Il fiume ed il deserto

Il fiume ed il deserto

Un fiume, durante la sua tranquilla corsa verso il mare, giunse a un deserto e si fermò.
Davanti ora aveva solo rocce disseminate di anfratti e caverne nascoste, dune di sabbia che si perdevano nell’orizzonte.

Il fiume fu attanagliato dalla paura.

“È la mia fine.
Non riuscirò ad attraversare questo deserto.
La sabbia assorbirà la mia acqua ed io sparirò.
Non arriverò mai al mare.
Ho fallito tutto!” si disperò.
Lentamente, le sue acque cominciarono a intorpidirsi.
Il fiume stava diventando una palude e stava morendo.
Ma il vento aveva ascoltato i suoi lamenti e decise di salvargli la vita.
“Lasciati scaldare dal sole, salirai in cielo sotto forma di vapore acqueo.
Al resto penserò io!” gli suggerì.

Il fiume ebbe ancor più paura:

“Io sono fatto per scorrere fra due rive di terra, liquido, pacifico e maestoso.
Non sono fatto per volare per aria!”
Il vento rispose:

“Non aver paura.

Quando salirai nel cielo sotto forma di vapore acqueo, diventerai una nuvola.
Io ti trasporterò di là del deserto e tu potrai cadere di nuovo sulla terra sotto forma di pioggia, e ritornerai fiume e arriverai al mare!”
Ma il fiume aveva troppa paura e, alla fine, fu divorato dal deserto.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Gli amanti (Notte e Giorno)

Gli amanti
(Notte e Giorno)

Narra una leggenda cinese di due amanti che non riescono mai a unirsi.
Si chiamano Notte e Giorno.
Nelle magiche ore del tramonto e dell’alba gli amanti si sfiorano e sono sul punto di incontrarsi,

ma non succede mai.

Dicono che se fai attenzione, puoi ascoltare i lamenti e vedere il cielo tingersi del rosso della loro rabbia.
La leggenda afferma che gli dei hanno voluto concedere loro qualche attimo di felicità; per questo hanno creato le eclissi, nel corso delle quali gli amanti riescono a unirsi e fanno l’amore.

Anche io e te aspettiamo la nostra eclisse.

Chissà quando ci rincontreremo.
Chissà se vivremo separati o se saremo la notte e il giorno.

Brano tratto dal libro “Quattro amici.” di David Trueba

La grotta azzurra

La grotta azzurra

Era un uomo povero e semplice.
La sera, dopo una giornata di duro lavoro, rientrava a casa spossato e pieno di malumore.
Guardava con astio la gente che passava in automobile o quelli seduti ai tavolini del bar.
“Quelli sì che stanno bene!” brontolava l’uomo, pigiato nel tram, come un grappolo d’uva nel torchio.
“Non sanno cosa vuol dire tribolare…
Tutte rose e fiori, per loro.
Avessero la mia croce da portare!”
Il Signore aveva sempre ascoltato con molta pazienza i lamenti dell’uomo.

E, una sera, lo aspettò sulla porta di casa.

“Ah, sei tu, Signore?” disse l’uomo, quando lo vide. “Non provare a rabbonirmi.
Lo sai bene quant’è pesante la croce che mi hai imposto.”
L’uomo era più imbronciato che mai.
Il Signore gli sorrise bonariamente:
“Vieni con me.
Ti darò la possibilità di fare un’altra scelta.” disse.
L’uomo si trovò all’improvviso dentro una enorme grotta azzurra.
L’architettura era divina.

Ed era tempestata di croci:

piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte.
“Sono le croci degli uomini,” disse il Signore, “scegline una!”
L’uomo buttò con malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita.
Provò una croce leggerina ma era lunga e ingombrante.
Si mise al collo una croce da vescovo, ma era incredibilmente pesante di responsabilità e sacrificio.
Un’altra, liscia e graziosa in apparenza, appena fu sulle spalle dell’uomo cominciò a pungere come se fosse piena di chiodi.
Afferrò una croce d’argento, che mandava bagliori, ma si sentì invadere da una straziante sensazione di solitudine e abbandono.
La posò subito.
Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto.
Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po’ logorata dall’uso.

Non era troppo pesante, né troppo ingombrante.

Sembrava fatta apposta per lui.
L’uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante.
“Prendo questa!” esclamò.
Ed uscì dalla grotta.
Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce.
E in quell’istante l’uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce:
quella che aveva buttato via entrando nella grotta.
E che portava da tutta la vita.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero