Il maestro di tiro con l’arco

Il maestro di tiro con l’arco

C’era una volta un maestro zen che era un vero campione nell’arte del tiro con l’arco.
Una mattina invitò il suo discepolo preferito a osservare una dimostrazione della sua abilità.
Il discepolo lo aveva visto centinaia di volte,

ma comunque obbedì al suo maestro.

Si recarono nel bosco accanto al monastero e raggiunsero un albero di quercia.
Lì, il maestro prese un fiore che aveva infilato nella sua cintura e lo mise su uno dei rami.
Poi aprì la borsa che aveva portato con sé e tirò fuori tre oggetti:
il suo splendido arco in legno pregiato, una freccia e un fazzoletto bianco ricamato.
Successivamente si spostò allontanandosi di cento passi dal punto in cui aveva riposto il fiore.
A quel punto chiese al suo discepolo di bendargli accuratamente gli occhi con il fazzoletto ricamato.

Il discepolo lo fece.

“Quante volte mi hai visto praticare lo sport nobile e antico del tiro con l’arco?” chiese il maestro.
“Ogni giorno.” rispose il discepolo.
“E sono sempre riuscito a colpire il centro del bersaglio da trecento passi?” domandò ancora il maestro.
“Certo!” esclamò il discepolo.
Con gli occhi coperti dal fazzoletto, il maestro piantò saldamente i piedi per terra, tirò indietro la corda con tutte le sue forze e poi scoccò la freccia.
La freccia sibilò nell’aria, ma non colpì il fiore e nemmeno l’albero:
mancò il bersaglio con un margine imbarazzante.
“L’ho colpito?” chiese il maestro, rimuovendo subito dopo il fazzoletto dagli occhi.
“No, l’hai mancato completamente!” rispose il discepolo con un po’ di disagio.

Poi aggiunse:

“Pensavo che tu volessi dimostrami il potere del pensiero e della sua capacità di eseguire magie.”
“È così.
Ti ho appena insegnato la lezione più importante circa il potere del pensiero!” rispose il maestro, che poi concluse:
“Quando vuoi conquistare un obiettivo, concentrati solo su di esso, perché nessuno potrà mai colpire un bersaglio che non vede!”

Storia Zen
Brano senza Autore

La leggenda del radicchio di Treviso

La Leggenda del radicchio di Treviso

È biblicamente noto che, durante la permanenza di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, tutte le cose buone erano a portata di mano e non costavano alcun sforzo.
In seguito al peccato originale e ad essere stati allontanati dal paradiso terrestre, i due si trovarono in grosse difficoltà poiché dovevano procurarsi il cibo con fatica e sudore.
Inizialmente Adamo ed Eva erano molto pigri e cercavano di nutrirsi mangiando solamente le cose più vicine e più facili da raccogliere.

Uno dei loro cibi preferiti era il radicchio.

Si narra che originariamente i radicchi erano dolci.
Al buon Dio non piacque questo e mise nei radicchi un po’ di amaro, lasciandogli però tutte le altre proprietà, perché voleva che Adamo ed Eva mettessero un po’ di impegno a cercar dell’altro cibo e variassero la loro dieta per esser sani e idonei a popolar la terra.
Al radicchio a foglia allungata, che era tra i più facili da strappare e raccogliere, toccò la stessa sorte degli altri ma riservò ad esso, se lavorato, di essere al contempo dolce e tenero.
L’uomo ci mise un po’ di tempo a scoprirlo e questo privilegio fu riservato ai Trevigiani che per invettiva e lavoro non sono secondi a nessuno.

Una volta lavorato è il più pregiato e ricercato:

reminiscenza del paradiso terrestre.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno