Portar troppe croci

Portar troppe croci

Un uomo viaggiava, portando sulle spalle tante croci pesantissime.
Era ansante, trafelato, oppresso e, passando un giorno davanti ad un Crocifisso, se ne lamentò con il Signore così:
“Ah! Signore, io ho imparato nel catechismo che tu ci hai creato per conoscerti, amarti e servirti… ma invece mi sembra di essere stato creato soltanto per portare le croci!
Me ne hai date tante e così pesanti che io non ho più la forza di portarle!”
Il Signore però gli disse:
“Vieni qui, figlio mio, posa queste croci per terra ed esaminiamole un poco.
Ecco, questa è la più grossa e la più pesante; guarda che cosa c’è scritto sopra!”

Quell’uomo guardò e lesse questa parola: sensualità.

“Lo vedi?” disse il Signore, “Questa croce non te l’ho data io, ma te la sei fabbricata da solo.
Hai avuto troppa smania di godere, sei andato in cerca di piaceri, golosità, di divertimenti… e di conseguenza hai avuto malattie, povertà, rimorsi!”
“Purtroppo è vero,” soggiunse l’uomo, “questa croce l’ho fabbricata io!
Ed è giusto che io la porti!”
Sollevò da terra quella croce e se la pose di nuovo sulle spalle.
Il Signore continuò:
“Guarda quest’altra croce.
C’è scritto sopra: ambizione.
Anche questa l’hai fabbricata tu, non te l’ho data Io.
Hai avuto troppo desiderio di salire in alto, di occupare i primi posti, di stare al di sopra degli altri… e di conseguenza hai avuto odio, persecuzione, calunnie, disinganni!”
“È vero, è vero!
Anche questa croce l’ho fabbricata io!
È giusto che io la porti!” detto ciò sollevò da terra la seconda croce e se la mise sulle spalle.

Il Signore additò altre croci, e disse:

“Leggi.
Su questa è scritto: gelosia, su quell’altra: avarizia, su quest’altra…”
“Ho capito, ho capito!” esclamò l’uomo, “Signore, è troppo giusto quello che tu dici!”
E prima che il Signore avesse finito di parlare, il povero uomo aveva raccolto da terra tutte le sue croci e se l’era poste sulle spalle.
Per ultima era rimasta per terra una crocetta piccola piccola e quando l’uomo la sollevò per porsela sulle spalle esclamò:
“Oh! Com’è piccola questa!
E pesa poco!”
Guardò quello che c’era scritto sopra e lesse queste parole:
“La croce di Gesù!”
Vivamente commosso, sollevò lo sguardo verso il Signore ed esclamò:
“Quanto sei buono!”
Poi baciò quella croce con grande affetto.

E il Signore gli disse:

“Vedi figlio mio, questa piccola croce te l’ho data io, ma te l’ho data con amore di Padre; te l’ho data perché voglio farti acquistare merito con la pazienza; te l’ho data perché tu possa somigliare a me e starmi vicino per giungere al Cielo, perché io l’ho detto:
Chi vuole venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Ma ho detto anche:
il mio giogo è soave e il mio peso è leggero!”
L’uomo delle croci riprese silenzioso il cammino della vita; fece ogni sforzo per correggersi dei suoi vizi e si diede con ogni premura a conoscere, amare e servire Dio.
Le croci più grosse e più pesanti caddero, una dopo l’altra dalle sue spalle e gli rimase soltanto quella di Gesù.
Questa se la tenne stretta al cuore fino all’ultimo giorno della sua vita, e quando arrivò al termine del viaggio, quella croce gli servì da chiave per aprire la porta del Paradiso.

Brano di Giovanni Francile

Il mendicante ed il prete

Il mendicante ed il prete

Un uomo mendicava da 25 anni davanti ad una chiesa.
Si era fatto amico anche del prete che celebrava lì.
Il sacerdote sapeva che cosa significa “sofferenza”:
era rimasto senza famiglia a 10 anni; i suoi genitori e familiari erano stati tutti trucidati durante la guerra.

Ma da qualche giorno il mendicante era sparito.

Il sacerdote lo andò a cercare; lo trovò morente in una catapecchia abbandonata.
Fu allora che il povero mendicante supplicò:
“Padre, ho un peso da confessare prima di morire:
tanti anni fa ero a servizio da un’ottima famiglia.
Marito, moglie, la figlia e, soprattutto il figlio ancor fanciullo, mi volevano molto bene.
Io ero povero; attratto dal desiderio di venire in possesso di tutti i beni di quella famiglia, dissi che erano partigiani:

furono uccisi.

Solo il figlio piccolo riuscì a fuggire.
Con l’ingiusta eredità divenni ricco, mi diedi a tutti i piaceri, sperperai tutto, ma non riuscii a dimenticare l’enorme delitto…
Ora sono pentito.
Ma è tardi per ricevere il perdono di Dio!”
Mentre il povero penitente si confessava, a poco a poco, ritornava alla mente del sacerdote confessore la storia della sua famiglia.

