Bella giornata, non è vero?

Bella giornata, non è vero?

Il giorno era cominciato male e stava finendo peggio.
Come al solito, l’autobus era molto affollato.
Mentre venivo sballottata in tutte le direzioni, la tristezza cresceva.
Poi sentii una voce profonda provenire dalla parte anteriore dell’autobus:

“Bella giornata, non è vero?”

A causa della folla non riuscivo a vedere l’uomo, ma lo sentivo descrivere il paesaggio estivo, richiamando l’attenzione sulle cose che si avvicinavano:
la chiesa, il parco, il cimitero, la caserma dei pompieri.
Di lì a poco tutti i passeggeri guardavano fuori dal finestrino.
L’entusiasmo era cosi contagioso che mi misi a sorridere per la prima volta nella giornata.

Arrivammo alla mia fermata.

Dirigendomi con difficoltà verso la porta, diedi un’occhiata alla nostra guida: una figura grassottella con la barba nera, gli occhiali da sole, con in mano un bastone bianco.
Era cieco!
Scesi dall’autobus e, all’improvviso, tutta la mia tensione era svanita.

Dio nella sua saggezza aveva mandato un cieco che mi aiutasse a vedere:

a vedere che, sebbene a volte le cose vadano male, quando tutto sembra scuro e triste, il mondo continua ad essere bello.
Canticchiando un motivetto salii le scale del mio appartamento.
Non vedevo l’ora di salutare mio marito con le parole:
“Bella giornata, non è vero?”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Per tutte le volte che…

Per tutte le volte che…

… indossi un sorriso che vero sorriso non è.
… ti addormenti sentendo la mancanza di qualcuno/a.
… perdoni e sai che non dovresti.

… chiedi scusa e non è neanche colpa tua.

… hai bagnato il cuscino di lacrime.
… con un nodo in gola vai avanti a testa alta.
… che hai fatto finta di niente ma dentro morivi.
… ti guardi allo specchio e vedi una persona stupenda ma non te ne accorgi.

… alla domanda “che hai?” hai risposto il solito “niente” quando in realtà stavi per scoppiare.

… ti senti fragile e ti dici che non riesci ad andare avanti ma poi ti trovi sempre un nuovo giorno davanti.
… rimani te stessa/o quando tutti ti criticano.
… ti senti una nullità ma subito dopo trovi un fottuto motivo per cambiare idea.
… hai detto “adesso basta” e basta non era mai.

… rimani quando tutti se ne vanno.

Per tutte le volte, quelle volte in cui avresti voluto andartene, scappare lontano da tutto e tutti e cancellare il passato.
Apri gli occhi, non lo vedi quanto sei forte?
Non vedi quanta meraviglia sei?

Brano senza Autore, tratto dal Web

Accendi la lampada

Accendi la lampada

Un tale aveva un alloggio al pian terreno che dava su un vicolo stretto e buio.
Annottava quando, per un guasto al suo impianto elettrico, rimase avvolto dalle tenebre.
Allora cominciò ad annaspare incespicando.

Fu preso dal panico e gridava:

“Aiuto! Aiuto!”
Proprio in quel momento passava di lì un amico.
Sentì e s’affacciò alla finestrella di quel monolocale.
Aveva acceso, intanto, il suo “accendino.”
Rendendosi conto dell’accaduto, disse:

“Ti faccio luce io.

Mi ricordo che hai un’antica lampada a petrolio lì in mezzo, sul camino.
Sta’ calmo, va al centro della tua casa.”
All’uomo non sembrò vero di potersi muovere pur con quella fioca luce, e subito trovò la lampada.
L’amico gli prestò l’accendino allungando il braccio dalla finestra.
La fiamma divampò sullo stoppino e ci fu una calda luce in tutto il monolocale…

Non importa da dove ti viene l’accendino.

Forse da un libro, da un amico, da altro.
Ricorda però che la lampada puoi accenderla solo tu, se vai con calma al centro del tuo cuore.
La luce che conta è Dio-Amore, Dio-luce che abita il tuo cuore profondo.
Credilo e vivrai.

Brano di Suor Maria Pia Giudici.
Casa di preghiera San Biagio. Subiaco.

La bilancia

La bilancia

Sognai che ero passato a miglior vita.
Avendo concluso i miei giorni su questa terra, mi trovavo tra le soffici nubi del cielo.
Appena gli occhi si furono abituati alla luce accecante e bianchissima, vidi una lunga fila di persone davanti a me.

