È tempo, vieni!

È tempo, vieni!

Un’anziana signora stava stirando!
Arrivò l’Angelo della morte e le disse:
“È tempo, vieni!”

La donna rispose:

“Va bene, ma lasciami finire di stirare tutta la biancheria!
Chi lo fa altrimenti?
E poi devo cucinare; mia figlia lavora fino a tardi:
ha bisogno di qualcosa da mangiare quando torna a casa sfinita…
Lo capisci questo?”
L’Angelo se ne andò…
Dopo un po’ di tempo, tornò!
Chiese alla donna se fosse pronta a lasciare la casa…
“È tempo, vieni!” le disse.

La donna rispose:

“Questa è la mia ora per il turno alla casa di riposo per anziani!
Là mi aspettano almeno dieci persone dimenticate dalla loro famiglia…
Posso piantarle in asso, così?”
L’Angelo se ne andò!
Dopo un po’ di tempo tornò e disse:
“È l’ora, andiamo!”
La donna rispose:
“Sì, sì!
Hai ragione!
È giusto!
Ma chi va a prendere il mio nipotino alla Scuola Materna se io non ci sono più?”
L’Angelo sospirò:
“D’accordo, aspetterò finché il tuo nipotino potrà andare a Scuola da solo!”
Alcuni anni dopo, la donna era stanca e piena di acciacchi e, seduta sulla sua poltrona, pensava:
“Adesso potrebbe arrivare l’Angelo…
Dopo tutta la fatica, la Casa di Dio deve essere meravigliosa!”
L’Angelo arrivò…

La donna chiese:

“Mi porti, adesso, nelle braccia di Dio?”
L’Angelo rispose:
“Dove credi di essere stata in tutto questo tempo?”

Brano senza Autore

Il Padreterno al telefono

Il Padreterno al telefono

Il Padreterno è al telefono da un pezzo, molto attento a quanto dice il suo interlocutore dall’altro lato del filo.
Annuisce, sorride, gesticola come se disegnasse nell’aria qualcosa.
L’angelo segretario socchiude la porta e gli fa cenno che sull’altra linea c’è…
Ma il Padreterno fa un gesto con la mano per fargli capire di non interrompere, mentre continua ad annuire, a sorridere e a ridere di cuore.
Il segretario torna nell’altra stanza.
“Il Padreterno è molto occupato.” dice l’angelo, “Non lo si può interrompere!”
“Ma glielo hai detto che al telefono c’è il Papa?” chiese l’interlocutore.

“Non me ne ha dato il tempo!” rispose l’angelo.

“Prova a farglielo dire dalla Beata Vergine, piccolino!” dice il Papa.
Il piccolo angelo avvisa la Beata Vergine che, con molta dolcezza e discrezione, va a bussare alla porta dello studio del Padreterno.
La socchiude appena.
Lui le fa una strizzatina d’occhio e il gesto di pazientare.
La Beata Vergine capisce al volo e richiude dolcemente la porta.
“È impossibile!” dice, “Si tratta di una persona veramente importante.”
L’angelo va a riferire al Papa che aspetta all’altro telefono con una certa impazienza.
“Oh, Signore!” supplica il Santo Padre, “Vai a cercare San Giuseppe, fai entrare in azione Sant’Antonio, vedi se c’è da qualche parte Papa Giovanni… Sbrigati!

Sono affari importanti, affari della Chiesa!”

Dietro la porta dello studio del Padreterno si è formata una piccola folla di Santi.
Ma non c’è nulla da fare:
appena qualcuno socchiude l’uscio, Lui fa cenno di non interrompere e di chiudere.
Finalmente posa il ricevitore e si butta indietro sulla sua poltrona.
“O quella Valentina!
Quella Valentina!” ride divertito.
“Ogni sera mi deve raccontare per filo e per segno che cosa ha fatto in tutta la giornata!”
Suona il campanello.
Entra l’angelo segretario.
“Chi era all’altro telefono?” chiede curioso il Padreterno.
“Il Papa.” risponde l’angelo

“E ora dov’è?” chiede il Padreterno.

