La prova di coraggio

La prova di coraggio

“Se vuoi entrare nella nostra banda, lo devi fare!” disse Pietro a muso duro.
Ale fissava la punta delle scarpe.
“Non ho mai rubato!” mormorò.
“C’è sempre una prima volta.
E una prova di coraggio è una prova di coraggio!” ribatté Pietro.
“Non avere fifa!” lo incoraggiò Berni, “Noi distraiamo il vecchio e tu fai sparire il cioccolato in tasca. Dai!”
Ale scrollò le spalle:
“Non è una gran prova di coraggio fregare cioccolato a un vecchio!”
“Vuoi essere dei nostri, sì o no?” chiese allora Pietro, “O sei un vigliacco?”
“Io non sono un vigliacco!” rispose Ale.
E si diressero tutti e tre verso la piccola bottega che vendeva un po’ di tutto.

Il campanello della porta trillò.

Il vecchio li guardò da sopra gli occhiali e li salutò con un cenno del capo.
Pietro e Berni finsero di esaminare la merce con aria indolente.
Poi richiamarono l’attenzione del bottegaio nell’angolo dei quaderni:
“Quanto costa questo?”
“Cinquanta centesimi!” rispose gentilmente il vecchio.
Nella parte opposta del negozio Ale con mossa rapida fece scivolare alcune confezioni di cioccolato nelle tasche.
I ragazzi pagarono il quaderno.
Il vecchio regalò a ciascuno una gomma da masticare.
Lo faceva con tutti i bambini.
I ragazzini corsero via eccitati.
Ai giardini, Ale consegnò il bottino.
“Cioccolato con le nocciole! Grande!” esclamarono i due.

Lo divorarono.

Ale lo trovò spiacevolmente amaro.
“Ora sei dei nostri!” disse Pietro e gli diede un rumoroso “cinque.”
“Io vado a casa!” mormorò Ale.
Passò la serata a studiare e andò a letto senza discutere.
Il mattino dopo, ebbe un tuffo al cuore passando davanti alla bottega del vecchietto.
Alla fine della mattinata di scuola cincischiò con libri e zainetto finché rimase solo, poi entrò nella bottega.
Il campanello trillò e il vecchietto lo accolse cordialmente.
Il ragazzino mise una banconota accanto alla cassa.

“Tre tavolette di cioccolato!” disse.

“Prendile pure Ale!” rispose il vecchio.
“Le ho già prese ieri, signore!” mormorò il bambino arrossendo, che aggiunse:
“Ho dovuto farlo.
Era una prova di coraggio…”
Il vecchio prese la banconota e gli diede il resto, come sempre regalò ad Ale una gomma da masticare.
Poi fece un cenno di approvazione con il capo:
“La prova di coraggio l’hai superata oggi!”

Brano senza Autore

La bambina salvata

La bambina salvata

Una bambina, i cui genitori erano morti, viveva con la nonna e dormiva in una camera al piano di sopra.
Una notte vi fu un incendio nella casa e la nonna perì cercando di salvare la bambina.
Il fuoco si diffuse rapidamente e il primo piano della casa fu ben presto avvolto dalle fiamme.
I vicini chiamarono i pompieri, poi rimasero lì senza poter fare niente, incapaci di entrare in casa visto che le fiamme bloccavano tutti gli ingressi.
La bambina comparve da una finestra del piano di sopra, chiamando aiuto, proprio quando tra la folla si diffuse la notizia che i pompieri avrebbero tardato di qualche minuto, poiché erano tutti impegnati in un altro incendio.
All’improvviso comparve un uomo con una scala, il quale la appoggiò al fianco della casa e scomparve all’interno.

Quando ricomparve aveva fra le braccia la bambina.

Consegnò la bambina alle mani in attesa lì sotto, quindi scomparve nella notte.
Un’indagine rivelò che la bambina non aveva parenti in vita e, alcune settimane più tardi, si tenne in municipio una riunione per stabilire chi l’avrebbe presa in casa e l’avrebbe allevata.
Un’insegnante disse che le sarebbe piaciuto allevare la bambina.
Mise in risalto che le poteva assicurare una buona istruzione.
Un contadino le offrì di crescere nella sua azienda agricola.
Sottolineò che vivere in campagna era sano e ricco di soddisfazioni.
Parlarono altri, che esposero le loro ragioni per le quali fosse vantaggioso per la bambina vivere con loro.

Alla fine il più ricco cittadino si alzò e disse:

“Io posso offrire alla bambina tutti i vantaggi che voi avete menzionato qui, più i soldi e tutto ciò che si può comprare con i soldi.”
Per tutto questo tempo la bambina era rimasta in silenzio, con gli occhi fissi sul pavimento.
“Nessun altro vuole parlare?” domandò il presidente dell’assemblea.
Dal fondo della sala si fece avanti un uomo.
Aveva un’andatura lenta e sembrava soffrire.
Quando giunse davanti a tutti, si mise direttamente di fronte alla bambina e allungò le braccia.
La folla rimase senza fiato.
Le mani e le braccia erano orribilmente sfigurate.

La bambina esclamò:

“Questo è l’uomo che mi ha salvata!”
Con un balzo, gettò le braccia al collo dell’uomo, tenendolo stretto come per salvarsi la vita, come aveva fatto in quella notte fatale.
Nascose il volto nelle spalle di lui e singhiozzò per qualche istante.
Quindi alzo gli occhi e gli sorrise.
“La seduta è sospesa!” disse il presidente.

Brano tratto dal libro “Brodo caldo per l’anima. Volume 2” di Jack Canfield e Mark Victor Hansen

L’uomo che voleva essere accolto in paradiso

L’uomo che voleva essere accolto in paradiso

Una volta un uomo bussò alla porta del cielo e chiese di essere accolto in paradiso!
“Puoi rimanere qui solo se torni sulla terra e porti la cosa più preziosa che trovi!” gli disse gentilmente un angelo.
Molto triste, l’uomo tornò sulla terra e si diede da fare finché riuscì ad entrare in possesso dei gioielli della corona del re Ciro.
E portò i magnifici gioielli della corona alla porta del cielo…

Ma gli angeli guardiani scossero la testa:

“Questo non significa niente qui!
Le nostre strade sono lastricate di pietre preziose.
Tutti i nostri muri sono fatti d’oro!
Non hanno alcun valore.
Questi non sono altro che cose comune qui!”
L’uomo se ne tornò triste sulla terra e ricominciò a cercare!
Visitando un museo scoprì, abbandonata in un angolo, la spada di Alessandro Magno.
La portò in paradiso.

Ma gli angeli inesorabili gli dissero:

“Tutto il potere della terra qui non significa niente!
Scendi di nuovo sulla terra e portaci qualcosa di veramente prezioso!”
L’uomo tornò sulla terra.
Cercò e cercò finché, nella vecchia biblioteca di un monastero, ormai ridotto ad un rudere, trovò i “detti” inediti della “sapienza” di Salomone.
Portò il suo tesoro in cielo.
“La saggezza del mondo non ha più senso, qui!” gli spiegarono gli angeli.
Così, tristemente, tornò di nuovo sulla Terra.
Studiò e studiò: camminò e camminò.
Provò di tutto!
Un giorno si sedette stremato sulla panchina di un piccolo giardino pubblico.
Era molto stanco!

Nella buca della sabbia i bambini giocavano.

La voce di un bambino lo scosse!
Aveva le lacrime agli occhi e le mani impiastricciate di sabbia:
“Signore non riesco a fare un tunnel, mi aiuti?”
L’uomo asciugò le lacrime del bambino e si inginocchiò nella sabbia.
Scavò finché non riuscì a costruire una galleria abbastanza resistente!
Il bambino riprese a far correre le sue palline colorate.
Proprio in quel momento l’uomo fu richiamato in cielo.
Mostrò le sue mani agli angeli guardiani!
Erano vuote tranne qualche traccia delle lacrime del bambino ed alcuni granelli di sabbia…
Era rassegnato ad un nuovo rifiuto, invece gli angeli sorrisero e spalancarono la porta mentre il coro dei “beati” intonava un grande “Alleluia!” di benvenuto!

