Nankurunaisa

Il senso di questa parola, molto popolare in Giappone ed esportata in tutto il mondo è:
Le cose andranno da sé.” oppure, comunemente, “Con il tempo si sistema tutto.”

Citazione Anonima.

Una ragazza e due monaci

Una ragazza e due monaci

Due monaci, un vecchio e un novizio, stavano ritornando al loro monastero in Giappone camminando sotto la pioggia lungo un fangoso sentiero.
Incontrarono una bella ragazza che guardava impotente quel fiume di fango.

Voleva attraversarlo, ma non poteva.

Vedendo la situazione, il monaco anziano la prese sulle sue robuste spalle e la portò dall’altra parte.
La donna gli teneva le braccia attorno al collo sorridendogli, finché il monaco la depose dolcemente dall’altra parte.
La donna si inchinò per ringraziarlo e i due monaci continuarono per la loro strada.

Quando furono in vista del monastero,

il novizio non riuscì più a trattenersi.
“Come hai potuto prendere una donna in braccio?
Un tale comportamento non si addice a un monaco!”

Il vecchio monaco guardò il suo giovane compagno e rispose:

“Io l’ho lasciata là.
Tu la stai ancora portando?”

Storia Zen
Brano tratto dal libro “La via del guerriero di pace: Un libro che cambia la vita.” di Daniel Jay “Dan” Millman

L’importanza del silenzio

L’importanza del silenzio

Gli allievi della scuola di Tendai solevano studiare meditazione anche prima che lo Zen entrasse in Giappone.
Quattro di loro, che erano amici intimi, si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio.

Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro.

La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici; ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche, uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo:
“Regola quella lampada!”
Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo:

“Non dovremmo dire neanche una parola!” osservò.

“Siete due stupidi.
Perché avete parlato?” disse il terzo.
“Io sono l’unico che non ha parlato!” concluse il quarto.

Storia Zen
Brano senza Autore, tratto dal Web

Guarda dove vai (La candela spenta)


Guarda dove vai
(La candela spenta)

Nei tempi remoti, in Giappone, si usavano lanterne di carta e di bambù con le candele dentro.
Una notte, a un cieco che era andato a trovarlo,

un tale offrì una lanterna da portarsi a casa.

“A me non serve una lanterna.” disse il cieco, “Buio o luce per me sono la stessa cosa!”
“Lo so che per trovare la strada a te non serve una lanterna,” rispose l’altro, “ma se non la hai, qualcuno può venirti addosso.
Perciò devi prenderla.”
Il cieco se ne andò con la lanterna, ma non era ancora andato molto lontano

quando si sentì urtare con violenza.

“Guarda dove vai!” esclamò il cieco allo sconosciuto, “Non vedi questa lanterna?”
“La tua candela si è spenta, fratello!” rispose lo sconosciuto.

Storia Zen
Brano senza Autore, tratto dal Web

Forse un giorno ci rincontreremo

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Ringraziamenti

Forse un giorno ci rincontreremo
Racconto liberamente ispirato al progetto “Education Against Discrimination”, Erasmus+ Youthpass, Mobility of Youth Workers.

L’altro giorno, all’uscita da un centro commerciale, mentre con un amico stavamo per raggiungere la nostra automobile per rientrare a casa, abbiamo notato una giovane coppia che litigava perché nessuno dei due stava riuscendo ad aprire la loro macchina con il telecomando.
Entrambi erano particolarmente nervosi, ma prima che arrivassimo alla nostra automobile, dopo l’ennesimo tentativo, i due finalmente riuscirono ad aprire la macchina ed ad andarsene.

Questa scena mi fece tornare in mente un episodio di qualche anno fa e, nel tragitto per rientrare a casa, raccontai il tutto al mio amico:

“Qualche anno fa, mi dovetti trasferire per lavoro in una piccola cittadina di montagna del nord Italia.
Mancavano circa dieci giorni al mio rientro a casa e se non ricordo male, era pieno inverno.
Mentre stavo rientrando in albergo, ed ero giunto a poche centinaia di metri di distanza da esso, sopraggiunse un fortissimo temporale e, per ripararmi temporaneamente dall’acqua battente, mi fermai sotto ad un balcone.
Ad un certo punto, non molto lontano da dove mi trovavo, vidi due persone che cercavano di aprire con foga il portellone laterale di un piccolo bus.
Erano letteralmente inzuppati di acqua e, non appena fu possibile, mi avvicinai per cercare di dar loro una mano.
Mi spiegarono che non riuscivano a far scendere i passeggeri, così con buona lena, anche io provai a dar loro supporto per aprire il portellone.
Alcuni minuti e diversi tentativi dopo, finalmente, riuscimmo ad aprire il portellone.

Scesero circa dieci adulti e tre bambini.

Subito dopo, mi avviai verso l’albergo, quando una delle due persone a cui avevo dato una mano, mi raggiunse e mi chiese di unirmi a loro per un veloce coffee break.
Rifiutai, perché non vedevo l’ora di andare a rilassarmi per un po’ in camera, ma avendo capito di essere ospiti dello stesso albergo, mi invitarono ad unirmi a cena con loro.
Accettai, e poco prima del momento della cena, scesi nella hall, dove incontrai il signore conosciuto precedentemente, che si presentò come la guida del gruppo in quella zona, in compagnia di una docente universitaria italiana di meteorologia.
Mi illustrarono le attività che avrebbero dovuto fare in zona e, mi presentarono tutti i partecipanti provenienti un po’ da tutto il mondo.
Del gruppo facevano parte una coppia di donne americane con le loro piccole gemelle di circa cinque anni, una coppia del Marocco con un altro bambino piccolo, un giapponese, un coreano e due giovani ragazze che arrivavano dall’Inghilterra.
A questo variegato gruppo, poco dopo, si aggiunse anche una bellissima ragazza italiana del luogo, che aveva il compito di fare da babysitter ai bambini, soprattutto quando i genitori erano in escursione nelle montagne, ma che sarebbe comunque rimasta con loro per tutto il tempo.

Comunicavano quasi esclusivamente in inglese,

e per me non fu certo semplice riuscire a capire cosa cercassero di dirmi in ogni momento, ma con qualche aiuto e qualche bicchiere di vino, la serata trascorse in modo piacevole.
Mi dissero che erano tutti docenti universitari nelle loro rispettive nazioni e che sarebbero rimasti in quel piccolo paesino per circa quindici giorni, perché volevano capire e studiare quanto le abbondanti piogge influissero sul terreno, che durante la stagione autunnale produceva dei magnifici funghi.
Quella sera ci congedammo, e nei giorni seguenti, la cena multiculturale con tutti loro divenne per me un prerogativa e un momento di convivialità.
Finalmente anche io riuscivo a comunicare un po’ meglio con loro e anche loro iniziarono a parlare con me e a raccontarmi le loro esperienze di vita.
Una domenica andai perfino a fare una escursione con loro.

I giorni che anticiparono la mia partenza trascorsero velocemente.

Ogni tanto, in gruppo andavamo a fare una piacevole passeggiata dopo cena per i borghi del paese, ma in quasi tutte le uscite, ascoltai diverse volte dei brutti commenti riguardanti le persone che erano con me, per via delle loro differenze culturali e fisiche, ma furono comunque delle scene isolate.
Tra le varie cose che notai in quei giorni fu una forte simpatia tra il professore giapponese e la babysitter italiana.
Tutto comunque trascorse in modo tranquillo fino a due sere prima della mia partenza, quando venne organizzato un incontro tra i professori e gli abitanti di quella piccola cittadina, tra cui anche i genitori della ragazza.
Nel susseguirsi dei molteplici interventi della serata, i genitori notarono un feeling tra la loro figlia e il professore, ed il giorno successivo la ragazza fu costretta dai suoi a dimettersi.
Durante la mia ultima sera in loro compagnia regnava un’atmosfera di delusione e sgomento per quello che era accaduto, ma anche quella serata trascorse, e dopo i saluti di rito, rientrai nella mia città.
Ripresa la solita routine quotidiana, mantenni i contatti con quasi tutti i professori che in più di un caso mi invitarono ad andare a trovarli nelle loro rispettive nazioni, ma ancora ad oggi non ci sono andato.”

Terminate queste parole, mi fermai per qualche istante, ed il mio amico mi chiese come mai gli avessi raccontato questa storia…

Dopo questa domanda, continuai con il racconto senza dargli ulteriori spiegazioni:

“In un giorno della scorsa primavera, ricevetti una telefonata da parte del professore giapponese, che dopo le solite domande personali, mi invitò al suo matrimonio in agosto con la ragazza italiana. Rimasi perplesso per qualche istante, ma fui felicissimo per la notizia.
Il 22 di agosto tutti insieme ci rincontrammo.
Erano passati otto anni e mezzo da quando li avevo visti l’ultima volta.
I bambini erano diventati adolescenti e tutti gli altri eravamo invecchiati.
Quando ci ritrovammo, il professore ci mise al corrente del modo in cui era giunto al matrimonio e di come aveva conquistato la sua amata e la sua famiglia.
Tornò in Italia praticamente per una settimana ogni tre mesi subito dopo l’esperienza comunitaria, per vedersi esclusivamente con la sua bella.
Dopo circa tre anni e migliaia di chilometri percorsi tra l’Italia e il Giappone, ebbe il coraggio di tornare nel paese della ragazza per conoscere i suoi.
Nonostante inizialmente fossero un po’ scettici, dopo diversi incontri e il trascorrere di un paio di anni, iniziarono ad apprezzare il professore, ed accettarono che la loro figlia frequentasse quest’uomo.

Così nell’estate precedente a quella attuale, andarono a convivere.

Il professore giapponese mantenne questi suoi viaggi rigorosamente segreti, dato che era rimasto troppo deluso dalla prima reazione dei genitori di lei.
Durante i festeggiamenti, brindammo sia alla nuova coppia di sposi sia all’esserci ritrovati come il gruppo di tanti anni prima.”

Dopo aver terminato il racconto, praticamente sotto casa sua, il mio amico, che nel frattempo era rimasto sorpreso dalla conclusione della storia, mi fece ancora una volta riflettere su quanto nella vita sia importante aiutare gli altri, l’amore e superare i pregiudizi su ogni tipo di discriminazione.

“Una nuova alba è sorta, ma il ricordo non tramonterà.”
Brano di Michele Bruno Salerno
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.

 

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Ringraziamenti

 

Un ringraziamento particolare all’associazione Passepartout.up (Account Facebook), agli organizzatori Edoardo e Biagio ed al trainer del progetto Luca.

Ma soprattutto grazie a tutti voi che avete partecipato:

Afonso, Amjad, Antonia, Barbara, Ben, Brunello, Chaido, Dana, Eva, Giada, Gioia, Giulia, Ioana, Maria, Marisa, Marius, Mihaela, Natacha, Rox, Roxie, Susana, Theoni.