Bisogna saper ascoltare…


Bisogna saper ascoltare…

Mauro proveniva da una buona famiglia con genitori amorevoli, due fratelli e una sorella, che avevano successo nella vita scolastica e sociale.
Vivevano in un bel quartiere e Mauro aveva tutto quello che un ragazzino può desiderare.
Ma alle elementari, Mauro fu subito etichettato come soggetto speciale.
Nelle medie era il disadattato piantagrane.
Alle scuole superiori cominciò a inanellare espulsioni e voti disastrosi.
Una domenica, un insegnante incrociò la famiglia e disse:
“Mauro sta facendo molto bene in questo periodo.
Siamo molto soddisfatti di lui.”

“Forse ci state confondendo con un’altra famiglia.
Il nostro Mauro non ne azzecca mai una.
Siamo molto imbarazzati e non sappiamo capire perché!” disse il padre.
Mentre l’insegnante se ne andava, la madre osservò:
“Però, a pensarci bene, Mauro non si è cacciato nei guai nell’ultimo mese.
Inoltre è sempre andato a scuola presto e si è sempre fermato più del necessario.
Che cosa starà succedendo?”
Alla consegna della prima pagella, i genitori di Mauro si aspettavano voti bassi e note insoddisfacenti sul comportamento.

Invece sulla pagella c’erano voti più che sufficienti e una menzione speciale in condotta.
Mamma e papà erano sconcertati.
“A chi ti sei seduto vicino, per avere questi voti?” chiese il papà con sarcasmo.
“Ho fatto tutto da solo!” rispose umilmente Mauro.
Perplessi e non completamente convinti, i genitori di Mauro lo riportarono a scuola per parlare con il preside.
Egli assicurò loro che Mauro stava andando molto bene.
“Abbiamo una nuova insegnante di sostegno, e sembra che lei abbia una particolare influenza su Mauro.
Penso che dovreste conoscerla!”

Quando il trio si avvicinò, la donna aveva il capo abbassato.
Le ci volle un istante per accorgersi che aveva visite.
Quando lo capì, si alzò in piedi e iniziò a gesticolare con le mani.
“Cos’è questo?” chiese indignato il padre di Mauro.
“Linguaggio dei segni.
Questa donna è sordomuta!
Ecco perché è così straordinaria!” disse Mauro, mettendosi in mezzo.
“Lei fa molto di più, papà.
Lei sa ascoltare!”

Brano tratto dal libro “Io e me alla ricerca del treno: Pensieri e racconti di uno strano ragazzo.” di Andrea Cardinale

Voglio essere single, ma insieme a te…

Voglio essere single, ma insieme a te…

Voglio che tu esca a bere una birra con gli amici.
Voglio che, nel pieno dei postumi di una sbornia, mi chieda di raggiungerti perché desideri stringermi tra le braccia e voglio accoccolarmi accanto a te.
Voglio che, appena sveglia, parli con me di tutto quello che ti passa per la testa ma che ti senta libera di fare dei piani diversi per il resto della giornata.
Io farò altrettanto.
Voglio che mi racconti delle tue serate con gli amici.
Che tu mi dica di quel ragazzo al bar che non smetteva di guardarti.
Voglio che mi scrivi quando sei ubriaca per dirmi cose senza senso, solo per assicurarti che anche io ti sto pensando.
Voglio ridere mentre facciamo l’amore, magari perché ci sentiamo goffi mentre sperimentiamo tra le lenzuola.

Voglio che, mentre siamo con i nostri amici, tu mi prenda per mano e mi porti in un’altra stanza perché non resisti più e vuoi fare l’amore con me proprio lì, in quel momento.
Già ci vedo mentre cerchiamo di essere più silenziosi possibile per non farci sentire.
Voglio mangiare con te, voglio sentirmi libero di parlarti di me e che tu faccia lo stesso.
Voglio immaginare l’appartamento dei nostri sogni, pur sapendo che forse non andremo mai a vivere insieme.
Voglio che tu mi racconti dei tuoi piani senza capo né coda.
Voglio che tu mi sorprenda, che tu mi dica “Prendi il passaporto, partiamo!”
Voglio aver paura insieme a te.
Voglio fare cose che non farei con nessun altra, solo perché con te mi sento sicuro.

