Oscar ed il (Papà) gigante

Oscar ed il (Papà) gigante

Il primo ricordo di Oscar è la faccia del gigante.
Era un faccione smisurato e terribile, tutt’intorno ad una bocca larghissima piena di denti.
Il faccione aveva una strana espressione.
“Adesso mi mangia!” pensò Oscar e cominciò a strillare con tutta la forza delle sue minuscole ma tenacissime corde vocali.
La mamma accorse e il gigante sparì.
Stretto stretto al petto della mamma, Oscar spiegò affannato:
“Mammina, c’era un gigante poco fa sulla mia culla e mi voleva assaggiare!
Un gigantone spaventoso!
Con una grande bocca e tanti denti!”
Naturalmente quello che usciva dalla sua bocca era soltanto:
“Nghè! Nghé! Uè, uè!” ma la mamma aveva il traduttore automatico e capiva.

Il gigante rimase a gironzolare nei dintorni.

Una volta lo prese in mano.
Oscar stava tutto in una sola di quelle manone.
Si preparava a strillare, ma scoprì che la manona era calda, accogliente e il vocione del gigante, che rimbombava “Oh là, là!” non era poi così spaventoso. Anzi.
Così Oscar imparò a vivere con il gigante.
Non sapeva bene che cosa facesse.
Spariva parecchie ore al giorno, ma quando c’era, Oscar si sentiva felice, sicuro, protetto.
Avere un gigante al proprio servizio non è niente male, pensava Oscar.
Quando l’orribile cane del Signor Pacucci minacciò ringhiando i teneri polpacci di Oscar, il gigante lo polverizzò praticamente con la sola apparizione.
Il gigante sapeva fare le operazioni, scrivere le lettere dell’alfabeto e raccontare le storie delle sue terre, piene di orchi, fate, draghi e cavalieri.
Un giorno, arrivò con una biciclettina e insegnò ad Oscar ad usarla.
Gli stette dietro per giorni, al parco, tenendolo con un dito, finché Oscar non fu in grado di pedalare da solo.

“Tump, tump!” facevano i suoi piedoni.

Oscar scoprì che quando sentiva quel “Tump, tump!” tutte le paure svanivano.
Ma un giorno venne il nonno a prendere Oscar a scuola.
Così capì che qualcosa non andava, perché doveva esserci la mamma al suo posto.
Dovevano andare tutti fuori a cena, quella sera, per festeggiare il compleanno della loro amica Laura.
Quando il nonno disse che il gigante aveva avuto un attacco di cuore, Oscar pensò che stesse scherzando.
Ma quando si rese conto che diceva sul serio pensò che sarebbe morto anche lui.
Era troppo scioccato persino per piangere.
Si sentiva intorpidito e indifeso.
Rimase lì, pensando:
“Perché?
Eri così grande, forte e in salute.
Lavoravi ogni giorno all’aperto!”
Pensava che fosse l’ultima persona al mondo che potesse avere un attacco di cuore.
Andare in ospedale fu terribile.
Il gigante era in coma.
C’erano tantissimi tubi e macchine intorno a lui.
Non sembrava nemmeno lui.

Oscar tremava.

Voleva solo che il gigante si svegliasse da quell’orribile incubo e lo portasse a casa.
L’ospedale era pieno di persone.
Erano molto gentili con Oscar.
Il bambino non sapeva che il gigante avesse così tanti buoni amici.
C’era anche Laura, ma non si festeggiò il suo compleanno.
Dopo quel primo giorno ne seguirono altri due di angoscia, di veglia e di preghiere.
Non funzionò.
Il 26 di febbraio accadde la cosa più tragica di tutti i dieci anni di vita di Oscar, e forse anche di tutti gli anni che vivrà.
Il gigante morì.
Con marzo arrivò la festa del papà.
Oscar comprò un bel biglietto d’auguri e scrisse la sua lettera:

“Non so nemmeno se mi hai sentito, quando ti ho detto addio.
Non ero mai stato a un funerale, prima, ma mi sorprese vedere che erano venute più di mille persone.
C’erano tutti i familiari e gli amici, ma anche un sacco di persone che non conoscevo nemmeno.
Immaginai poi che fossero persone che avevi trattato nello stesso modo speciale in cui trattavi me.

Ecco perché tutti ti volevano bene.

Certo, ho sempre saputo che eri speciale, ma in fondo eri il mio papà.
In quel giorno scoprii che eri speciale anche per molte altre persone.
Anche se ormai è passato del tempo, ti penso sempre e mi manchi molto.
Alcune notti piango fino ad addormentarmi, ma cerco di non buttarmi troppo giù.
So che ho ancora molto di cui essere grato.
Tu mi hai dato più amore in dieci anni di quanto molti bambini ne ricevano in tutta la vita.
È vero, non puoi più giocare a palla con me nei fine settimana, né portarmi fuori a colazione, né raccontarmi le tue storielle o passarmi di nascosto qualche spicciolo.
Ma io so che sei ancora con me.

Sei nel mio cuore e nelle mie ossa.

Sento la tua voce, dentro di me, che mi aiuta e mi guida nella vita.
Quando non so che cosa fare, cerco di immaginare quello che mi consiglieresti tu.
Sei ancora qui, a darmi consiglio e ad aiutarmi a capire le cose.
So che qualunque cosa accada, ti vorrò sempre bene e ti ricorderò.
Ho sentito dire che quando qualcuno muore, Dio manda un arcobaleno a prendere la persona per portarla in paradiso.
Il giorno in cui sei morto è apparso in cielo un doppio arcobaleno.
Tu eri alto quasi due metri.
Probabilmente un solo arcobaleno non era abbastanza per portarti fino in paradiso.
Ti voglio bene papà.
Oscar.

