Non sono il principe azzurro, ma…



Non sono il principe azzurro, ma…

Non sono il principe azzurro, ma azzurro è il colore della vita che vorrei vivere e far vivere a te.
Non sono nemmeno un principe, ma vorrei che tu fossi la mia principessa.
Non arrivo su un cavallo bianco, ma a cavallo della realtà.
Non sono nemmeno capace di andare a cavallo, ma vorrei galoppare insieme a te, tra le bellezze della vita.

Non ho una reggia, ma mi piacerebbe farti vivere da regina.

Non so nemmeno come sia fatta una reggia, ma ci sto lavorando.
Non sono un rospo, ma se mi baci potrebbe piacerti e, anzi, ti garantisco che dopo non mi trasformerò.
Non ho una scarpetta da farti provare, ma il mio carattere non spigoloso potrebbe calzarti a pennello.
Non ti troverai a mezzanotte con una zucca vuota, ma avrai sempre, vicino a te, una testa pensante.

Non ti offro una mela avvelenata, ma momenti felici da assaporare insieme.

Non sto nemmeno a chiederti di dare un morso alla mela verde, di verdi ci sono solo i miei occhi.
Non ti terrei sotto una teca di cristallo a dormire, ma sarei fiero di averti vicina a me, sveglia.
Non ti cerco la più bella del reame, mi basta crederlo.
Non ti chiedo di guardarti nello specchio come la regina cattiva, ma di guardare insieme a me, nella stessa direzione.

Non mi interessa se hai delle sorellastre perfide, un giorno ti invidieranno.

Non mi interessa nemmeno della tua matrigna cattiva, mi basta sapere che non hai preso da lei.
Non sono nemmeno geloso dei sette nani, il più è che non ti fai influenzare da Brontolo.
Non ho i poteri magici della vecchia strega, ma potrai sempre chiedermi di sparire, se non sono come ti ho detto.
Io non so se cerco una bella addormentata nel bosco o una cenerentola, ma la vita è una fiaba che può essere bella o brutta.
Può dipendere dai brutti incontri che si fanno nel bosco, dalle mele avvelenate che a volte tocca mangiare o proprio da chi ha scritto la fiaba e io vorrei viverla insieme a te, possibilmente felici e contenti.

Brano di Enrico Sunda

Oggi è stata la giornata più brutta di sempre?



Oggi è stata la giornata più brutta di sempre?

Oggi è stata la giornata più brutta di sempre
E non provare a convincermi che
C’è qualcosa di buono in ogni giorno
Perché, se guardi da vicino,
Il mondo è un posto piuttosto malvagio.

Anche se

Un po’ di gentilezza ogni tanto traspare
La soddisfazione e la felicità non durano.
E non è vero che
Sta tutto nella testa e nel cuore

Perché

La vera felicità si ottiene
Solo se la propria condizione è elevata
Non è vero che il bene esiste
Sono sicuro che sei d’accordo che
La realtà

Crea

Il mio atteggiamento
È tutto fuori dal mio controllo
E nemmeno tra un milione di anni mi sentirai dire che
Oggi è stata una bella giornata

Adesso leggi dal basso verso l’alto.

Poesia originale “Worst Day Ever?” di Chanie Gorkin

Non illuderti! (Non tutto è come sembra)


Non illuderti!
(Non tutto è come sembra)

Un macellaio stava lavorando nel suo negozio e si sorprese quando vide entrare un cane.
Lo cacciò ma il cane tornò subito.
Cercò quindi di mandarlo via, ancora ma si rese conto che il cane aveva un foglio in bocca.

Prese dunque il foglio e lo lesse:

“Mi potrebbe mandare 12 salsicce e tre bistecche di manzo per favore?”
Il macellaio notò pure che il cane aveva in bocca un biglietto da 50 euro.
Così prese le salsicce e le bistecche e le mise insieme in una borsa che mise nella bocca del cane.
Il macellaio rimase molto colpito e, siccome, era già ora di chiudere il negozio, decise di seguire il cane che stava scendendo la strada con la borsa tra i denti.
Quando il cane arrivò ad un incrocio, lasciò la borsa sul marciapiede, si alzò sulle zampe posteriori e con una delle anteriori schiacciò il bottone dei pedoni per cambiare il segnale del semaforo.
Prese di nuovo la borsa ed aspettò pazientemente che il semaforo desse il via ai pedoni.