Brano senza Autore

Un giovane e un anziano

Un giovane e un anziano

Un giorno, un giovane volle consultare un anziano su un problema che gli stava a cuore…
“Mio signore,” gli disse, “voglio confessarti una cosa:
non riesco ad avere un amico.
Mi sapresti dare un consiglio?”

L’anziano sorrise e rispose:

“Posso solo dirti di me.
Quand’ero ragazzo fra cento ragazzi, ne ebbi uno, di amico.
Fu una cosa bellissima che diede i suoi frutti e poi terminò.
Quando divenni adulto fra mille adulti, ne ebbi un altro, di amico.
Fu una cosa bellissima, ma l’amico morì ed anch’io mi sentii morire.
Ora che sono diventato anziano fra diecimila anziani, adulti e giovani, ho rinunciato ad avere un amico e ho preferito esserlo io, un amico, ogni giorno e ogni ora, di qualcuno che non so chi sia e non so dove sia.”
“Non dev’essere facile…” mormorò il giovane.
“Forse non lo è, perché cercare di essere amico significa, prima di tutto, rinunciare ad averne uno.
Ma forse lo è, perché proprio rinunciando ad averne uno se ne possono avere tanti!” spiego il maestro.
“Non si saprà mai chi saranno?” domandò il giovane.

“Mai.

Tenere il cuore spalancato perché tutti vi possano entrare, dare sempre fiducia perché tutti ne possano attingere, rispettare ognuno perché ognuno si senta se stesso ti rende, insieme, amato ed odiato, incomprensibile ed imprendibile.
Chi cerca di essere amico, è un po’ come il mare, fatto di tenera acqua, ma acqua salata.
Chi ha come amico il mare, me lo sai dire?” domandò il maestro.
“Il cielo!” rispose il giovane.

“Infatti.

Chi cerca di essere amico può solo sperare che il cielo gli sorrida; e che i gabbiani non smettano di posarglisi sopra!” concluse il maestro.
A questo punto il giovane tacque a lungo, avvolto in profondi pensieri.
Poi guardò l’anziano con uno strano sorriso e gli chiese:
“Mi permetti di essere un tuo gabbiano?”
L’anziano gli rispose:
“Benvenuto!”

Brano senza Autore

La studentessa ed il prete professore

La studentessa ed il prete professore

Una studentessa irrequieta aveva vissuto la brutta esperienza di una “overdose”:
come tanti suoi coetanei aveva deciso di “risolvere” i propri problemi d’infelicità nello sballo.
Tuttavia, invece di essere consegnata alla polizia, fu accompagnata dagli amici in una comunità di accoglienza.
Quando la situazione lo permise, il prete che guidava la comunità, un uomo colto e preparato, professore di teologia e di psicologia, la invitò nel suo ufficio.

Così ricorda:

“Ogni sua parola era intercalata da una bestemmia.
Devo ammettere che in quel momento mi chiesi se mangiasse con la stessa bocca con cui parlava.
Cominciò col raccontarmi del suo “brutto viaggio”!”
I colloqui, nonostante tutto, continuarono.
“Ero semplicemente e completamente sconvolto dalle cose che mi descriveva ad ogni nostra seduta!” riferisce il prete, che cercava di cambiare la ragazza con i ragionamenti più sottili e convincenti.
Quando per gli studenti iniziarono le vacanze estive, finirono gli incontri tra il professore e la ragazza.
Alla ripresa autunnale, la ragazza non si fece vedere.
Il prete domandò alla sua migliore amica dove fosse.
“Oh,” disse l’amica, “si è convertita e adesso vive in una comunità cristiana del Nord, e scrive lettere come una suora!”

Il prete rimase di stucco:

non se lo sarebbe proprio aspettato.
Passarono diversi mesi ed un giorno la ragazza tornò per vedere la famiglia e gli amici.
Andò anche nell’ufficio del prete e per prima cosa lo abbracciò.
Era evidentemente molto cambiata.
Il prete le chiese come fosse avvenuta la sua conversione e soprattutto se era stato grazie ai loro colloqui, ma lei rispose:
“Oh, no.
Lei mi ha trattata con i guanti di velluto.
Il cuoco della pizzeria in cui ho lavorato quest’estate, invece, ha usato dei modi diversi.

Più di una volta mi ha detto, con il suo forte accento:

“Certo che sembri proprio triste, ragazza.
Perché non permetti a Gesù Cristo di entrare nella tua vita?
Lascia che Gesù esca dalle pagine della Bibbia per entrare nella tua vita!”.”
La ragazza sorrise e continuò:
“Io gli rispondevo:
“Taglia corto con queste fesserie” ma, a sua insaputa, cominciai a leggere la Bibbia tutte le sere.
E, una di quelle sere, Gesù Cristo “uscì” veramente da quelle pagine per entrare nella mia vita.”
Il prete professore con tutti i suoi gradi accademici era stato completamente superato dal cuoco di una pizzeria.

Brano senza Autore

Il sogno (Vai in chiesa tu e prega per tutti e due!)

Il sogno
(Vai in chiesa tu e prega per tutti e due!)

Un uomo aveva l’abitudine di dire ogni domenica mattina a sua moglie:
“Vai in chiesa tu e prega per tutti e due!”

Agli amici diceva:

“Non c’è bisogno che io vada in chiesa:
c’è mia moglie che va per tutti e due!”
Una notte quell’uomo fece un sogno.
Si trovava con sua moglie davanti alla porta del Paradiso e

aspettava per entrare.

Lentamente la porta si aprì e udì una voce che diceva alla moglie:
“Tu puoi entrare per tutti e due!”
La donna entrò e la porta si richiuse.

L’uomo ci rimase così male che si svegliò.

La più sorpresa fu sua moglie, la domenica dopo, quando all’ora della Messa si trovò accanto il marito che le disse:
“Oggi vengo in chiesa con te.”

Brano di Bruno Ferrero

Diventerai una persona straordinaria

Diventerai una persona straordinaria

C’è un vecchio detto dalle mie parti:
“Se a una libellula togli le ali, avrai un brutto insetto.
Ma se a un brutto insetto aggiungi le ali, avrai una libellula.”
Questo detto mi ha fatto tornare in mente la mia maestra delle scuole elementari, la signora Dalla Torre, la quale aveva previsto grandi cose per il mio futuro.
Ora vi racconterò brevemente un fatto che ora che ci penso, ha proprio cambiato in positivo la mia vita.

Ero un ragazzino ordinario da tutti i punti di vista.

Ero di statura normale e provenivo da una famiglia del ceto medio.
Non ero lo studente più brillante, ma non ero nemmeno il peggiore della classe.
Ricordo la signora Dalla Torre come una donna severa sui trentacinque anni.
Aveva un figlio che frequentava la mia stessa scuola:
io lo conoscevo bene perché l’anno precedente giocavamo nella stessa squadra di calcio.
Un giorno, mentre attraversavo il cortile alla fine delle lezioni, il figlio della signora Dalla Torre si avvicinò e mi invitò ad andare a giocare ai videogiochi a casa sua.
L’idea mi tentava, ma avevo paura di imbattermi nella signora Dalla Torre.

Compresa la mia esitazione,

il mio amico mi assicurò che sua mamma rientrava di rado prima delle quattro del pomeriggio.
Acconsentii, facendo presente che me ne sarei andato prima di quell’ora.
Ci divertimmo moltissimo con i suoi videogiochi, che ci rapirono al punto da farci dimenticare l’orario.
Ad un certo punto la porta di casa si spalancò e sentii la signora Dalla Torre entrare.
Mi irrigidii, immaginando che sarei stato sgridato oppure messo in castigo per aver giocato invece di fare i compiti.
Con mia sorpresa, la signora Dalla Torre mi salutò con un gran sorriso.
Si rivolse a me con gentilezza e mi abbracciò come se fossi suo figlio.
Grazie a quell’abbraccio compresi che la mia maestra in realtà era una persona gentile e amorevole, che in classe appariva severa per mantenere il controllo dei suoi scolari.
Preparò una merenda buonissima a base di Nutella, una cosa che accordava a suo figlio soltanto in rare occasioni:

mi fece sentire così un ospite speciale.

