Il re ed il falco

Il re ed il falco

Un re, che andava a caccia, arrivò assetato ai piedi di una rupe da cui filtrava, a gocce, un po’ d’acqua.
Scese da cavallo e staccò dalla sella una coppa d’oro gemmata.
Voleva bere.
Sul braccio che teneva la coppa stava appollaiato un bel falco:

il preferito del re.

Adagio adagio la coppa si riempì; ma quando il re l’avvicinò avidamente alle labbra, il falco scattò, come per lanciarsi in volo, e procurò al braccio che lo sosteneva una tale scossa che l’acqua si rovesciò…
Il re dopo aver accarezzato il falco prediletto, ritornò a raccogliere l’acqua a goccia a goccia; ma quando avvicinò di nuovo la coppa alle labbra, il falco dette uno strido, batté le ali, e il re sobbalzando, rovesciò nuovamente il liquido che aveva raccolto con tanta pazienza.
Fece un atto più di dispetto che di rammarico.
Pure si contenne, e iniziò la raccolta dell’acqua per la terza volta.
Ma quando, per la terza volta, avvicinò la coppa alle labbra, il gioco del falco si ripeté.

L’acqua si versò.

Allora il re proruppe in un gesto d’ira furioso.
Afferrò il falco e lo scaraventò contro la roccia.
Il volatile cadde morto con le ali aperte, come fosse ancora in volo.
Intanto la gocciolina, che filtrava lenta dalla rupe, aveva smesso di scorrere.
E il re, ora con la rabbia ora con il dispiacere nel cuore, aveva più sete che mai.
Mandò i servi a vedere se sopra la roccia si trovava la polla che dava acqua alla sorgente.
La trovarono, ma si fermarono inorriditi: era uno stagno in cui galleggiavano i cadaveri putrefatti di parecchi animali.

Certamente quell’acqua, bevuta, avrebbe avvelenato il re.

Disse uno dei servi al ritorno:
“Sire, se tu avessi bevuto quell’acqua saresti morto!”
Il re guardò il falco che gli giaceva ai piedi e chinò la testa.
Umilmente chiese perdono al fedele amico che si era sacrificato per lui e inutilmente rimpianse il suo impulsivo gesto d’ira.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Gli animali insegnano che…


Gli animali insegnano che…

Un signore va a caccia grossa in Africa e porta con sé il suo cucciolo.
Un giorno, durante una battuta, il cagnolino annoiato si mette a rincorrere una farfalla e, senza rendersene conto, si allontana dal gruppo dei cacciatori e si ritrova solo in mezzo alla savana.
Ad un tratto scorge un grosso leone che corre veloce verso di lui.
Impaurito si guarda intorno e vede poco lontano la carcassa di un grosso animale.
La raggiunge e comincia a leccare un osso.

Quando il leone sta per attaccarlo il cagnolino dice a voce alta:

“Mmm, che buon leone mi sono mangiato.
Me ne farei un altro subito.”
Il leone si ferma e sentendo quelle parole pensa:
“Che razza di animale sarà?
E se poi faccio la stessa fine di quello lì?
Meglio sparire!”
Una scimmia che stava appollaiata su un ramo e aveva assistito a tutta la scena scende dall’albero e dice al leone:

“Ma va là, stupido, è tutta una finta.

Quella carcassa era già lì da un pezzo.
Quello è semplicemente un cane e ti ha fregato!”
Il leone dice alla scimmia:
“Ah si?
Allora vieni con me che andiamo a trovare quel cane e poi vediamo chi mangia chi!”
E si mette a correre verso il cucciolo con la scimmia sulla groppa.
Il cagnolino che aveva sentito tutto si rende conto della vigliaccata della scimmia e atterrito si chiede:

“E adesso cosa faccio?”

