L’asta di ferro (Il passamano)

L’asta di ferro
(Il passamano)

C’era una volta, nel deposito di un vecchio magazzino, un’asta di ferro abbandonata in un angolino insieme ad altri pezzi di scarto, in balia del freddo e soprattutto dell’umidità.
Il ferro, abbandonato lì da tanti anni, si sentiva sempre più arrugginito ed inutile.
Spesso ricordava i grandi sogni che lo avevano accompagnato durante la sua giovinezza:
diventare parte di una costruzione importante, o un’opera d’arte famosa di qualche bravo artista, o…

Ma niente di tutto questo.

L’asta di ferro ricordava con grande tristezza anche il giorno in cui fu buttata via perché considerata uno scarto.
Ormai era avvolta da uno strato di ruggine che la scoraggiava e le spegneva ogni barlume di speranza.
Un giorno, però, passò da quelle parti un abile fabbro a cui serviva un’asta di ferro proprio di quella misura.

Dopo averla prelevata la portò subito alla sua bottega.

All’asta di ferro non sembrava vero tutto questo.
Il fabbro la osservò attentamente e le disse che le avrebbe dato una forma, ma che ciò sarebbe costato fatica e sacrificio.
Sicché subito il fabbro cominciò a lavorarci su, infilandola prima nel fuoco ardente, poi dandole molti colpi di martello, in seguito immergendola nell’acqua e così via di nuovo, fino a quando, dopo tanto lavoro, il fabbro disse:

“Ecco, ora hai una forma.”

L’asta di ferro era diventata un elegante passamano.
Da quel giorno divenne utile a tanta gente; molti si appoggiarono a quel passamano per salire e scendere le scale.

Brano tratto dal libro “Nove Vie in Betlemme.” di Angelo Valente

La bibbia nel muro

La bibbia nel muro

Il 10 maggio 1861, un violento incendio devastò la città di Glaris, in Svizzera:
490 case furono inghiottite dal fuoco.
I cittadini decisero di ricostruire le loro case.
In uno dei numerosi cantieri che si aprirono in città lavorava un giovane muratore venuto dal Nord Italia, di nome Giovanni.
Il giovane fu incaricato di esaminare lo stato di un muro lesionato.
Cominciò a battere con un martello quando un pezzo di intonaco si staccò, e lasciò intravedere un libro che era stato inserito al posto di un mattone.

Un grosso volume che era stato murato.

Incuriosito, Giovanni lo estrasse.
Era una Bibbia.
Qualcuno l’aveva messa là di proposito, forse uno scherzo…
Il giovane muratore non aveva mai avuto molto interesse per le questioni religiose, ma durante la pausa del pranzo cominciò a leggere quel libro.
Continuò alla sera, a casa, e per tante altre sere.
A poco a poco scoprì le parole che Dio aveva indirizzato agli uomini.

E lentamente la sua vita cambiò.

Due anni dopo, l’impresa in cui Giovanni lavorava si trasferì a Milano.
Il cantiere era molto vasto e gli operai condividevano alcune camerette.
Una sera un compagno di stanza di Giovanni si fermò incuriosito ad osservare il giovane che leggeva con aria assorta e tranquilla la sua Bibbia.
“Che cosa leggi?” gli chiese.
“La Bibbia!” rispose Giovanni.
“Uff! Come fai a credere a tutte quelle scemenze?
Pensa che io, una volta, ne ho murata una nella parete di una casa in Svizzera.
Sarei curioso di vedere se il diavolo o chi per esso è riuscito a farla uscire da là!”
Giovanni alzò la testa di scatto e guardò negli occhi il suo compagno.
“E se io ti facessi vedere proprio quella Bibbia?” disse semplicemente.
“La riconoscerei subito, perché l’avevo segnata!” rispose il compagno.

Giovanni porse al compagno il volume che stringeva in mano:

“Riconosci il tuo segno?”
L’altro prese in mano il libro, aprì la pagina e rimase turbato, in silenzio.
Quella era proprio la Bibbia che aveva murato in Svizzera, dicendo ai compagni di lavoro:
“Voglio proprio vedere se uscirà da qui sotto!”
Giovanni sorrise:
“Come vedi è tornata da te!”

Esistono libri che cambiano gli uomini.
Esistono uomini che impegnano tutta la loro esistenza sulle parole di un libro.
La Bibbia è per eccellenza il libro che cambia gli uomini che lasciano entrare le sue parole nella loro vita.

Brano tratto dal libro “Nuove storie. Per la scuola e la catechesi” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Informazione, prego!

Informazione, prego!

Quando ero bambino, mio padre ebbe il primo telefono del paesino dove vivevamo.
Mi ricordo bene la vecchia scatola di legno, bella lucida, fissata al muro e il bel ricevitore nero, bello lucido, appeso al suo fianco.
Ero troppo piccolo per giungere fino al telefono, ma ero abituato ad ascoltare estasiato mia madre parlargli.
Più tardi, ho scoperto che da qualche parte, dentro quel meraviglioso apparecchio, viveva una persona fantastica…
Il suo nome era “Informazione, prego!” e non c’era nulla che non sapesse
“Informazione, prego!” poteva fornire il numero di chiunque in più dell’ora esatta.
La mia prima esperienza personale con quel “genio della lampada” accadde un giorno quando mia madre si era recata da una vicina:

“Stavo giocando in cantina e diedi un forte colpo di martello su un dito.