Allora attraversò la strada e camminò fino ad una fermata del bus,

mentre il macellaio stupefatto lo seguiva da vicino.
Alla fermata il cane guardò verso la mappa delle rotte e degli orari e si sedette sul marciapiede ad aspettare il suo bus.
Arrivò uno che non era il suo, ed il cane non si mosse.
Arrivò dunque un altro bus ed il cane dopo aver visto che era quello giusto, salì dalla porta posteriore, affinché il conduttore non lo potesse vedere.
Il macellaio, a bocca aperta, lo seguì.
All’improvviso il cane si alzò sulle zampe posteriori e toccò il campanello della fermata, sempre con la borsa tra i denti.
Quando il bus si fermò, il cane scese, ed anche il macellaio, ed entrambi camminarono per la strada finché il cane si fermò a una casa.
Posò la borsa sul marciapiede, e prendendo la rincorsa, si lanciò contro la porta.
Ripeté l’azione diverse volte, ma nessuno gli aprì la porta.
Allora il cane fece il giro della casa, saltò un recinto, si avvicinò ad una finestra e, con la testa, colpì diverse volte il vetro.
Ritornò alla porta, che si aprì e comparse un uomo che cominciò a picchiare il cane.

Il macellaio corse verso l’uomo e gridò:

“Santo cielo, che cosa sta facendo?
Il suo cane è un genio!”
L’uomo irritato rispose:
“Un genio?
Questa è la seconda volta nella settimana che questo stupido dimentica le chiavi!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici…


Focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici…

Un uomo di 92 anni, piccolo, molto fiero, vestito e ben rasato, una mattina alle 8.00, con i suoi capelli perfettamente pettinati, trasloca in una casa per persone anziane.
Sua moglie di 70 anni è recentemente deceduta, cosa che lo obbliga a lasciare la sua casa.
Dopo parecchie ore di attesa nella hall della casa per anziani, ci sorride gentilmente quando gli diciamo che la sua camera è pronta.
Mentre si reca fino all’ascensore con il suo deambulatore, gli faccio una descrizione della sua piccola camera, includendo il drappo sospeso alla sua finestra come tenda.

“Mi piace molto!”

dice con l’entusiasmo di un ragazzino di 8 anni che ha appena ricevuto un nuovo cucciolo.
“Signor Vito, lei non ha ancora visto la camera, aspetti un attimo.”
“Questo non c’entra niente!” dice “La felicità è qualcosa che scelgo a priori.
Che mi piaccia la mia camera o no, non dipende dai mobili o dalle decorazioni, dipende piuttosto dal modo in cui la percepisco.

Nella mia testa è già deciso che la mia camera mi piace.

E’ una decisione che prendo ogni mattina al mio risveglio.”
Posso scegliere, posso passare la giornata a letto contando le difficoltà che ho con le parti del mio corpo che non funzionano, oppure alzarmi e ringraziare il cielo per quelle che funzionano ancora.

Ogni giorno è un regalo e finché potrò aprire i miei occhi,

focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici che ho raccolto durante tutta la mia vita.
La vecchiaia è come un conto in banca: prelevi da ciò che hai accumulato.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Ci vediamo all’Inferno!


Ci vediamo all’Inferno!

Edoardo pensava a due sole cose mentre entrava nel locale, quel locale che aveva conosciuto cinque anni prima e che era diventato casa sua.
Pensava per prima cosa a lei, al suo sorriso, al color cielo dei suoi occhi, al suono della sua risata.
Pensava a come l’aveva conosciuta, in quella notte di neve sulla spiaggia.
Doveva già capirlo che c’era qualcosa di speciale, doveva capirlo perché lì non nevicava mai.
Invece, quella sera, fioccava come nelle notti di natale di un qualsiasi paese di montagna.
Edoardo pensava a come si era innamorato di lei, inevitabilmente e perdutamente, mentre saliva le scale che lo conducevano al piano superiore del locale.
Quando si ritrovò davanti alla porta nera dell’ufficio prese un lungo respiro prima di entrare.
La seconda, unica cosa, a cui pensava Edoardo era che doveva salvare lei.
«A cosa devo l’onore?» l’uomo alto e robusto non si girò, rimase concentrato a preparare un cocktail al piccolo piano bar.

«Lo sai perché sono qui!»

L’uomo sospirò prima di posare il bicchiere che aveva tra le mani e girarsi per vedere la faccia di Edoardo piena di rabbia e rancore.
«Ne abbiamo già parlato ragazzo.
Ti devo ricordare che hai firmato un contratto?»
No, non doveva!
Edoardo ricordava bene il giorno in cui fece uno stupido patto col diavolo.
Si era fatto ingannare, cadendo nella rete di chi prometteva denaro e donne.
Aveva firmato perché il “lavoro” che quell’uomo in giacca e cravatta gli proponeva non gli sembrava poi così malvagio.
Corrompere anime, portarle a perdersi nei vizi umani.
Edoardo aveva creduto a quell’uomo, lo stesso che adesso aveva di fronte.
Doveva saperlo che fare un patto col diavolo non portava a nulla di buono.
«Perché lei? Ci sono miliardi di persone nel mondo. Perché lei?»
«Perché è pura. Per te sarà facile vista la situazione.»
«No, mi rifiuto. Non lo farò!»
«Non puoi rifiutarti!»
Edoardo scuoteva con forza la testa.
Il diavolo, divertito, iniziò a ridere.
«Prendi me!»

«Ma tu sei già mio!»

Fu allora che qualcosa scattò nella mente di Edoardo.
Un’idea tanto insana quanto geniale.
«Hai ragione.» disse, sfilando la pistola dal fodero che aveva sempre imparato a portare con se.
Quando la puntò contro l’uomo quest’ultimo si mise a ridere ancora di più di prima. «Lo sai che non funziona?»
«Lo so!»
«Lo sai che non puoi uccidermi?»
«Lo so!»
Edoardo sapeva bene che nessun arma umana poteva anche solo scalfire il diavolo.
Lo sapeva, ma ricordava una sola cosa importante in quel momento.
Ricordava quel punto del contratto che cinque anni prima gli aveva fatto salire un brivido lungo la schiena, quello che diceva chiaramente “Per tutta la vita”.
Edoardo lo ricordava bene, lo aveva inciso nella sua mente, e quando spostò la canna della pistola sulla propria tempia sapeva esattamente cosa doveva fare.
«Ci vediamo all’inferno!»

Brano di Giulia Zappalà

La storia del bradipo


La storia del bradipo

Viveva nella foresta tropicale e i suoi ritmi lenti di vita gli permettevano di gioire delle albe e dei tramonti e del trascorrere delle stagioni.
Stava sempre appeso a testa in giù e proprio per questo i suoi occhi riflettevano le stelle nelle calde notti estive, gli arcobaleni dopo i temporali e la profondità dei cieli primaverili.
Per questo sembrava strano agli altri animali:

“E’ troppo lento… E’ troppo quieto…”

“Vive a testa in giù!”
Colpito da questi giudizi si ritirava sui rami sempre più alti evitando la vita frenetica delle radure della foresta.
Un giorno di primavera le grandi ombre delle nuvole correvano sul suolo dove gli animali si muovevano indifferenti…
Senza accorgersi che la più lenta e la più grande era quella del condor che roteava alto nel cielo cercando la preda.
Solo lui, che guardava fisso nel cielo se ne accorse e capì il pericolo.

Allora gridò, gridò più volte…

Gli animali fuggirono in tempo e, per quella volta, il condor volò via senza avere ucciso.
Ora lui ha molti amici e gli animali hanno capito che anche chi vede il mondo capovolto può essere importante.

Brano di Pino Ligabue