandolo con l’indice, vide apparire a piè di specchio, in un ottimo inglese americano, la scritta luminosa:
“Ricca signora texana carica di soldi!”
Saldò immediatamente il conto senza discutere e si affrettò a ritirare lo specchio che, adeguatamente avvolto, protetto, imballato ed assicurato, venne spedito in Texas per via aerea.
Naturalmente, mediante quell’acquisto magico, la ricca ereditiera era certa di riuscire a conquistare il centro dell’attenzione della gente che conta nella sua città.
Quello specchio diventò invece, per lei, fonte inesauribile di guai.
Lo fece sperimentare ad alcune delle sue migliori amiche.

Sulle prime lo presero come un gioco divertente.

Si specchiarono, in mezzo a risatine “fatue” e poco convinte, ma le parole dello specchio arrivarono inesorabili:
“Ha rubato al supermercato la biancheria che indossa!” sentenziò alla prima,
“Ha undici anni in più di quello che dichiara!” alla seconda, “È piena d’invidia e diffonde calunnie su voi tutte!” alla terza.
Le amiche, imbarazzate, si accomiatarono in fretta.
Più tardi si specchiò, quasi distrattamente, anche il marito della miliardaria, ed il verdetto fu: “Tradisce la moglie!”
Volarono parole terribili e furono convocati gli avvocati.
Naturalmente, la cosa si riseppe in tutta la città.
In breve tempo più nessuno frequentò la ricca casa della miliardaria.

Quel “souvenir” portentoso le fece il vuoto intorno.

Delusa e pentita, l’ingenua e ricca texana un giorno, infuriata, spaccò lo specchio magico a martellate.
E mentre lo specchio andava in frantumi, apparve a grandi lettere, quasi come un “sacrosanto” testamento, la sua ultima scritta:
“Anche tu, sciocca texana, anche tu… hai paura della verità?”
La verità ci farà liberi!
Ma si paga a caro prezzo.

Brano di Bruno Ferrero

Le oche nel cortile (Adagiarsi)

Le oche nel cortile (Adagiarsi)

Le oche del cortile avevano un rito settimanale a cui tenevano molto.
In quel giorno facevano il bagno nello stagno, si lisciavano con cura le penne, facevano abluzioni e gargarismi, si lustravano il becco e poi dondolando e ancheggiando si radunavano in un angolo dell’aia, all’ombra di un vecchio salice piangente.

Là, il reverendo e saggio “ocone”,

erede della luminosa tradizione della “Eroica Comunità delle Oche”, chiudeva gli occhi e con voce commossa rievocava i tempi in cui le oche si levavano in volo in formazione a “V” per sfidare i venti e le distanze, solcando i cieli.
Rievocava le eroiche imprese delle oche che avevano attraversato l’oceano, superando terribili tempeste, e narrava di quando le oche volavano senza riposare per giorni e giorni,

magnifiche, vigorose e resistenti.

Parlava delle oche gloriose che avevano dato la vita per la salvezza dello stormo.
Le oche del cortile si commuovevano, piangevano, battevano le ali.
Ma, appena sentivano il gorgogliare del pasto che il pastore rovesciava nella vasca,

tutte si affrettavano verso il cibo, dondolando e ancheggiando.

Beate e soddisfatte.
Senza alzarsi da terra neanche un centimetro.

Brano senza Autore

I due frati e la porta

I due frati e la porta

Sulle pagine di un vecchio libro della biblioteca del monastero, due monaci avevano letto che esiste un luogo, ai confini del mondo, dove cielo e terra si toccano.
Decisero di partire per cercarlo e promisero a se stessi di non tornare indietro finché non lo avessero trovato.
Attraversarono il mondo intero, scamparono a innumerevoli pericoli, sopportarono tutte le terribili privazioni e sacrifici che comporta un pellegrinaggio in tutti gli angoli dell’immensa terra.
Non mancarono neppure le mille seducenti tentazioni che possono distogliere un uomo dal raggiungere la sua meta.

Le superarono tutte.

Sapevano che nel luogo che cercavano avrebbero trovato una porta:
bastava bussare e si sarebbero trovati faccia a faccia con Dio.
Trovarono la porta.
Senza perdere tempo, con il cuore in gola, bussarono.
Lentamente la porta si spalancò.

Trepidanti i due monaci entrarono e…

si trovarono nella loro cella, nel loro monastero.

Un giorno che ricevette degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo:
“Dove abita Dio?”
Quelli risero di lui:
“Ma che ti prende?
Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”.

Il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda:

“Dio abita dove lo si lascia entrare!”
Ecco ciò che conta più di tutto:
lasciar entrare Dio.
Ma lo si può lasciar entrare solo la dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica.
“Io sto alla porta e busso.” dice Dio nella Bibbia.

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

I fiori della riconciliazione

I fiori della riconciliazione

Molto tempo fa c’era un paese conosciuto in tutto il mondo per le sue terre fertili ed i suoi raccolti incredibilmente abbondanti.
Un giorno vi arrivò da lontano un uomo assai povero con la sua famiglia.
Si stabilì in una casetta abbandonata, che cadeva a pezzi, con un piccolo orto; il comune pretese comunque un affitto mensile.
Lo straniero aveva portato dal suo paese semi di piante sconosciute e iniziò a coltivare il piccolo orto seminando proprio quelle piante.

La gente del posto fu presa subito da mille paure:

e se quei semi avessero appestato la loro bella terra?
E se quelle piante sconosciute avessero inaridito i loro fertili campi?
Fu così che un mattino la famigliola si svegliò e trovò la propria casa circondata dal filo spinato.
Qualcuno, quella stessa notte, si era dato da fare per evitare che i sospetti e le paure si tramutassero in realtà.
Successe poi qualcosa di molto strano:
la terra fertile di quel paese smise di dare i soliti abbondanti frutti, iniziò a produrre erbacce e piante infestanti.
La gente del paese viveva giorni terribili di disperazione, presto sarebbe caduta nella miseria.
Stranamente, l’unica terra che continuava a dare buoni frutti era quella del piccolo orto della famiglia straniera.

Un mattino accadde però qualcosa di strano:

appeso alla porta di ogni casa, vi era un sacchetto di semi, erano semi nuovi, particolari, sconosciuti.
Un contadino tra i più anziani, senza porsi troppe domande, li seminò nel suo campo, ormai non c’era più nulla da perdere, quindi per curiosità volle vedere di che cosa si trattava.
In poco tempo quei semi germogliarono e spuntarono meravigliosi fiori blu.
Tutti ridevano, certo erano belli ma il problema serio era la miseria che sopraggiungeva e quei fiori non davano certo da mangiare!
Ma la cosa straordinaria doveva ancora avvenire:
man mano che spuntavano i fiori, sparivano le erbe infestanti e la terra tornava fertile e ricominciava a produrre frutti abbondanti.
Soltanto allora la gente cominciò a domandarsi da dove provenissero quei semi.
A dare la risposta furono i bambini, perché soltanto loro si erano accorti che quei fiori da tempo abbellivano l’orto della nuova famiglia straniera.
Compresero tutti il gesto buono e generoso di quell’uomo che aveva trovato tanta inospitalità e si era visto separato dal resto del paese da un filo spinato,

eppure aveva teso la sua mano e cercato la pace donando l’unica cosa che possedeva:

semi di fiori blu.
Quella stessa notte il filo spinato scomparve, il giorno successivo la nuova famiglia ricevette molte visite e altrettanti doni da parte della gente del paese.
E furono i bambini a voler dare il nome a quei meravigliosi fiori blu, furono chiamati:
i fiori della riconciliazione!
I fiori in questione erano delle meravigliose ortensie blu.

Brano senza Autore.

La mamma ed il bambino rapito

La mamma ed il bambino rapito

C’era una pacifica tribù che viveva in pianura ai piedi delle Ande.
Un giorno, una feroce banda di predoni, che aveva il covo nascosto tra le vertiginose vette delle montagne, attaccò il villaggio.
In mezzo al bottino che portarono via c’era anche un bambino, figlio di una famiglia della tribù di pianura, e lo portarono con loro in montagna.

La gente di pianura non sapeva come fare a scalare la montagna.

Non conoscevano nessuno dei sentieri usati dalla gente di montagna, non sapevano come trovare quella gente o come trovare le loro tracce su quel terreno scosceso.
Nonostante ciò mandarono un gruppo di uomini, i loro migliori guerrieri, a scalare la montagna per riportare a casa il bambino.
Gli uomini cominciarono la scalata prima in un modo, poi in un altro.

Provarono un sentiero, poi un altro.

Dopo diversi giorni di duri sforzi, erano riusciti ad andare solo un centinaio di metri su per la montagna.
Sentendosi completamente impotenti, gli uomini di pianura si diedero per vinti e si prepararono a tornare al villaggio giù in basso.
Mentre stavano per fare marcia indietro videro la madre del bambino che veniva verso di loro.
Si accorsero che stava scendendo dalla montagna che loro non erano riusciti a scalare.
E poi videro che portava il bambino in una sacca dietro le spalle.

Uno degli uomini dei gruppo la salutò e disse:

“Non siamo riusciti a scalare questa montagna.
Come hai fatto tu a riuscirci quando noi, che siamo gli uomini più forti del villaggio, non ce l’abbiamo fatta?”
La donna scrollò le spalle e disse:
“Non era il vostro bambino!”

Brano senza Autore