Me l’aspettavo:

tutti in coda, anche in attesa del giudizio!
Man mano che avanzavo, cominciai a intravedere una figura barbuta.
L’espressione era mite, eppure le rughe che solcavano l’ampia fronte, gli conferivano un aspetto autoritario.
Appese alla candida tunica un mazzo di grosse chiavi dorate; in mano reggeva una bilancia.

Allora era tutto vero!

Per ogni anima che gli si presentava davanti, vidi che annotava qualcosa su una pergamena.
In breve fu quasi il mio turno.
Deciso a non farmi cogliere impreparato, ripercorsi la mia vita, da cima a fondo ricordando tutte le colpe commesse, perfino le più insignificanti marachelle compiute da bambino.

Toccò a me:

timidamente mi avvicinai, mentre il giudice protendeva la bilancia nella mia direzione.
Stavo per cominciare il resoconto dei miei peccati, ma quale enorme sorpresa mi colse, quando lo sentii chiedere:
“Figliolo, quanto hai amato?”

Brano di Kociss Fava

Il Test dei Tre Setacci di Socrate


Il Test dei Tre Setacci di Socrate

Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.
Un giorno qualcuno andò a trovare il grande filosofo, e gli disse:
“Sai cosa ho appena sentito sul un amico?”
“Un momento!” rispose Socrate “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.”

“I tre setacci?”

“Ma si,” continuò Socrate “prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire.
Lo chiamo il test dei tre setacci.
Il primo setaccio è la verità.
Hai verificato se quello che mi dirai è vero?”
“No! ne ho solo sentito parlare…”
“Molto bene.

Quindi non sai se è la verità.

Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà.
Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?”
“Ah no! Al contrario.”
“Dunque,” continuò Socrate “vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere.

Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità.
E’ utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?”

“No, davvero!”

“Allora,” concluse Socrate “quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il valore dell’anello (Il valore di noi stessi)


Il valore dell’anello (Il valore di noi stessi)

“Sono venuto qui, maestro, perché mi sento così inutile che non ho voglia di fare nulla.
Mi dicono che sono un inetto, che non faccio bene niente, che sono maldestro e un po’ tonto.
Come posso migliorare?
Che cosa posso fare perché mi apprezzino di più?” chiese un giovane.
Il maestro gli rispose senza guardarlo:
“Mi dispiace, ragazzo.
Non ti posso aiutare perché prima ho un problema da risolvere.
Dopo, magari!”

E dopo una pausa aggiunse:

“Ma se tu mi aiutassi, magari potrei risolvere il mio problema più in fretta e dopo aiutare te.”
“Con piacere, maestro!” disse il giovane esitante, sentendosi di nuovo sminuito visto che la soluzione del suo problema era stata rimandata per l’ennesima volta.
“Bene!” continuò il maestro.
Si tolse un anello che portava al mignolo della mano sinistra e, porgendolo al ragazzo, aggiunse:
“Prendi il cavallo che c’è là fuori e va’ al mercato.
Ho bisogno di vendere questo anello perché devo pagare un debito.
Vorrei ricavarne una bella sommetta, per cui non accetta re meno di una moneta d’oro.
Va’ e ritorna con la moneta d’oro il più presto possibile.

Il giovane prese l’anello e partì.

Appena fu giunto al mercato iniziò a offrire l’anello ai mercanti, che lo guardavano con un certo interesse finché il giovane diceva il prezzo.
Quando il giovane menzionava la moneta d’oro, alcuni si mettevano a ridere, altri giravano la faccia dall’altra parte e soltanto un vecchio gentile si prese la briga di spiegargli che una moneta d’oro era troppo preziosa in cambio di un anello.
Pur di aiutarlo, qualcuno gli offrì una moneta d’argento e un recipiente di rame, ma il giovane aveva istruzioni di non accettare meno di una moneta d’oro e rifiutò l’offerta.
Dopo avere offerto il gioiello a tutte le persone che incrociava al mercato, che furono più di cento, rimontò a cavallo demoralizzato per il fallimento e intraprese la via del ritorno.
Quanto avrebbe desiderato avere una moneta d’oro per regalarla al maestro e liberarlo dalle sue preoccupazioni!
Così finalmente avrebbe ottenuto il suo consiglio e l’aiuto.
Entrò nella sua stanza.

“Maestro,” disse “mi dispiace.