Brano senza Autore

La signora ed il consulente matrimoniale

La signora ed il consulente matrimoniale

Una signora si recò da un consulente matrimoniale:
“Voglio divorziare e voglio fare tutto il male possibile a mio marito!”

“Allora cominci a subissarlo di lodi!” le suggerì il consulente.

“Quando sarà diventata indispensabile per lui, quando lui penserà che lei lo ami e lo stimi, dia inizio all’azione legale…
Questo è il modo in cui può ferirlo di più!”
Alcuni mesi dopo quella signora tornò dal consulente e gli riferì che aveva seguito i suoi consigli.

“Bene! Adesso è ora di pensare al divorzio…” le disse il consulente.

“Divorziare?” obiettò la signora, con decisione, “Non ci penso nemmeno!
Mi sono innamorata di lui!”

Brano senza Autore

Si darà da fare

Si darà da fare

Due pappagalli vivevano nello stesso nido.
Un giorno il nido fu rovinato dal vento impetuoso.

Invece di ripararlo subito, ognuno pensò:

“Lo riparerà il mio compagno!”
E così nessuno aggiustò il nido.
Intanto il buco diventava, di giorno in giorno, sempre più grosso.

Allora il pappagallo più giovane pensò:

“Il mio compagno non sopporterà più a lungo l’idea di vivere in un nido così rovinato, e presto si darà da fare!”
A sua volta il pappagallo vecchio pensò:
“Provvederà il giovane a ripararlo; in fondo ha meno anni di me: è il più forte!”
Il mesi passarono e soggiunse il freddo.

I due, infreddoliti, pensarono:

“Il mio compagno non potrà resistere ancora a lungo: questa volta si darà, sicuramente, da fare per riparare il nido e proteggersi dal freddo”.
Ma nessuno si decideva.
Una sera, quello che rimaneva del nido, fu spazzato dal vento e cadde a terra.
I due pappagalli morirono congelati.

Brano senza Autore.

Un fiore e la farfalla

Un fiore ed la farfalla

Una volta, un uomo chiese a Dio:
un fiore ed una farfalla.

Ma Dio gli diede un cactus e una larva.

L’uomo era triste poiché non capiva cosa aveva sbagliato nella richiesta.
Allora pensò:
con tanta gente che aspetta….

E decise di non domandare niente.

Passato qualche tempo, l’uomo verificò la richiesta che era stata dimenticata.
Con sua sorpresa, dallo spinoso e brutto cactus,

era nato il più bel fiore.

E la orribile larva si era trasformata in una bellissima farfalla.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Io penso che le persone non si dimenticano!


Io penso che le persone non si dimenticano!

Non puoi dimenticare chi un giorno ti faceva sorridere, chi ti faceva battere il cuore, chi ti faceva piangere per ore intere.
Le persone non si dimenticano.
Cambia il modo in cui noi le vediamo, cambia il posto che occupano nel cuore, il posto che occupano nella nostra vita.
Ci sono persone che hanno tirato fuori il meglio di me, eppure adesso tra noi, c’è solamente un semplice ciao.

Ci sono persone che hanno preso il mio cuore e lo hanno ridotto in mille pezzi, senza nemmeno pensarci due volte.

Ci sono persone che sono entrate nella mia vita in punta di piedi e ne sono uscite esattamente nello stesso modo.
Ci sono persone che hanno creato un gran casino, che hanno sconvolto i miei piani, che hanno confuso le mie idee.
Ci sono persone che nonostante tutto, sono ancora parte della mia vita.
Ci sono persone che sono arrivate e non sono più andate via.

Ci sono persone che, anche se io non le ho mai sentite, ci sono sempre state.

E poi ci sono persone che non fanno ancora parte della mia vita, ma che tra qualche anno forse, saranno le persone più importanti per me.
Ci sono persone che nonostante mi abbiano fatto versare lacrime, mi abbiano stravolto la vita, mi hanno insegnato a vivere.
Mi hanno insegnato a diventare quello che sono.
E, anche se oggi tra noi resta solamente un sorriso o un semplice ciao, faranno per sempre parte della mia vita.

Io non dimentico nessuno.

Non dimentico chi ha toccato con mano, almeno per una volta, la mia vita.
Perché se lo hanno fatto, significa che il destino ha voluto che mi scontrassi anche con loro prima di andare avanti.

Brano di Luciano Ligabue

Una bellissima dichiarazione d’Amore


Una bellissima dichiarazione d’Amore

Lui: Heyy, ciao.
Lei: Ciao.
Lui: Che fai?
Lei: Disegno, tu?
Lui: Penso. Cosa disegni?
Lei: Il ragazzo che mi piace. Tu a cosa pensi?

Lui: Alla ragazza che mi piace.

Lei: Deve essere fortunata a stare nei tuoi pensieri.
Lui: Si può dire lo stesso per il tuo lui.
Lei: Ma (con il cuore a mille) lei la conosco?
Lui: Chi lei?
Lei: La ragazza! Non fare lo scemo! Dai.

Lui: Ah… Si, ed anche molto!

Lei: Ah… (cercando di trattenere le lacrime)
Lui: Le ho scritto un messaggio con una bomboletta sotto casa sua.
Lei: Che c’era scritto nel messaggio?
Lui: Esci fuori.
Lei uscì e lesse il messaggio:
“Sei il primo e l’unico pensiero che mi assilla la mente, e l’ultimo che vorrei dimenticare.

Ti amo!”

Non vedendolo, si guardò intorno per cercarlo ma non lo trovò!
Ad un tratto si sentì abbracciare da dietro le spalle.
Era lui, con una rosa in mano.
La baciò sul collo e poi le disse:
“Io, a confronto di tutti gli altri, Ti Amo!”

Brano senza Autore, tratto dal Web