Pulisci, se è necessario…

Pulisci, se è necessario…

Una casa è più bella se si può scrivere “ti amo” sulla polvere sul mobilio.
Io lavoravo 8 ore ogni fine settimana per rendere tutto perfetto, “nel caso venisse qualcuno”.
Alla fine ho capito che “non sarebbe venuto nessuno”, perché tutti vivevano la loro vita passandosela bene!

Ora, se viene qualcuno, non ho bisogno di spiegare in che condizione sia la casa:

sono più interessati ad ascoltare le cose interessanti che ho fatto per vivere la mia vita.
Caso mai non te ne fossi ancora accorta:
la vita è breve, goditela!
Pulisci, se è necessario…
Ma sarebbe meglio dipingere un quadro, scrivere una lettera, preparare un dolce, seminare una pianta, oppure pensare alla differenza tra i verbi “volere” e “dovere”.

Pulisci, se è necessario, ma il tempo è poco…

Ci sono tante spiagge e mari per nuotare, monti da scalare, fiumi da navigare, una birretta da bere, musica da ascoltare, libri da leggere, amici da amare e la vita da vivere.
Pulisci, se è necessario, ma…
C’è il mondo là fuori:
il sole sulla faccia, il vento nei capelli, la neve che cade, uno scroscio di pioggia…

Questo giorno non torna indietro!

Pulisci, se è necessario, ma…
Ricorda che la vecchiaia arriverà e non sarà più come adesso.
E, quando sarà il tuo turno, ti trasformerai in polvere.

Brano senza Autore

Due racconti di Bruno Ferrero sulla vita

Due racconti di Bruno Ferrero sulla vita
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Il saggio e la noce di cocco

La vita non può essere un trattino tra due date

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“Il saggio e la noce di cocco”

 

Una scimmia da un albero gettò una noce di cocco in testa ad un saggio.
L’uomo la raccolse, ne bevve il latte, mangiò la polpa, e con il guscio si fece una ciotola.

La vita non smetterà mai di gettarci addosso palate di terra o noci di cocco, ma noi riusciremo a uscire dal pozzo,

se ogni volta reagiremo.

Ogni problema ci offre l’opportunità di compiere un passo avanti.
Ogni problema ha una soluzione, se non ci diamo per vinti…

Brano tratto dal libro “Ma noi abbiamo le ali.” Editrice ElleDici.
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“La vita non può essere un trattino tra due date”

 

L’incisore di lapidi funerarle alzò lo scalpello e disse:
“Ho finito!”
L’uomo esaminò la pietra:
la foto del padre, le due date 1916 e 2000 separate, soltanto, da un trattino di un paio di centimetri.

Poi scosse la testa e disse:

“Non so come spiegarmi, ma mi sembra così poco.
Vede, mio padre ha avuto una vita piena, lunga, avventurosa.
Vorrei si intuisse in qualche modo la sua infanzia in una grande famiglia, la campagna ricca di verde e di animali, i lavori pesanti, la soddisfazione di un buon raccolto, le preoccupazioni per i temporali estivi, la siccità…
Poi la guerra, le divise, le tradotte, la ferita, la fuga da un campo di prigionia, l’incontro con mia madre…
I figli che nascono, crescono, si sposano, i nipotini che arrivano uno dopo l’altro…
Poi la vecchiaia serena, la malattia, certo, ma anche l’affetto, l’amore, l’entusiasmo, la passione, le lunghe giornate di lavoro, le ansie, le preoccupazioni, le gioie…”
L’incisore ascoltava con attenzione, poi impugnò lo scalpello e il martello e con quattro rapidi colpi allungò il trattino tra la data di nascita e quella di morte di quasi mezzo centimetro.

Si voltò verso l’uomo e fece:

“Va meglio così?”

La vita non può essere un trattino tra due date.
Abbraccia ogni istante della tua vita.
Adesso.
La vita è tutto quello che hai.

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” Edizioni ElleDiCi.

Il sogno di Rodolfo

Il sogno di Rodolfo

Anticamente, quando i genitori volevano inculcare nei figli l’idea che l’uomo, fin dall’infanzia, deve battere le vie della santità, senza lasciare le questioni della religione per la vecchiaia, erano soliti raccontare loro delle storie, come questa.
Il giovane Rodolfo, uomo forte e sano, di bell’aspetto, non immaginava che sarebbe un giorno morto o, per lo meno, pensava questo gli sarebbe accaduto dopo molti e molti anni.
In un freddo pomeriggio di ottobre del 1321, egli si inoltrò in una folta foresta, durante una passeggiata.
Ormai all’imbrunire, avvistò tra gli alberi qualcosa che gli sembrava una parete.
Stanco, si avvicinò e vide che era un’antica cappella abbandonata.
Entrò.

Tutto era in rovina:

vetrate rotte, banchi capovolti, polvere accumulata, pipistrelli, ecc.
Per lo meno, pensò, ci sono le pareti ed un tetto, è meglio che niente.
Unendo alcuni banchi, improvvisò dunque un letto e, esausto com’era, si addormentò in un baleno.
A notte fonda fu svegliato da un suono di campane.
Estremamente sorpreso, si sfregò bene gli occhi, non riuscendo a credere a quello che vedeva:
la piccola cappella era illuminata e piena di fedeli.
Sull’altare, un sacerdote stava celebrando la Messa.
Vicino al presbiterio, c’era una bara.
Era dunque una Messa funebre, concluse.
“Mi scusi, signora, ma in memoria di chi è celebrata questa Messa?” chiese.
“Allora non sa chi è morto?
È uno che si è perso in questa foresta, mentre faceva una passeggiata ed è stato trovato morto oggi…

Rodolfo ebbe un sussulto.

Con uno strano presentimento, volle sapere chi fosse quel giovane.
Si avvicinò alla bara, sollevò il velo che copriva il volto del defunto e… sentì un terribile brivido lungo la schiena.
Il morto era lui!
Era ormai invecchiato, certamente, ma non c’era alcun dubbio che era proprio lui quello che si trovava nella bara.
Lanciò un grido di spavento e… si svegliò.
Comprese allora che quel terribile sogno era un avvertimento del cielo: egli sarebbe morto esattamente di lì a 50 anni.
Uscì dalla chiesa e ritornò nella bella casa della sua agiata famiglia, dove era in corso una magnifica festa.
In mezzo all’allegria e ai divertimenti, pensò:
“50 anni è molto tempo.
Vuoi sapere una cosa?

Farò una ripartizione intelligente:

nei primi 25 anni, mi godrò la vita e nei 25 seguenti mi preparerò seriamente alla morte.
Trascorse così 25 anni in divertimenti, viaggi, feste, gite e continua allegria.
Ma… passarono molto rapidamente!
Allora, il Conte decise:
“Guarda, guarda, 25 anni è troppo tempo per prepararsi alla morte, così, i prossimi 15 anni saranno un prolungamento dei 25 anni che sono già passati.
Quando ne mancheranno solo 10, allora sì, mi preparerò seriamente!”
E così accadde… furono altri 15 anni di piaceri, che trascorsero più rapidamente dei 25 anni precedenti.
Ad ogni scadenza, il Conte faceva una nuova “ripartizione intelligente” del tempo restante, giungendo in questo modo, al suo ultimo mese di vita.
Un mese soltanto!
Era, dunque, necessario congedarsi da parenti e amici.
Mandò una lettera a tutti gli amici, invitandoli ad una grande festa.
Dopo 25 giorni, erano tutti riuniti nella sua villa.
Furono tre giorni d’intensa commemorazione.

Gli restavano ora soltanto due giorni!

“Non posso lasciar partire i miei ospiti senza un banchetto di commiato!” pensò il Conte fissando un monumentale pranzo per il 25 ottobre, suo ultimo giorno di vita!
Dopo la festicciola, sentì la necessità di riposare un poco, per poter allora fare una buona confessione.
Mentre era a letto, sentì le prime avvisaglie della morte imminente, chiamò un domestico e, con voce da oltre tomba, lo mandò a chiamare in gran fretta un prete.
Il fedele servitore corse al villaggio vicino, alla ricerca del Parroco.
Nel frattempo Rodolfo, che aveva sprecato i 50 anni di tempo che aveva per prepararsi, cominciò a vedere figure che si muovevano intorno al suo letto, come fossero in attesa del momento di condurlo all’aldilà.
Ansimante, osservava l’ampollina del tempo che stava ormai esaurendosi.
Mancavano appena cinque minuti alla mezzanotte, ed egli udì il rumore del carro che si approssimava, con il prete.

Troppo tardi!

Prima che entrasse il sacerdote, scoccò il primo rintocco delle campane, che annunciavano il nuovo giorno!
Disperato, Rodolfo emise un terribile urlo e… si svegliò veramente.
Con grande sollievo, si rese conto di trovarsi davanti al crocifisso arrugginito della cappella in rovina nel mezzo della foresta, dov’era entrato a riposare poche ore prima.
Non si era trattato che di un sogno.
Ma non di un semplice sogno, no!
Perché il giovane Rodolfo prese sul serio il misericordioso avvertimento.
Da quel momento in poi, seguì con determinazione il cammino della virtù.
Facendo un esame di coscienza quotidiano e la confessione frequente, si mantenne sempre preparato per l’ultimo e più importante giorno della sua vita:
quello del suo incontro con Dio.

Brano senza Autore.

I due fratelli

I due fratelli

Due fratelli, uno scapolo e l’altro sposato, possedevano una fattoria dal suolo fertile, che produceva grano in abbondanza.
A ciascuno dei due fratelli spettava la metà del raccolto.
All’inizio tutto andò bene.
Poi, di tanto in tanto, l’uomo sposato cominciò a svegliarsi di soprassalto durante la notte e a pensare:

“Non è giusto così.

Mio fratello non è sposato e riceve metà di tutto il raccolto.
Io ho moglie e cinque figli, non avrò quindi da preoccuparmi per la vecchiaia.
Ma chi avrà cura del mio povero fratello quando sarà vecchio?
Lui deve mettere da parte di più per il futuro di quanto non faccia ora.

È logico che ha più bisogno di me!”

E con questo pensiero, si alzava dal letto, entrava furtivamente in casa del fratello e gli versava un sacco di grano nel granaio.
Anche lo scapolo cominciò ad avere questi attacchi durante la notte.
Ogni tanto si svegliava e diceva tra sé:
“Non è affatto giusto così.
Mio fratello ha moglie e cinque figli e riceve metà di quanto la terrà produce.

Io non ho nessuno oltre a me stesso da mantenere.

È giusto allora che il mio povero fratello che ha evidentemente molto più bisogno di me riceva la stessa parte?”
Quindi si alzava dal letto e andava a portare un sacco di grano nel granaio del fratello.
Un notte si alzarono alla stessa ora e si incontrarono ciascuno con in spalla un sacco di grano!
Molti anni più tardi dopo la loro morte, si venne a sapere la loro storia.
Così, quando i loro concittadini decisero di costruire un tempio, essi scelsero il punto in cui i due fratelli si erano incontrati, poiché secondo loro non vi era un luogo più sacro di quello in tutta la città.

Brano tratto dal libro “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’Oriente. Volume 1” di Anthony De Mello

A trent’anni puoi…


A trent’anni puoi…

Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni:
non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone.
Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee:
sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque!
Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni!
Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti.
Se siamo atei, siamo atei convinti.

Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna.

E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti.
Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile.
Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo:
i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo.
Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi.
Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita.
È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più.

Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima:

la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo.
Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna:
e allora com’è che in voi non è così?
Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie?
Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti?
A quale prezzo pagate la Luna?
La Luna costa cara, lo so.

Costa cara a ciascuno di noi:

ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte.
Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna:
tanto varrebbe restarcene qui.
Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi!
Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza!
Stracciatela la carta carbone.

Ridete, piangete, sbagliate.

Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro.
Ve lo dico con umiltà, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me.
Molto:
non così poco.
O è ormai troppo tardi?
O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così!

Brano tratto dal libro “Il sole muore.” di Oriana Fallaci

Focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici…


Focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici…

Un uomo di 92 anni, piccolo, molto fiero, vestito e ben rasato, una mattina alle 8.00, con i suoi capelli perfettamente pettinati, trasloca in una casa per persone anziane.
Sua moglie di 70 anni è recentemente deceduta, cosa che lo obbliga a lasciare la sua casa.
Dopo parecchie ore di attesa nella hall della casa per anziani, ci sorride gentilmente quando gli diciamo che la sua camera è pronta.
Mentre si reca fino all’ascensore con il suo deambulatore, gli faccio una descrizione della sua piccola camera, includendo il drappo sospeso alla sua finestra come tenda.

“Mi piace molto!”

dice con l’entusiasmo di un ragazzino di 8 anni che ha appena ricevuto un nuovo cucciolo.
“Signor Vito, lei non ha ancora visto la camera, aspetti un attimo.”
“Questo non c’entra niente!” dice “La felicità è qualcosa che scelgo a priori.
Che mi piaccia la mia camera o no, non dipende dai mobili o dalle decorazioni, dipende piuttosto dal modo in cui la percepisco.

Nella mia testa è già deciso che la mia camera mi piace.

E’ una decisione che prendo ogni mattina al mio risveglio.”
Posso scegliere, posso passare la giornata a letto contando le difficoltà che ho con le parti del mio corpo che non funzionano, oppure alzarmi e ringraziare il cielo per quelle che funzionano ancora.

Ogni giorno è un regalo e finché potrò aprire i miei occhi,

focalizzerò sul nuovo giorno e su tutti i ricordi felici che ho raccolto durante tutta la mia vita.
La vecchiaia è come un conto in banca: prelevi da ciò che hai accumulato.

Brano senza Autore, tratto dal Web