La leggenda del tronchetto di Natale

La leggenda del tronchetto di Natale

Ogni sera, quando il padre di Nellina rientrava dal bosco, scuoteva la neve dagli stivali e brontolava:
“Oh, là là!
Che caldo fa, qui!
Sembra un forno!
Guarda, Nellina, i vetri delle finestre sono tutti appannati!
E poi, sempre questo odore di dolci e creme bruciacchiate!
Toh, guarda tua madre, coperta di farina dalla testa ai piedi!
Che idea che ho avuto di sposare una fornaia!”
Naturalmente la mamma di Nellina non era contenta.
I suoi occhi brillavano di collera.

Gridava:

“Che cosa?
Dolci bruciacchiati?
lo?
I miei panettoni farciti sono i migliori dei mondo!
E poi io faccio delle cose con le mie mani.
Tu, grand’uomo, non fai che demolire dei poveri alberi che non t’hanno fatto niente.
Guardalo, Nellina, tutto coperto di segatura dalla testa ai piedi!”
Nellina ne aveva abbastanza di questi litigi.
Si arrotolava le trecce bionde forte forte intorno alle orecchie e non sentiva più niente.
Ma il papà continuava a gridare:
“Questa sedia è tutta appiccicosa.
È ancora la tua crema!”

E la mamma urlava:

“Crema? ma quale crema:
è la resina dei tuoi maledetti alberi.
La spiaccichi dappertutto!”
Quella sera, Nellina piangeva nel suo lettino.
Amava tanto il papà e la mamma.
Ma ora stavano esagerando.
Due giorni dopo era Natale e loro non facevano nessuno sforzo per andare d’accordo e passare una bella festa insieme.
Il papà si era rifiutato di ridipingere l’insegna della pasticceria.
La mamma non aveva voluto rammendare il gilet dei marito.
I grossi lacrimoni di Nellina bagnavano la sua bambola preferita.
Il giorno dopo Nellina raccontò tutto al cugino Gianni.
“Non serve a niente piangere!” le disse Gianni., “Devi fare qualcosa.
I tuoi genitori ti vogliono bene.
Prepara tu la festa.
Fabbrica un regalino, addobba la casa e Natale sarà una festa fantastica!”

Nellina tornò a casa di corsa.

Aprì le finestre, spazzò fuori farina e segatura.
Pulì e lucidò.
Decorò la casa con rametti di agrifoglio e carta crespa, aggiustò il gilet del papà e stirò il nastro che la mamma si annodava nei capelli.
Poi si disse:
“E adesso preparo una bella sorpresa!
Almeno a Natale non litigheranno!”
E mentre mamma e papà erano al lavoro, Nellina preparò la sua sorpresa, ridendo da sola.
Quando il padre rientrò, non riuscì a trattenere un fischio di sorpresa:
“Oh, là, là!
Che bella casa!
E il mio gilet riparato per Natale.”
La madre a sua volta:
“La casa addobbata e il mio nastro lavato e stirato.
Che meraviglia!”
Il giorno di Natale, andarono a Messa tutti insieme e poi tornarono per il pranzo.

Al momento del dolce, Nellina portò la sua sorpresa.

Mamma e papà aggrottarono le sopracciglia.
La mamma domandò:
“Che cos’è?
Sembra un tronco d’albero, con la corteccia scura e un po’ di neve.
È disgustoso!”
Il papà annusò e disse:
“Sa di biscotti, cioccolato e zucchero in polvere.
È disgustoso!”
Poi, tutto d’un colpo, la mamma scoppiò a ridere e disse:
“È un dolce, è per me.
Grazie Nellina!”
Il papà scoppiò a ridere anche lui:
“È un tronchetto d’albero, è per me.
Grazie Nellina!”
Nellina, felice, gridò:
“È per tutti e tre.
E lasciatene un po’ anche per me!”

Brano di Bruno Ferrero

Ora so perché dovevi farlo

Ora so perché dovevi farlo

C’era una volta un uomo che considerava il Natale una favola incomprensibile.
Era una persona gentile e discreta, amorevole con la sua famiglia, onesta in tutti i suoi rapporti con gli altri uomini.
Ma non riusciva a credere all’Incarnazione.
Ed era troppo onesto per fingere di crederci.
La vigilia di Natale la moglie e i figli andarono in chiesa per la Messa di mezzanotte.
“Mi dispiace, ma non vengo.” disse lui, “Non riesco a capire l’affermazione che Dio si fa uomo.

Preferisco stare a casa.

Vi aspetterò per prendere qualcosa di caldo insieme.”
La sua famiglia si allontanò in auto, la neve cominciò a cadere.
L’uomo andò alla finestra e guardò le folate sempre più fitte e pesanti.
“Un vero Natale con i fiocchi!” pensò.
Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere il suo libro.
Pochi minuti dopo fu sorpreso da un tonfo sordo, subito seguito da un altro, poi da un altro ancora.
Pensò che qualcuno si divertisse a tirare palle di neve alla finestra del suo soggiorno.
Quando andò alla porta d’ingresso per indagare vide uno stormo di uccelli che svolazzavano nella tempesta alla disperata ricerca di un riparo e attirati dalla luce della sua finestra andavano a sbattere contro i vetri.

Molti finivano a terra tramortiti.

“Non posso permettere che queste povere creature giacciano lì a congelare!” pensò, “Ma come posso aiutarli?”
Si ricordò della rimessa che non usava più:
avrebbe potuto fornire un riparo caldo.
Indossò il cappotto e gli scarponi e con passo pesante attraverso la neve si diresse alla rimessa.
Spalancò l’ampia porta e accese la luce.
Ma gli uccelli non entravano.
“Un po’ di cibo li attirerà!” pensò.
Così si affrettò a tornare a casa per le briciole di pane, che sparse sulla neve per fare un percorso verso la rimessa.
Ma gli uccelli ignoravano le briciole di pane e continuavano a svolazzare sempre più intorpiditi nella tormenta.
L’uomo si mise ad agitare le braccia, ma quelli, spaventati, si disperdevano in ogni direzione, invece di rifugiarsi nel deposito caldo e illuminato.
“Mi vedono come una creatura strana e terrificante.” si disse, “Li ho solo terrorizzati di più.
Come faccio a comunicare loro che possono fidarsi di me?”

Uno strano pensiero lo colpì:

“Se solo potessi essere un uccello io stesso per qualche minuto, forse potrei guidarli verso la salvezza!”
Proprio in quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare.
Rimase in silenzio per un po’, ascoltando le campane.
Poi cadde in ginocchio nella neve.
“Adesso capisco.” sussurrò, “Ora so perché dovevi farlo!”

Brano di Bruno Ferrero

Il cigno e la rana vanitosa

Il cigno e la rana vanitosa

C’era una volta, in un verde stagno, una verde ranocchia convinta di essere l’animale più bello tra tutti gli animali.
Tutto il giorno stava a pavoneggiarsi e gonfiava il petto orgogliosa del suo aspetto.
Un giorno nello stagno le si avvicinò un cigno, dal collo lungo e dalle piume candide come la neve.

La rana impertinente gli disse:

“Spostati! Che mi fai ombra e non riesco a vedere la mia suprema bellezza riflessa nello stagno!”
Il cigno, un po’ perplesso si spostò un po’ più in là e si mise ad osservare cosa faceva la ranocchia.
Questa stava tutto il tempo a rimirare la sua immagine riflessa nell’acqua e a dire:
“Sono bella, sono bellissima, sono la più bella creatura del creato, e sono verde, verdissima, la più verde delle creature e guarda come si gonfia il mio petto!”

