Tre racconti brevi

Tre racconti brevi
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Il maestro ed il discepolo

Il tesoro nel podere

Un combattimento tra due giovani cervi

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“Il maestro ed il discepolo”

Un giorno un discepolo si macchiò di una grave colpa.
Tutti si aspettavano che il maestro lo punisse in modo esemplare.
Ma passò un anno e il maestro non diede segno di reazione.

Allora un altro discepolo protestò:

“Non si può ignorare ciò che è accaduto: dopo tutto, Dio ci ha dato gli occhi!”
Il maestro replicò:
“È vero, ma anche le palpebre!”

Brano senza Autore.
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“Il tesoro nel podere”

Lo aveva scoperto per caso, ma nel podere che affittava e che coltivava da tempo c’era un tesoro.
Erano monete d’oro e oggetti preziosi, affiorati il giorno che aveva deciso di arare in profondità.
Si era affrettato a ricoprire il tutto e aveva chiesto al padrone di vendergli il podere.
Vedendo la sua ansia, il padrone aveva accettato,

ma gli aveva chiesto una somma altissima.

Per mettere insieme i soldi necessari, l’uomo si cercò un secondo lavoro e poi un terzo.
Cominciò a guadagnare e investì i guadagni, fondò un’impresa, allargò i traffici oltre i confini dello stato.
Passò altro tempo.
L’uomo investiva, trafficava, dirigeva, viaggiava.
Si dimenticò completamente del tesoro nascosto nel campo.

Brano senza Autore. Apologo (Favola allegorica a fine spiccatamente pedagogico) Indiano.
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“Un combattimento tra due giovani cervi”

Due giovani cervi, bellissimi esemplari, si incontrarono nel bosco.
Entrambi gelosi del proprio territorio, decisero di affrontarsi.
Il combattimento durò a lungo:
nessuno dei due voleva cedere.
Alla fine, il più forte, con un ultimo movimento della testa, ebbe la meglio sull’avversario.
Ma i palchi dell’ucciso rimasero incastrati in quelli dell’uccisore, lucidi e possenti.

Impossibili da districare.

Il vincitore tentò in ogni modo di sbarazzarsi del corpo dell’altro cervo, ma non ci riuscì.
Fu costretto a trascinarselo dietro, fino a che, spossato, dovette fermarsi.
All’alba, a liberarlo da quel peso morto fu lo sparo di un cacciatore.

Brano senza Autore.

La gattina siamese ed il levriero

La gattina siamese ed il levriero

“Hai sentito la novità?” disse la gattina siamese al cane.
“Quale?” rispose il levriero.
“Le pari opportunità tra donne e uomini.
Ora c’è un comma aggiunto all’articolo 51 della Costituzione che ratifica queste opportunità.
È passato ieri al Senato con voto unanime!” spiego la gattina.

“E tu come lo sai?” ribatté il cane.

“Che domande!
L’ha detto ieri la tivvù e stamattina la notizia è su tutti i giornali!” concluse trionfante la gattina.
“Sei sempre aggiornata.” rispose galante il cane.
Poi grattandosi un orecchio con la zampa, continuò:
“Ma tu credi che serva davvero quel comma a migliorare la presenza delle donne nelle faccende pubbliche?”

“Credo di sì.

Tutto sta a renderlo operativo!” rispose la siamese.
“Intanto,” riprese il levriero, “il 90% del Parlamento italiano è formato da uomini, e il restante 10%… quello soltanto è formato da donne.
Lo sapevi che è la percentuale più bassa di tutti gli Stati, anche di quelli del Terzo Mondo?
Eccetto naturalmente, i Paesi dove la donna non è considerata:
cioè, non ha status sociale, non ha diritti!”
“Terribile!” esclamò la gattina, “Pensa se fossi nata in quei Paesi!”

Il cane sorrise:

“Ma tu non sei una donna, sei una gattina!”
“Vuoi dire che, a differenza delle donne, in quei posti avrei potuto avere uno status sociale?
Dei diritti, voglio dire!” domandò la gattina.
“Probabilmente sì!” rispose convinto il levriero.
E la gattina si sentì felice di valere più delle donne di quei Paesi.

Brano senza Autore.

Il santino elettorale dimenticato

Il santino elettorale dimenticato

Per diversi anni fui consigliere di una importante cooperativa, operante nel territorio Montebellunese, la cui attività si basava sull’acquisto e sulla vendita di beni e sul supporto ai servizi inerenti l’agricoltura.
Ero, e sono tutt’ora, convinto dell’importanza di questo istituto, infatti rimasi consigliere di questa organizzazione finché non venne assorbita da una società più grande.
Nel corso degli anni, imparai tante cose e diedi il mio modesto contributo, comunque sempre apprezzato.

Facendo parte del consiglio di amministrazione,

capitava di dover partecipare a delle riunioni in vesti ufficiali e, in una di queste occasioni, mi mandarono a rappresentare la cooperativa ad un importante convegno sul terzo settore, dove il relatore più atteso era un onorevole, nonché sottosegretario del governo di allora.
Fui inviato, soprattutto, per cercare di mediare con il politico affinché espletasse una importante pratica riguardante la nostra cooperativa, giacente al Ministero da anni.
Anche altri soci avevano provato a mettersi in contatto con il suddetto onorevole, ma tutte le iniziative precedenti non avevano avuti riscontri positivi.
Indossai per l’occasione una giacca di velluto leggera, usata raramente ma considerata, da me, un portafortuna.
Seduto su una poltroncina, durante la pausa del convegno, toccandomi le tasche della giacca, mi ritrovai nel taschino un vecchio santino elettorale di propaganda di qualche anno prima, proprio dell’onorevole in questione, con la sua bella effige patinata.

