Il boscaiolo e la principessa


Il boscaiolo e la principessa

C’era una volta un giovane boscaiolo che, un giorno, andò in città al castello del Re, per vendere un po’ di legna.
Caricò quindi il carretto, con fascine e tocchi di legna da ardere, e partì.
Lungo il tragitto si fermò sulla riva di un fiume per far bere un sorso d’acqua al cavallo; d’un tratto si accorse che in mezzo alle canne, che crescevano sulla sponda, c’erano tre pesciolini che boccheggiavano:
erano rimasti incastrati e non riuscivano più a nuotare.
Il boscaiolo, che voleva molto bene agli animali, prese allora una ciotola dal suo zaino e con molta delicatezza vi fece scivolare dentro uno alla volta i pesciolini e li liberò nel fiume:
“Ciao pesciolini!
Fate più attenzione la prossima volta!”
Poco dopo salì sul suo carretto e si rimise in cammino.
Era una bella giornata soleggiata e il boscaiolo era di ottimo umore.
Mancava ancora un’ora all’arrivo e decise allora di fermarsi per mangiare un po’ di pane e del formaggio che aveva nel suo zaino.

Sul ciglio del sentiero c’era un grande masso sotto un albero.

Slegò il cavallo così che potesse mangiare l’erba che c’era lì intorno e lui si sedette sul masso.
Mangiò il suo panino con grande appetito, si rimise in piedi e si scrollò di dosso le briciole di pane.
Molte formichine si erano già raggruppate per recuperare le briciole e portarle nel loro formicaio.
Il boscaiolo si mise a osservarle incuriosito:
“Buon appetito formichine!” disse sorridendo.
Seguì la carovana con lo sguardo e si accorse ben presto che si interrompeva vicino la ruota del carretto.
Si rese subito conto che aveva ostruito con la ruota l’ingresso del formicaio, creando panico tra le piccole operaie.
Dispiaciuto per l’accaduto, si adoperò subito per liberare l’ingresso del formicaio, spostando la ruota e liberando l’ingresso dalla terra che era caduta dentro.
Subito dopo riprese il viaggio.
Finalmente arrivò in città e si diresse verso il castello per vendere lì la sua legna.
Bussò alla porta riservata ai mercanti e aprì un servitore: “Chi è?”

“Sono il boscaiolo e sono qui per vendere la legna!”

Il servitore fece entrare il boscaiolo e il suo carretto e lo condusse nel cortile interno per scaricare la legna.
Lui vuotò il carretto e aspettò di venir pagato.
Si mise a girovagare per il cortile e si avvicinò all’albero che era al centro.
Sentiva un debole pigolio e incuriosito si mise a cercare da dove proveniva.
Poco sotto l’albero c’erano tre piccoli di gazza che erano caduti dal nido che si trovava su un ramo.
Pigolavano disperatamente: erano affamati e spaventati.
Il boscaiolo prese un pezzo di pane che aveva con se, lo sbriciolò e diede da mangiare le briciole agli uccellini.
Una volta sfamati, li prese e li rimise nel nido.
La principessa era affacciata alla finestra e da lì vide il giovane boscaiolo che nutriva gli uccellini e li salvava.
Piacevolmente colpita, decise di dover conoscere più da vicino il giovane del cortile.
Finse di essere una serva e andò nel cortile:
era emozionata perché da vicino il giovane boscaiolo era molto più carino.

“Buongiorno giovane, che fate qui?”

Il boscaiolo si voltò e vide una bellissima ragazza con lunghi capelli, occhi grandi e sorridenti e una bocca color di ciliegia.
Si innamorò di lei a prima vista e rispose balbettando:
“Sono un boscaiolo e sono venuto a portare la legna.”
“Ho visto che avete salvato la vita a quei poveri uccellini.”
Il boscaiolo rispose umilmente:
“Chiunque lo avrebbe fatto al mio posto, chi non si adopererebbe per aiutare dei poveri uccellini indifesi?”
In quel momento arrivò il servitore per pagare il boscaiolo ed esclamò:
“Principessa!
Cosa fate qui in cortile così abbigliata?
Ah, se lo venisse a sapere vostro padre!”
La principessa pregò il servitore di mantenere il segreto e si ritirò nelle sue stanze, non prima di aver salutato il boscaiolo.
Mentre rientrava in camera la principessa si rese conto di essersi innamorata del boscaiolo a prima vista:
era, sì, di umili origini,

ma da come si era comportato con gli uccellini si capiva che aveva un animo nobile.

Sapeva però che era un amore impossibile perché il re, suo padre, non avrebbe mai acconsentito ad un matrimonio con un uomo che non fosse un principe.
Soffriva così tanto per questo amore impossibile che si ammalò e nessun medico di quelli a corte riuscì a lenire il suo dolore, perché non ci sono medicine che possono guarire un cuore innamorato.
I medici dissero al re che, il malore della principessa, veniva dal profondo del cuore, solo lei poteva decidere di guarire.
Mentre tornava nella sua casa, il boscaiolo non poteva non pensare alla dolce principessa, al suono melodioso della sua voce:
peccato che fossero riusciti a scambiarsi così poche parole!
Passava intere giornate a chiedersi come fare per poter conquistare il suo cuore, ignorando che i suoi sentimenti fossero ricambiati.
Intanto le condizioni della principessa si aggravarono e il padre, disperato, si recò nella stanza della principessa e le disse:
“Figlia mia, cosa posso fare per aiutarti?
Farò tutto ciò che vuoi e che è in mio potere per poter far guarire il tuo cuore.”
Con un filo di voce la principessa disse:
“Il mio cuore appartiene al boscaiolo.
Se non potrò vivere con lui, io morirò.”
“Figlia mia, non puoi sposare un semplice boscaiolo, tu sei la figlia del re!” esclamò il re.
“Non posso vivere senza il mio amore!” disse la principessa con un filo di voce.

Il re sospirò e lasciò la stanza.

Era combattuto, non poteva vedere la figlia morire ed allo stesso tempo non poteva tollerare l’idea di dare la sua unica figlia in sposa a un semplice boscaiolo.
Alla fine decise di dare al boscaiolo una possibilità:
se avesse superato tre prove alle quali lo avrebbe sottoposto, avrebbe potuto avere in sposa la principessa.
Il boscaiolo venne fatto chiamare al cospetto del Re che gli offrì la mano della principessa, a condizione che lui se ne mostrasse degno.
L’araldo poi illustrò le prove che avrebbe dovuto superare.
La prima prova consisteva nel recuperare un anello che era stato gettato in un punto imprecisato del fiume.
Il boscaiolo aveva un solo giorno per provare a trovare l’anello:
se avesse fallito, avrebbe dovuto dire addio alla sua amata.
Il boscaiolo era deciso a riuscire nell’impresa perché amava tanto la sua principessa, ma era disperato perché non sapeva nuotare.
Era seduto sulla riva del fiume tenendosi la testa tra le mani quando scorse nell’acqua tre pesciolini:
erano i pesciolini ai quali aveva salvato la vita il giorno che andò in città.
Uno di loro aveva in bocca un piccolo oggetto luccicante:
era l’anello!
I pesciolini lo stavano ringraziando per averli aiutati!

Il boscaiolo era commosso e stupito.

Recuperò l’anello dalla bocca del pesciolino e corse al castello per consegnarlo al re.
La prima prova era stata superata.
La principessa era stata informata di quello che stava accadendo dalla sua fida ancella e, quando seppe che la prima prova era stata superata, cominciò a stare un po’ meglio.
Il giorno dopo fu il momento della seconda prova:
il boscaiolo venne condotto nel cortile del castello, quel cortile che vide nascere l’amore tra lui e la principessa.
Su un lato del cortile c’erano dieci sacchi di grano e dieci servitori.
Ad un cenno del re, i servitori rovesciarono i dieci sacchi di grano per tutto il cortile e l’Araldo spiegò che il boscaiolo avrebbe dovuto raccogliere tutti i chicchi di grano:
aveva tempo fino all’alba del giorno dopo.
I chicchi erano ovunque nel cortile, tra la ghiaia, i fili d’erba, nascosti nei più piccoli anfratti.
L’entusiasmo che aveva per il superamento della prima prova pian piano svanì lasciando nuovamente posto allo sconforto.
Per quanto velocemente raccogliesse il grano, difficilmente sarebbe riuscito a portare a termine la prova entro i tempi stabiliti.
Era oramai calato il sole, al castello dormivano tutti e il boscaiolo era ancora in alto mare, quando, da sotto la porta, vide una processione di formiche:

erano tantissime!

Erano le formiche del formicaio che aveva salvato dalla distruzione ed erano lì a ringraziarlo per aver salvato la loro vita!
Le formichine iniziarono a raccogliere i chicchi di grano e a riporli nei sacchi; grazie al loro olfatto riuscivano a scovare anche i chicchi di grano che erano nascosti nei posti dove il boscaiolo mai avrebbe potuto trovarli.
Prima dell’alba ogni singolo chicco di grano era stato recuperato e anche la seconda prova era stata superata.
E la principessa migliorò ancora un po’.
Era giunto il momento della terza e ultima prova.
Se il boscaiolo l’avesse superata, finalmente i due innamorati avrebbero potuto coronare il loro sogno d’amore.
L’araldo iniziò a spiegare l’ultima prova.
Il boscaiolo avrebbe dovuto portare al Re una delle mele d’oro che crescevano sull’albero magico che si trovava in cima alla montagna incantata.
Tutti sapevano che coloro che erano partiti per la montagna incantata non avevano fatto ritorno e lo sapeva anche il boscaiolo.
Si incamminò verso la montagna incantata e, arrivato quasi a metà strada, vide arrivare in volo tre uccelli.

Erano le gazze che aveva salvato e che ora erano cresciute.

Avevano udito della prova che doveva superare e avevano deciso di ringraziare il giovane boscaiolo andando a prendere la mela d’oro.
Infatti una di loro aveva, stretta nel becco, la mela preziosa e la diede al giovane che non poteva credere ai suoi occhi.
Prese la mela e corse verso il castello per consegnare la mela al Re e per poter finalmente abbracciare la sua amata.
La principessa guarì e finalmente i due innamorati poterono sposarsi con la benedizione del Re.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La Rosa Bianca


La Rosa Bianca

C’era una volta un ragazzo.
Non era un bellissimo principe azzurro sul cavallo bianco, né un perfetto gentiluomo in carriera.
Era un semplice e banalissimo ragazzo, come quelli che potreste vedere all’uscita di una scuola.
Certo, era molto bello e intelligente, ma non era felice perché sentiva che gli mancava qualcosa.
Gli mancava qualcuno da amare.
Ogni notte, si ritrovava triste a osservare il cielo e piangeva, perché si sentiva solo.
Più le lacrime scorrevano sul suo viso, più si rendeva conto che nessuno gliele avrebbe mai asciugate.
Così era sempre più infelice e il cuore gli faceva tanto, tanto male.

Un giorno, uscendo da scuola, decise di cambiare strada per tornare a casa.

Voleva solo distrarsi, per non pensare a quanto fosse solo, quando si ritrovò di fronte a un’enorme cancellata.
Era stata costruita in modo tale da sembrare una grande siepe di ferro.
Purtroppo, il tempo aveva fatto arrugginire la vernice verde brillante, adesso presente solo in pochi punti.
“Strano,” pensò “non ricordavo ci fosse un qualcosa del genere, da queste parti!”
“Perché non c’è mai stato!” rispose una vocetta gracchiante alle sue spalle.
Spaventato, il ragazzo si voltò.
Un vecchietto tutto ricurvo gli sorrideva gentilmente.
Aveva entrambe le mani appoggiate a un bastone di legno.

La giacca e i pantaloni color castagna erano vecchi e bucati, mentre le scarpe erano sporche di terra.

Era quasi totalmente calvo, tranne ai lati della testa dove resistevano due ciuffi di capelli bianchi.
Sulla punta del naso, spiccavano un paio di occhialetti tondi.
Al di là delle lenti, due furbi occhietti nocciola parevano brillare di contentezza.
“Che significa che non c’è mai stato?
Non è possibile, il cancello è tutto rovinato!” balbettò il ragazzo ripresosi dallo spavento.
“Ma, ma come avete fatto?
Io l’avevo solo pensato!”
Il vecchietto trattenne una risatina.
“Io so tutto, ragazzo mio. So tutto!” esclamò l’anziano agitando il bastone sotto il naso del giovane. “Che ne diresti di entrare a dare un’occhiatina?” proseguì facendogli l’occhiolino.

“Ma il cancello è chiuso, e poi i proprietari…”

“Si dia il caso che io sia il custode di questo meraviglioso posto!” lo interruppe, vantandosi “Allora che ne dici?
Vuoi entrare?” lo tentò.
“Ma perché io?
Perché lo chiedete proprio a me?” chiese il ragazzo allargando le braccia.
“Perché tu sei in cerca di qualcosa, ragazzo mio.
E qui la puoi trovare…” rispose serio il vecchio.
Lo sguardo del giovane si fece dubbioso.
“Come posso trovare, qui, ciò che mi manca? Non è possibile!”
“Invece ti sbagli!
Qui, tutto è possibile.” lo corresse “Allora, vuoi entrare sì o no?”
Il ragazzo annuì.

“Ah-ha! Lo sapevo!” esultò il vecchietto facendo un saltello.

Detto questo, conficcò il suo bastone di legno nella serratura del cancello.
“Com’era? Due giri a destra, uno a sinistra e altri tre a destra…” mormorò, mentre era intento a girare la chiave nella toppa.
Con un cigolio spettrale, il cancello si aprì.
“Ah-ha! Ci siamo!” esclamò il custode.
Davanti a loro c’era un bellissimo giardino.
Era talmente grande che non si poteva vedere la fine.
Anzi, sembrava che non ce l’avesse affatto, una fine.
C’erano solo tanti fiori di ogni genere, tutti colorati e profumati.
Poi, alberi di tutte le dimensioni, dalle imponenti querce ai più piccoli bonsai.

E ancora, panchine e fontane in pietra finemente lavorata.

Si poteva addirittura udire l’allegro cinguettio degli uccellini.
Un paradiso.
A quella vista, il giovane rimase senza parole.
Era tutto così bello che pareva un sogno.
“Benvenuto ragazzo mio.
Benvenuto nel Giardino delle Meraviglie!” disse il vecchio.
“Cosa?
Ma non è possibile!
Il Giardino delle Meraviglie non esiste!” esclamò incredulo il ragazzo.
“Eppure ce l’hai davanti agli occhi…” esclamò il vecchio.

Quante volte la mamma gli aveva raccontato di questo fantastico giardino?

Tante, così tante volte che era diventata la sua favola preferita quando andava a dormire.
Il Giardino delle Meraviglie era un luogo fantastico, pochi erano i fortunati che potevano entrarvi, poiché si mostrava solo a chi poteva amare con tutto il cuore.
“E, purtroppo, in questo mondo, non sono più in tanti a farlo.
La maggior parte delle persone ha dimenticato sentimenti puri e nobili come l’amore e l’amicizia…” disse triste il custode “Ma non tu, ragazzo mio, non tu.
Hai il cuore limpido e cristallino.
Un cuore puro.
Avanti, non avere paura, entra!” continuò il vecchio, dandogli una pacca sulla schiena.

Imbambolato, il ragazzo traballò e, per un soffio, non cadde con la faccia sull’erba.

“Qui ci sono fiori per tutti e sono più che sicuro che troverai quello che cerchi…” continuò il custode allargando le braccia.
Poi, facendosi serio in viso, gli si avvicinò.
“Ma ricorda!
Potrai prenderne solo uno!” sottolineò puntandogli contro il nodoso indice “Quindi scegli bene, perché sarà tuo per la vita.”
Detto questo, si alzò una folata di vento così forte, che il ragazzo chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, del vecchio custode non c’era più traccia.
“Va bene, solo uno.
Sceglierò bene!” ripeté tra sé e sé.
Seguendo il viottolo in ciottolato, iniziò a guardarsi intorno.
Che fiore avrebbe scelto?
Una simpatica margherita bianca?

O un elegante giglio?

Oppure un allegro girasole?
C’era davvero l’imbarazzo della scelta.
Ma più li osservava, più si rendeva conto che non c’era nessun fiore che lo attirasse sul serio.
Non c’era nessun fiore che desiderasse davvero.
Non c’era nessun fiore che fosse speciale, almeno per lui.
Stanco e sconsolato, si sedette su una panchina.
Le mani gli sorreggevano la testa e gli occhi iniziarono a velarsi di lacrime.
“Il vecchio custode mi ha detto una bugia.
Non esiste un fiore solo per me!” si lamentò.
Facendosi forza, si rialzò e stava per imboccare il cancello quando la vide.

Era lì, in un angolo, vicino ad un muretto caduto in rovina.

Le ragnatele la stavano avvolgendo, eppure era bellissima, così candida e pura come la neve.
Era perfetta.
Una rosa bianca.
“Ecco, è lei ciò che cerco!” disse a bocca aperta.
Era lei il fiore che voleva, non aveva dubbi, e ora che l’aveva trovata, non l’avrebbe lasciata mai più.
“Ottima scelta!” esclamò il custode comparendogli nuovamente alle spalle “Guardandoti negli occhi, posso dire con certezza che nei sei proprio sicuro.
Prendila!
Su, forza, prendila.
E’ tua!” gli suggerì consegnandogli un paio di forbici d’argento.
“Ma se la taglio, morirà…” mormorò il giovane.
“Oh, no… quello succede con i fiori normali.
E credo che tu sappia che questi non sono fiori normali!

Non temere, quindi, non morirà.

Ella si nutrirà del tuo amore.
Finché tu avrai amore nel cuore, non potrà morire!” lo rincuorò il vecchio. “Ora su, coraggio, prendila!”.
Il ragazzo annuì e, prese le forbici, tagliò la rosa.
Un bagliore accecante l’avvolse e fu costretto a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, la rosa bianca non c’era più.
Al suo posto, c’era una bellissima ragazza dalla pelle chiara e dai vestiti candidi.
Stupito, il ragazzo non fece in tempo a riprendersi che la sua rosa lo aveva già avvolto in un caldo abbraccio.
Si guardarono negli occhi e sorrisero felici, perché capivano perfettamente i pensieri dell’altro.

E le loro labbra si unirono in un dolcissimo bacio.

“Mi raccomando ragazzo mio, prenditene cura…” disse commosso il custode.
“Sì, lo farò.
Per me, esiste solo lei!” rispose deciso il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalla sua amata.
Mano nella mano, i due varcarono il cancello e non si resero conto che il Giardino delle Meraviglie era scomparso.
Al suo posto, era ritornato il vecchio parco cittadino.

Brano senza Autore, tratto dal Web