L’imbuto multiuso

L’imbuto multiuso

Da una piccola vigna posta al sole, coltivata da generazioni, si otteneva un ottimo vino.
Abatino era molto orgoglioso della sua vigna e del vino, ma, nell’ultimo periodo aveva iniziato ad abusarne, con la scusante che fosse un’annata eccezionale.
In famiglia effettuavano la potatura verde (una tecnica che prevede di togliere i grappoli piccoli lasciando quelli più idonei ad una maturazione omogenea),

che dava come risultato un vino dolce, liquoroso e di alta gradazione.

Il medico di famiglia, chiamato dalla moglie di Abatino per sopraggiunti problemi di salute del marito, diagnosticò ad Abatino un principio di cirrosi epatica.
L’unica cura che gli consigliò fu la drastica riduzione del nettare di Bacco.
La soluzione proposta dal medico, però, risultò di difficile applicazione dato il carattere dell’uomo, che non voleva, in nessun modo, rinunciare al frutto tentacolare delle sue fatiche.

Il dottore, nel congedarsi, disse alla moglie:

“Prova a farlo eterno, cioè aggiungi gradatamente dell’acqua alla caraffa del vino durante i pasti e, inoltre, fai in modo che non si possa spillare dalla botte.
Siccome non potete chiudere la cantina, visto che la usate sia come magazzino che come dispensa, porta via sia i bicchieri che le scodelle.”
La donna seguì i consigli del medico,

ma ogni sera Abatino risultava lo stesso allegro e alticcio.

Tutto ciò risulto per lei un mistero, così decise di appostarsi dietro una tenda divisoria, per capire cosa stesse succedendo.
Ad un certo punto, durante la serata, vide entrare il marito, prendere l’imbuto e bere direttamente dalla botte.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La monetina e l’uva

La monetina e l’uva

Tre mendicanti trovarono per terra una monetina.
Nacque subito una disputa su come spenderla.

Il primo disse:

“Voglio assolutamente qualcosa di dolce.
Vado pazzo per i dolci!”
“Neanche per sogno,” interloquì il secondo, “io ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, qualcosa che mi riempia lo stomaco!”
“Io invece ho una dannatissima sete, e debbo avere subito di che dissetarmi…”
Passò di lì un tale che, udendo la discussione e vedendo lo stato miserando dei tre, intervenne dicendo:
“Date a me la monetina.

Accontenterò ognuno dei tre.

Siate solo così pazienti da attendere un quarto d’ora.
Pur diffidando, i mendicanti acconsentirono.
Di lì a poco l’uomo, che era andato nella sua vigna poco discosta, tornò con tre magnifici grappoli d’uva.
Porgendone uno al primo disse:
“Ecco a te, che sei goloso.
Che c’è di più dolce dell’uva?”

E al secondo:

“Tu potrai placare la tua fame.
Che c’è di più nutriente dell’uva?”
E infine al terzo:
“E tu potrai spegnere la tua sete.
Che c’è di più dissetante dell’uva?”
I tre furono felicissimi.
Anche perché l’uomo rese loro la monetina, invitandoli a darla a qualcuno più povero di loro.
Era infatti un uomo che non solo faceva il bene, ma sapeva farlo bene.

Leggenda ebraica. Brano incluso nel libro “Il libro degli esempi. Fiabe, parabole, episodi per migliorare la propria vita.” Piero Gribaudi Editore.

Un cerchio di gioia (Il grappolo d’uva)

Un cerchio di gioia
(Il grappolo d’uva)

Un giorno, non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta di un convento e bussò energicamente.
Quando il frate portinaio aprì la pesante porta di quercia, il contadino gli mostrò, sorridendo, un magnifico grappolo d’uva.
“Frate portinaio,” disse il contadino, “sai a chi voglio regalare questo grappolo d’uva che è il più bello della mia vigna?”
“Forse all’Abate o a qualche frate del convento!” rispose il frate.

“No, a te!” esclamò il contadino.

“A me?” il frate portinaio arrossì tutto per la gioia, “Lo vuoi dare proprio a me?”
“Certo, perché mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai aiutato quando te lo chiedevo.
Voglio che questo grappolo d’uva ti dia un po’ di gioia!”
La gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del frate portinaio illuminava anche lui.
Il frate portinaio mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò per tutta la mattina.
Era veramente un grappolo stupendo.

Ad un certo punto gli venne un’idea:

“Perché non porto questo grappolo all’Abate per dare un po’ di gioia anche a lui?”
Prese il grappolo e lo portò all’Abate.
L’Abate ne fu sinceramente felice.
Ma si ricordò che c’era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò:
“Porterò a lui il grappolo, così si solleverà un poco!”
Così il grappolo d’uva emigrò di nuovo.

Ma non rimase a lungo nella cella del frate ammalato.

Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia del frate cuoco, che passava le giornate ai fornelli, e glielo mandò.
Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano (per dare un po’ di gioia anche a lui), questi lo portò al frate più giovane del convento, che lo portò ad un altro, che pensò bene di darlo ad un altro.
Finché, di frate in frate il grappolo d’uva tornò dal frate portinaio (per portargli un po’ di gioia).
Così fu chiuso il cerchio.
Un cerchio di gioia.

Brano tratto dal libro “40 storie nel deserto.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.