La nuvola e la duna

La nuvola e la duna

Una nuvola giovane giovane (ma è risaputo che la vita delle nuvole è breve e movimentata) faceva la sua prima cavalcata nei cieli, con un branco di nuvoloni gonfi e bizzarri.
Quando passarono sul grande deserto del Sahara, le altre nuvole, più esperte, la incitarono:
“Corri, corri!
Se ti fermi qui sei perduta!”
La nuvola però era curiosa, come tutti i giovani, e si lasciò scivolare intorno a tutto il branco delle nuvole, così simile ad una mandria di bisonti sgroppanti.
“Cosa fai? Muoviti!” le ringhiò dietro il vento.

Ma la nuvoletta aveva visto la dune di sabbia dorata:

uno spettacolo affascinante.
E planò leggera leggera.
Le dune sembravano nuvole d’oro accarezzate dal vento.
Una di esse sorrise.
“Ciao.” disse la nuvoletta.
Era una duna molto graziosa, appena formata dal vento, che le scompigliava la luccicante chioma. “Ciao. Io mi chiamo Ola!” si presentò la nuvola.
“Io, Una!” replicò la duna.
“Com’è la tua vita li giù?” chiese la nuvoletta.
“Bè… Sole e vento.
Fa un po’ caldo ma ci si arrangia.
E la tua?” domandò la piccola duna.
“Sole e vento.
Grandi corse nel cielo.

La mia vita è molto breve.

Quando tornerà il gran vento forse sparirò!” rispose la nuvoletta.
“Ti dispiace?” chiese la duna.
“Un po’.
Mi sembra di non servire a niente!” esclamò la nuvoletta, “Mi trasformerò presto in pioggia e cadrò.
È il mio destino!”
La duna esitò un attimo e poi disse:
“Lo sai che noi chiamiamo la pioggia Paradiso?”
“Non sapevo di essere così importante.” rise la nuvola.
“Ho sentito raccontare da alcune vecchie dune quanto sia bella la pioggia.
Noi ci copriamo di cose meravigliose che si chiamano erba e fiori!” spiegò la piccola duna.
“Oh, è vero.
Li ho visti.” replicò la nuvoletta.
“Probabilmente io non li vedrò mai!” concluse mestamente la duna.

La nuvola rifletté un attimo, poi disse:

“Potrei pioverti addosso io…”
“Ma morirai…” esclamò dispiaciuta la piccola duna.
“Tu però fiorirai…” disse la nuvoletta e si lasciò cadere, diventando pioggia iridescente.
Il giorno dopo la piccola duna era fiorita.

Brano tratto dal libro “L’iceberg e la duna.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Gli occhi di mio padre

Gli occhi di mio padre

Era un ragazzino che amava tantissimo il calcio e aveva un padre molto affettuoso che condivideva la sua passione.
Era piccolo e mingherlino e il più delle volte doveva fare la riserva.
Anche se il figlio era sempre in panchina, il padre era sempre tra gli spettatori a fare il tifo e non mancava mai a una partita.
Il ragazzo era ancora il più piccolo della classe anche al liceo, ma suo padre continuava a incoraggiarlo.
Il ragazzo riuscì a entrare nella squadra giovanile della città.
Non perdeva mai un allenamento e si impegnava con tutte le sue forze, ma l’allenatore continuava a confinarlo in panchina durante le partite.
Suo padre era sempre in tribuna e tutte le volte trovava le parole giuste per incoraggiarlo.
Il ragazzo era quasi sicuro di non essere ammesso nella squadra maggiore e invece l’allenatore, colpito dall’impegno che spendeva negli allenamenti, lo volle con sé.

Pieno di entusiasmo chiamò subito suo padre al telefono.

Suo padre condivise il suo entusiasmo e si abbonò a tutte le partite.
Il ragazzo si impegnava e si allenava.
Ma durante le partite restava in panchina.
Arrivò l’ultima settimana del campionato.
Con una vittoria, la squadra poteva essere promossa nella serie superiore.
All’inizio della settimana, il giovane si avvicinò all’allenatore.
Aveva gli occhi rossi ed era molto pallido.
“Mio padre è morto questa mattina.
Posso saltare l’allenamento oggi?” borbottò.

L’allenatore gli mise gentilmente un braccio sulla spalla e disse:

“Prenditi anche il resto della settimana, figliolo!”
Arrivò la domenica e lo stadio era affollato come non mai.
Era la partita più importante dell’anno e tutta la città sentiva l’avvenimento in modo particolare.
La squadra scese in campo per il riscaldamento un po’ prima dell’orario d’inizio della partita.
Con autentico stupore, videro il ragazzo con la tuta sulla divisa di gioco che correva con loro.
La partita ebbe inizio.
Si capì subito che gli avversari erano meglio organizzati e costrinsero la squadra a barricarsi in difesa.
All’inizio del secondo tempo, il ragazzo si avvicinò all’allenatore e disse:
“Mister, fatemi giocare, per favore!”
I suoi occhi erano pieni di fiduciosa aspettativa.

Dolente per il ragazzo, l’allenatore acconsentì:

“Va bene.” Disse, “Vai dentro.”
Dopo pochi minuti, l’allenatore, i giocatori e gli spettatori non potevano credere ai loro occhi.
Quel piccolo, sconosciuto ragazzino che non aveva mai giocato prima, aveva preso in mano il centrocampo e fatto salire la squadra.
Gli avversari non riuscivano a fermarlo.
I compagni di squadra cominciarono a passargli il pallone sempre più spesso.
A pochi minuti dal fischio finale, con un tiro forte e angolato, segnò il goal della vittoria.
I compagni lo portarono in trionfo, gli spettatori, in piedi, lo applaudirono a lungo.
Quando tutti ebbero lasciato gli spogliatoi, l’allenatore si accorse che il ragazzo era seduto in silenzio in un angolo, tutto solo.
“Ragazzo, sei stato fantastico!
Come hai fatto?”
Il giovane guardò l’allenatore, con le lacrime agli occhi, e disse:
“Le ho detto che mio padre è morto, ma lei sapeva che mio padre era cieco?”
Il giovane deglutì e si sforzò di sorridere:
“Papà è venuto a tutte le mie partite, ma oggi era la prima volta che poteva vedermi giocare, e volevo dimostrargli che potevo farlo!”

Brano tratto dal libro “L’iceberg e la duna.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Dov’è finita la stella cometa?

Dov’è finita la stella cometa?

Quando i Re Magi lasciarono Betlemme, salutarono cortesemente Giuseppe e Maria, baciarono il piccolo Gesù, fecero una carezza al bue e all’asino.
Poi, con un sospiro, salirono sulle loro magnifiche cavalcature e ripartirono.
“La nostra missione è compiuta!” disse Melchiorre, facendo tintinnare i finimenti del suo cammello. “Torniamo a casa!” esclamò Gaspare, tirando le briglie del suo cavallo bianco, “Guardate!
La stella continua a guidarci.” annunciò Baldassarre.
La stella cometa dal cielo sembrò ammiccare e si avviò verso Oriente.
La corte dei Magi si avviò serpeggiando attraverso il deserto di Giudea.
La stella li guidava e i Magi procedevano tranquilli e sicuri.
Era una stella così grande e luminosa che anche di giorno era perfettamente visibile.
Così, in pochi giorni, i Magi giunsero in vista del Monte delle Vittorie, dove si erano trovati e dove le loro strade si dividevano.
Ma proprio quella notte cercarono invano la stella in cielo.

Era scomparsa.

“La nostra stella non c’è più!” si lamentò Melchiorre, “Non l’abbiamo nemmeno salutata.”
C’era una sfumatura di pianto nella sua voce.
“Pazienza!” ribatte Gaspare, che aveva uno spirito pratico, “Adesso possiamo cavarcela da soli.
Chiederemo indicazioni ai pastori e ai carovanieri di passaggio!”
Baldassarre scrutava il cielo ansiosamente; sperava di rivedere la sua stella.
Il profondo e immenso cielo di velluto blu era un trionfo di stelle grandi e piccole, ma la cometa dalla inconfondibile luce dorata non c’era proprio più.
“Dove sarà andata?” domandò, deluso.

Nessuno rispose.

In silenzio, ripresero al marcia verso Oriente.
La silenziosa carovana si trovò presto ad un incrocio di piste.
Qual era quella giusta?
Videro un gregge sparso sul fianco della collina e cercarono il pastore.
Era un giovane con gli occhi gentili nel volto coperto dalla barba nera.
Il giovane pastore si avvicinò e senza esitare indicò ai Magi la pista da seguire, poi con semplicità offrì a tutti latte e formaggio.
In quel momento, sulla sua fronte apparve una piccola inconfondibile luce dorata.
I Magi ripartirono pensierosi.
Dopo un po’, incontrarono un villaggio.
Sulla soglia di una piccola casa una donna cullava teneramente il suo bambino.
Baldassarre vide sulla sua fronte, sotto il velo, una luce dorata e sorrise.

Cominciava a capire.

Più avanti, ai margini della strada, si imbatterono in un carovaniere che si affannava intorno ad uno dei suoi dromedari che era caduto e aveva disperso il carico all’intorno.
Un passante si era fermato e lo aiutava a rimettere in piedi la povera bestia.
Baldassarre vide chiaramente una piccola luce dorata brillare sulla fronte del compassionevole passante.
“Adesso so dov’è finita la nostra stella!” esclamò Baldassarre in tono acceso, “È esplosa e i frammenti si sono posati ovunque c’è un cuore buono e generoso!”
Melchiorre approvò:
“La nostra stella continua a segnare la strada di Betlemme e a portare il messaggio del Santo Bambino:
ciò che conta è l’amore.”
“I gesti concreti dell’amore e della bontà insieme formano la nuova stella cometa.” concluse Gaspare.
E sorrise perché sulla fronte dei suoi compagni d’avventura era comparsa una piccola ma inconfondibile luce dorata.
Ci sono uomini e donne che conservano in sé un frammento di stella cometa.
Si chiamano cristiani.

Brano tratto dal libro “L’iceberg e la duna.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.