Il fratello ricco e il fratello povero

Il fratello ricco e il fratello povero

C’era una volta due fratelli; uno molto ricco, l’altro molto povero.
Un giorno il povero faceva la guardia ai covoni di grano ammucchiati nel campo del fratello ricco e mentre se ne stava lì seduto sul covone scorse una donna in bianco che raccoglieva le spighe rimaste nei campi mietuti e le aggiungeva ai covoni.
Quando la donna giunse fino a lui, la prese per mano, se la tirò vicino e le chiese che cosa facesse lì. “Sono la Felicità di tuo fratello e raccolgo le spighe rimaste, perché il suo grano sia ancora più abbondante.”
“Dimmi, allora, e la mia felicità, dov’è?” replicò il poveretto, “Verso Oriente!” rispose la donna, e scomparve.

Fu così che il povero si mise in testa di andare per il mondo in cerca della propria Felicità.

E quando un giorno di buonora stava per mettersi in viaggio, dal suo camino saltò fuori la Miseria e piangeva e pregava che la prendesse con sé.
“Mia cara,” disse il povero, “sei troppo debole per affrontare un viaggio così lungo, non ce la faresti mai; ma qui c’è una boccetta vuota, fatti piccina, infilatici dentro e ti porterò con me.”
La Miseria s’infilò nella boccetta e lui senza perdere tempo la tappò con un turacciolo e l’avvolse bene in modo che non si rompesse.
Quando si trovò per via, appena arrivò a un pantano tirò fuori la boccetta e la gettò via, liberandosi così dalla Miseria.
Dopo qualche tempo giunse a una grande città e un certo signore lo prese al suo servizio con l’incarico di scavargli uno scantinato.

“Non riceverai del denaro,” gli disse, “ma tutto ciò che trovi scavando è tuo!”

Dopo un po’ che scavava trovò un lingotto d’oro, secondo gli accordi gli sarebbe spettato, ma lui ne diede una metà al signore e riprese il lavoro.
Arrivò finalmente a una porta di ferro, l’aperse e vi trovò un sotterraneo pieno di ogni ricchezza.
Ed ecco che da una cassa lì sotto s’udì una voce:
“Mio signore, aprimi! Aprimi!”
Egli spostò il coperchio e da dentro saltò fuori una bella fanciulla tutta in bianco che s’inchinò davanti a lui e gli disse:
“Sono la tua Felicità, quella che hai cercato così a lungo; d’ora innanzi sarò vicina a te e alla tua famiglia!”
Dopo di che scomparve.
Egli rimase poi a guardarsi intorno e a rimirare quella ricchezza con il suo signore di una volta e da quel momento fu immensamente ricco e la sua fama cresceva di giorno in giorno.
Eppure non dimenticò mai l’indigenza di un tempo e si prodigò in tutti i modi per aiutare i poveri del luogo.
Dopo aver incontrato una bellissima fanciulla, la conobbe e la sposò.
Poco tempo dopo ebbero un figlio.

Un giorno, mentre passeggiava per la città, incontrò il fratello che si trovava da quelle parti per affari.

L’invitò a casa e gli raccontò con tutti i particolari le sue avventure e che aveva visto la Felicità spigolare nel campo di grano e come s’era liberato della propria Miseria e altro ancora.
L’ospitò per qualche giorno e quando il fratello stava per partire gli diede molto denaro per il viaggio, fece molti doni alla moglie e ai figli e si separò da lui fraternamente.
Ma suo fratello era un uomo sleale e invidiava la Felicità dell’altro.
Da quando aveva lasciato la sua casa non faceva che pensare come far tornare il fratello nella Miseria.
Non appena giunse alla palude dove il fratello aveva ficcato la boccetta, si mise a cercarla e non si dette pace finché non la trovò.
L’aperse subito.
La Miseria saltò fuori immediatamente, cominciò a crescere davanti ai suoi occhi, saltargli intorno, l’abbracciò, lo baciò e lo ringraziò di averla liberata da quella prigionia:

“Sarò sempre grata a te e alla tua famiglia e non vi abbandonerò fino alla morte.”

Inutilmente il fratello invidioso cercò di dissuaderla, invano la mandava dal suo padrone di una volta; non riuscì in nessun modo a togliersi la Miseria di dosso, né a venderla né a regalarla né a sotterrarla né ad annegarla, gli stette sempre alle calcagna.
I briganti lo derubarono della merce che stava portando a casa; riuscì a ritornare chiedendo l’elemosina; al posto del suo palazzo trovò un mucchio di cenere e tutto il suo raccolto era stato portato via da una inondazione.
Fu così che al fratello invidioso non rimase null’altro che… la Miseria.

Brano tratto dal libro “Fiabe di Praga magica.” di Scilla Abbiati. Edizioni Arcana.

La bicicletta di Dio


La bicicletta di Dio

In una calda sera d’estate, un giovane si recò da un vecchio saggio:
“Maestro, come posso essere sicuro che tutto ciò che faccio è quello che Dio mi chiede di fare?”
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse:
“Una notte mi addormentai con il cuore turbato; anche io cercavo, inutilmente, una risposta a queste domande.”
Poi feci un sogno:
Sognai una bicicletta a due posti, un tandem.

E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare.

Ma poi avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti.
Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa.
Dio la rendeva più felice ed emozionante.
Che cosa era successo da quando ci scambiammo i posti?
Capii che quando guidavo io, conoscevo la strada.
Era piuttosto noiosa e prevedibile.
Era sempre la distanza più breve tra due punti.
Ma quando cominciò a guidare Lui, conosceva bellissime scorciatoie, su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità a rotta di collo.

Tutto quello che riuscivo a fare, era tenermi in sella!

Anche se sembrava una pazzia, Lui continuava a dire:
“Pedala, pedala!”
Ogni tanto mi preoccupavo, diventavo ansioso e chiedevo:
“Signore, ma dove mi stai portando?”
Egli si limitava a sorridere e non rispondeva.
Tuttavia, non so come, cominciai a fidarmi.
Presto dimenticai la mia vita noiosa ed entrai nell’avventura e quando dicevo:
“Signore, ho paura…”
Lui si sporgeva indietro, mi toccava la mano e subito un’immensa serenità si sostituiva alla paura.
Mi portò da gente con doni di cui avevo bisogno; doni di guarigione, accettazione e gioia.
Mi diedero i loro doni da portare con me lungo il viaggio.
Il nostro viaggio, vale a dire, di Dio e mio.

E ripartimmo.

Mi disse:
“Dai via i regali, sono bagagli in più, troppo peso.”
Così li regalai a persone che incontrammo, e trovai che nel regalare ero io a ricevere e il nostro fardello era comunque leggero.
Dapprima non mi fidavo di Lui, al comando della mia vita.
Pensavo che l’avrebbe condotta al disastro.
Ma Lui conosceva i segreti della bicicletta, sapeva come farla inclinare per affrontare gli angoli stretti, saltare per superare luoghi pieni di rocce, volare per abbreviare passaggi paurosi.
E io sto imparando a star zitto e pedalare nei luoghi più strani e comincio a godermi il panorama e la brezza fresca sul volto con il delizioso compagno di viaggio, la mia potenza superiore.
E quando sono certo di non farcela più ad andare avanti, Lui si limita a sorridere e dice:
“Non ti preoccupare, guido io, tu pedala!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

I doni di Dio. (Il negozio di Dio)


I doni di Dio. (Il negozio di Dio)

Sulla via principale della città c’era un negozio originale.
Un’insegna luminosa diceva:
“I doni di Dio!”
Un bambino entrò e vide un angelo dietro il bancone; sugli scaffali c’erano grandi scatole di tutti colori, chiese incuriosito:
“Cosa vendete?”
L’angelo rispose:
“Ogni ben di Dio!
Vedi nella scatola rossa c’è l’amore, l’arancione contiene la fratellanza, in quella azzurra c’è la fede, in quella verde la speranza, nella blu la pace e nell’indaco salvezza.”

Chiese ancora il bambino incuriosito:

“E quanto costa questa merce?”
Con estrema gentilezza, l’angelo rispose:
“Sono doni di Dio e non costano niente!”
Il bambino allora esclamò:
“Che bello!
Allora dammi: dieci quintali di fede, una tonnellata di amore, un quintale di speranza, un barattolo di fratellanza e tutto il negozio di pace!”

L’angelo si mise a servire il bambino.

In un attimo confezionò un pacchetto piccolo, ma così piccolo, come il suo cuore e porgendo il pacchetto al piccolo disse:
“Ecco, sei servito!”
Il bambino sorpreso disse:
“Ma come mai è così piccolo?”
Concluse l’angelo:
“Certo, nella bottega di Dio non si vendono frutti maturi, ma piccoli semi da coltivare.
Vai nel mondo e fai germogliare i doni che Dio ti ha dato!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il dono al re. La Matassa di lana.


Il dono al re. La Matassa di lana.

Si fece una gran festa alla corte del re, per celebrare il suo ingresso nella città capitale.
Il re riceveva nel salone delle feste i doni e gli omaggi.
Erano tutti doni preziosi:
armi cesellate, coppe d’argento, tessuti di broccati ricamati d’oro.
Il corteo di donatori stava esaurendosi, quando apparve, zoppicando e appoggiandosi pesantemente ad un bastone, una vecchia contadina con i pesanti zoccoli di legno.

In silenzio trasse dalla gerla un pacchetto avvolto in un telo.

Uno scoppio di risate accompagnò il movimento della donna che depose ai piedi del trono una matassa di lana bianca, ricavata dalle due pecore che erano tutta la sua fortuna e filata nelle lunghe sere d’inverno.
Senza una parola, il re s’inchinò dignitosamente, poi diede il segnale di incominciare la festa, mentre l’anziana contadina attraversava lentamente la sala, scorticata dalle occhiaie beffarde dei cortigiani.
Riprese penosamente il suo lungo cammino, di notte, per tornare alla sua baita costruita nella foresta reale dove fino a quel momento la sua presenza era stata tollerata.
Ma quando arrivò in vista della sua casa, si fermò invasa dal panico.

La baita era circondata dai soldati del re.

Stavano piantando dei picchetti tutt’intorno e sui paletti stendevano il filo di lana bianco.
“Mio Dio,” pensò la povera donna con il cuore piccolo piccolo “il re si è offeso per il mio dono; le guardie mi toglieranno la casa, mi arresteranno, mi metteranno in prigione!”
Quando la vide, il comandante delle guardie si inchinò cortesemente e disse:
“Signora, per ordine del nostro buon re, tutta la terra che può essere circondata dal vostro filo di lana d’ora in poi vi appartiene!”
Il perimetro della sua nuova proprietà corrispondeva esattamente alla lunghezza della sua matassa di lana.
Aveva ricevuto con la stessa misura con cui aveva donato…

Brano tratto dal libro “Il segreto dei pesci rossi.” di Bruno Ferrero