Il ramo e lo gnomo

Il ramo e lo gnomo

C’era una volta un giovane ramo di un grande albero.
Era nato in primavera, tra il tepore dell’aria e il canto degli uccelli.
In mezzo all’aria, alle lunghe giornate estive, al sole caldo, alle notti frizzanti, trascorse i suoi primi mesi di vita.
Era felice: aveva foglie bellissime e, poi, erano sopraggiunti fiori colorati ad adornarlo e, dopo ancora, grandi frutti succosi di cui tutti gli uccelli del cielo potevano nutrirsi.
Ma un giorno cominciò a sentirsi stanco: era arrivato l’autunno… i frutti si staccarono, le foglie cominciarono a cambiare colore, divenivano sempre più pallide.

Addirittura, di tanto in tanto, il vento se ne portava via qualcuna.

Con l’inverno venne la pioggia, e poi l’aria fredda, e il ramo si sentiva sempre peggio; non capiva cosa stesse succedendo.
In pochi giorni e in poche notti si trovò spoglio, infreddolito, completamente solo.
Rimase così qualche tempo, fin quando non capì che non poteva far altro che mettersi a cercare i suoi fiori, le sue foglie, i suoi frutti per poter di nuovo stare insieme a loro.
“Devo darmi da fare!” disse risoluto tra sé e sé.
Cominciò, allora, a chiedere aiuto a tutti i suoi amici.
Si rivolse dapprima al mattino:
“Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sai dove le posso trovare?”

Il mattino rispose:

“Ci sono alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro!”
Si rivolse a quegli alberi:
“Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sapete dirmi dove le posso trovare?”
Gli alberi risposero:
“Noi le abbiamo sempre avute, prova a chiedere agli alberi uguali a te!”
Si rivolse ai rami spogli come lui.
“Abbiamo tanto freddo anche noi, non sappiamo cosa dirti!” gli risposero.
Queste parole lo fecero sentire meno solo.
Si disse che, se avesse ritrovato le foglie, sarebbe subito corso dai suoi simili a rivelare il luogo in cui si trovavano.
Continuò la sua ricerca e chiese al vento.
“Io le foglie le porto solo via, è la pioggia che le fa crescere.” disse il vento a gran voce.

Si rivolse alla pioggia.

“Le farò crescere a suo tempo.” gli disse la pioggia tintinnando.
Si rivolse allora al tempo.
“Io so tante cose,” gli disse con voce profonda, “il tempo aggiusta tutto, non ti preoccupare: occorrono tanti giorni e tante notti!”
Si rivolse alla notte, ma la notte tacque e lo invitò a riposare.
Si sentiva infatti molto stanco.
Quel ramo così spoglio e indebolito dal freddo e dal proprio silenzio fu capito da uno gnomo, che comprese anche il suo dolore.
Allora il ramo parlò ancora e disse:
“Mi è sembrato di chiudere gli occhi, e, dopo averli riaperti, non ho più trovato le mie foglie, non sono stato più capace di vederle!”
Lo gnomo pensò a lungo, poi capì:
si tolse gli occhiali e li posò sul naso del ramo, spiegandogli che erano occhiali magici che servivano per guardare dentro di sé.
Il ramo, allora, aprì bene gli occhi e… meraviglia… vide che dentro di sé qualcosa si muoveva, sentiva un rumore, vedeva qualcosa circolare, provò ad ascoltare, guardò a fondo:
era linfa, linfa viva che si muoveva in lui.

Incredulo, disse allo gnomo ciò che vedeva.

Lo gnomo gli spiegò che le foglie, i fiori e i frutti nascono grazie alla linfa oltre che al caldo sole, all’aria di primavera e alla pioggia.
“Se hai linfa dentro di te, hai tutto!” gli disse, “non occorre chiedere più nulla a nessuno, ma insieme all’acqua, alla luce, all’aria, agli altri rami, le foglie rinasceranno: le hai già dentro!”
Il ramo, immediatamente, si sentì più forte, rinvigorì:
aveva la linfa in sé, non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa che circolava in lui.
La linfa da cui, un giorno, sarebbero rinate le amiche foglie.

La sofferenza dell’albero è la nostra sofferenza, quando non comprendiamo il perché delle cose che ci accadono.
Una parola amica, un suggerimento, un consiglio, una frase possono ridarci la carica per tornare a vivere ed affrontare la vita.
In fondo l’uomo è così ricco di energie, di capacità, di creatività, sa come andare alla scoperta dei propri talenti per sfruttarli al meglio per sé e per gli altri.

Brano senza Autore

La rana ed il bue

La rana ed il bue

C’era una volta una rana che con i suoi ranocchi stava sulle tranquille acque di uno stagno.
Era una bella mattina di primavera.
D’improvviso arrivò un enorme bue.

In modo tranquillo iniziò a brucare l’erba ai bordi dello stagno.

I ranocchi rimasero stupiti dalla grandezza di quell’animale.
Presa dall’invidia per l’imponenza del bue, la rana prese a gonfiare la sua pelle rugosa.
La rana pensava che sarebbe potuta diventare enorme come il bue.

Sta di fatto che la rana cominciò a gonfiarsi e a gonfiarsi…

Si gonfiò d’aria così tanto, che tutta la pelle le tirava.
Chiese ai suoi ranocchi:
“Sono grossa come il bue?”

I ranocchietti risposero:

“No, mamma.”
La rana raccolse tutte le sue energie e continuò a gonfiarsi.
Si gonfiò, si gonfiò, si gonfiò… così tanto che finì per scoppiare!

Brano di Fedro

Un posto a sedere

Un posto a sedere

C’era una volta un uomo che acquistò una casa e impegnò tutto il suo tempo e le sue energie per farla diventare una reggia.
Si alzava al mattino presto e subito a lavoro per realizzare la sua reggia.
Passarono gli anni, la casa cambiò d’aspetto, ma questo non gli bastava, la voleva ancora più bella, così continuò con modifiche e ritocchi, tanto che la gente del suo paese diceva:

“Ma come è cambiata questa casa!” e questo rallegrava il proprietario.

Questo signore aveva a cuore solo il suo progetto tanto che i compaesani bussarono alla sua casa per dirgli:
“Il parroco vorrebbe vederti domenica in parrocchia.”
Ma lui non volle smuoversi dalla sua casa:
“Ho da fare, devo finire qui, non mi scocciate!”
Altre persone gli fecero lo stesso annuncio ed ebbero la stessa risposta.
Un giorno andò anche il parroco del paese a parlargli ed ebbe la stessa risposta.

L’uomo terminò la sua villa e un giorno anche la morte bussò alla sua porta:

“Stavolta devi venire per forza!”
E comparve alla presenza dell’Altissimo però non trovò posto dove sedersi e si domandò:
“Mi scusi, non trovo un posto per sedermi.”
E il Signore rispose:
“Ti ho mandato tante persone per farti venire ad occupare il tuo posto e tu non sei mai venuto.
Ora se vuoi sederti devi usare per forza questa.”

E gli mostrò la prima pietra che usò per erigere la sua villa.

Era una pietra piccola e scomoda e non dava possibilità di sedersi bene.
L’uomo si lamentava e chiese se si poteva avere un’altra sedia.
Il Signore gli disse:
“Questa è la sedia che ti sei portato, hai fatto tutto tu, io non c’entro nulla!”

Brano di Stefano Molisso