Il cigno davvero incredulo le si avvicinò un’altra volta e le chiese con molta cortesia:

“Scusami rana, ma credo che tu stia un pochino esagerando; certo sei bella tra le rane, ma di sicuro non sei la più bella tra le creature del creato.”
La rana indispettita sfidò il cigno:
“Credi questo?
Pensi di essere più bello di me?
Allora faremo una gara di bellezza e vedremo chi è il più bello tra noi due!”
Il cigno cercò in ogni modo di rifiutare, persino chiese scusa alla rana, certo non intendeva offenderla, ma tanto insistette la creatura vanitosa che al fine il cigno cedette.
Così chiamarono a raccolta tutti gli animali dello stagno e d iniziarono ad interrogarli:

“Chi è il più bello tra noi due?”

Naturalmente tutti dicevano che più bello era il cigno, ma la rana non potendo accettare la sconfitta continuava a gonfiare il petto, credendo di apparire più bella.
Si gonfiò tanto, ma tanto che alla fine esplose!
Il cigno che era buono e che mai avrebbe voluto concludere a quel modo la gara decise allora di seppellire il povero animale straziato e sulla sua tomba scrisse:
“Qui giace la rana più bella che io abbia mai visto.”

Brano tratto dal libro “40 Racconti di Animali.” Edizione Rusconi Libri.

Il serpente a sonagli ed il giovane

Il serpente a sonagli ed il giovane

In una tribù indiana, i giovani venivano riconosciuti adulti dopo un rito di passaggio vissuto nella più stretta solitudine.
Durante questo periodo di solitudine dovevano provare a se stessi di essere pronti per l’età matura.
Una volta uno di loro camminò fino a una splendida valle verdeggiante di alberi e radiosa di fiori.
Guardando le montagne che cingevano la valle, il giovane notò una vetta scoscesa incappucciata di neve dal biancore abbacinante.

“Mi metterò alla prova contro quella montagna.” pensò.

Indossò la sua camicia di pelle di bisonte, si gettò una coperta sulla spalla e cominciò la scalata.
Quando arrivò in cima, vide sotto di sé il mondo intero.
Il suo sguardo spaziava senza limiti, e il suo cuore era pieno di orgoglio.
Poi udì un fruscio vicino ai suoi piedi, abbassò lo sguardo e vide un serpente.
Prima che il giovane potesse muoversi, il serpente parlò.
“Sto per morire!” disse, “Fa troppo freddo quassù per me e non c’è nulla da mangiare.

Mettimi sotto la tua camicia e portami a valle!”

“No!” rispose il giovane, “Conosco quelli della tua specie.
Sei un serpente a sonagli.
Se ti raccolgo mi morderai e il tuo morso mi ucciderà!”
“Niente affatto,” disse il serpente, “Con te non mi comporterò così.
Se fai questo per me, non ti farò del male!”

Il giovane rifiutò per un po’, ma quel serpente sapeva essere molto persuasivo.

Alla fine, il giovane se lo mise sotto la camicia e lo portò con sé.
Quando furono giù a valle, lo prese e lo depose delicatamente a terra.
All’improvviso il serpente si arrotolò su se stesso, scosse i suoi sonagli, scattò in avanti e morse il ragazzo a una gamba.
“Mi avevi promesso…” gridò il giovane.
“Sapevi che cosa rischiavi quando mi hai preso con te!” disse il serpente strisciando via.

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero. Edizione Elledici.

I bambini sono un miracolo!

I bambini sono un miracolo!

Un bambino risponde “grazie” perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è “aiutami a fare da solo.”
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti.
Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose.

Lui capirà.

Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la lettura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori.
L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
“Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così!” è una frase da non dire mai.
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.

Un bambino troppo pulito non è un bambino felice.

La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un “questo non lo so!” se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi.

Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.

Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.

Brano di Giorgio Gaber

La grande fiera del giocattolo

La grande fiera del giocattolo

In una città con tantissimi bambini era finalmente arrivato l’avvenimento dell’anno:
la grande fiera del giocattolo.
Natale era infatti alle porte e ogni anno, in questo periodo, la città organizzava la fiera.
Era una fiera molto conosciuta:
i venditori venivano da tutte le parti del mondo per far conoscere la loro merce.
Là vi erano tutti i regali possibili che i genitori potevano fare ai loro bambini per renderli felici.
Per l’occasione, un ricco direttore di banca decise di prendere il pomeriggio della vigilia di Natale libero:
voleva anche lui visitare la fiera quest’anno!

Mentre si avviava, pensava tra sé:

“Questo Natale voglio regalare al mio bambino una cosa molto bella ed interessante.
Me lo posso permettere, ho lavorato sodo tutto l’anno e sono disposto a spendere molto, anzi, tantissimo!”
Quello stesso pomeriggio anche un giardiniere si recava alla fiera e camminando pensava:
“È stato un anno un po’ duro con il mio piccolo stipendio, però sono riuscito ugualmente a risparmiare un pochino, spero di poter comprare qualcosa di carino alla mia bambina!”
Intanto, le loro mogli erano rimaste a casa con i bambini e preparavano il pranzo di Natale.
Il bambino del direttore era nella sua cameretta.
Nonostante la stanza fosse molto bella e vi fosse un armadio colmo di pupazzi e giocattoli, egli era un po’ triste.
Pensava infatti al suo papà.

Lo vedeva così poco.

La sera tornava dal lavoro proprio quando lui doveva andare a letto.
Oppure era occupato, perché si portava anche del lavoro a casa.
Cercava di consolarsi pensando che domani sarebbe stato Natale e che avrebbe ricevuto altri bei regali.
Ma la cosa che più lo rasserenò era che finalmente il papà domani poteva essere a casa con lui tutto il giorno.
La bambina del giardiniere invece aiutava serenamente la mamma a preparare il pranzo di Natale.
Non aveva molti giocattoli, ma, grazie alla vivacità e alla fantasia dei suoi genitori, non si sentiva mai sola.
“Domani è Natale, chissà che bei giochi faremo tutti insieme!” pensava felice.
Giunto alla fiera, il banchiere cominciò subito a guardare con occhio critico ogni giocattolo esposto.

C’era tutto ciò che un bambino potesse desiderare:

dai trenini elettrici alle biciclette, dai pupazzi di peluche ai libri, ecc.
Voleva comperare qualcosa di veramente grande per suo figlio, ma soprattutto qualcosa che lo tenesse occupato e al tempo stesso lo divertisse.
Era sempre così impegnato e concentrato nel suo lavoro che non gli dedicava molto tempo per giocare insieme.
Il giardiniere, arrivato anche lui alla fiera, si guardava in giro con calma.
Era solo un po’ preoccupato perché sperava di trovare qualcosa che potesse piacere alla sua bambina e che non fosse troppo caro.
Anche se sapeva che non avrebbe potuto comprare molto, non si lasciò sfuggire niente.
Voleva raccontare e descrivere alla sua bambina ogni cosa vista.
Verso sera il direttore ed il giardiniere si incontrarono per caso davanti ad una stanza dove all’ingresso c’era un grande cartellone con la scritta:
“Qui puoi trovare il regalo più bello per tuo figlio.”
Videro entrare molta gente incuriosita, ma quasi tutti uscivano delusi e scontenti.

Incuriositi, a loro volta decisero di entrare.

Era una grande stanza con le pareti bianchissime, molto illuminata, era quasi vuota e non c’erano giocattoli.
In fondo alla stanza c’era soltanto un grande specchio antico appeso al muro e davanti ad esso, seduto ad una scrivania, un vecchio signore con una lunga barba bianca.
Egli scriveva ed ogni tanto guardava la gente che entrava e usciva.
Il direttore, perplesso e deluso, stava per uscire subito, ma quando vide il giardiniere avvicinarsi al vecchio chiedendogli gentilmente chi fosse, si avvicinò lentamente anche lui.
Sentì il vecchio rispondere:
“Sono molto anziano, per tutta la vita ho costruito giocattoli per i bambini del mondo.
Ma quest’anno ho portato qualcosa di particolare e prezioso, questo bellissimo specchio antico alle mie spalle.”
Il direttore ed il giardiniere si guardarono in faccia stupiti, poi riguardarono lo specchio.
Disorientato e quasi irritato il direttore si girò per andarsene, ma ancora una volta si fermò, perché vide il giardiniere stringere la mano al vecchio e con il volto felice esclamare:

“Ho capito!

