L’amore ai tempi della guerra

L’amore ai tempi della guerra

Una sera, Bortolo, militare suo malgrado, andò a trovare la sua amata fidanzata, che non vedeva da molto tempo.
La raggiunse durante una licenza lampo, con l’obbligo di tornare il giorno dopo al fronte, pena la denuncia per diserzione.
La nonna di casa era rimasta sveglia, nonostante l’età e la stanchezza, a controllare da un angolo il focoso fidanzato, che non lesinava attenzioni particolari alla sua bella nipote.
All’inizio del secolo scorso, era prassi controllare gli innamorati, affinché non cadessero in tentazione facendo, in questo modo,

perdere l’onore della famiglia con una gravidanza fuori dal matrimonio.

Bortolo, quella sera, non voleva staccarsi dalla sua amata e la nonna, veramente molto stanca, si incamminò verso il piano superiore, ma solo dopo aver fatto una lunga ramanzina ammonitoria agli innamorati.
La camera in cui giunse la nonna aveva un pavimento in legno e, in corrispondenza dei due giovani, era presente un buco, da dove si poteva spiare senza essere visti.

La nonna vide la temuta scena:

Bortolo baciava la sua donna cingendola con un abbraccio intimo e la nonna, con il suo bastone, picchiò forte e ripetutamente il pavimento, mettendosi a gridare come una posseduta per svegliare tutta la casa:
“Il demonio, il demonio!
Abbiamo il demonio in casa!”

I fidanzati si ricomposero e Bortolo, adirato per l’interruzione, si mise a gridare pure lui:

“È la guerra…
La guerra!
La sporca guerra che sono costretto a combattere è il vero scandalo, non l’amore!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Potresti farlo anche tu!

Potresti farlo anche tu!

Erano sposati da cinquant’anni.
Un giorno alla stazione si sedettero su una panchina ad aspettare il treno.

Sulla panchina di fronte a loro erano seduti due giovani innamorati.

I due anziani osservavano la giovane coppia in silenzio.
Il ragazzo abbracciava la ragazza con tenerezza e la baciava con trasporto.
La donna, con gli occhi che brillavano, sfiorò il marito con la mano e sussurrò:

“Potresti farlo anche tu!”

L’uomo la guardò sdegnato:
“Cosa? Ma se non la conosco neanche!”

Brano senza Autore

Amarsi e basta

Amarsi e basta

C’erano una volta un uomo ed una donna che insieme dovevano progettare un futuro insieme.
Si sedettero intorno ad un tavolo ed ognuno stirò il suo foglio bianco impugnando una penna; avevano bisogno di scrivere tutte le cose che tra loro non andavano ed anche quelle che invece li facevano felici.

Lei scrisse che di lui amava lo sguardo ed il modo in cui la baciava, i sogni e l’amore che le dava;

lui invece non riusciva a scrivere nulla, non perché non trovasse una ragione per amarla, ma perché nel suo cuore ogni cosa di lei gli procurava gioia, ed era proprio questo sentimento quasi morboso che lei annotò fra le cose colpevoli di turbare il loro rapporto:
quel tipo di amore che opprime e fa sentire in gabbia senza possibilità di fuga.
Quando lei ebbe terminato di scrivere i “pro” e i “contro” della loro vita insieme, lui stava ancora cercando un aggettivo che potesse descrivere ciò che provava, innervosito scrisse la prima cosa che gli balenò in testa:

Amore.

Le bastò però vedere ciò che aveva scritto lei per turbarsi profondamente, siccome tutto si può chiedere, eccetto che cambiare il proprio modo d’amare.
Così, tra le cose che non andavano di lei, segnò:
preferisce essere amata di meno.
Scambiandosi i fogli uno dei due proclamò:
non riusciremo a cambiare niente.

Ma l’altro rispose:

ciò che faremo o non faremo non conta, conta solo pensarlo sempre in due.
E così si baciarono andando incontro al rischio più grande:
amarsi e basta, scampando però a quella insoddisfazione che spesso attanaglia il cuore di chi, non accettando quel rischio, piange la propria solitudine per anni, fino a quando non torna ad amare se stesso.

Brano senza Autore

Se tornassi a vivere


Se tornassi a vivere

Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa.
Lì per lì ho risposto di no, poi ci ho pensato un po’ su e…
Potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno ed ascoltato di più.
Non avrei rinunciato ad invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta.
Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso.
Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza.

Non avrei mai preteso in un giorno di estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega.

Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino.
L’avrei consumata io a forza di accenderla.
Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti.
Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita.
Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito.
Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro, quasi che, mancando io dall’ufficio, il mondo si sarebbe fermato.
Invece di non vedere l’ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo.

A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto:

“Su, su, basta.
Va a lavarti che la cena è pronta.”
Avrei detto più spesso:
“Ti voglio bene!” e meno spesso:
“Mi dispiace!”
Ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto…
Lo guarderei fino a vederlo veramente…
Lo vivrei…
E non lo restituirei mai più.

Brano di Erma Bombeck