ricorda che Van Gogh ha iniziato a dipingere a 28 anni ed è morto a 37 anni.
In breve tempo ha realizzato più di 900 dipinti e 1100 disegni.
Questo non è per dire che siamo tutti Van Gogh, ma per ricordarti che non è mai troppo tardi per iniziare.
Tag archivi: Troppo
Tre brani brevi
Tre brani brevi
—————————–
—————————–
“Il medico calvo”
In un ospedale c’era un medico, la cui testa calva era spesso oggetto di battute scherzose.
Un giorno, dopo il solito commento da parte di un’infermiera,
il medico controbatté dicendo:
“Signorina, Dio ha fatto teste perfette:
le altre le ha dovute ricoprire di capelli!”
Brano senza Autore
—————————–
“Il colonnello ed il soldato”
Durante un’ispezione, un colonnello si fermò, squadrò un soldato da capo a piedi, e gli disse con durezza:
“Abbottona la tasca, soldato!”
Il soldato, assai confuso, balbettò:
“La devo abbottonare subito, signor colonnello?”
“Sì, immediatamente!” esclamò il colonnello.
Allora il soldato si avvicinò cautamente ed abbottonò il risvolto del taschino della camicia del colonnello!
Brano senza Autore
—————————–
“L’usignolo ed i passeri”
Un giorno l’usignolo si ammalò e non cantava più.
“Non è ammalato,” dissero i passeri, “è troppo pigro per cantare!”
Questi commenti offesero profondamente l’usignolo, che iniziò di nuovo a cantare.
“Non avevamo ragione?” dissero i passeri.
Così l’usignolo fece appello alle sue ultime forze e morì.
Allora i passeri dissero:
“Ma allora perché cantava, se era ammalato?”
Dare troppo peso a quello che dicono gli altri può essere molto pericoloso.
Brano senza Autore
I pantaloni troppo lunghi
I pantaloni troppo lunghi
Trascorsi diversi anni dalla fine della guerra, Bortolo era rientrato al paese.
Si era sposato, aveva avuto dei bambini e molto presto una sua figlia si sarebbe dovuta sposare.
Aveva, però, necessità di un paio di pantaloni, per poter fare bella figura e, per questa ragione, iniziò a girovagare per il mercato.
Dopo qualche minuto, ne trovò un paio di bella e robusta stoffa ad un prezzo ragionevole.
I pantaloni, però, dovevano essere accorciati di quattro dita, perché troppo lunghi per lui.
Avendo in casa moglie e figlia minore brave e provette sarte, sapeva che per loro non sarebbe stato un problema accorciarli.
Mostrò con soddisfazione i pantaloni alla moglie e le chiese se li potesse accorciare, ma questa elencò una serie di lavori di casa che avevano la precedenza.
Rientrò la figlia minore e, anche a lei, chiese lo stesso favore.
Questa si scusò, giustificandosi per delle incombenze da svolgere per i preparativi delle nozze della sorella.
Dopo la seconda risposta negativa, Bortolo non sapeva se arrabbiarsi o portar pazienza.
Alla fine andò fuori casa a sbrigare delle faccende agricole.
La moglie, vedendo i pantaloni piegati, si rammaricò di aver negato al marito la giusta richiesta e in un baleno li accorciò riponendoli sopra la panca.
Entrò pure la figlia minore e scorgendoli, si dispiacque del diniego fatto all’amato padre.
Di conseguenza li accorciò pure lei, provando grande soddisfazione nell’aver esaudito la richiesta del padre.
Subito dopo Bortolo tornò dai campi e vedendo i pantaloni sopra una sedia pensò che qualcuna delle sue donne li avesse sistemati.
Grande fu la sorpresa e il rammarico dopo averli provati.
I suoi pantaloni non erano più adatti ad una cerimonia nunziale, poiché erano stati accorciati a dismisura, ma buoni, però, per camminare sul bagno asciuga della spiaggia.
Bortolo imparò a sue spese che a chiedere i favori a staffetta, non si sa mai cosa ti aspetta.
Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
La casa più grande del mondo
La casa più grande del mondo
Una numerosa famiglia di lumache viveva su un cavolo splendido e saporito.
Camminavano lentamente da foglia a foglia con la casa sulle spalle in cerca di teneri germogli da rosicchiare.
Un giorno una piccola lumaca disse a suo padre:
“Quando sarò grande voglio avere la casa più grande del mondo!”
“Quello che dici è molto sciocco!” gli rispose suo padre, che era la lumaca più saggia del gruppo, “Certe cose sono meglio piccole!”
e le raccontò questa storia:
“C’era una volta una piccola lumaca che un giorno, proprio come te, disse a suo padre:
“Quando sarò grande voglio avere la casa più grande del mondo!”
“Certe cose sono meglio piccole!” le rispose suo padre, “Fai sempre in modo che la tua casa sia piccola e leggera da portare!”
Ma la lumachina non volle dargli ascolto, e nascosta all’ombra di una grande foglia cominciò a torcersi e a stirarsi da una parte e dall’altra fino a che non riuscì a scoprire come far crescere la propria casa.
E così la casa cominciò a crescere e a crescere, e tutte le chiocciole che vivevano su quel cavolo dicevano:
“Tu hai certamente la casa più grande del mondo!”
La chioccioletta continuò a spingere e a sforzarsi fino a che la sua casa fu grande come un melone.
Quindi con rapidi movimenti della coda a destra e a sinistra imparò a far crescere delle grandi cupole appuntite.
E non ancora contenta, schiacciando e spingendo con tutte le sue forze riuscì persino ad aggiungervi vivaci colori e magnifici disegni.
Ora la lumaca era proprio sicura di avere la più grande e la più bella casa del mondo.
Ne era orgogliosa e felice.
Un giorno uno sciame di farfalle passò di lì volando:
“Guardate!” disse una di loro, “Una cattedrale!”
“No!” disse un’altra, “È un grande circo!”
E non sospettarono neppure che quella che vedevano era la casa di una chiocciola.
Una famigliola di rane in viaggio verso uno stagno lontano, si fermò attonita e stupita.
Non avevamo mai visto, raccontarono più tardi a dei cugini, qualcosa di tanto sorprendente.
Una piccola lumaca qualunque con una casa grande come una torta di gelato.
Un giorno le lumache finirono di mangiare tutte le foglie del cavolo.
Non rimasero che pochi gambi nodosi e decisero di trasferirsi su un altro cavolo.
Ma, ahimè, la piccola lumaca non poteva più muoversi.
La sua casa era ormai troppo pesante.
Fu lasciata indietro e abbandonata a se stessa, e poiché non c’era più niente da mangiare la piccola lumaca lentamente deperì e scomparve.
Non rimase altro che la grande casa.
Ma anch’essa a poco a poco si sgretolò e non restò più nulla!”
La piccola lumaca aveva gli occhi pieni di lacrime.
Poi si ricordò della propria casa.
“Io la terrò sempre piccola!” pensò con decisione, “E quando sarò grande andrò dove vorrò!”
E così un giorno, andò a vedere il mondo.
Alcune foglie ondeggiavano lievi nella brezza mentre altre pendevano pesantemente al suolo.
I teneri germogli erano dolci e freschi nella rugiada del mattino.
La piccola lumaca era molto felice.
E quando qualcuno le chiedeva:
“Come mai hai una casa così piccola?”, lei raccontava la storia della casa più grande del mondo.
Brano senza Autore
Ricomincia
Ricomincia
Se sei stanco e la strada ti sembra lunga, se ti accorgi che hai sbagliato strada, non lasciarti portare dai giorni e dai tempi, Ricomincia.
Se la vita ti sembra troppo assurda, se sei deluso da troppe cose e da troppe persone, non cercare di capire il perché, Ricomincia.
Se hai provato ad amare ed essere utile,
se hai conosciuto la povertà dei tuoi limiti, non lasciar là un impegno assolto a metà, Ricomincia.
Se gli altri ti guardano con rimprovero, se sono delusi di te, irritati, non ribellarti, non domandar loro nulla, Ricomincia.
Perché l’albero germoglia di nuovo dimenticando l’inverno,
il ramo fiorisce senza domandare perché, e l’uccello fa il suo nido senza pensare all’autunno, perché la vita è speranza e sempre Ricomincia…
Brano senza Autore
L’orsacchiotto di peluche e la renna
L’orsacchiotto di peluche e la renna
Misha era un orsacchiotto di peluche.
Aveva le piante dei piedi in velluto avana, una sciarpetta e un nasetto, sempre di velluto, marrone.
Apparteneva ad una bambina capricciosa, che a volte lo colmava di coccole e a volte lo sbatteva di malagrazia sul pavimento prendendolo per le delicate orecchie di stoffa.
Così, un bel giorno, Misha prese la più grande decisione della sua vita: scappare.
Approfittò della confusione dei giorni che precedevano il Natale, infilò la porta e si riprese la libertà.
Se ne andò nella neve battendo i tacchi, felice come non era mai stato.
In ogni angolo faceva scoperte meravigliose:
gli alberi, gli insetti, gli uccelli, le stelle.
Misha sgranava gli occhi:
era tutto così incredibilmente bello.
Venne la sera di Natale, quella in cui tutte le creature sono invitate a fare una buona azione.
Misha sentì i sonagli di una slitta.
Era una Renna che correva tirando una slitta carica di pacchetti avvolti in carta colorata.
La Renna vide l’orsacchiotto, si fermò e gli spiegò, con molta cortesia che sostituiva Babbo Natale, il quale era troppo vecchio e malandato e con tutta quella neve non poteva andare in giro a piedi.
La Renna invitò Misha a salire.
E così Misha cominciò a girare città e paesi sulla slitta magica di Babbo Natale.
Era proprio lui che deponeva in ogni camino un giocattolo o un regalino confezionato apposta.
Si divertiva, era pieno di gioia.
Se fosse rimasto il piccolo saggio giocattolo, avrebbe mai conosciuto una simile notte?
Ed ecco che arrivò l’ultima casa: una povera capanna ai margini del bosco.
Misha cacciò la mano nel gran sacco, cercò, frugò: non c’era più niente!
“Renna, o Renna!
Non c’è più niente nel tuo sacco!” disse l’orsacchiotto.
“Oh!” gemette la Renna.
Nella capanna viveva un ragazzino ammalato.
L’indomani, svegliandosi, avrebbe visto le sue scarpe vuote davanti al camino?
La Renna guardò Misha coi suoi begli occhi profondi.
Allora Misha sospirò, abbracciò con un colpo d’occhio la campagna dove gli piaceva tanto gironzolare tutto solo e, alzando le spalle, mettendo avanti una zampa dopo l’altra, uno-due, uno-due, per fare la sua buona azione di Natale, entrò nella capanna, si rannicchiò in una scarpa e aspettò il mattino.
Brano senza Autore
Domani potrebbe essere troppo tardi!
Domani potrebbe essere troppo tardi!
Una volta, un discepolo domandò al suo maestro:
“Maestro, nella vita non hai mai avuto momenti in cui sei stato scontento di te?”
Il maestro rispose:
“Sette volte ho disprezzato la mia anima:
la prima volta quando, incontrando uno zoppo, si è messa, pure lei, a zoppicare;
la seconda volta quando, potendo scegliere tra la via difficile e quella facile, ha scelto la facile, credendo che fosse quella giusta;
la terza volta quando mentì e si scusò dicendo:
“Fan tutti così!”;
la quarta volta quando rifiutò di giocare, per paura di perdere;
la quinta volta quando, invece di avere il coraggio della propria opinione, ebbe il coraggio delle opinioni altrui;
la sesta volta quando scelse la muffa invece dell’avventura;
la settima volta quando
l’ho vista paurosa di raggiungere la vera felicità accontentandosi di una vita anonima!”
Domani potrebbe essere troppo tardi!
Il momento di agire è ora.
Storia Zen
Brano senza Autore
Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore!
Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore!
Camminavo con mio padre, quando all’improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò:
“Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?”
Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi:
“Il rumore di un carretto.”
“Giusto!” mi disse, “È un carretto vuoto.”
Io gli domandai:
“Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto se non lo hai ancora visto?”.
Mi rispose:
“È facile capire quando un carretto è vuoto, dal momento che quanto più è vuoto, tanto più fa rumore.”
Divenni adulto e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri,
ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice:
“Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore!”
Brano di Bruno Ferrero
La stretta de mano
La stretta de mano
Quela de da’ la mano a chissesia
nun è certo un’usanza troppo bella:
te pô succede ch’hai da strigne quella
d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia.
Deppiù la mano, asciutta o sudarella,
quanno ha toccato quarche porcheria,
contiè er bacillo d’una malatia
che t’entra in bocca e va ne le budella.
Invece, a salutà romanamente,
ce se guadagna un tanto co’ l’iggene
eppoi nun c’è pericolo de gnente.
Perché la mossa te viè a di’ in sostanza:
— Semo amiconi… se volemo bene…
ma restamo a una debbita distanza.