Non è possibile ricavare quello che chiedi.
Magari sarei riuscito a ottenere due o tre monete d’argento, ma credo di non poter ingannare nessuno riguardo il vero valore dell’anello.”
“Quello che hai detto è molto importante, giovane amico!” rispose il maestro sorridendo.
“Prima dobbiamo conoscere il vero valore dell’anello.
Rimonta a cavallo e vai dal gioielliere.
Chi lo può sapere meglio di lui?
Digli che vorresti vendere l’anello e chiedigli quanto ti darebbe.
Ma non importa quello che ti offre: non glielo vendere.
E ritorna qui con il mio anello.”

Il giovane riprese di nuovo a cavalcare.

Il gioielliere esaminò l’anello alla luce della lanterna, lo guardò con la lente, lo soppesò e disse al ragazzo:
“Dì al maestro, ragazzo, che se vuole vendere oggi stesso il suo anello, non posso dargli più di cinquantotto monete d’oro.”
“Cinquantotto monete?” esclamò il giovane.
“Si!” rispose il gioielliere.
“Lo so che avendo più tempo a disposizione potremmo ricavare circa settanta monete d’oro, ma se ha urgenza di vendere…”
Il giovane si precipitò dal maestro tutto emozionato a raccontargli l’accaduto.
“Siediti!” disse il maestro dopo averlo ascoltato.
“Tu sei come questo anello: un gioiello unico e prezioso.
E come tale puoi essere valutato soltanto da un vero esperto.
Perché pretendi che chiunque sia in grado di scoprire il tuo vero valore?”
E così dicendo si infilò di nuovo l’anello al mignolo della mano sinistra.

Brano di Jorge Bucay

Il Cuore più bello del Mondo


Il Cuore più bello del Mondo

C’era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone che diceva di avere il cuore più bello del mondo.
Tutti quanti glielo ammiravano, era davvero perfetto, senza alcun minimo difetto.
Erano tutti concordi nell’ammettere che quello era proprio il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano più il giovane si vantava di quel suo cuore meraviglioso.
All’improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse:
“Beh, a dire il vero… il tuo cuore è molto meno bello del mio!”
Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti.

Certo, quel cuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici.

C’erano zone dalle quali erano stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene, così il cuore risultava tutto bitorzoluto ed era anche pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi.
Così tutti quanti osservavano il vecchio colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse il più bello.
Il giovane guardò com’era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere:
“Starai scherzando!” disse.
“Confronta il tuo cuore col mio, il mio è perfetto, mentre il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime.”
“E’ vero!” ammise il vecchio.

“Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai cambio col mio.

Vedi, nel mio ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore, alla quale ho dato un pezzo del mio cuore, e spesso, ne ho ricevuto in cambio un pezzo del loro a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore.
Ma certo ciò che dai non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi e così ho qualche bitorzolo, a cui però sono affezionato, ciascuno mi ricorda l’amore che ho condiviso.
Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto e questo ti spiega le voragini.
Amare è rischioso ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l’amore che ho provato anche per queste persone.
E chissà!
Forse un giorno ritorneranno e magari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro.

Comprendi adesso che cosa sia il vero amore?”

Il giovane era rimasto senza parole e lacrime copiose gli rigavano il volto.
Allora prese un pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel’offrì con le mani che gli tremavano.
Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi ne prese un pezzo rattoppato e con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane.
Ci entrava ma non combaciava perfettamente, faceva un piccolo bitorzolo.
Poi il vecchio aggiunse:
“Se la nota musicale dicesse che non è la nota che fa la musica…
Non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse che non è una parola che può fare una pagina…
Non ci sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse che non è una pietra che può alzare un muro…

Non ci sarebbero case.

Se la goccia d’acqua dicesse che non è una goccia d’acqua che può fare un fiume…
Non ci sarebbero gli oceani.
Se l’uomo dicesse che non è un gesto d’amore che può rendere felici e cambiare il destino del mondo…
Non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né felicità sulla terra per gli uomini!”
Dopo aver ascoltato, il giovane guardò il suo cuore, che non era più “il cuore più bello del mondo”, eppure lo trovava più meraviglioso che mai perché l’amore del vecchio ora scorreva dentro di lui.
Ogni persona con il suo cuore, con i suoi bitorzoli, con i suoi vuoti e con tutto ciò che nel corso degli anni si è donato e si è ricevuto.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota, come il libro ha bisogno di ogni parola, come la casa ha bisogno di ogni pietra, come l’oceano ha bisogno di ogni goccia d’acqua, così il mondo ha bisogno di NOI, ha bisogno del nostro amore, perché siamo unici ed insostituibili.

Brano senza Autore, tratto dal Web