Sembrava proprio un segnale della Dea bendata.

Finita la sua relazione andai a congratularmi e gli ricordai il nostro problema, che naturalmente ben conosceva.
Parlandogli, estrassi il suo santino elettorale.
Notai con piacere che, con immensa rapidità, me lo levò dalla mano per guardarlo.
Dopo averlo girato dalla parte opposta alla propria immagine, vide un numero di telefono scritto con un pennarello rosso, e mi chiese a chi appartenesse.
Non sapendo cosa rispondergli, improvvisai, mentendo.
Gli spiegai che il numero di telefono era servito per la catena telefonica, organizzata dalla cooperativa, per la sua elezione.

Finita la spiegazione, notai il suo volto appagato.

A prova di quanto detto, appena rientrato a Roma, evase la nostra pratica senza alcun problema.
In seguito a questa autorizzazione, al primo consiglio della cooperativa, ricevetti una busta con un biglietto aereo per un soggiorno organizzato, ovviamente tutto pagato, per otto giorni a Istanbul.
Fu il mio primo e unico viaggio in aereo all’estero, ottenuto grazie ad un santino elettorale dimenticato nel taschino da anni.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

L’eredità: 17 diviso 3

L’eredità: 17 diviso 3

I tre figli di un ricco mercante arabo ricevettero in eredità dal padre 17 cammelli da ripartire tra loro nel seguente modo:
metà al primo, un terzo al secondo e un nono al terzo.
La spartizione sembrò impossibile da effettuare senza tagliare in varie parti almeno un cammello.
Il tre ragazzi allora decisero di rivolgersi ad un saggio giudice.

Egli rispose:

“La divisione è semplice e sarà fatta equamente.
Permettete che aggiunga un altro cammello ai vostri.
In questo modo disporremo di 18 cammelli!”
Il giudice si rivolse al primogenito:
“Secondo la volontà di tuo padre, tu che sei il più vecchio avresti dovuto ricevere la metà di 17 cammelli, cioè 8 e mezzo.
Ti do invece la metà di 18 cammelli, cioè 9!”

Poi, rivolgendosi al secondogenito disse:

“A te spetterebbe un terzo dell’eredità che equivale a 5 cammelli più qualcosa ma io ti do un terzo di 18, cioè 6 animali!”
E al più giovane spiegò:
“Ti toccherebbe un nono dell’eredità, cioè un cammello più un pezzo ed invece eccotene due interi!”

Alla fine aggiunse:

“Ora possiamo restituire al proprietario il cammello preso in prestito.
Con questa divisione avete guadagnato tutti più di ciò che aspettavate.
Eppure sono stati eseguiti in modo preciso gli ordini di vostro padre!”

Brano senza Autore

La storia dei tre leoni e della montagna difficile


La storia dei tre leoni e della montagna difficile

C’era un volta, una foresta…
Un giorno il macaco, rappresentante eletto dagli animali, fece una riunione con tutta la combriccola della foresta, e disse:
“Noi sappiamo che il leone è il re degli animali.
Ma c’è un problema: ci sono tre leoni forti.
Ora, quale di loro dobbiamo ossequiare?
Quale, fra loro, sarà il nostro re?”
I tre leoni commentarono fra loro:

“È vero, una foresta non può avere tre re.

Occorre decidere quale di noi sarà il re.”
Ma come fare?
Questa era la grande domanda:
lottare fra loro non volevano, poiché erano molto amici.
Bene, signori leoni, la soluzione sta nella Montagna Difficile.
Abbiamo deciso che dovete scalare la montagna e colui che arriverà per primo in cima, sarà consacrato re.
La Montagna Difficile era la più alta fra tutte, in quella immensa foresta.
La sfida fu accettata.
Deciso il giorno, migliaia di animali circondarono la montagna per assistere alla grande scalata.

Il primo tentò e non ci riuscì.

Il secondo tentò e non ci riuscì.
Il terzo tentò e non ci riuscì.
Gli animali erano curiosi e impazienti.
Infine, quale dei leoni sarà il re, una volta che tutti e tre erano stati sconfitti?
Fu in quel momento che un’aquila, anziana e di grande sapienza, chiese la parola:
“So io chi deve essere il re!
Volavo sopra di loro e ho ascoltato quello che hanno detto sulla montagna, vedendosi sconfitti.”
Il primo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Il secondo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Anche il terzo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto…” ma aggiunse:
“Ma tu, montagna, già hai raggiunto la tua altezza finale, mentre io sto ancora crescendo.”
E l’aquila completò:
“La differenza è che il terzo leone ha avuto un atteggiamento da vincitore davanti alla sconfitta.
E chi pensa così è più grande dei suoi problemi.
È re di se stesso, è pronto per essere il re.”
Gli animali applaudirono entusiasticamente il terzo leone, che fu incoronato re della foresta.

Brano senza Autore, tratto dal Web