Ci pensa su un attimo poi, invece di scappare, si siede dando le spalle al leone e dice a voce alta:
“Quella maledetta scimmia!
Mezz’ora fa le ho detto di portarmi un altro bel leone grasso e ancora non si fa vedere!”
A quelle parole il leone incavolatissimo mangia la scimmia in un boccone e il cagnolino fugge mettendosi in salvo.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene


Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene

C’era una volta un re, che aveva scelto come suo consigliere personale un vecchio saggio, molto saggio, che tuttavia per i suoi detrattori aveva un grosso difetto; qualunque cosa succedesse, ripeteva:
“Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…
Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…”
Il re sopportava comunque questo suo difetto, perché dai suoi consigli e dalla sua saggezza ricavava sempre grandi vantaggi; per questo motivo, non appena il sovrano usciva dalla reggia, il vecchio saggio seguiva il re ovunque andasse, ma proprio ovunque.
In un giorno di gran pioggia il re si recò dal barbiere, e terminate le operazioni di pulizia del volto, il ragazzo di bottega cominciò la manicure.

Mentre stava occupandosi dell’anulare della mano sinistra, vi fu un gran tuono:

il ragazzo ed il re sobbalzarono, e nel trambusto, zac, al sovrano venne tagliata la falangetta!
Strepiti, urla di spavento e di dolore, e la rabbia del re si abbatté sul malcapitato garzone:
“In prigione, disgraziato, hai mutilato il tuo re, marcirai in galera per il resto dei tuoi giorni.” ma il vecchio saggio, rimasto imperturbabile fino a quel momento, cominciò la sua litania:
“Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…
Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…”
Il re al colmo della rabbia sbottò:
“Basta, mi hai proprio scocciato con queste stupidate, vecchio pazzo, mi stai prendendo in giro, mi hai sempre ingannato in tutti questi anni con queste idiozie, fila in prigione anche tu, così potrai blaterare le tue lagne fino alla fine dei tuoi giorni!”

Il giorno dopo il re, per smaltire un po’ di rabbia pensò di andare a caccia:

ovviamente da solo, visto che il vecchio saggio, che fino al giorno prima era la sua ombra, stava languendo nelle segrete del castello.
Dopo aver un po’ gironzolato nella giungla, venne catturato da una setta di adoratori della dea Kali, contentissimi per aver trovato una vittima da sacrificare per la notte del plenilunio.
Il re sbraitò, minacciò, pregò, ma non ci fu nulla da fare:
a quella gente non importava né il rango né il blasone, per loro era semplicemente un uomo da uccidere sull’altare sacro; per cui lo vestirono con la sacra veste, lo cosparsero del sacro unguento, lo legarono sull’altare e mentre il capo stava per affondare nel suo cuore il coltello sacro, si accorse con orrore che alla vittima designata mancava un pezzettino di dito.
Voi sapete come, per essere sacrificato, un corpo deve essere perfettamente integro, pena grandi disgrazie per la comunità tutta, per cui i seguaci lo coprirono d’insulti e sputi e lo lasciarono nella giungla, seminudo e terrorizzato, ma vivo!
Ancora frastornato, il re si avviò verso il castello, e nel tragitto capì:
il vecchio saggio aveva avuto ragione, come al solito; grazie a quell’incidente dal barbiere, la sua vita era stata risparmiata; cosa importava un piccolo pezzetto di dito, se paragonato al rischio che aveva corso?

Meglio vivo senza un dito che morto integro, dopotutto!

Arrivato al castello, andò subito alle prigioni, liberò il garzone e si recò dal vecchio saggio, che senza scomporsi meditava nella sua cella: entrò, lo abbracciò e gli disse:
“Amico mio, perdonami, che cieco sono stato, mi han rapito i Thugs, mi stavano sacrificando, poi hanno visto che mi mancava un pezzo di dito, e mi hanno lasciato andare:
avevi ragione tu!
Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…
Tutto quello che Dio ti dà è per il tuo bene…
Perdonami, starai sempre al mio fianco, il mio regno ti appartiene.
Però, scusa un momento, ma tu, che ti ho sbattuto in prigione, umiliato e picchiato, dov’è il bene che Dio ti ha dato in tutto questo?”
Con serenità il vecchio guardò il suo sovrano e candidamente gli rispose:
“Vede Maestà se lei non mi avesse messo in prigione, io l’avrei accompagnata a caccia, come sempre, ed a me non manca alcun pezzo di dito…”

Brano senza Autore, tratto dal Web