Tre brani brevi

Tre brani brevi
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Il medico calvo

Il colonnello ed il soldato

L’usignolo ed i passeri

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“Il medico calvo”

In un ospedale c’era un medico, la cui testa calva era spesso oggetto di battute scherzose.
Un giorno, dopo il solito commento da parte di un’infermiera,

il medico controbatté dicendo:

“Signorina, Dio ha fatto teste perfette:
le altre le ha dovute ricoprire di capelli!”

Brano senza Autore
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“Il colonnello ed il soldato”

Durante un’ispezione, un colonnello si fermò, squadrò un soldato da capo a piedi, e gli disse con durezza:
“Abbottona la tasca, soldato!”

Il soldato, assai confuso, balbettò:

“La devo abbottonare subito, signor colonnello?”
“Sì, immediatamente!” esclamò il colonnello.
Allora il soldato si avvicinò cautamente ed abbottonò il risvolto del taschino della camicia del colonnello!

Brano senza Autore
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“L’usignolo ed i passeri”

Un giorno l’usignolo si ammalò e non cantava più.
“Non è ammalato,” dissero i passeri, “è troppo pigro per cantare!”
Questi commenti offesero profondamente l’usignolo, che iniziò di nuovo a cantare.

“Non avevamo ragione?” dissero i passeri.

Così l’usignolo fece appello alle sue ultime forze e morì.
Allora i passeri dissero:
“Ma allora perché cantava, se era ammalato?”
Dare troppo peso a quello che dicono gli altri può essere molto pericoloso.

Brano senza Autore

Gli auguri meccanici

Gli auguri meccanici

Un giovane, invitato al matrimonio di un amico, fu incuriosito dal gran numero di persone che si recavano a porgere gli auguri agli sposi e ai parenti degli sposi, che in fila li ricevevano.
Aveva notato che ospiti e parenti degli sposi si scambiavano meccanicamente frasi rituali, senza neppure ascoltarsi reciprocamente.
Perciò si mise in fila e, quando arrivò di fronte al primo parente, disse con tono pacato e con il sorriso sulle labbra:

“Oggi è morta mia moglie!”

La risposta fu:
“Mille grazie, molto gentile!”
Ripeté la stessa frase a un altro parente e gli fu risposto:
“Molto gentile, grazie infinite!”
Alla fine arrivò dallo sposo, sempre ripetendo la stessa frase.

Questa volta la risposta fu:

“Grazie.
Adesso tocca a te, vecchio mio!”

Brano senza Autore

Il giovane ed il vecchio

Il giovane ed il vecchio

Un uomo di 75 anni viaggiava in treno leggendo un libro durante il tragitto.
Al suo fianco viaggiava un giovane universitario che leggeva anche lui un voluminoso libro di scienze.
Improvvisamente, il giovane capì che il libro che stava leggendo il vecchio era una Bibbia e, senza troppe cerimonie, gli chiese:
“Credi ancora in quel libro pieno di favole e storie?
“Sì, certo!” rispose il vecchio, “Ma questo non è un libro di fiabe, né delle favole, è la Parola di Dio!
Voi pensate che mi stia sbagliando nel farlo?”

Il giovane rispose:

“Certo che ha torto…
Penso che lei, signore, dovrebbe dedicarsi allo studio della scienza e della storia del mondo!”
Dovreste vedere come la rivoluzione francese, avvenuta più di 100 anni fa, ha mostrato la miopia, la stupidità e le bugie della religione.
Solo persone senza cultura o fanatici, credono ancora in queste sciocchezze.
Dovreste sapere un po’ di più cosa dicono gli scienziati di queste cose!”

Il signore anziano con molta calma gli disse:

“E dimmi, giovane.
È questo che dicono i nostri scienziati della Bibbia?”
Il giovane gli rispose:
“Guarda, dovrei scendere alla prossima stazione, non ho tempo di spiegarti, ma lasciami il tuo nome con il tuo indirizzo, così posso inviarti del materiale scientifico per posta, in modo da illuminarti un po’ sulle questioni che contano davvero per il mondo!”
Il vecchio allora, con molta pazienza, aprì con cura la tasca del cappotto e diede al giovane universitario il suo biglietto da visita…
Il giovane prese il biglietto, e leggendo chi fosse la persona con cui aveva interloquito, uscì con la testa bassa e gli occhi persi, sentendosi peggio di un’ebete!

Sulla carta c’era scritto:

Professor Dottor Louis Pasteur,
Direttore generale dell’Istituto nazionale di ricerca scientifica dell’Università nazionale francese.

Brano senza Autore

Dare o prendere

Dare o prendere

Una volta, un ministro era seduto sul bordo di una fontana cittadina.
Per disattenzione, vi scivolò dentro.
Alcuni passanti si fecero avanti e gli tesero la mano dicendo:

“Dammi la mano!”

Ma l’uomo politico non ne voleva sapere e non tendeva la mano a nessuno.
In quel momento passò un uomo che si aprì la strada nella folla ed esclamò:
“Amici miei, il nostro ministro fin dalla nascita ha imparato solo il verbo prendere; non conosce il verbo dare!”

Così dicendo gli tese la mano:

“Buongiorno, Vostra Eccellenza; prendete, dunque, la mia mano!”
Immediatamente il ministro afferrò la mano dell’uomo e uscì dalla vasca.

Brano senza Autore

Il viaggio in treno da solo

Il viaggio in treno da solo

Mamma e papà accompagnavano tutti gli anni in treno Martino, il loro figlio, dalla nonna per l’estate e poi tornavano a casa con lo stesso treno l’indomani.
Il ragazzo, quando divenne adolescente, disse ai suoi genitori:
“Sono già grande, cosa ne pensate se quest’anno provo ad andare dalla nonna da solo?”

Dopo un breve dibattito, i genitori furono d’accordo.

Eccoli in piedi sul marciapiede della stazione, salutandolo, dandogli l’ultimo consiglio, mentre Martino continuava a ripetere:
“Sì, lo so, lo so!
Me lo avete già detto cento volte!”

Il treno stava per partire quando il padre gli disse:

“Figlio, se improvvisamente ti senti male o sei spaventato, questo è per te!” e terminando la frase, mise qualcosa nella tasca del ragazzo.
Dopo qualche minuto, il ragazzo era solo, seduto in carrozza, senza genitori, per la prima volta, guardando fuori dal finestrino.
Intorno, persone estranee che si spintonavano, facevano rumore, entravano ed uscivano dal vagone, il bigliettaio che gli contestava il fatto di essere da solo, mentre qualcuno lo guardava anche con dispiacere, quando, improvvisamente, il ragazzo si sentì a disagio, sempre di più.

Al disagio subentrò lo spavento.

Abbassò la testa e si rannicchiò in un angolo del sedile con le lacrime che cominciavano a scendere.
In quel momento si ricordò che suo padre gli aveva messo qualcosa in tasca.
Con la mano tremante, dopo aver cercato a tentoni un pezzo di carta, lo aprì:
“Figliolo, sono nell’ultima carrozza!”

È così che nella vita dobbiamo lasciare andare i figli, fidandoci di loro, ma essendo sempre nell’ultima carrozza, in modo che loro non abbiano paura.
Per essere vicini, per sempre.

Brano senza Autore

La storia dello scemo del paese

La storia dello scemo del paese

In un paesino un gruppo di persone si divertiva con un uomo, noto come lo “scemo del paese”, un povero cristo che viveva svolgendo piccoli lavori e di elemosina.
Ogni giorno queste persone incontrando lo “scemo” al bar si divertivano, dandogli la possibilità di scegliere tra due monete,

una da 1 e una da 2 euro, e una banconota da 5 euro e lui,

puntualmente, sceglieva sempre le due monete anziché la banconota e ciò, è inutile dirlo, era motivo di derisione.
Un giorno, un signore che guardava il gruppo divertirsi alle spalle del povero uomo, lo chiamò in disparte e gli fece notare che è vero che prendeva due monete ma che le stesse insieme valevano meno della singola banconota, a questo punto lo “scemo” rispose:
“Signore, lo so bene!

Non sono così scemo.

La banconota vale due euro in più, ma il giorno in cui la sceglierò, il gioco finirà e non “vincerò” più 3 euro al giorno.”

Ciò che conta non è quello che gli altri pensano di te, ma quello che tu pensi di te stesso.
Perché, guardate, il vero intelligente non è colui che sembra esserlo ma colui che lo dimostra.

Brano senza Autore

Il contadino che vendette la mucca a Sant’Antonio

Il contadino che vendette la mucca a Sant’Antonio

C’era una volta un contadino proprio scemo, che aveva una moglie intelligente.
Era lei a portare avanti la casa, comprava e vendeva, organizzava il lavoro nella fattoria e si preoccupava che tutto procedesse sempre al meglio.
Un bel giorno, però, si fece male ad un piede, tanto da non riuscire a camminare, e dovette rimanere a casa.
Proprio in quei giorni doveva essere venduta una mucca e, per questa ragione, fu il contadino a dover portare la mucca al mercato.
La moglie lo aveva ammonito di non vendere la mucca al di sotto di 160 fiorini e di guardarsi dai compratori che parlavano troppo.

Infatti questi non avrebbero certamente comprato nulla.

Le occorreva il denaro per l’affitto, altrimenti avrebbe rimandato volentieri l’affare, poiché non credeva che il suo stupido marito fosse capace di portare a buon termine la vendita.
Al mercato molti compratori cercarono di convincere il contadino.
Egli si ricordò di sua moglie e non diede la mucca a nessuno.
Così dovette riportare la sua mucca di nuovo a casa.
Aveva già paura che la moglie gli dicesse che era scemo.
Cammin facendo arrivò in un villaggio, ad una chiesa che era aperta:
“Insomma,” pensò, “darò un’occhiata qui dentro; forse ci trovo un compratore!”
Proprio in quel giorno aveva avuto luogo un pellegrinaggio per sant’Antonio, la cui statua si trovava nella chiesa, e per questo la porta della chiesa era ancora aperta.

Era, però, già così tardi che non vi era più nessuno in chiesa.

Il contadinotto entrò con la sua mucca e legò la bestia ad un banco.
Lui andò più avanti, perché aveva notato uno che stava lì in piedi e non diceva una parola, cioè la statua di sant’Antonio.
Poiché Antonio era rappresentato insieme ad un maiale, il contadino lo prese per un porcaro.
Che se ne stesse così zitto, gli parve buona cosa.
Ad un certo punto iniziò lui a parlare con la statua.
Gli offrì la sua mucca.
Però, dato che Antonio non rispondeva proprio, si arrabbiò e lo colpì con il proprio bastone.
In quel preciso istante, di fronte ai piedi di Hannes, cadde un sacco di denaro:
“Beh,” disse, “sapevo che volevi comprare la mia mucca.
Se avessi aperto la bocca, non ti avrei picchiato!”
Contento raccolse il denaro, lasciò la chiesa e tornò a casa.
Rientrato a casa, lanciò il denaro alla moglie contento.
Da quel momento in poi, lei non avrebbe più potuto dire che fosse uno scemo.

La moglie si meravigliò poiché il denaro era molto.

Hannes le raccontò solamente di aver venduto la mucca ad un porcaro, il quale aveva gettato la borsa del denaro ai suoi piedi, senza nemmeno mercanteggiare.
Dopo che Hannes ebbe lasciato la chiesa, arrivò il sagrestano per chiudere le porte.
Vide la mucca legata e notò che tutti i suoi risparmi, nascosti dentro la statua di sant’Antonio, erano spariti.
Chiamò il parroco e gli raccontò della sua sciagura.
Aveva messo al sicuro da sua moglie il denaro dentro la statua di Antonio; la moglie, altrimenti, l’avrebbe speso a larghe mani.
Il parroco disse che doveva prendere la mucca e dire alla moglie che era un suo regalo.
Il sagrestano tornò a casa con la mucca e la moglie si meravigliò molto per un regalo così grande, dato che il parroco era parsimonioso e, inoltre, che non aveva grandi possibilità.
Il sagrestano, però, le tolse ogni dubbio dicendole di chiedere lei stessa al parroco.

La mucca, quindi, finì nella stalla, la donna se ne rallegrò e l’accudì bene.

Il lavoro le divenne poco a poco divertente e, invece della solita chiacchierata di fronte ad una tazza di caffè o al correre da una vicina all’altra, era continuamente indaffarata con la mucca.
La mucca dava molto latte, poiché era una bella bestia e la donna, che prima spendeva il denaro con leggerezza, divenne parsimoniosa, quando vide come fosse difficile guadagnare qualcosa.
In questo modo aveva presto messo da parte abbastanza denaro per comprare una seconda mucca.
Più tardi comprarono anche un pezzo di terra e oggi il sagrestano è un benestante con una stalla piena di bestiame e molta terra.
Anche la fattoria di Hannes andò in seguito bene, poiché sua moglie ebbe a disposizione più denaro.
Da quel momento non osò più rimproverarlo di essere scemo, anche se lui non era meno fannullone di prima.

Brano senza Autore

La paziente e l’infermiere

La paziente e l’infermiere

La scrittrice Antonia Arslan ricorda così quello che successe quando, dopo un periodo di coma farmacologico, riprese coscienza.

“Io avevo sete, tanta sete!
Ogni tanto provavo a farmi capire con gli occhi, perché non riuscivo a muovere le mani, sentendo la gola ostruita da qualcosa di viscido ma pesante come un sasso.
“Ho sete! Voglio acqua!” cercavo di dire e mi raschiavo la gola per parlare, ma non riuscivo a tirare fuori la voce.
Tentavo e ritentavo continuamente, pensando che la voce uscisse ma poi non la sentivo:
neanche un soffio.
Non c’era nessuno intorno:
il buio si faceva, di momento in momento, più intenso e la sete ancora più acuta!
Riemergevo da un sonno opprimente ma non potevo chiamare, solo aspettare, quando fui colpita da un’acuta nostalgia:
una voglia di piangere sulla mia miseria, sulla mia solitudine, sulla mia sete.

Fu in quel momento che tornarono in due:

l’infermiera e un giovane, poco più di un ragazzo.
Ogni tanto vengono in coppia:
quando ti devono sollevare e cambiare!
Mi sprimacciarono il cuscino, mi rassettarono il lenzuolo, controllarono che i piedi fossero coperti e che le lucette sul quadro dei controlli fossero a posto.
Poi l’infermiera andò ad aggiornare il diario!
Mentre facevano queste cose, io li seguivo con gli occhi ansiosa, cercando di parlargli, di farmi capire, di fargli capire che avevo bisogno di acqua.
Non sapevo ancora, allora, di avere un tubo in gola.
Stavano per andarsene e l’infermiera uscì per prima.
Ma, come se avesse sentito l’intensità disperata del mio sguardo, il ragazzo si voltò lentamente, mi guardò con attenzione e sorrise!
Poi disse con semplicità:
“Cosa stai pensando, cara:
forse hai bisogno di un’acquata?”

E, come fra sé, si rispose:

“Certo che ne ha bisogno!” e uscì svelto per ritornare, dopo un momento, con larghi teli bianchi e un catino d’acqua, appena tiepida.
Cominciò a bagnare i teli e me li appoggiava sul corpo, dappertutto con meticolosa attenzione, rimettendoli nell’acqua ogni tanto.
Tamponandomi, con un angolo di tela, la fronte e le labbra.
Un senso di frescura infinita mi si diffondeva per le membra e perfino l’arsura in gola si attenuava.
Il buio sembrava meno denso!
Per mezz’ora ci parlammo con gli occhi.
Ogni tanto mi guardava, scuoteva la testa, e diceva:
“Ancora un po’ vero?
Ti fa star meglio, si vede!”
Quando lo vennero a chiamare rispose:
“Non la posso ancora lasciare!” e continuò a darmi acqua sul corpo.
Così mi addormentai di nuovo e lui se ne andò, piano piano, silenziosamente:
per qualche ora dormii tranquilla.

Speravo di rivederlo il giorno dopo:

speravo che mi facesse un’altra acquata, volevo dirgli ancora grazie con gli occhi.
Ma non lo rividi, né il giorno dopo né quelli seguenti!
E quando, finalmente, mi tolsero il tubo e potevo parlare cominciai a chiedere di lui, ma nessuno lo conosceva, né le infermiere né i dottori:
e mi accorsi che tutti loro pensavano che avessi avuto un’allucinazione;
che m’immaginavo di ricordare qualche cosa che, invece, era stata solo un desiderio, una visione interiore dovuta alla troppa sete, ai tanti farmaci, chissà…
Allora smisi di chiedere!
Ma, molti giorni dopo, entrò proprio lui, verso sera, nella mia stanza portando un bicchiere.
Lo riconobbi immediatamente, ma lui no!
Io cominciai a parlargli dell’acquata, sorridendo nervosa, accavallando le parole:
e, finalmente, si ricordò di me!
Ma non pensava di aver fatto nulla di speciale.
Lui, quella sera, aveva fatto un turno per caso, una sostituzione.
Io insistetti, gli dissi quanto avesse significato per me quel suo darmi l’acqua, bagnarmi tutta contro i fantasmi notturni.
E, solo allora, arrossì tutto in viso, come un ragazzino!”

Brano senza Autore

Pulisci, se è necessario…

Pulisci, se è necessario…

Una casa è più bella se si può scrivere “ti amo” sulla polvere sul mobilio.
Io lavoravo 8 ore ogni fine settimana per rendere tutto perfetto, “nel caso venisse qualcuno”.
Alla fine ho capito che “non sarebbe venuto nessuno”, perché tutti vivevano la loro vita passandosela bene!

Ora, se viene qualcuno, non ho bisogno di spiegare in che condizione sia la casa:

sono più interessati ad ascoltare le cose interessanti che ho fatto per vivere la mia vita.
Caso mai non te ne fossi ancora accorta:
la vita è breve, goditela!
Pulisci, se è necessario…
Ma sarebbe meglio dipingere un quadro, scrivere una lettera, preparare un dolce, seminare una pianta, oppure pensare alla differenza tra i verbi “volere” e “dovere”.

Pulisci, se è necessario, ma il tempo è poco…

Ci sono tante spiagge e mari per nuotare, monti da scalare, fiumi da navigare, una birretta da bere, musica da ascoltare, libri da leggere, amici da amare e la vita da vivere.
Pulisci, se è necessario, ma…
C’è il mondo là fuori:
il sole sulla faccia, il vento nei capelli, la neve che cade, uno scroscio di pioggia…

Questo giorno non torna indietro!

Pulisci, se è necessario, ma…
Ricorda che la vecchiaia arriverà e non sarà più come adesso.
E, quando sarà il tuo turno, ti trasformerai in polvere.

Brano senza Autore