Alla fine fu colpito al cuore da una lucida conclusione:

quell’uomo era l’assassino dei suoi e il dilapidatore dei beni della sua famiglia!
Scoppiò allora una furiosa battaglia nel suo cuore tra il perdono e il desiderio di giustizia.
Dopo alcuni istanti d’una tremenda lotta, che gli rigò il viso di sudore e di lacrime, alzò la mano sacerdotale e disse:
“In nome di Dio e mio ti perdono tutto!”

Brano senza Autore.

Il trucco del rabbino

Il trucco del rabbino

Un giovane fece visita ad un rabbino per chiedergli come dovesse comportarsi nella vita.
Il rabbino sapeva che il giovane proveniva da una famiglia molto pia, zelante, religiosa al massimo.
Per cui, chiamati i suoi discepoli, volle che il neofita ripetesse ad alta voce la sua richiesta.
Desidero che il rabbino mi dia delle istruzioni precise su ciò che devo fare e su ciò che non devo fare nella vita.

Il rabbino rispose:

“Lasciati vivere!
Quando puoi, ruba, ma non dimenticare di portarmi parte del bottino.
Trascura i tuoi doveri e cerca, più che puoi, i piaceri.
Sforzati sempre di avere la meglio sugli altri.
In breve, vivi senza principi:
solo così realizzerai te stesso.”

Il giovane, uditi questi consigli, se fuggì via rapidamente.

Alcuni mesi dopo il rabbino chiese ai suoi discepoli se avessero notizie del giovane.
Risposero gli allievi che stava conducendo una vita santa in un paese lontano e che parlava di lui come di Satana in persona.
Il rabbino rise:
“Se gli avessi consigliato una vita virtuosa, non mi avrebbe obbedito.
È infatti quanto gli è stato prospettato dalla sua più tenera età in mille modi.

Voleva qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo.

E solo quando gli ho consigliato con foga un modo di vita nuovo, si è reso conto che preferiva, questa volta per scelta personale, rimanere nei campi ubertosi della virtù.
“E che dire del fatto che parla di te come di Satana?” chiesero gli allievi.
“Per quanto mi riguarda, non ha importanza.
Le parole le porta via il vento.
Quanto a lui, capirà quando sarà venuto il momento.” concluse il rabbino.

Leggenda Hassidica. Brano incluso nel libro “Il libro degli esempi. Fiabe, parabole, episodi per migliorare la propria vita.” Piero Gribaudi Editore.

Cosa ti rende felice?


Cosa ti rende felice?

Nel corso di un seminario per coppie, chiesero a una delle mogli:
“Tuo marito ti rende felice?
Ti fa davvero felice?”
In quel momento, il marito sollevò la testa, mostrando totale sicurezza.
Sapeva che la moglie avrebbe detto sì, perché non si era mai lamentata di qualcosa durante il matrimonio.
Tuttavia, la moglie rispose con un sonoro “No!”
“No, mio marito non mi rende felice!”
A questo punto il marito stava cercando la porta di uscita più vicina.
“Mio marito non mi ha reso felice e non mi rende felice!
Sono felice!”

E continuò:

“Il fatto che io sia felice o no, non dipende da lui, ma da me.
Io sono la sola dalla quale dipende la mia felicità.
Io decido di essere felice.
In ogni situazione, ogni momento della mia vita, perché se la mia felicità dipendesse da qualche cosa, persona o circostanza sulla faccia della terra, sarei in guai seri.
Tutto ciò che esiste in questa vita è in continua evoluzione:
l’essere umano, la ricchezza, il mio corpo, il tempo, la mia testa, i piaceri, gli amici, la mia salute fisica e mentale.
E così potrei citare un elenco senza fine…
Decido di essere felice!

Se la mia casa è vuota o piena: sono felice!

Se usciamo insieme o esco da sola: sono felice!
Se il mio lavoro è ben pagato o no: sono felice!
Sono sposata, ma ero felice quando ero single.
Sono contenta per me stessa.
Le altre cose, persone, momenti o situazioni io le chiamo esperienze che possono o non possono darmi momenti di gioia e di tristezza!
Quando muore qualcuno che amo, io sono una persona felice in un inevitabile momento di tristezza.
Imparo dalle esperienze passeggere e vivo quelle che sono eterne come l’amare, perdonare, aiutare, capire, accettare, confortare…

Ci sono persone che dicono:

oggi non posso essere felice perché sto male, perché non ho soldi, perché fa molto caldo, perché qualcuno mi ha insultato, perché qualcuno ha smesso di amarmi, perché non riesce a valorizzarmi, perché mio marito non è quello che mi aspettavo, perché i miei figli non mi rendono felice, perché i miei amici non mi rendono felice, perché il mio lavoro è mediocre e così via.
Io amo la vita ma non perché la mia vita è più facile di quella degli altri.
E’ che ho deciso di essere felice e io come persona sono responsabile per la mia felicità.
Quando prendo questo obbligo, lascio liberi mio marito e chiunque altro dal pesare sulle loro spalle.
La vita di tutti è molto più leggera.
Ed in questo modo ho un matrimonio felice da molti anni!”

Brano senza Autore, tratto dal Web