Ora so cosa regalare alla mia bambina.
Non sono più preoccupato, arrivederci e grazie mille!”
Il giardiniere uscì poi felice dalla stanza.
Il banchiere, rimasto solo, guardò di nuovo lo specchio e pensò che cosa potesse fare un bambino con uno specchio così antico e fragile.
Non osando chiederlo al vecchio, che incuteva molto rispetto, uscì in fretta per cercare di raggiungere il giardiniere.
Non appena lo trovò gli chiese subito che cosa mai avesse capito.
“Mi dispiace, non posso dirtelo!” rispose il giardiniere “Devi arrivarci da solo.
Vedrai che un giorno capirai il perché questo possa essere il regalo più bello per tuo figlio!”
Il giorno di Natale, la figlia del giardiniere aprì il regalo e tutta felice ammirò con gioia le bellissime penne colorate ed i grandi fogli bianchi da disegno che suo padre le aveva comperato alla grande fiera del giocattolo.

Si alzò e lo abbracciò:

“Grazie papà, così potremo disegnare insieme tutte le belle cose che hai visto alla fiera.”
“Non solo, bambina mia.” disse il padre “Potremo disegnare altre cose molto più belle, per esempio la neve!
Guarda fuori dalla finestra, sta ancora nevicando!
Sai, questa notte, dopo molti anni, ha nevicato tantissimo.
E siccome tu non hai ancora visto la neve, più tardi andremo con la mamma a fare una passeggiata tutti insieme e così potrai toccarla e giocare.
Potremo lanciarci palle e fare un pupazzo… vedrai che bello!”
Anche il figlio del banchiere era contento quel mattino.
Stava aprendo un grandissimo pacco ricevuto in regalo.
Con sorpresa non finiva più di tirare fuori dal pacco tanti piccoli vagoni di un treno; c’erano anche le rotaie e molte casette che figuravano da stazioni e case di campagna, verde per i prati, per i monti, alberi e siepi, e persino un fiumicello con i suoi ponti.

Era molto felice:

sicuramente il papà lo avrebbe aiutato a costruirlo!
Oggi finalmente era tutto il giorno a casa con lui e la mamma.
Ma, mentre si avvicinava per abbracciarlo e ringraziarlo, suonò il telefono.
Il padre si alzò dalla poltrona e andò a rispondere.
Il suo viso si fece serio.
Riattaccò e guardando un po’ triste la moglie ed il figlio riferì:
“Anche oggi il lavoro mi chiama!
Mi dispiace molto, ma domani devo essere a New York per una conferenza importante.
Devo partire subito!”
La moglie non disse nulla.
Era abituata.
Il bambino invece ci restò male.
Il suo viso si fece triste e gli spuntarono due lacrime.
Il papà lo notò e cercò di consolarlo:
“Non piangere!

Lo sai che ti voglio molto bene.

Poi, per il trenino, non occorre proprio che ci sia anch’io!
Potrai costruirlo con la mamma!”
Il bambino si girò e stava per scappare piangendo nella sua stanza, ma inciampò in un pacchetto tutto bianco avvolto con un nastro rosso.
Si chinò e seduto sul tappeto cominciò ad aprire il pacco.
Era triste e cercò di consolarsi con questo nuovo regalo.
I genitori si guardarono perplessi.
Quindi il padre chiese:
“Non credevo ci fossero altri regali, sei stata tu?”
“No!” rispose la mamma “Sono rimasta tutto il giorno a casa a preparare il pranzo.
Non so chi possa averlo messo sotto l’albero di Natale.”
Il padre si avvicinò preoccupato al bambino e al regalo.
Voleva sapere da dove provenisse e soprattutto assicurarsi che non contenesse qualcosa di pericoloso.
Il bambino intanto aveva aperto delicatamente il pacco e con sorpresa tirò fuori una palla rossa con tanti puntini bianchi, come tanti fiocchi di neve.
Il padre guardò il figlio ed il regalo e poi prese la scatola per vedere se c’era qualche bigliettino con il nome di chi lo aveva regalato.
Con stupore lo trovò:

