Il monaco ed il topolino

Il monaco ed il topolino

Tanti anni fa, in una piccola città scoppiò una grave carestia.
Non si trovava più cibo da nessuna parte.
Tutti gli abitanti, da i ricchi signori ai poveri contadini, erano stremati, deboli ed affamati.
Un giorno, un monaco di nome Cadog arrivò a visitare la città.
Cadog era buono, gentile e cordiale.
Amava sinceramente Dio e tutte le sue creature.
Gli piaceva molto leggere, studiare, scrivere e imparare.
E ogni giorno aveva un visitatore, un minuscolo visitatore, con dei magnifici baffi grigi, il naso a punta e una lunga coda rosa.
Saliva sul tavolo di Cadog, scorrazzava in mezzo ai suoi libri, si infilava tra le penne d’oca che gli servivano per scrivere.

Ma Cadog non se ne preoccupava.

Neanche un pò.
Gli piaceva il topolino e non lo cacciava via come facevano tutti gli altri in città, che davano la caccia ai topi e li uccidevano ritenendoli la causa della carestia.
E forse fu per questo che, un giorno, il topolino arrivò con un regalo.
Sette chicchi dorati
Si arrampicò sul tavolo di Cadog, si infilò tra le sue penne d’oca e, nel bel mezzo dei libri del monaco, lasciò cadere un chicco di grano!
“Grazie, amico mio.” disse Cadog al topolino.
Il topo si sedette, fece un grazioso inchino e squittì, come per dire:
“Non si va mai da un amico a mani vuote.”
Mezz’ora dopo, il topolino ritornò con un altro chicco di grano e di nuovo gentilmente Cadog lo ringraziò.

Il topolino ritornò una terza volta.

Poi una quarta.
E una quinta.
E una sesta volta.
Quando alla fine ci furono sette chicchi di grano sul suo libro, Cadog ebbe un’idea.
Prese un filo di seta rossa e con molta attenzione ne legò l’estremità a una zampa del topolino.
“Non ti disturberà più di tanto,” promise il buon monaco, “e potrà fare un mondo di bene.”
Lasciò andare il topolino, guardando bene da che parte andava.
Il topolino correva molto più velocemente di Cadog, ma il monaco poteva seguire il filo di seta che si srotolava attraverso muri, giardini, boschi, fino a un imponente ammasso di terra.
Il topolino si infilò in una stretta apertura.
Un’enorme quantità di grano.
Cadog corse a chiamare il suo maestro e insieme cominciarono a scavare.
Sepolte sotto la terra e detriti c’erano le rovine di un antico palazzo.
E sepolto nei capaci magazzini del palazzo c’era un’enorme quantità di grano!

Cadog e il maestro corsero ad annunciare la notizia ai loro amici.

E ben presto per tutta la città si sparse il fragrante profumo del pane appena sfornato.
Ora c’era nuovamente cibo per tutti, in attesa della nuova stagione!
Il giorno dopo, il topolino venne a trovare il suo amico, come sempre.
Si arrampicò sul tavolo di Cadog e si infilò tra le sue penne d’oca.
Appena si sedette nel bel mezzo del libro di Cadog, con garbo il monaco gli slegò il filo di seta dalla zampa.
“Grazie, amico mio!” disse, “Dio ti ha mandato da me per un motivo, che solo adesso capisco.
Il tuo acuto naso e le tue zampette hanno salvato l’intera città.”
Poi prese una pagnotta di pane fresco e croccante e lo mise davanti alla piccola creatura.
E il topolino e il monaco condivisero il cibo.
Mangiare insieme è un gesto di riconciliazione

Brano tratto dal libro “L’Eucaristia raccontata ai bambini.” di Bruno Ferrero e Anna Peiretti. Edizione ElleDiCi.

La formica ed il chicco di grano

La formica ed il chicco di grano

Un chicco di grano, rimasto nel campo dopo la mietitura, aspettava la pioggia per tornare a nascondersi sotto le zolle.
Lo vide una formica, e, caricatoselo addosso, si avviò faticosamente verso la sua tana.
“Perché ti affatichi a portarmi?” disse il chicco di grano,

“Lasciami nel mio campo!”

“Se ciascuna di noi,” rispose la formica, “non porta un po’ di cibo nella dispensa, non avremo provviste bastanti per quest’inverno!”
“Ma io non sono fatto soltanto per essere mangiato!” replicò il chicco, “Io sono un seme pieno di vita, e il mio destino è quello di far nascere una pianta.
Facciamo un patto…”
Contenta di riposarsi un po’, la formica depose il chicco e gli chiese:

“Quale patto?”

“Se mi lasci qui nel mio campo, rinunciando a portarmi a casa tua, io fra un anno mi impegno a restituirti cento chicchi uguali a me!” propose il chicco di grano.
“Cento chicchi in cambio di uno solo!” pensò la formica, “Ma che buon affare!
E come farai?” chiese al chicco di grano.
“Questo è un mistero!” rispose il chicco,

“È il mistero della vita.

Scava una piccola fossa, seppelliscimi lì dentro, e poi torna qui tra un anno!”
La formica gli diede ascolto.
Prese il seme, lo depose fra le zolle, e l’anno dopo tornò a vedere se ci stava.
Si, il chicco di grano aveva mantenuto la promessa.

Brano tratto dal libro “Favole.” di Leonardo Da Vinci

Giulia e l’uva

Giulia e l’uva

Una giovane ragazza, di nome Giulia, nel pieno della gioventù, faceva la domestica tuttofare in una dimora di ricchi proprietari terrieri.
Vigeva in quel tempo l’istituto della mezzadria ed i contadini portavano ai padroni i frutti più belli:

le cosiddette regalie.

Nella stanza dove dormiva Giulia avevano, perfino, appeso alle travi del soffitto i più bei grappoli d’uva, delle varietà migliori, per conservarli, dono dei contadini contraenti.
I suoi padroni le avevano raccomandato, pena il licenziamento, di non mangiare per nessun motivo nemmeno un chicco d’uva.
Vuoi per la fame, vuoi per l’essere golosa, Giulia qualche chicco d’uva qua e là lo aveva mangiato, e si augurava che i proprietari non notassero questi piccoli furti.
Ma non fu così, ed i padroni, noti per essere taccagni e avari, la sgridarono pesantemente.

Giulia si difese dicendo:

“Sono stati i topi!
E voi mi fate addirittura dormire con loro!”
I padroni schifati risposero:
“Se è davvero così, puoi mangiarti tutta l’uva che vuoi perché a noi non interessa più!”

Giulia era mia nonna.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il nuovo principe (Un granello alla volta)

Il nuovo principe
(Un granello alla volta)

In uno sperduto angolo del regno d’Etiopia, viveva un re che amava le favole più di ogni altra cosa al mondo.
Diventato vecchio, però, si annoiava perché ormai le conosceva tutte.
Così un giorno fece annunciare in tutto il Paese che avrebbe dato il titolo di principe a chiunque gli avesse saputo raccontare una favola nuova, in grado di suscitare la sua attenzione e la curiosità di conoscere il finale.
Numerosi cantastorie vennero da tutti gli angoli del reame e dai Paesi vicini, ma nessuno riuscì ad interessare le orecchie reali, sempre tristi e distratte.
Un giorno un povero contadino bussò alle porte del palazzo per raccontare al vecchio re la storia di un agricoltore che aveva ammassato nel suo granaio il raccolto più ricco della sua vita.
Ma c’era un piccolo buco nel granaio e, quando tutto il grano fu portato dentro, una formica vi entrò e portò via un chicco.

“Molto interessante, continua.” disse il re.

Il contadino proseguì:
“Il secondo giorno un’altra formica passò nel buchino e portò via un altro chicco di grano, il terzo giorno accadde la stessa cosa…”
Il re era ormai molto preso dalla storia del contadino e chiese di tagliare corto sui dettagli per sapere come andava a finire tutto quel via vai di formiche nel granaio.
“Vai avanti, non mi annoiare!” urlò il re rosso in viso.
Ma il contadino continuava.
“Basta!

Vai avanti!” ordinò il re.

Il contadino sembrava sordo e proseguiva con la sua cantilena di formiche e chicchi di grano.
Si interruppe per dire:
“Mio re, questa è la parte più importante della storia:
il granaio è ancora pieno di chicchi di grano.”

Allora il sovrano esclamò:

“Hai vinto tu!
Ho capito che bisogna saper ascoltare gli altri con pazienza e umiltà.
I racconti più belli non sono quelli che ci stupiscono con grandi eventi, ricchezze, rivoluzioni e storie d’amore impossibili.
Sono quelli che, come succede nella vita di ogni giorno, ci fanno sperare di riuscire a vedere i risultati dei nostri sforzi.”

Brano senza Autore, tratto dal Web