Voglio rientrare a casa ubriaco dopo una serata con gli amici e voglio che tu mi prenda il viso tra le mani, mi baci e mi stringa forte.
Voglio che tu abbia la tua vita, che decida su due piedi di partire per un viaggio.
Che mi lasci qui, solo ed annoiato, ad aspettare che appaia un tuo “ciao” su Facebook.
Non voglio sempre partecipare alle tue serate fuori e non voglio sempre doverti invitare alle mie.
Così potremo raccontarcele a vicenda il giorno dopo.
Voglio qualcosa che sia, allo stesso tempo, semplice… ma non troppo.
Qualcosa che mi metta in testa mille domande ma che mi consenta di conoscere la risposta appena sono vicino a te.
Voglio che pensi che io sia carino, che tu sia orgogliosa di dirlo quando siamo insieme.
Voglio sentirti dire che mi ami, proprio come farò io con te.

Voglio che mi lasci camminare davanti a te così puoi goderti la vista del mio sedere.
Voglio fare dei piani, anche se non sappiamo se li realizzeremo oppure no.
Voglio essere tuo amico, la persona con la quale ami uscire e divertirti.
Voglio che non perda il desiderio di flirtare con altri, ma che torni da me sempre, quando la serata volge al termine.
Perché forse io sarò andato a casa prima, senza di te.
Voglio essere la persona con cui adori fare l’amore ed addormentarti subito dopo.
La persona che si leva di torno mentre lavori e che adora osservarti quando ti perdi nella musica che ami.
Voglio avere una vita da single, ma con te.
Così la nostra vita di coppia potrà essere uguale a quella che abbiamo oggi, come single, ma vissuta insieme.
Un giorno ti troverò.

Brano apparso per la prima volta su The Huffington Post US, tradotto dall’inglese da Milena Sanfilippo

La persona giusta per noi

La persona giusta per noi

Un mio non più giovane professore universitario, durante una lezione, ad un certo punto, cambiando discorso, iniziò a dirci:
“Vedete ragazzi, solo dopo quaranta anni ho finalmente capito con chi è giusto, per ognuno, trascorrere la propria vita.
Non è importante quanto la persona che sta con voi sia bella fisicamente, ma è importante quello che lei prova per voi, e voi per lei.

Si, può essere rilevante l’aspetto fisico, ma ancora più importante è che questa persona sia bella dentro, e che soprattutto con lei possiate essere felici in ogni momento e possiate parlare di tutto.
Persone (ragazze e ragazzi) dai gusti e dai costumi facili se ne trovano dovunque, voi dovete riuscire a trovare quella giusta per voi, che vi faccia innamorare, e che sia semplice e carina.
Io ho impiegato quaranta anni per capirlo, ma spero che voi ci riusciate prima!”

Brano di Michele Bruno Salerno
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.

Il Pane (Come avrei voluto il Mondo)

Il Pane (Come avrei voluto il Mondo)

Ho capito esattamente come avrei voluto il mondo quella volta in cui da piccolino mia madre mi scrisse sulla mano pane e mi disse:
“Esci e torna solo quando avrai trovato quello che ti ho scritto sulla mano.”
Facile, pensai.
Vado fino al forno che è all’angolo della via e torno
Mentre camminavo vidi una coppia di vecchietti litigare tra loro ma non mi fermai perché avevo troppa fretta di prendere il pane e tornare a casa.
Arrivai nel negozio e chiesi del pane, la commessa abbastanza turbata mi chiese che tipo e quanto:
“Ragazzino mica puoi venire fin qui se non mi sai dire nemmeno quello che vuoi!”
Tornai a casa quel primo giorno senza pane e molto triste.

Mia madre sorrideva ed io non capii.
Il secondo giorno mi disse:
“Adesso ci riproviamo!” e mi scrisse di nuovo pane.
Inquieto nel voler risolvere la pratica, le stavo per chiedere cosa, quanto.
Ma lei con voce amorevole aggiunse:
“Decidi tu!”
Corsi al panificio e nonostante lungo la strada mi accorsi di una bella ragazzina con i capelli biondi che piangeva triste all’angolo della via, non mi fermai!