Il dolore era tremendo, ma non mi sembrava utile che mi mettessi ad urlare.
Ero da solo e non c’era nessuno per potermi sentire e consolare.
Andavo avanti e indietro intorno a casa, succhiando il mio dito.
Giunsi per caso ai piedi della scalinata.
Il telefono!
Di fretta, corsi in cucina, presi il piccolo sgabello e lo trascinai fin sotto il telefono.
Dopo essere salito, sganciai il ricevitore e lo avvicinai all’orecchio.
“Informazione, prego!” dissi nel microfono, lì, un po’ sopra la mia testa.
Un clic, o forse due… e sentii una vocina chiara dirmi:

“Informazione!”

“Mi sono fatto male al dito!” dissi quindi, “Mi sono fatto male al dito!”
“Stai sanguinando?” mi chiese la voce.
Gli risposi:
“No, mi sono colpito un dito con un martello e mi fa tanto male!”
Mi chiese:
“Puoi aprire lo scomparto del ghiaccio!”
Ho riposto che, certo, potevo farlo.
“Allora, prendi un cubetto di ghiaccio e mettilo sul tuo dito!” mi disse.”
Dopo quell’esperienza ho chiamato “Informazione, prego!” per qualsiasi cosa:
“Gli chiesi di aiutarmi per la geografia, e mi ha detto dove si trovava Montréal.
Mi ha aiutato anche per i compiti di matematica.
Mi ha detto che il piccolo scoiattolo, che avevo trovato nel parco il giorno prima, doveva mangiare della frutta e delle noccioline.

Un brutto giorno, il mio canarino è morto

Ho chiamato “Informazione, prego!” e gli ho raccontato la mia triste storia.
Mi ha ascoltato attentamente e mi ha detto le solite cose che dice un adulto per confortare un bambino, ma ero inconsolabile.
Allora, gli chiesi con un nodo alla gola:
“Perché gli uccelli cantano così melodiosamente e recano tanta gioia alle famiglie, solo per finire miseramente come un mucchietto di piume in fondo ad una gabbia?”
Probabilmente ha percepito la mia profonda disperazione e mi ha detto, con voce molto rassicurante:
“Paul, ricordati che c’è un altro mondo dove si può cantare!”
In un certo senso mi sono sentito meglio.”
Un’altra volta chiamai di nuovo: “Informazione, prego!”
“Informazione!” mi rispose la voce, ormai diventata così familiare.
Gli chiesi:
“Come si scrive la parola riparazione!” ”
Tutto questo si svolse nella citta di Québec, in quel tempo avevo 9 anni.
Poi, traslocammo nell’altra parte della provincia, a Baie-Comeau.

La mia amica mi mancava da morire.

“Informazione, prego!” apparteneva a quella cassetta di legno del casolare di famiglia, e, stranamente, non ho mai pensato di utilizzare il nuovo telefono, appoggiato su un tavolo nel corridoio dell’ingresso!
Giunto nell’adolescenza, i ricordi di quelle conversazioni nella mia infanzia non mi hanno mai lasciato.
Spesso, nei momenti di dubbi e di difficoltà, mi sono ricordato di quelle sensazioni rassicuranti che avevo all’epoca.
Apprezzavo ora la pazienza, la comprensione e la gentilezza che ha avuto, per dedicare il suo tempo ad un ragazzino!
Alcuni anni dopo, mentre mi recavo al collegio, a Montréal, il mio aereo doveva fare scalo in Québec.
Avevo mezzora d’attesa prima di prendere l’altro aereo.
Ho trascorso 15 minuti al telefono con mio fratello, che vive sempre in Québec.
Poi, senza pensare veramente a quello che stavo facendo, ho pigiato su “0” e ho detto “Informazione, prego!”
Come per incanto, ho udito quella stessa vocina chiara che conoscevo benissimo:

“Informazione!”

Non avevo per niente previsto questo, ma mi è scapato di dirgli:
“Come si scrive la parola riparazione?”
Ci fu un attimo di silenzio…
Poi, udii quella voce tanto dolce rispondermi:
“Immagino che il tuo dito è guarito ormai!”
Con un misto tra la gioia e l’emozione gli ho detto:
“E quindi sempre lei! Mi chiedo se ha la minima idea di quanto è stata importante per me in tutti quegli anni trascorsi!”
“Io mi chiedo,” dice lei, “se tu sai quanto erano importanti per me le tue chiamate.
Non ho mai avuto figli ed ero sempre impaziente di ricevere le tue telefonate!”
Gli ho detto quanto spesso, ho pensato a lei nel corso degli ultimi anni e le ho chiesto se potevo richiamarla, quando tornavo a trovare mio fratello.

“Ben volentieri, puoi chiedere di Sally!” mi rispose.

