La goccia d’acqua e la pianticella

La goccia d’acqua e la pianticella

La nuvola avanzava lentamente:
era piccola, poco più grande di un batuffolo di cotone.
All’interno, due gocce di pioggia stavano litigando furiosamente.
“Ti dico che dovevamo scendere su quel prato!” urlò l’una.
“E così saremmo finite in mezzo al fango!” ribatté l’altra.
“Sua maestà ha paura di sporcarsi?
Preferirebbe forse cadere in una boccetta di profumo?” insistette la prima.
“Sei sciocca e ignorante!” esclamò la seconda.
E rivolgendosi all’altra compagna che se ne stava pacifica e silenziosa ad osservare il paesaggio chiese:
“E tu, cosa ne pensi?”

Costei rispose:

“Credo che ognuna di noi debba seguire le proprie aspirazioni, ricordandoci che il mondo ha bisogno di noi.”
“Giusto!” intervenne la prima, “Ognuna pensi a se stessa!” travisando così le parole della compagna saggia.
La prima a lasciarsi scivolare dalla nuvola fu proprio lei.
Vide uno scoglio e decise di andare a crogiolarsi al sole.
Fatto sta che, poco dopo, cominciò a sudare e all’improvviso scomparve.
Di lei non restò più nulla, neppure il segno sulla roccia.

La seconda, vedendo l’oceano, pensò:

“Qui non mi mancherà la compagnia!” e si lasciò scivolare.
Per qualche tempo passò le sue giornate ridendo, scherzando, ballando insieme alle compagne.
Ma un giorno un’onda l’afferrò con decisione e la mandò a ruzzolare sulla spiaggia.
La sabbia assorbì la goccia e di lei non restò più nulla, nemmeno un’impronta.
Sulla nuvola, intanto, la goccia rimasta aspettava il momento opportuno per scendere sulla terra. Aveva deciso:
“Mi spingerò più a Nord, il vento freddo mi trasformerà in un fiocco di neve e contribuirò a far felici i bambini.”
All’improvviso vide, in un campo arso dal sole, una pianticella quasi appassita.
Questo la rattristò e la commosse.

E cosi decise:

si lasciò scivolare dalla nuvoletta e cadde addosso alla piantina.
Costei si ridestò dicendo:
“Che fresca carezza!
Chi sei?”
“Sono una piccola goccia e sono scesa dal cielo per aiutarti!” rispose.
Poi scomparve nel terreno, fino alle radici.
Subito un fremito percorse l’intera pianticella ed un fiorellino sbocciò, profumando l’aria.

La storia di ogni persona è allo stesso tempo effimera e importante.
Perciò ci conviene vivere in maniera intensa, al di là del nostro piccolo “io”, contribuendo ad arricchire la vita degli altri e lasciandoci impreziosire dalle loro sorprese.

Brano di Don Ezio del Favero

I tre agnellini

I tre agnellini

Lassù sulle montagne del Tirolo, c’era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità.
Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose.
Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio.
Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli.

Il bambino rispose:

“A Gesù non importa, Lui sa che non ho giocattoli per giocare.”
Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva.
“Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?”
“Là!” rispose il fanciullo indicando vagamente l’alto.
Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l’agnellino era pronto, bello da sembrare vivo.
Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio.
Il bambino appena vide l’agnellino protese le braccine e l’afferrò.
Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato.

Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando:

“Tienilo pure.
Intaglierò un altro agnellino.”
Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo.
“Oh! Che meraviglioso agnellino!” disse, “Posso averlo per piacere?”
“Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro” rispose Dritte e ne realizzò un altro.
Ma il bambino dai capelli d’oro non ritornò, e l’agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega.
La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame.
Prima di Pasqua, in un giorno uggioso, un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare.

Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro:

“Sono alla locanda,” disse il commerciante, “in caso cambiate idea.”
La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l’agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega.
Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d’oro.
“Ho tenuto l’agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto.
Ne farò subito un altro!”
“Non ho bisogno di un altro agnellino,” disse il fanciullo scuotendo il capo, “quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me.
Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo.”
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso.
Quella notte Dritte si recò alla locanda.
“Costruirò giocattoli per voi!” disse.
“Allora avete cambiato idea.” sussurrò il mercante.
“No!” rispose Dritte con gli occhi scintillanti, “Ma ho ricevuto un segno da Dio!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La benedizione

La benedizione

Nella comunità dell’Arca dove aveva deciso di vivere, dopo una vita passata nel mondo universitario, un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una handicappata della comunità che gli disse:
“Henri, mi puoi benedire?”
Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza:
“No, questa non funziona.