Quel giorno presi del pane a caso.
Era decisamente troppo e non del tipo che mangiavamo noi di solito.
Così decisi di prendermi un giorno e fare il furbetto.
La sera avrei osservato che tipo di pane mamma aveva preso e in che quantità, così finalmente sarei riuscito a portare a tavola il pane giusto.
Quel pomeriggio uscii e camminando per la solita strada vidi la coppia di anziani del primo giorno, mi fermarono e mi dissero che avevano fatto pace dopo avermi visto passare qualche giorno prima, perché gli avevo ricordato il loro figlio da piccolino:
“Sai, ora è in missione di pace.
Ma noi la chiamiamo guerra.”
Poi rividi quella splendida ragazzina.
Le sorrisi.
Lei sorrise a me.
E ci fermammo a parlare.

“Piangevo perché i miei nonni si stavano facendo la guerra.” mi disse.
“Non facevano la guerra, litigavano.” le dissi
“Si comincia non capendo le piccole cose dell’altro, di chi ti è tanto vicino, e si continua facendo la guerra a chi non conosci solo perché non lo conosci ed è diverso da te.” aggiunse.
Mi sembrò così grande in quel momento.
Le chiesi se le andava di venire a cena da noi.
Lei mi disse… sì.
La sera intorno alla mia tavola, apparecchiata in giardino come tutte le nostre sere d’estate, con la mia bellissima nuova amica e con il pane caldo che mamma aveva comprato mi sentivo finalmente felice.

Mamma mi sorrise e mi disse:
“Finalmente sei tornato con quello che ti avevo chiesto!”
Mi guardai la mano.
C’era scritto:
“Pace” e non pane come avevo pensato fino a quel momento!
Sì.
Ho capito esattamente come avrei voluto il mondo, quella sera d’estate…

Brano di Sara Cicolani

Riferimento sito web https://saracicolanipoesia.blogspot.it/2016/08/il-pane.html

Non esiste una persona giusta per noi


Non esiste una persona giusta per noi

Esiste una persona che, se ti fermi un attimo a pensare, è in realtà la persona sbagliata.
Perché la persona giusta fa tutto giusto, arriva puntuale, dice le cose giuste, fa le cose giuste, ma non abbiamo sempre bisogno delle cose giuste.
La persona sbagliata ti fa perdere la testa, fare pazzie, scappare il tempo, morire d’amore.
Verrà il giorno in cui la persona sbagliata non ti cercherà e sarà proprio in quel momento in cui vi incontrerete che il vostro donarsi l’un l’altra sarà più vero.
La persona sbagliata è, in realtà, quello che la gente definisce una persona giusta.
Quella persona ti farà piangere, ma un’ora dopo ti asciugherà le lacrime.
Quella persona ti farà perdere il sonno, ma ti darà in cambio una notte d’amore indimenticabile.

Quella persona forse ti ferisce e dopo ti riempie di gentilezze chiedendo il tuo perdono.
Quella persona potrà anche non essere sempre al tuo fianco ma ti penserà.
E’ bene che ci sia una persona sbagliata per ognuno di noi perché la vita non è sicura, niente qui è sicuro, quello che è sicuro è che dobbiamo vivere ogni momento, ogni secondo, amando, sorridendo, piangendo, emozionando, pensando, agendo, desiderando.

Brano tratto dalla poesia “La persona sbagliata.” di Luis Fernando Verissimo

Il Piccolo Principe e la volpe

Il Piccolo Principe e la volpe

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno.” disse la volpe.
“Buon giorno.” rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui,” disse la voce, “sotto al melo!”
“Chi sei?” domandò il piccolo principe, “Sei molto carina…”
“Sono una volpe!” disse la volpe.
“Vieni a giocare con me,” le propose il piccolo principe, “sono così triste!”
“Non posso giocare con te,” disse la volpe, “non sono addomesticata!”
“Ah! Scusa.” replicò il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
“Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Non sei di queste parti, tu,” disse la volpe “che cosa cerchi?”
“Cerco gli uomini.” disse il piccolo principe “Che cosa vuol dire addomesticare?”

“Gli uomini,” disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano.
È molto noioso!
Allevano anche delle galline.
È il loro solo interesse.
Tu cerchi delle galline?”
“No!” disse il piccolo principe “Cerco degli amici.
Che cosa vuol dire addomesticare?”
“È una cosa da molto dimenticata.
Vuol dire creare dei legami!”
“Creare dei legami?” chiese sorpreso il piccolo principe.

“Certo!” disse la volpe “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini.
E non ho bisogno di te.
E neppure tu hai bisogno di me.
Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi.
Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro.
Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”
“Comincio a capire…” disse il piccolo principe “C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato!”
“È possibile!” disse la volpe “Capita di tutto sulla Terra!”
“Oh! non è sulla Terra.” disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa.

“Su un altro pianeta?”
“Sì.”
“Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
“No.”
“Questo mi interessa! E delle galline?”
“No.”
“Non c’è niente di perfetto!” sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
“La mia vita è monotona.
Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me.
Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano.
E io mi annoio perciò.
Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.

Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.
Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.
E poi, guarda!
Vedi laggiù, in fondo, dei campi di grano?
Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile.
I campi di grano non mi ricordano nulla.
E questo è triste!
Ma tu hai dei capelli color dell’oro.
Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata.

Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te.
E amerò il rumore del vento nel grano!”
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
“Per favore… addomesticami!” disse.
“Volentieri,” rispose il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però.
Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose.”

“Non si conoscono che le cose che si addomesticano!” disse la volpe, “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla.
Comprano dai mercanti le cose già fatte.
Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.
Se tu vuoi un amico, addomesticami!”
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti!” rispose la volpe, “In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba.
Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”

Il piccolo principe ritornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora.” disse la volpe, “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice.
Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e a inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità!
Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore.
Ci vogliono i riti!”
“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata.” disse la volpe, “È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore.
C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori.

Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio.
Allora il giovedì è un giorno meraviglioso!
Io mi spingo sino alla vigna.
Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza.”
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe “… piangerò!”

“La colpa è tua,” disse il piccolo principe, “io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi!”
“È vero!” disse la volpe.
“Ma piangerai!” disse il piccolo principe.
“Sicuramente!” disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?” domandò il piccolo principe.
“Ci guadagno,” disse la volpe, “il colore del grano.”
Poi aggiunse:
“Va’ a rivedere le rose.
Capirai che la tua è unica al mondo.
Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto.”

Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente!” disse, “Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno.
Voi siete come era la mia volpe.
Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e ora è per me unica al mondo.”
E le rose erano a disagio.
“Voi siete belle, ma siete vuote.” disse ancora, “Non si può morire per voi.
Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiato.
Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro.
Perché è lei che ho riparata col paravento.

Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre affinché divenissero farfalle).

Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere.
Perché è la mia rosa.”
E ritornò dalla volpe.
“Addio.” disse.
“Addio.” disse la volpe, “Ecco il mio segreto.
È molto semplice:
Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.”
“L’essenziale è invisibile agli occhi!” ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.”
“È il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità.
Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.
Tu sei responsabile della tua rosa!”
“Io sono responsabile della mia rosa.” ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

Brano tratto dal libro “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry

Il Piccolo Principe e la rosa


Il Piccolo Principe e la rosa

“Ti amo!” disse il Piccolo Principe.
“Anche io ti voglio bene.” rispose la rosa.
“Ma non è la stessa cosa.” rispose lui, “Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno.
Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia.
Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa.
Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità.

E se non siamo ricambiati, soffriamo.

Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi.
Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative.
Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male.
Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali.
Ogni essere umano è un universo a sé stante.
Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse.
Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro.
È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore.

Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.

Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene.
Si soffre a causa degli attaccamenti.
Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro.
Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare.”
Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza.
Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima.
E l’anima non si può indennizzare.
Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori.
Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.
Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente:
non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia.

Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi.
Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta.
E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.”
“Adesso ho capito!” rispose la rosa dopo una lunga pausa.
“Il meglio è viverlo.” le consigliò il Piccolo Principe.

Brano tratto dal libro “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry

Oriana Fallaci

Oriana Fallaci autrice del Brano “A trent’anni puoi…!” tratto dal libro “Se il sole muore.” Edizione Rizzoli. Oriana Fallaci – Wikipedia ▶Home Bruno Ferrero Michele…

Aldo Fabrizi

Aldo Fabrizi autore del Brano “Mi’ padre me diceva.” Aldo Fabrizi – Wikipedia ▶Home Bruno Ferrero Michele Bruno Salerno Autori con alcuni Brani Autori con…