“Babbo Natale.”

Chiuse gli occhi pensieroso e subito si ricordò del vecchio con la lunga barba bianca che incuteva tanto rispetto.
Poi si ricordò anche dello specchio e delle parole che erano scritte all’ingresso della stanza:
“Qui puoi trovare il regalo più bello per tuo figlio.”
E finalmente capì anche lui e si commosse.
Nello specchio aveva visto la sua immagine e si rese conto che lui stesso era il regalo più bello per suo figlio!
Questo il giardiniere l’aveva capito subito!
Abbracciò il bambino e piangendo di felicità esclamò:
“Oggi non parto.
Rimaniamo insieme!
Oggi sei tu più importante del mio lavoro.
Dai che usciamo in giardino, giocheremo con la palla nuova e la mamma farà il tifo per noi.”
Mentre tutta la famiglia usciva felice per giocare insieme, cominciò a nevicare anche là dove abitava il bambino che, da quel giorno, non si sentì più solo e triste.

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’utilità di un sasso


L’utilità di un sasso

C’era una volta, in un inverno freddissimo, un uccellino che volava su un campo innevato.
Avendo le zampette piene di neve cercava un posto su cui appoggiarsi.

Dall’alto sembrava che tutto fosse ricoperto di neve.

Scendendo più in basso, però, si accorse che c’era una pietra che ne era priva.
Allora l’uccellino si avvicinò e chiese al sasso:
“Scusami, sono infreddolito e ho le zampette piene di neve, posso poggiarmi su di te per qualche istante?”

Il sasso lo guardò e subito disse “Ma certo!”

L’uccellino si posò, si asciugò le zampette e dopo qualche minuto riprese il viaggio.
Nel ripartire disse alla pietra:
“Grazie, sei stato veramente gentile, eri l’unico su cui potevo poggiarmi.

Ti sarò sempre debitore!”

Ma il sasso rispose:
“Grazie a te! Ora non mi chiederò più che ci sto a fare!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La favola del fiocco di neve

La favola del fiocco di neve

In un tempo lontano, nel posto più freddo mai esistito, vivevano tre giovani fate, tanto belle quanto il sole.
Candida, Bianca e Cristallo non potevano uscire dal Palazzo di Ghiaccio dove la madre apprensiva, la Regina del Freddo, le aveva relegate per proteggerle dal mondo esterno, ai suoi occhi troppo triste, pieno di preoccupazioni e sofferenza.

Si deve sapere che la regina, nel passato aveva,

già vissuto nel mondo reale, e proprio lì aveva conosciuto l’uomo che le avrebbe fatto scoprire prima l’amore, regalandole la gioia di diventare madre, poi il dolore e la tristezza di essere abbandonata.
Per nascondere il mondo esterno alle figlie, fece costruire un palazzo sulla cima di una montagna irraggiungibile dove non batteva mai il sole, circondandolo da una fitta coltre di nebbia, vietando loro qualsiasi contatto con l’ambiente reale.
Le tre sorelle non avevano mai avuto la possibilità di vedere posti nuovi e conoscere altre persone.

Non avevano amici con cui passare il tempo e divertirsi.

Eppure tante volte avevano sperato che succedesse qualcosa di diverso, avevano sognato di essere libere.
Una notte, mentre la madre dormiva, le tre sorelle decisero di scappare e andare in esplorazione del mondo a loro sconosciuto.
Arrivarono a valle, in un paesino di pochi abitanti che le accolsero con grande entusiasmo.
Candida, Bianca e Cristallo si sentirono finalmente libere, finalmente vive.
S’integrarono ben presto nella comunità, incontrarono l’affetto e l’amore di tante care persone, scoprirono che il mondo reale non era così triste e malvagio.
Anche se sentivano la mancanza della madre, non vollero più tornare nel Palazzo di Ghiaccio.

La regina non rivide più le sue figlie.

Pianse lacrime e lacrime, ma si rese conto che per la prima volta le figlie erano felici.
Decise quindi di non provare a farle tornare da lei, ma di proteggerle dall’alto della cima della montagna.
Rassegnata e triste, ma ancora con tanto amore per le figlie, fece un grande sospiro su una lacrima. Questa diventò candida, bianca e a forma di cristallo.
Chiamò quella lacrima fiocco di neve e lo regalò al mondo reale come simbolo di pace interiore e serenità.
Da allora d’inverno cade la neve.

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’avventura dei ricci


L’avventura dei ricci

Un’estate, una famiglia di ricci andò ad abitare nella foresta.
Il tempo era bello, faceva caldo, e tutto il giorno i ricci si divertivano sotto gli alberi.
Folleggiavano nei campi, nei dintorni della foresta, giocavano a nascondino tra i fiori, acchiappavano mosche per nutrirsi e, la notte, si addormentavano sul muschio, nei pressi delle tane.

Un giorno, videro una foglia cadere da un albero: era autunno.

Giocarono a rincorrere la foglia, dietro le foglie che cadevano sempre più numerose; ed essendo le notti diventate un po’ più fredde, dormivano sotto le foglie secche.
Faceva però sempre più freddo.
Nel fiume a volte si formava il ghiaccio.
La neve aveva ricoperto le foglie.

I ricci tremavano tutto il giorno, e la notte non potevano chiudere occhio, tanto avevano freddo.

Così una sera, decisero di stringersi uno accanto all’altro per riscaldarsi, ma fuggirono ben presto ai quattro angoli della foresta: con tutti quegli aghi si erano feriti il naso e le zampe.
Timidamente, si avvicinarono ancora, ma di nuovo si punsero il muso.
E tutte le volte che uno correva verso l’altro, capitava la stessa cosa.
Era assolutamente necessario trovare un modo per stare vicini:

gli uccelli si tenevano caldo uno con l’altro, così pure i conigli, le talpe e tutti gli animali.

Allora, con dolcezza, a poco a poco, sera dopo sera, per potersi scaldare senza pungersi, si accostarono l’uno all’altro, ritirarono i loro aculei e, con mille precauzioni, trovarono infine la giusta misura.
Il vento che soffiava non dava più fastidio; ora potevano dormire al caldo tutti insieme.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo” di Bruno Ferrero

Il falco nel pollaio (L’anima e il corpo)

Il falco nel pollaio (L’anima e il corpo)

Un falco era stato catturato da un contadino e viveva legato per una zampa nell’aia di un cascinale.
Non si era rassegnato a vivere come un qualunque pollo.
Aveva cominciato a dare strattoni su strattoni alla corda che lo teneva avvinto ad un robusto trave del pollaio.
Fissava il cielo azzurro e partiva con tutte le sue forze.

Inesorabile, la corda lo tirava a terra.

Provò e riprovò per settimane, finché la pelle della zampa fu tutta lacerata e le belle ali rovinate.
Alla fine si era abituato.
Dopo qualche mese trovava di suo gradimento anche il mangime dei polli.

Si accontentò di razzolare.

Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve dell’inverno avevano fatto marcire la corda che lo legava a terra.
Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe tornato in libertà, padrone del cielo.
Ma non lo diede più.
Il nostro corpo fatica anche solo a salire una rampa di scale.
Ma la nostra anima ha le ali.
E il cielo è nostro.

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero