Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci! (Emanuele e la mamma)

Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci! (Emanuele e la mamma)

La nascita di Emanuele, un bimbo bello e sano, fu un avvenimento da festeggiare!
La mamma aveva già due figlie grandi che frequentavano le superiori.

Anzi, man mano che il tempo passava,

sembrava che ogni giorno ci fosse un motivo per festeggiare il prezioso dono che era arrivato con la nascita di Emanuele.
Era un bambino dolce, giudizioso, amava divertirsi ed era un piacere averlo vicino!
Un giorno, quando Emanuele aveva circa cinque anni, insieme con la mamma stavano andando in auto al centro commerciale.
Come succede di solito con i bambini, all’improvviso Emanuele chiese:

“Mamma, quanti anni avevi quando sono nato?”

“Trentasei, Emanuele!
Perché?” gli domandò la mamma, cercando di capire cosa avesse in mente.
“Che peccato!” esclamò Emanuele.

“Cosa vuoi dire?” chiese allora la mamma, alquanto sorpresa.

Guardandola, con uno sguardo pieno d’amore, Emanuele le disse:
“Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci!”

Brano senza Autore

L’Immacolata Concezione ed il figlio

L’Immacolata Concezione ed il figlio

Un uomo, pur essendo credente, era però scettico sull’Immacolata Concezione di Maria.
Una notte fece un sogno.
Gli apparve un angelo che lo portò in un viaggio pieno di case e gli disse:
“Voglio che tu scelga una casa per il tuo unico e amato figlio.”
L’uomo e l’angelo attraversarono in lungo e in largo il villaggio, esaminando attentamente ogni casa.

L’uomo amava tanto suo figlio che voleva il meglio per lui.

Ma con suo disappunto si accorse che tutte le case avevano qualche difetto:
una senza tetto, l’altra sporca, l’altra con i vetri rotti, l’altra con i muri tutti scrostati…
“Non vedo una casa che possa andare bene per mio figlio!” disse l’uomo all’angelo, “È possibile invece costruire su misura la casa che ho in mente per lui?”
“Dimmi che casa hai in mente,” rispose l’angelo “e sarà fatta in un istante!”
L’uomo descrisse la casa ideale per suo figlio:
doveva essere pulita, bella, solida…perfetta!
Appena ebbe finito di parlare la casa comparve davanti ai suoi occhi.

L’angelo gli chiese:

“Perché hai scelto una casa fatta così per tuo figlio?”
L’uomo replicò:
“Come posso permettere che mio figlio viva nelle case che abbiamo visto?
Erano sporche, o malridotte, o fatiscenti.
Per mio figlio voglio il meglio!”
L’angelo rispose:
“Tu hai detto bene…Vedi, quando Dio stava cercando una donna che diventasse la Madre del suo Figlio, del suo unico e amato Figlio, cercava il meglio per lui.
Cercava una donna perfetta, dal cuore buono, incapace di fare il male e di disobbedirgli.
Voleva una madre degna per suo Figlio.”

L’angelo continuò:

“Se tu vuoi il meglio per tuo figlio, pensi che Dio avrebbe voluto qualcosa di meno per il Suo?
Per questo Maria è stata concepita senza peccato:
la dimora di Cristo, Maria, doveva essere perfetta per accogliere Colui che è perfetto!”

Brano senza Autore

La misericordia di Dio (Re Milinda)

La misericordia di Dio (Re Milinda)

Il potente re Milinda disse al vecchio e saggio sacerdote:
“Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente, finirà all’inferno.

È giusto questo?

Cento delitti sono più leggeri di uno?”
Il vecchio sacerdote rispose al re:
“Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o galleggerà?”

“Andrà a fondo!” rispose il re.

“E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno a fondo o galleggeranno?” domandò il saggio sacerdote.
“Galleggeranno!” replicò il re.
“Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?” chiese allora il sacerdote.
Il re non sapeva che cosa rispondere.

E il vecchio saggio spiegò:

“Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto!”

Brano tratto dal libro “365 piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La pioggia e Dio (Il perdono)

La pioggia e Dio
(Il perdono)

Era un pomeriggio piovoso e una signora stava percorrendo in auto una delle strade principali della città, facendo particolare attenzione poiché la strada era bagnata e scivolosa.
All’improvviso il figlio, seduto sul sedile accanto, disse:

“Sai mamma, sto pensando ad una cosa.”

La donna era curiosa di sapere quello che aveva scoperto con la sua testolina il bambino di sette anni:
“Cosa hai pensato?”

“La pioggia,” iniziò a spiegare,

“è come il peccato e i tergicristalli sono come Dio, che spazza via i nostri peccati.”
Superato lo stupore, la mamma chiese:
“Hai notato che la pioggia continua a cadere?

Cosa significa secondo te?”

Il bambino non esitò un attimo a rispondere:
“Noi continuiamo a peccare e Dio continua a perdonarci”.

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il perdono

Il perdono

Un fedele buono, ma piuttosto debole, si confessava di solito dal parroco.
Le sue confessioni sembravano però un disco rotto:
sempre le stesse mancanze, e soprattutto sempre lo stesso grosso peccato.
“Basta!” gli disse, un giorno, in tono severo il parroco,

“Non devi prendere in giro il Signore.

È l’ultima volta che ti assolvo per questo peccato.
Ricordatelo!”
Ma quindici giorni dopo, il fedele era di nuovo là a confessare il suo solito peccato.
Il confessore perse davvero la pazienza:

“Ti avevo avvertito:

non ti do l’assoluzione.
Così impari!”
Avvilito e colmo di vergogna, il pover’uomo si alzò.
Proprio sopra il confessionale, appeso al muro, troneggiava un grande crocifisso di gesso.

L’uomo lo guardò.

In quell’istante, il Gesù di gesso del crocifisso si animò, sollevò un braccio dalla sua secolare posizione e tracciò il segno dell’assoluzione:
“Io ti assolvo dai tuoi peccati.”

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La misericordia di Dio (La barca che galleggia)

La misericordia di Dio
(La barca che galleggia)

Un potente re chiese al vecchio sacerdote:
“Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente finirà all’inferno.

È giusto questo?

Cento delitti sono più leggeri di uno?”
Il vecchio sacerdote replicò al re:
“Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o galleggerà?”

“Andrà a fondo!” rispose il re.

“E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno a fondo o galleggeranno?” chiese l’anziano sacerdote.
“Galleggeranno!” disse il re.
“Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?” domandò il saggio.
Il re non sapeva che cosa rispondere.

Il vecchio saggio spiegò:

“Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto.”

Brano senza Autore.

La leggenda del radicchio di Treviso

La Leggenda del radicchio di Treviso

È biblicamente noto che, durante la permanenza di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, tutte le cose buone erano a portata di mano e non costavano alcun sforzo.
In seguito al peccato originale e ad essere stati allontanati dal paradiso terrestre, i due si trovarono in grosse difficoltà poiché dovevano procurarsi il cibo con fatica e sudore.
Inizialmente Adamo ed Eva erano molto pigri e cercavano di nutrirsi mangiando solamente le cose più vicine e più facili da raccogliere.

Uno dei loro cibi preferiti era il radicchio.

Si narra che originariamente i radicchi erano dolci.
Al buon Dio non piacque questo e mise nei radicchi un po’ di amaro, lasciandogli però tutte le altre proprietà, perché voleva che Adamo ed Eva mettessero un po’ di impegno a cercar dell’altro cibo e variassero la loro dieta per esser sani e idonei a popolar la terra.
Al radicchio a foglia allungata, che era tra i più facili da strappare e raccogliere, toccò la stessa sorte degli altri ma riservò ad esso, se lavorato, di essere al contempo dolce e tenero.
L’uomo ci mise un po’ di tempo a scoprirlo e questo privilegio fu riservato ai Trevigiani che per invettiva e lavoro non sono secondi a nessuno.

Una volta lavorato è il più pregiato e ricercato:

reminiscenza del paradiso terrestre.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La capra sul campanile

La capra sul campanile

Tomo è una ridente frazione della città di Feltre, nel Bellunese, ed è da sempre chiamata Ton.
Questa frazione è nota per i suoi abitanti che un tempo avevano la nomea di sprovveduti, dando adito ad alcune leggende di cui ancora oggi vanno fieri.

Una volta, in cima al loro campanile,

era cresciuto un bel ciuffo di erba verde e questi pensarono che fosse un peccato non utilizzarlo, dato che, quell’anno, era stato per tutti un anno di ristrettezze per via della carestia e della siccità.
Fatto un apposito consiglio di paese sul da farsi, decisero all’unanimità di tirare su per il campanile una capra, con una corda, per farle brucare da privilegiata il bel ciuffo verde.
Più tiravano su la fortunata capra, più questa tirava fuori la lingua, così gli abitanti, battendo le mani, esclamarono divertiti:

“Guarda guarda come è golosa di erba!

Tira sempre di più fuori la lingua e sbava dal desiderio!”
Grande fu la delusione per gli abitanti di Ton quando scoprirono che la loro capra più bella era morta per strangolamento.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

I due blocchi di ghiaccio

I due blocchi di ghiaccio

C’erano una volta due blocchi di ghiaccio.
Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza.
I loro rapporti erano di una certa freddezza.
Qualche “buongiorno,” qualche “buonasera.”

Niente di più.

Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio!”
Ognuno pensava dell’altro:
“Potrebbe anche venirmi incontro.”
Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancora di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso.

Un giorno sbottò:

“Peccato che ve ne dobbiate stare qui.
È una magnifica giornata di sole!”
I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese:
“Com’è il sole?”
“È meraviglioso, è la vita!” rispose il tasso.
“Puoi aprirci un buco nel tetto della tana…
Vorrei vedere il sole…” disse l’altro.

Il tasso non se lo fece ripetere.

Aprì uno squarcio nell’intrico delle radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua.
Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgavano due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.
Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il saggio e le due donne

Il saggio e le due donne

Due donne si recarono da un saggio, che aveva fama di santo, per chiedere qualche consiglio sulla vita spirituale.
Una pensava di essere una grande peccatrice.
Nei primi anni del suo matrimonio aveva tradito la fiducia del marito.
Non riusciva a dimenticare quella colpa, anche se poi si era sempre comportata in modo irreprensibile, e continuava a torturarsi per il rimorso.
La seconda invece, che era sempre vissuta nel rispetto delle leggi, si sentiva perfettamente innocente e in pace con se stessa.

Il saggio si fece raccontare la vita di tutte e due.

La prima raccontò tra le lacrime la sua grossa colpa.
Diceva, singhiozzando, che per lei non poteva esserci perdono, perché troppo grande era il suo peccato.
La seconda disse che non aveva particolari peccati da confessare.
Il sant’uomo si rivolse alla prima:
“Figliola, vai a cercare una pietra, la più pesante e grossa che riesci a sollevare e portamela qui!”
Poi, rivolto alla seconda:
“E tu, portami tante pietre quante riesci a tenerne in grembo, ma che siano piccole.”
Le due donne sì affrettarono a eseguire l’ordine del saggio.
La prima tornò con una grossa pietra, la seconda con un’enorme borsa piena di piccoli sassi.

Il saggio guardò le pietre e poi disse:

“Ora dovete fare un’altra cosa:
riportate le pietre dove le avete prese, ma badate bene di rimettere ognuna di esse nel posto esatto dove l’avete presa.
Poi tornate da me.”
Pazientemente, le due donne cercarono di eseguire l’ordine del saggio.
La prima trovò facilmente il punto dove aveva preso la pietrona e la rimise a posto.
La seconda invece girava invano, cercando di ricordarsi dove aveva raccattato le piccole pietre della sua borsa.
Era chiaramente un compito impossibile e tornò mortificata dal saggio con tutte le sue pietre.

Il sant’uomo sorrise e disse:

“Succede la stessa cosa con i peccati.
Tu,” disse rivolto alla prima donna, “hai facilmente rimesso a posto la tua pietra perché sapevi dove l’avevi presa:
hai riconosciuto il tuo peccato, hai ascoltato umilmente i rimproveri della gente e della tua coscienza, e hai riparato grazie al tuo pentimento.
Tu, invece,” disse alla seconda, “non sai dove hai preso tutte le tue pietre, come non hai saputo accorgerti dei tuoi piccoli peccati.
Magari hai condannato le grosse colpe degli altri e sei rimasta invischiata nelle tue, perché non hai saputo vederle!”

Brano di Bruno Ferrero