È bellissimo trascorrere del tempo con delle persone un po’ folli.

Ancora più belli sono gli abbracci improvvisi, i gesti spontanei ed i sorrisi gratuiti.
È straordinario chi saluta per primo, chi ti regala attenzioni, chi ti punta gli occhi negli occhi mentre ti parla.
Ma, i più coraggiosi di tutti sono quelli che si buttano nella mischia, che aprono le danze e si ubriacano di emozioni.
E ti contagiano di gioia.

Citazione di Paola Felice.

L’importanza della lettura

L’importanza della lettura

“Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi.
Ma allora qual è lo scopo della lettura?”
Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro.

Il Maestro in quel momento non rispose.

Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.
L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica.
Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito.
Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia.

Provò e riprovò decine di volte ma,

per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.
Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse:
“Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio.
Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito.”

“No,” rispose il vecchio sorridendo, “tu non hai fallito.

Guarda il setaccio, adesso è come nuovo.
L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito!”
“Quando leggi dei libri,” continuò il vecchio Maestro, “tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume!”
“Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente ed il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata.
Questo è lo scopo della lettura.”

Brano senza Autore.

Le ali ai progetti di oggi

Le ali ai progetti di oggi

Un giorno i tre grandi agenti del Tempo:
il Passato, il Presente e il Futuro discutevano sull’importanza della loro presenza nella vita degli uomini e delle donne di ogni epoca.

“Io resto sempre nella memoria della gente,”

diceva il Passato, “e ne alimento i ricordi e le emozioni!”
“Io,” intervenne il Presente, “aiuto le persone a discernere e a valutare le esperienze fatte con te, così che possono programmare saggiamente e con meno errori il loro avvenire!”
“E tu, cosa dici di te?” domandò il Tempo rivolto al Futuro che era rimasto in silenzio.

E questi rispose:

“Io sono il domani che dà le ali ai progetti di oggi.”
Ognuno ha un ruolo da svolgere nella vita.
È importante, però, che sia utile a sé e agli altri.

Brano senza Autore.

Crescendo impari

Crescendo impari

Crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi!
La felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l’amore sia tutto o niente!
Non è quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che esplodono fuori con tuoni spettacolari!
La felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.

Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose…

… ed impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentirti una felicità lieve.
Impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
Impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall’inverno, e che sederti a leggere all’ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.

Ed impari che l’amore è fatto di sensazioni delicate,

di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, ed impari che il tempo si dilata e che quei cinque minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore!
Ed impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
Impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
Impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.

Ed impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.

Impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami!
Impari che c’è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c’è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
Ed impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c’è nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
Ed impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

Brano tratto dal libro “Il gabbiano Jonathan Livingston.” di Richard Bach

Ricordo ancora con immensa tenerezza

quando si comunicava, non si digitava, quando si aprivano le lettere e non le notifiche, quando si corteggiava con lo sguardo e non con un “mi piace.”
Ci sono emozioni che andrebbero preservate come specie protette.

Citazione di Michelangelo da Pisa.

Il volo di Gea

Il volo di Gea

L’uccellino cinguettava “ciu ciiiiuciu ciu” e i clienti del bar del Signor Antonio entravano volentieri a prendere un caffè nella terrazza per ascoltare il suo canto delicato e trillante come tanti campanellini.
La sua voce argentina sembrava intonare un canto allegro e spensierato per la gioia dei clienti del bar che lo ascoltavano distratti e non vedevano la tristezza e la solitudine nei suoi piccoli occhi di uccellino.
Lui invece cantava ma non di allegria, il suo canto aveva parole tristi e malinconiche che gli ricordavano la sensazione del vento tra le piume delle ali e lo spettacolo magnifico delle chiome degli alberi viste da lassù, volando.

Mentre cantava riusciva a non pensare alle sbarre della gabbietta e alla noia delle giornate che si ripetevano monotone.

Un giorno però successe qualcosa, una bambina entrando nel bar per comprare un gelato ascoltò il suo canto e si sentì improvvisamente triste senza sapere bene il perché.
Allora guardò negli occhi il piccolo uccellino, si accorse che la tristezza veniva proprio da quel canto e si avvicinò alla gabbia.
“Perché sei triste?” sussurrò la bimba.
“Ciu ciiiu ciu!” trillò l’uccellino.
Gea, così si chiamava la bambina, aveva un segreto per capire gli altri anche quando le parole non erano d’aiuto:
si immaginava di essere al loro posto, si metteva nei panni degli altri per capire le loro emozioni.
E così fece, si immaginò di vivere chiusa in una piccola gabbia senza poter correre e giocare con gli amici.
Chiuse gli occhi per concentrarsi e all’improvviso sentì un formicolio alle gambe, come quando stava molto tempo nella stessa posizione:

“Forse è proprio quello che sente quest’uccellino:

di certo gli formicolano le ali per non poterle aprire e forse è triste perché non è libero di volare come gli altri uccelli”, pensò.
Per un momento le sembrò quasi che le fossero spuntate le ali e sentì un forte desiderio di volare in alto nel cielo.
Senza pensarci due volte Gea aprì la piccola gabbia sperando che nessuno la vedesse e l’uccellino la guardò cercando di capire perché quella bambina gli aveva dato la libertà.
Avrebbe voluto dimostrarle la sua gratitudine ma non sapeva come fare, allora fece un ultimo cinguettio di addio e seguì il suo istinto che gli diceva di aprire le ali e volare via.
I clienti del bar senza capire cosa fosse successo si fermarono un istante,

fu una frazione di secondo in cui sembrava che il tempo si fosse fermato.

Nessun cucchiaino suonava contro il bordo della tazza, i ragazzi che scherzavano interruppero le loro risate e persino i cellulari per un attimo smisero di suonare.
In silenzio Gea usci dal bar mangiando il suo gelato e si ritrovò a camminare per strada con lo sguardo rivolto verso il cielo, cercando distrattamente quell’uccellino dallo sguardo triste.
All’improvviso cominciò a sentire il fruscio del vento tra le dita, l’aria fresca le accarezza il viso e il rumore del traffico si sentiva in lontananza, ovattato.
Chiuse gli occhi per assaporare quella sensazione di libertà e, con gli occhi chiusi, vide la città dall’alto, il porto con le barche dei pescatori e le colline alle spalle.
Capi che era il regalo d’addio dell’uccellino, il suo modo di dirle grazie:
stava volando con lui e osservando il mondo con i suoi occhi.

Brano tratto dal libro “Chi ha paura del lupo?” di Viola Mariani

Il discepolo e il sacco di patate

Il discepolo e il sacco di patate

Un giorno il saggio diede al discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate:
“Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che non riesci a perdonare.
Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco.”

Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate.

“Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana.” disse il saggio, “Poi ne parleremo.”
Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa.
Portare il sacco non era particolarmente gravoso.
Ma dopo un po’, divenne sempre più un gravoso fardello.
Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato.

Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare.

Le patate marce emettevano un odore acre.
Non era solo faticoso portarlo, era anche sgradevole.
Finalmente la settimana terminò.
Il saggio domandò al discepolo:
“Nessuna riflessione sulla cosa?”

“Sì, Maestro!” rispose il discepolo.

“Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate.
Questa negatività diventa un fardello per noi, e dopo un po’, peggiora.” spiegò il maestro.
“Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore.
Allora, come possiamo alleviare questo fardello?” chiese il giovane discepolo.
“Dobbiamo sforzarci di perdonare!” rispose il maestro, “Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco.
Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?”
“Ci ho pensato molto, Maestro.” disse il discepolo, “Mi è costata molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Un pezzo di legno

Un pezzo di legno

C’è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d’onore, uno strano oggetto.
Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:

Il nonno, una volta mi accompagnò al parco quando ero bambino.
Era un gelido pomeriggio d’inverno.
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso.
Il suo cuore era malato, già molto malandato.

Volli andare verso lo stagno.

Era tutto ghiacciato, compatto!
“Dovrebbe essere magnifico poter pattinare,” urlai, “vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!”
Il nonno era preoccupato.
Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse:
“Stai attento!”

Troppo tardi.

Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro.
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me.
Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio.
Piangevo e tremavo.
Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante.
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte.

Il nostro dolore fu enorme.

Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e recuperai il pezzo di legno.
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua!
Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero

La leggenda della danza della luna

La leggenda della danza della luna

Molti anni or sono Luna era alta nel cielo.
Il suo cuore triste lacrimava.
Cosi decise di abbandonare il cielo e andare a vivere sulla terra.
Chiese ad una stella di donarle due piccole ali per raggiungere la terra.
La stella subito esaudì il suo desiderio.
Luna viaggiò molto.
Finalmente dopo molti mesi toccò terra.
La sua anima era ancora triste, iniziò a correre veloce nel bosco scuro.

I suoi occhi non volevano vedere e le sue orecchie non volevano sentire.

La strada era faticosa, salite discese, torrenti da attraversare, alberi sui quali camminare, ponti traballanti con grandi burroni, funi pericolanti, molti sassi grandi e piccoli sui quali camminare…
Inciampava tante volte, ma proseguì.
Iniziò a piovere molto forte.
Si creò molto fango, ma lei era coraggiosa.
Cadde e si rialzò più volte.
Capi di lasciarsi andare a quel percorso senza timore.
Cosi iniziò a strisciare, era molto forte, strisciò come un serpente.
Sapeva che sarebbe stata l’unica strada per salvarsi…
Continuando a strisciare entrò in un tunnel scuro dove incontrò molti animali in viaggio come lei.
Civette, Orsi, Lupi, Pipistrelli, Ragni, Lontre.
Tutti incitavano Luna a proseguire il suo Viaggio.

Luna gridava, piangeva.

Era disperata voleva andare via di lì, voleva la Luce più di ogni altra cosa.
E nuovamente si lasciò trasportare.
Mille emozioni attraversavano la sua forte anima.
Uscì dal tunnel, corse ancora disperata.
Poi all’improvviso si fermò.
Si guardò intorno.
Respirò profondamente.
Chiuse gli occhi.
Iniziò a danzare.
Una magica Danza.
Mai vista neppure dagli spiriti.

Si udivano in lontananza molti tamburi.

Gli spiriti del luogo videro Luna.
Si radunarono tutti e copiarono la danza.
Tutto il bosco era invaso da spiriti danzanti.
Luna danzava come il vento senza fermarsi neppure per prendere fiato, gridava, piangeva e rideva.
Venne risucchiata completamente dalla Danza, formando intorno a se una gigantesca sfera argentata che scoppiò creando una miriade di piccole luci che invasero l’Universo intero, formando tantissime stelle e giochi di colori infiniti.
Nessuno sa se la sua Danza fosse di dolore o di gioia.
Luna vive profondamente senza usare parole.
La leggenda vuole che da quel giorno molte popolazioni si riuniscono per donare alla Luna la loro Danza.
Si dice che qualcuno si trasformi ancora in Stella e che porti ovunque nell’Universo questa Danza…

Brano senza Autore, tratto dal Web

La felicità – Fabio Volo


La felicità 
Fabio Volo
(a fine pagina troverete il video di questo brano, interpretato da Giovanni Scognamiglio con base musicale “Nuvole Bianche.” di Ludovico Einaudi)

Crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi!
La felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l’amore sia tutto o niente!
Non è quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che esplodono fuori con tuoni spettacolari!
La felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.

Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose…

… ed impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentirti una felicità lieve.
Impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
Impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall’inverno, e che sederti a leggere all’ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
Ed impari che l’amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei cinque minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore!

Ed impari che basta chiudere gli occhi,

accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
Impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
Impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
Ed impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.

Impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami!

Impari che c’è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c’è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
Ed impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c’è nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
Ed impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

Brano tratto dal libro “Il Volo del Mattino.”