Mentre mangiavo mi accarezzò affettuosamente il capo e disse:
“Sarai un buon studente e un autentico modello per i tuoi amici.
Sono sicura che diventerai una persona straordinaria, che porterà saggezza e felicità a tantissima gente.”
Nel mio giovane cuore provai un’emozione difficile da esprimere a parole.
Di fatto, dopo quel giorno, mi misi a studiare sodo e cercai di essere un esempio positivo per gli altri studenti.
Poiché la signora Dalla Torre aveva riposto la sua fiducia in me, ero determinato a non deluderla.
Oggi, ora, penso di essere diventato ciò che sono, grazie alle sue parole di quel pomeriggio.
Senza quel suo incoraggiamento non avrei avuto la fiducia necessaria per eccellere negli studi, né per diventare docente universitario e guida spirituale.
Oggi non manco mai di infondere motivazione nei miei studenti e al prossimo.

Brano senza Autore

100 punti per il paradiso

100 (Cento) punti per il paradiso

Una buona cristiana si presentò alla porta del Cielo.
Era tutta intimorita.
San Pietro la ricevette cordialmente.
Cercò di rassicurarla, ma le disse serio:
“Per entrare in Paradiso, ci vogliono cento punti!”

La brava donna cominciò a elencare:

“Sono stata fedele a mio marito per tutta la vita.
Ho educato cristianamente i miei figli; non ci sono riuscita tanto, ma ho fatto tutto quel che ho potuto.
Sono stata catechista per ventidue anni.
Ho fatto volontariato per le Missioni e ho dato una mano alla Caritas.
Ho cercato sempre di sopportare le persone che mi stavano accanto, soprattutto il parroco e i miei vicini di casa…”
Quando si fermò a tirare il fiato, San Pietro le disse:
“Due punti e mezzo.”
Per la donna fu un pugno nello stomaco.

Allora riprovò:

“E… Ah sì!
Ho assistito i miei vecchi genitori.
Ho perdonato a mia sorella che mi faceva la guerra per via dell’eredità … e… Ecco!
Non ho mai saltato una Messa la domenica, eccetto che per la nascita dei miei figli.
Ho anche partecipato a dei ritiri e alle conferenze quaresimali…
Ho recitato sempre le preghiere…
E il rosario nel mese di maggio…”
San Pietro le disse:
“Siamo a tre punti.”
La donna si demoralizzò.
Come poteva arrivare a cento punti?
Aveva detto l’essenziale e le riusciva difficile trovare ancora qualcosa.

Con le lacrime agli occhi e la voce tremante, disse:

“Se è così, posso contare solo sulla misericordia di Dio!”
“Cento punti!
Prego, si accomodi, la stavamo aspettando!” esclamò San Pietro…
Anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, col cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, poiché so quanto egli ami il figliol prodigo che ritorna a lui.

Brano di Santa Teresa di Lisieux

Il sogno ed il tesoro

Il sogno ed il tesoro

Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam raccontava la storia di Rabbi Ezechia, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia.
Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale.
Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Ezechia si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga.
Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato.

Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera.

Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno.
Ezechia gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese.
Il capitano scoppiò a ridere:
“E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi?
Ah, ah, ah!
Stai fresco a fidarti dei sogni!
Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Ezechia, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa!
Ezechia, figlio di Jekel, ma scherzi?
Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Ezechia e l’altra metà Jekel!”

E rise nuovamente.

Ezechia lo salutò, tornò a casa sua e cercò sotto la stufa.
Trovò il tesoro e lo dissotterrò e con esso costruì la sinagoga del suo villaggio.
Il maestro divenne famoso mentre era ancora in vita.
Raccontavano che Dio stesso una volta avesse cercato il suo consiglio:
“Voglio giocare a nascondino con l’umanità.
Ho chiesto ai miei angeli quale sia il posto migliore per nascondersi.
Alcuni dicono le profondità dell’oceano.
Altri la vetta della montagna più alta.
Altri ancora la faccia nascosta della luna o una stella lontana.
Tu cosa mi consigli?”

Rispose il maestro:

“Nasconditi nel cuore umano.
È l’ultimo posto a cui penseranno!”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Tutti noi possiamo fare la differenza (La storia di Shay)

Tutti noi possiamo fare la differenza (La storia di Shay)

Ad una cena di beneficenza per una scuola che cura bambini con problemi di apprendimento, il padre di uno degli studenti fece un discorso che non sarebbe mai più stato dimenticato da nessuno dei presenti.
Dopo aver lodato la scuola ed il suo eccellente staff, egli pose una domanda:
“Quando non viene raggiunta da interferenze esterne, la natura fa il suo lavoro con perfezione.
Purtroppo mio figlio Shay non può imparare le cose nel modo in cui lo fanno gli altri bambini.
Non può comprendere profondamente le cose come gli altri.
Dov’è il naturale ordine delle cose quando si tratta di mio figlio?”
Il pubblico alla domanda si fece silenzioso.

Il padre continuò:

“Penso che quando viene al mondo un bambino come Shay, handicappato fisicamente e mentalmente, si presenta la grande opportunità di realizzare la natura umana e avviene nel modo in cui le altre persone trattano quel bambino.”
E da quel momento in poi, cominciò a narrare una storia:
“Shay e suo padre passeggiavano nei pressi di un parco dove Shay sapeva che c’erano bambini che giocavano a baseball.
Shay chiese:
“Pensi che quei ragazzi mi faranno giocare?”
Il padre di Shay sapeva che la maggior parte di loro non avrebbe voluto in squadra un giocatore come Shay, ma sapeva anche che se gli fosse stato permesso di giocare, questo avrebbe dato a suo figlio la speranza di poter essere accettato dagli altri a discapito del suo handicap, cosa di cui Shay aveva immensamente bisogno.
Il padre si Shay si avvicinò ad uno dei ragazzi sul campo e chiese (non aspettandosi molto) se suo figlio potesse giocare.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di consenso e disse:
“Stiamo perdendo di sei punti e il gioco è all’ottavo inning.

Penso che possa entrare nella squadra:

lo faremo entrare nel nono!”
Shay entrò nella panchina della squadra e con un sorriso enorme, si mise la maglia del team.
Il padre guardò la scena con le lacrime agli occhi e con un senso di calore nel petto.
I ragazzi videro la gioia del padre all’idea che il figlio fosse accettato dagli altri.
Alla fine dell’ottavo inning, la squadra di Shay prese alcuni punti ma era sempre indietro di tre punti.
All’inizio del nono inning Shay indossò il guanto ed entrò in campo.
Anche se nessun tiro arrivò nella sua direzione, lui era in estasi solo all’idea di giocare in un campo da baseball e con un enorme sorriso che andava da orecchio ad orecchio salutava suo padre sugli spalti.

Alla fine del nono inning la squadra di Shay segnò un nuovo punto:

ora, con due out e le basi cariche si poteva anche pensare di vincere e Shay era incaricato di essere il prossimo alla battuta.
A questo punto, avrebbero lasciato battere Shay anche se significava perdere la partita?
Incredibilmente lo lasciarono battere.
Tutti sapevano che era una cosa impossibile per Shay che non sapeva nemmeno tenere in mano la mazza, tanto meno colpire una palla.
In ogni caso, come Shay si mise alla battuta, il lanciatore, capendo che la squadra stava rinunciando alla vittoria in cambio di quel magico momento per Shay, si avvicinò di qualche passo e tirò la palla così piano e mirando perché Shay potesse prenderla con la mazza.
Il primo tiro arrivò a destinazione e Shay dondolò goffamente mancando la palla.
Di nuovo il tiratore si avvicinò di qualche passo per tirare dolcemente la palla a Shay.
Come il tiro lo raggiunse, Shay dondolò e questa volta colpì la palla che ritornò lentamente verso il tiratore.
Ma il gioco non era ancora finito.
A quel punto il battitore andò a raccogliere la palla:
avrebbe potuto darla all’ uomo in prima base e Shay sarebbe stato eliminato e la partita sarebbe finita.
Invece…
Il tiratore lanciò la palla di molto oltre l’uomo in prima base e in modo che nessun altro della squadra potesse raccoglierla.

Tutti dagli spalti e tutti i componenti delle due squadre incominciarono a gridare:

“Shay corri in prima base!
Corri in prima base!”
Mai Shay in tutta la sua vita aveva corso così lontano, ma lo fece e così raggiunse la prima base.
Raggiunse la prima base con occhi spalancati dall’emozione.
A quel punto tutti urlarono:
“Corri fino alla seconda base!”
Prendendo fiato Shay corse fino alla seconda trafelato.
Nel momento in cui Shay arrivò alla seconda base la squadra avversaria aveva ormai recuperato la palla…
Il ragazzo più piccolo di età che aveva ripreso la palla quindi sapeva di poter vincere e diventare l’eroe della partita, avrebbe potuto tirare la palla all’uomo in seconda base ma fece come il tiratore prima di lui, la lanciò intenzionalmente molto oltre l’uomo in terza base e in modo che nessun altro della squadra potesse raccoglierla.
Tutti urlavano:
“Bravo Shay, vai così!
Ora corri!”
Shay raggiunse la terza base perché un ragazzo del team avversario lo raggiunse e lo aiutò girandolo nella direzione giusta.
Nel momento in cui Shay raggiunse la terza base tutti urlavano di gioia.

A quel punto tutti gridarono:

“Corri in prima, torna in base!”
E così fece:
da solo tornò in prima base, dove tutti lo sollevarono in aria e ne fecero l’eroe della partita.”
“Quel giorno,” disse il padre piangendo, “i ragazzi di entrambe le squadre hanno aiutato a portare in questo mondo un grande dono di vero amore ed umanità!
Shay non è vissuto fino all’estate successiva.
È morto l’inverno dopo ma non si è mai più dimenticato di essere l’eroe della partita e di aver reso orgoglioso e felice suo padre.
Non dimenticò mai l’abbraccio di sua madre quando tornato a casa le raccontò di aver giocato e vinto.”

Ed ora una piccola nota al fondo di questa storia:

“Tutti noi possiamo fare la differenza!”
Tutti noi abbiamo migliaia di opportunità, ogni giorno, di aiutare il “naturale corso delle cose” a realizzarsi.
Ogni interazione tra persone, anche la più inaspettata, ci offre una opportunità:
passiamo una calda scintilla di amore e umanità o rinunciamo a questa opportunità e lasciamo il mondo.
Un uomo saggio una volta disse che ogni società è giudicata in base a come tratta soprattutto i meno fortunati:
“Ora a te fare la differenza!”
Molti fra noi hanno pensato fino ad oggi che la prova di coraggio più grande, fosse restare fedeli a se stessi, essere capaci di andare controcorrente, parlare con integrità:
ma fin qui siamo stati solo fortunati, perché non ci è stato chiesto nulla di più.
Ma ora ci vuole niente a capire che i tempi sono cambiati e impegnarsi in una battaglia politica in questo momento significa essere chiamati ad assumere impegni ben diversi.
In un mondo dove conta solo il successo, in una società dove tutto si compra e tutto si vende, ritengo che ci sia bisogno di persone desiderose di impegnarsi per gli altri con coraggio e con sacrificio.
Perché il coraggio è dote del cuore e solo chi non ha cuore ha paura.
Ed io non ho paura:
lavoro con pazienza ad un grande progetto, lavoro da anni alla tutela e per il rispetto per ogni uomo dei diritti civili fondamentali!

Brano senza Autore.