“Si è ritirato.
Ha detto che andava a rileggersi “La notte oscura!” di San Giovanni della Croce!” spiegò il piccolo angelo.
“Presto, portagli da parte mia questo biglietto.” esclamò il Padreterno.
Parla a voce alta mentre scrive:
“Affido alla carità del Papa Valentina:
quattro anni, madre prostituta, padre carcerato, abitazione: baracche dell’acquedotto felice.”
E rassicuralo.
Stia contento:
il Padreterno gli vuole sempre un gran bene, anche se a volte sembra un pochino distratto.

Brano senza Autore

Il tizzone rimasto isolato

Il tizzone rimasto isolato

Il parroco di una chiesetta del New England si accorse che uno dei suoi più assidui fedeli disertava da tempo le funzioni della domenica.
Una sera, decise di fargli visita e lo trovò solo in casa,

seduto davanti al caminetto.

Senza dire una parola il prete prese con le molle un tizzone ardente e lo posò sul pavimento; poi sedette su una poltrona e rimase a fissare per qualche minuto il tizzone che rimasto isolato fuori del caminetto, lentamente si spegneva.

L’uomo intuì l’ammonimento e disse:

“Mi avete fatto un bellissimo sermone, reverendo.
Da domenica prossima, verrò di nuovo in chiesa!”

Brano tratto dal libro “Metodo e tecniche di redazione del ricorso al T.A.R.: Teso all’annullamento di un provvedimento amministrativo.” di Francesco Turrini Dertenois

Il filo di cotone

Il filo di cotone

C’era una volta un filo di cotone che si sentiva inutile.
“Sono troppo debole per fare una corda.” si lamentava.
“E sono troppo corto per fare una maglietta.
Sono troppo sgraziato per un Aquilone e non servo neppure per un ricamo da quattro soldi.

Sono scolorito e ho le doppie punte…

Ah, se fossi un filo d’oro, ornerei una stola, starei sulle spalle di un prelato!
Non servo proprio a niente.
Sono un fallito!
Nessuno ha bisogno di me.
Non piaccio a nessuno, neanche a me stesso!”
Si raggomitolava sulla sua poltrona, ascoltava musica triste e se ne stava sempre solo.

Lo udì un giorno un mucchietto di cera e gli disse:

“Non ti abbattere in questo modo, piccolo filo di cotone.
Ho un’idea:
facciamo qualcosa noi due, insieme!
Certo non possiamo diventare un cero da altare o da salotto:
tu sei troppo corto e io sono una quantità troppo scarsa.

Possiamo diventare un lumino, e donare un po’ di calore e un po’ di luce.

È meglio illuminare e scaldare un po’ piuttosto che stare nel buio a brontolare.”
Il filo di cotone accettò di buon grado.
Unito alla cera, divenne un lumino, brillò nell’oscurità ed emanò calore.
E fu felice.

Brano tratto dal libro “I fiori semplicemente fioriscono.” di Bruno Ferrero

I regali nello sgabuzzino

I regali nello sgabuzzino

Il postino suonò due volte.
Mancavano cinque giorni a Natale.
Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.
“Avanti!” disse una voce dall’interno.
Il postino entrò.
Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d’ombre e di polvere.
Seduto in una poltrona c’era un vecchio.
“Guardi che stupendo pacco di Natale!” disse allegramente il postino.
“Grazie. Lo metta pure per terra.” disse il vecchio con la voce più triste che mai.

“Non c’è amore dentro!”

Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano.
Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l’aria di passarsela male.
Allora, perché era così triste?
“Ma, signore, non dovrebbe fare un po’ di festa a questo magnifico regalo?”
“Non posso… Non posso proprio!” disse il vecchio con le lacrime agli occhi.
E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca.
Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino:

“Da tua figlia Luisa e marito.”

Mai un augurio personale, una visita, un invito:
“Vieni a passare il Natale con noi.”
“Venga a vedere.” aggiunse il vecchio e si alzò stancamente.
Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino.
Il vecchio aprì la porta.

“Ma…” fece il postino.

Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi.
Erano tutti quelli dei Natali precedenti.
Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
“Ma non li ha neanche aperti!” esclamò il postino allibito.
“No!” disse mestamente il vecchio “Non c’è amore dentro!”

Brano senza Autore, tratto dal Web