Tre mesi dopo, quando mi recai di nuovo a Québec, un’altra voce mi rispose a “Informazione!” chiesi di parlare a Sally.
“Lei è un amico?” mi chiese quella voce sconosciuta.
Gli risposi:
“Sì, un vecchio amico!”
Sentii allora quella voce dirmi:
“Sono dispiaciuta di doverle dire questo, Sally lavorava solo Part-Time in questi ultimi anni perché era molto ammalata.
Ed è deceduta, ormai da cinque settimane!”
Fui molto sconcertato!
Ma prima che potessi riagganciare, mi disse ancora:
“Aspetti un instante!
Ha detto che si chiama Paul?”
Risposi di si.

“Allora, Sally a lasciato un messaggio per lei.
Lo ha scritto, nel caso che chiamasse.
Me lo lasci leggere!
Quel messaggio diceva:
“Gli dica che credo sempre che c’è un altro mondo dove si può cantare.
Saprà quello che voglio dire!”
La ho ringraziata e ho riagganciato.
Certo, sapevo quello che Sally voleva dire!”
Non sottovalutare mai l’effetto positivo che puoi avere sugli altri!

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il bambino e lo scultore

Il bambino e lo scultore

Uno scultore stava lavorando col suo martello e il suo scalpello su un grande blocco di marmo.
Un ragazzino, che passeggiava leccando il gelato, si fermò davanti alla porta spalancata del laboratorio.

Il ragazzino fissò affascinato la pioggia di polvere bianca,

di schegge di marmo piccole e grandi che ricadevano a destra e a sinistra.
Non aveva idea di ciò che stava accadendo:
quell’uomo che picchiava come un forsennato la grande pietra gli sembrava un po’ strano.

Qualche settimana dopo,

il ragazzino ripassò davanti allo studio e con sua grande sorpresa vide un grande e possente leone nel posto dove prima c’era il blocco di marmo.
Entusiasta, il bambino corse dallo scultore e gli disse:
“Come hai fatto a sapere che c’era un leone nella pietra?”

La tua vita è come un blocco di pietra di marmo bianco.

Tocca a te scolpirla e farla diventare un capolavoro.
E, anche se a qualcuno puoi sembrare solo un inutile blocco di pietra, non lasciarti condizionare.
Dentro di te c’è un leone.

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’occhio del falegname


L’occhio del falegname

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname.
Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente.
Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola:
“Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti.
Ha il carattere più mordace della terra.”

Un altro intervenne:

“Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla:
ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca.”
“Fratel Martello,” protestò un altro “ha un caratteraccio pesante e violento.
Lo definirei un picchiatore.
E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti.
Escludiamolo!”
“E i Chiodi?
Si può vivere con gente così pungente?
Che se ne vadano!
E anche Lima e Raspa.

A vivere con loro è un attrito continuo.

E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”
Così discutevano, sempre più animosamente gli attrezzi del falegname.
Parlavano tutti insieme.
Il martello voleva espellere la lima e la pialla questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via.
Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname.
Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro.

L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace.

Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca.
Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla.
Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere.
Per accogliere la Vita.

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero. Elledici edizioni.

Il bambino cattivo e la staccionata


Il bambino cattivo e la staccionata

C’era una volta un bambino che faceva tante cose cattive; questo bambino faceva arrabbiare tutti e a chiunque arrecava dei gran dolori con misfatti e insulti.
Un giorno però il bambino cominciò a capire il male che stava facendo e ne provò dolore anch’egli, così decise di diventare “buono.”
Andò dal nonno e gli chiese:
“Nonno come posso fare per diventare più buono?”
Il nonno, saggia persona, gli rispose:

“Vedi quella staccionata laggiù?

Ogni volta che fai un’azione cattiva andrai presso quella staccionata e con un martello ci metterai un chiodo.”
Il bambino all’inizio fu un po’ sorpreso da questo consiglio, poi però fece come gli disse il nonno.
Nonostante le buone intenzioni del bambino, i chiodi nella staccionata furono molti!
Ma cominciava a diminuire la frequenza con cui il bambino inchiodava, fino ad arrivare al giorno in cui il bambino non ne mise neppure uno!
Allora il bambino andò dal nonno e disse:
“Nonno finalmente non faccio più cattive azioni, ma ancora non mi sento buono!”

Il nonno disse:

“Bene, ora vai alla staccionata e con questo cacciavite comincia a togliere tutti i chiodi che hai messo.”
Il bambino fece come gli disse il nonno.
Ci volle un po’ di tempo ma i chiodi furono tutti rimossi, il bambino tornò dal nonno che gli chiese:
“Cosa noti?”
Il bambino gli rispose:
“Ora al posto dei chiodi ci sono tanti buchi!”

Il nonno aggiunse:

“Ecco, quello è il male che hai causato, a volte non basta non fare cattive azioni per sentirci buoni, dovremmo cominciare a togliere i “chiodi” dalla nostra staccionata e vedere quanto profondi sono i “buchi lasciati”, a volte capita che il tempo otturi quei buchi, altre volte quei buchi sono talmente profondi che nemmeno il tempo riesce a chiudere, altre volte ancora lasciamo lì quei chiodi senza volerli rimuovere.”

Brano senza Autore, tratto dal Web