Ricomincia

Ricomincia

Se sei stanco e la strada ti sembra lunga, se ti accorgi che hai sbagliato strada, non lasciarti portare dai giorni e dai tempi, Ricomincia.

Se la vita ti sembra troppo assurda, se sei deluso da troppe cose e da troppe persone, non cercare di capire il perché, Ricomincia.

Se hai provato ad amare ed essere utile,

se hai conosciuto la povertà dei tuoi limiti, non lasciar là un impegno assolto a metà, Ricomincia.

Se gli altri ti guardano con rimprovero, se sono delusi di te, irritati, non ribellarti, non domandar loro nulla, Ricomincia.

Perché l’albero germoglia di nuovo dimenticando l’inverno,

il ramo fiorisce senza domandare perché, e l’uccello fa il suo nido senza pensare all’autunno, perché la vita è speranza e sempre Ricomincia…

Brano senza Autore

Portar troppe croci

Portar troppe croci

Un uomo viaggiava, portando sulle spalle tante croci pesantissime.
Era ansante, trafelato, oppresso e, passando un giorno davanti ad un Crocifisso, se ne lamentò con il Signore così:
“Ah! Signore, io ho imparato nel catechismo che tu ci hai creato per conoscerti, amarti e servirti… ma invece mi sembra di essere stato creato soltanto per portare le croci!
Me ne hai date tante e così pesanti che io non ho più la forza di portarle!”
Il Signore però gli disse:
“Vieni qui, figlio mio, posa queste croci per terra ed esaminiamole un poco.
Ecco, questa è la più grossa e la più pesante; guarda che cosa c’è scritto sopra!”

Quell’uomo guardò e lesse questa parola: sensualità.

“Lo vedi?” disse il Signore, “Questa croce non te l’ho data io, ma te la sei fabbricata da solo.
Hai avuto troppa smania di godere, sei andato in cerca di piaceri, golosità, di divertimenti… e di conseguenza hai avuto malattie, povertà, rimorsi!”
“Purtroppo è vero,” soggiunse l’uomo, “questa croce l’ho fabbricata io!
Ed è giusto che io la porti!”
Sollevò da terra quella croce e se la pose di nuovo sulle spalle.
Il Signore continuò:
“Guarda quest’altra croce.
C’è scritto sopra: ambizione.
Anche questa l’hai fabbricata tu, non te l’ho data Io.
Hai avuto troppo desiderio di salire in alto, di occupare i primi posti, di stare al di sopra degli altri… e di conseguenza hai avuto odio, persecuzione, calunnie, disinganni!”
“È vero, è vero!
Anche questa croce l’ho fabbricata io!
È giusto che io la porti!” detto ciò sollevò da terra la seconda croce e se la mise sulle spalle.

Il Signore additò altre croci, e disse:

“Leggi.
Su questa è scritto: gelosia, su quell’altra: avarizia, su quest’altra…”
“Ho capito, ho capito!” esclamò l’uomo, “Signore, è troppo giusto quello che tu dici!”
E prima che il Signore avesse finito di parlare, il povero uomo aveva raccolto da terra tutte le sue croci e se l’era poste sulle spalle.
Per ultima era rimasta per terra una crocetta piccola piccola e quando l’uomo la sollevò per porsela sulle spalle esclamò:
“Oh! Com’è piccola questa!
E pesa poco!”
Guardò quello che c’era scritto sopra e lesse queste parole:
“La croce di Gesù!”
Vivamente commosso, sollevò lo sguardo verso il Signore ed esclamò:
“Quanto sei buono!”
Poi baciò quella croce con grande affetto.

E il Signore gli disse:

“Vedi figlio mio, questa piccola croce te l’ho data io, ma te l’ho data con amore di Padre; te l’ho data perché voglio farti acquistare merito con la pazienza; te l’ho data perché tu possa somigliare a me e starmi vicino per giungere al Cielo, perché io l’ho detto:
Chi vuole venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Ma ho detto anche:
il mio giogo è soave e il mio peso è leggero!”
L’uomo delle croci riprese silenzioso il cammino della vita; fece ogni sforzo per correggersi dei suoi vizi e si diede con ogni premura a conoscere, amare e servire Dio.
Le croci più grosse e più pesanti caddero, una dopo l’altra dalle sue spalle e gli rimase soltanto quella di Gesù.
Questa se la tenne stretta al cuore fino all’ultimo giorno della sua vita, e quando arrivò al termine del viaggio, quella croce gli servì da chiave per aprire la porta del Paradiso.

Brano di Giovanni Francile

Un vigile mitico

Un vigile mitico

Tanti anni fa chi ritornava in pianura dalle Dolomiti, soprattutto di domenica sul far della sera, si trovava incolonnato in una lunga coda di macchine.
Questo accadeva prima che venisse costruita una super strada di svincolo, ad un incrocio con semaforo, proprio al centro abitato del noto comune trevigiano di Cornuda.
Il super traffico era smistato da un vigile noto e stimato per essere ligio e inflessibile nel svolgere il suo lavoro,

tanto da aver multato sua moglie per avere troppe borse della spesa sul manubrio della bicicletta.

Ad ogni infrazione amava sciorinare i vari articoli con i comma del codice della strada che per lui rappresentavano la Bibbia.
Una domenica sera, in cui vi era tantissimo traffico con andamento a passo d’uomo, una macchina blu targata Roma, sorpassando altre vetture, ignorò volutamente il semaforo rosso.
Il nostro vigile con uno scatto si mise davanti all’auto e, con fischietto e paletta, fermò la vettura.
Il conducente era un noto politico locale che, abbassando il finestrino, disse seccato:

“Lei non sa chi sono io!

Vuole che le dica i miei incarichi e le mie onorificenze?
La consiglio di lasciarmi andare se non vuole grane!”
Il vigile pronto, e per niente intimorito, rispose:
“Io so chi è lei, visto che ho anche votato (per lei), ma in questo caso quando soffio io (disse in verità “subio” in dialetto Veneto) fischia la legge ed è meglio che con patente e libretto accosti e paghi l’infrazione.

I presenti, che stupiti assistettero alla scena,

applaudirono fragorosamente il vigile e gridarono “Bravo!”
Il suo gesto divenne leggendario e fu ricordato soprattutto quando scoppiò Tangentopoli!
Prima dei giudici di Mani Pulite, l’onorevole in questione fu fermato e sanzionato da un vigile che era imparziale con tutti in nome della democratica legge.
Il vigile si chiamava Nazareno Botega e non deve essere come l’Innominato del Manzoni ma bensì citato e ricordato con il suo nome a futura memoria.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno