La pecora e Dio

La pecora e Dio

Appena creata, la pecora scoprì di essere il più debole degli animali.
Viveva con il continuo batticuore di essere attaccata dagli altri animali, tutti più forti e aggressivi.
Non sapeva proprio come fare a difendersi.

Tornò dal Creatore e gli raccontò le sue sofferenze.

“Vuoi qualcosa per difenderti?” le chiese amabilmente il Signore.
“Sì.” rispose la pecora.
“Che ne dici di un paio di acuminate zanne?” domandò allora il Signore.
La pecora scosse il capo:
“Come farei a brucare l’erba più tenera?
Inoltre mi verrebbe un’aria da attaccabrighe!”

“Vuoi dei poderosi artigli?” il Signore la interrogò.

“Ah no! Mi verrebbe voglia di usarli a sproposito!” spiegò la pecora.
“Potresti iniettare veleno con la saliva!” continuò paziente il Signore.
“Non se ne parla neanche.
Sarei odiata e scacciata da tutti come un serpente!” replicò la pecora.
“Due robuste corna, che ne dici?” proseguì il Signore.
“Ah no!
E chi mi accarezzerebbe più?” chiese la pecora.
“Ma per difenderti ti serve qualcosa per far del male a chi ti attacca…” spiegò il Signore.

“Far del male a qualcuno?

No, non posso proprio.
Piuttosto resto come sono!” rispose la pecora.
Dopo aver ringraziato il Signore, andò via.

Brano tratto dal libro “Solo il vento lo sa.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La pecora nera

La pecora nera

C’era una volta una pecora nera.
Tutte le altre pecore del gregge erano bianche.
Detestavano la povera pecora nera e la coprivano di insulti.
Ogni volta che la vedevano belavano rabbiose:
“Stai lontana da noi!
Sei uno scherzo della natura, non sei normale!”
Erano malignamente felici quando riuscivano a farla piangere.
Soprattutto Belinda, una grossa pecora bianca la trattava in modo perfido e crudele.
Era la Capo gregge.

Tutte le altre andavano sempre dietro di lei.

Tutte facevano quello che faceva lei.
La pecora nera era triste.
Le sarebbe piaciuto tanto essere come le altre.
Ma non poteva cambiare il colore nero del suo mantello.
Qualche volta tentava di scappare e si nascondeva.
Ma poi tornava perché non sapeva cavarsela da sola.
Belinda era robusta e presuntuosa.
Decise di fare un viaggio per conoscere il mondo.
Raggiunse in poco tempo pascoli nuovi.
Quando trovava un gregge sconosciuto, si metteva in mezzo e si vantava:
“Nel mio gregge io sono il capo.
Tutte mi ubbidiscono.
Sono io che decido come devono andare le cose…”
Un giorno, Belinda incontrò un grosso gregge molto particolare.

Tutte le pecore erano nere.

Quando Belinda se ne accorse si fermò interdetta; poi si mise a ridacchiare.
E, ancheggiando come una indossatrice, si diresse verso il gregge sicura della sua bellezza e del suo splendido vello bianco.
Tutto il gregge scoppiò invece in una sonora risata di scherno.
Prima che Belinda potesse emettere un belato di sorpresa, una pecora nera, grossa e robusta quanto lei, si fece avanti e in tono quanto mai minaccioso disse:
“Avete mai visto niente di più ridicolo?
Ti strapperemo quella orribile pellaccia e così vedremo di che colore sei veramente!”
Tutto il gregge sghignazzò.
Belinda fece il più rapido dietro front della sua vita e scappò a rotta di collo inseguita dalle risate e dallo scherno delle pecore nere.
Mise un bel po’ di distanza tra sé e il pascolo delle pecore nere, finché arrivò ad un grande recinto dove vide un gregge molto numeroso.
Non ne aveva mai visto uno simile.
Era composto da pecore bianche, pecore nere, pecore rossicce, pecore chiazzate e perfino pecore metà bianche e metà nere.
Aveva perso molta della sua baldanzosa sicurezza, perciò si fermò interdetta e guardinga, pensando: “Chissà come mi trattano qui…”

Le pecore si erano accorte di lei e, cordialmente, le chiesero:

“Da dove vieni?”
“Dall’altra parte della montagna.” rispose.
Una pecora nera le venne incontro.
Belinda fece per scappare, ma la pecora nera disse:
“Non aver paura!
Resta qui con noi finché ti pare.
L’erba è buona e abbondante.
Da noi sono tutti benvenuti!”
Belinda rimase in quello strano gregge per due giorni.
Poi decise di tornare a casa.
Prima dell’addio disse:
“Siete il miglior gregge del mondo.
Accettate e rispettate le pecore di tutti i colori.
Da noi, abbiamo solo una pecora nera…”

Brano tratto dal libro “Racconti di Natale.” di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

Il pastore e la pecora

Il pastore e la pecora

Una pecora scoprì un buco nel recinto e scivolò fuori.
Era così felice di andarsene.

Si allontanò molto e si perse.

Si accorse allora di essere seguita da un lupo.
Corse e corse, ma il lupo continuava ad inseguirla, finché il pastore arrivò e

la salvò riportandola con amore all’ovile.

E nonostante che tutti l’incitassero a farlo, il pastore non volle riparare il buco nel recinto.

Brano di Bruno Ferrero

Quando finisce la notte?

Quando finisce la notte?

Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno.
“Forse quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?”

rispose uno di loro.

“No!” disse il rabbino.
“Ma quando allora?”, domandarono gli allievi.

Il rabbino rispose:

“È quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella.
Fino a quel punto, è ancora notte nel tuo cuore.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.