Non aver fretta e non aver paura.

Scegli quello che ti sembra giusto ma, ogni tanto, quando puoi, anche quello che ti fa felice.
Se non ti vengono le parole, lascia che siano i tuoi occhi a parlare.
E impara a leggere gli occhi degli altri, impara a capire quel che non ti dicono.
Non lasciarti fermare dalla paura per fare le cose che devono essere fatte.

Scappa quando devi, fermati quando puoi:

c’è un momento per seminare e un momento per raccogliere:
impara a distinguerli, impara ad assaporare entrambi.
Ascolta il tuo corpo e rispettalo: riposati quando te lo chiede, mangia quando hai fame e ogni tanto ubriacati:
di vino, di amore o di qualche sogno.
Ma soprattutto cerca di sorridere sempre di più.

Citazione di Catherine Black.

La porta che si chiude

La porta che si chiude

Ho sentito il rumore di una porta che si chiude.
Ho pensato:
“Qualcuno è uscito.”
Succede di pensare sempre così al rumore di una porta che si chiude.

Ho vagato alla ricerca di chi mi avesse lasciato.

Ma le amarezze erano sempre lì, sedute di fronte.
Più in là ho scorto le solitudini che non si erano mosse di un centimetro.
Erano lì anche le illusioni, sghignazzanti.
E più in là, in piedi, mi guardavano fisso, come statue di cera, i rimpianti.
Gli abbandoni ed i tradimenti facevano ancora bella mostra di sé, vicino alla finestra.

Eppure, ho sentito il rumore di una porta che si chiudeva.

Allora sono andato a sbirciare nell’angolo più scuro della stanza, ma i rimorsi erano sempre lì, con occhi di fuoco.
Vicino a loro le nostalgie confabulavano con i ricordi, i quali indicavano, compiaciuti, gli insuccessi e le sconfitte.
Al centro della stanza danzavano allegramente le rinunce e i rifiuti, al suono melodioso delle indifferenze e apatie.
Eppure, ho sentito il rumore di una porta che si chiudeva.
Ebbi paura alla sensazione che qualcuno si era seduto accanto a me.

Mi voltai e mi sentii dire:

“Coraggio: sono io, non aver paura!”
Allora ho capito che il rumore di quella porta che si chiude è perché Qualcuno è entrato.

Brano senza Autore.

Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa

Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa

Una volta, in una piccola città, uguale a tante altre, cominciarono a succedere dei fatti strani.
I bambini dimenticavano di fare i compiti, i grandi si dimenticavano di togliersi le scarpe prima di andare a dormire, nessuno si salutava più.
Le porte della chiesa rimanevano chiuse.
Le campane non suonavano più.
Nessuno sapeva più le preghiere.

Un lunedì mattina, però, un maestro domandò ai suoi alunni:

“Perché ieri non siete venuti a scuola?”
“Ma ieri era domenica!” risposero gli scolari, “La domenica non c’è scuola!”
“Perché?” chiese il maestro.
Gli alunni non seppero che cosa rispondere.
Si avvicinava il Natale.
“Perché suonano questa musica dolce?”
“Perché sull’albero ci sono le candele?”
Nessuno lo sapeva.

Due amici avevano litigato:

si erano insultati fino a diventare rauchi.
“Ora non ho più nessun amico.” pensava tristemente uno di loro il giorno dopo.
E non sapeva che cosa fare.
La piccola città si faceva sempre più grigia e triste.
La gente diventava ogni giorno più egoista e litigiosa.
“Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa!” ripetevano tutti.
Un giorno soffiava un forte vento tra i tetti, così forte da smuovere le campane della chiesa.

La campana più piccola suonò.

Improvvisamente la gente si fermò e guardò in alto.
E un uomo per tutti esclamò:
“Ecco che cosa abbiamo dimenticato: Dio!”

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.