Voglio una vera benedizione!”

Padre Nouwen si accorse di aver risposto in modo abitudinario e formalistico e disse:
“Oh, scusami… ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione!”
Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, padre Nouwen disse:
“Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale.

Lei sente di averne bisogno adesso.”

La ragazza si alzò e andò verso il sacerdote, che indossava un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano sia le mani che le braccia.
Spontaneamente Janet lo abbracciò e pose la testa contro il suo petto.
Senza pensarci, padre Nouwen la avvolse con le sue maniche al punto di farla quasi sparire tra le pieghe del suo abito.
Mentre si tenevano l’un l’altra padre Nouwen disse:
“Janet, voglio che tu sappia che sei l’Amata Figlia di Dio.

Sei preziosa agli occhi di Dio.

Il tuo bel sorriso, la tua gentilezza verso gli altri della comunità e tutte le cose buone che fai, ci mostrano che bella creatura tu sei.
So che in questi giorni ti senti un po’ giù e che c’è della tristezza nel tuo cuore, ma voglio ricordarti chi sei:
sei una persona speciale, sei profondamente amata da Dio e da tutte le persone che sono qui con te!”
Janet alzò la testa e lo guardò; il suo largo sorriso dimostrò che aveva veramente sentito e ricevuto la benedizione.
Quando Janet tornò al suo posto, tutti gli altri handicappati vollero ricevere la benedizione.
Anche uno degli assistenti, un giovane di ventiquattro anni, alzò la mano e disse:

“E io?”

“Certo!” rispose padre Nouwen, “Vieni.”
Lo abbracciò e disse:
“John, è così bello che tu sia qui.
Tu sei l’Amato Figlio di Dio.
La tua presenza è una gioia per tutti noi.
Quando le cose sono difficili e la vita è pesante, ricordati sempre che tu sei Amato di un amore infinito!”
Il giovane lo guardò con le lacrime agli occhi e disse:
“Grazie, grazie molte!”

Brano tratto dal libro “Solo il vento lo sa.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’eremita e l’esempio dello sparviero

L’eremita e l’esempio dello sparviero

Un eremita vide una volta, in un bosco, uno sparviero.
Lo sparviero portava al suo nido un pezzo di carne:
lacerò quella carne in tanti piccoli pezzi, e si mise a imbeccare anche una piccola cornacchia ferita.
L’eremita si meravigliò che uno sparviero imbeccasse così una piccola cornacchia, e penso:

“Dio mi ha mandato un segno.

Neppure una piccola cornacchia ferita viene abbandonata da Lui.
Dio ha insegnato addirittura ad un feroce sparviero a nutrire una creaturina d’altra razza, rimasta orfana al mondo.
Si vede proprio che Dio dà il necessario a tutte le creature:
e noi, invece, stiamo sempre in pensiero per noi stessi.
Voglio smetterla di preoccuparmi di me stesso!
Dio mi ha fatto vedere che cosa devo fare.

Non mi procurerò più di mangiare!

Dio non abbandona nessuna delle sue creature:
non abbandonerà neanche me!”
E così fece:
si mise a sedere in quel bosco e non si mosse più di là:
pregava, pregava, e nient’altro.
Per tre giorni e per tre notti rimase così, senza bere un sorso d’acqua e senza mangiare un boccone.
Dopo tre giorni, l’eremita s’era tanto indebolito, che non era più capace d’alzare la mano.

Dalla gran debolezza, s’addormentò.

Ed ecco apparirgli in sogno un angelo.
L’angelo lo guardò accigliato e gli disse:
“Il segno era per te, certo.
Ma perché tu imparassi ad imitare lo sparviero!”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Un giorno un acquazzone mi colse di sorpresa mentre camminavo per strada.
Grazie a Dio avevo ombrello ed impermeabile.

Tuttavia, entrambi si trovavano nel portabagagli dell’automobile,

parcheggiata molto lontano.
Mentre correvo a prenderli, pensavo a quale strano segno stavo ricevendo da Dio!

Le mie riflessioni furono queste:

“Abbiamo sempre le risorse necessarie per affrontare i rovesci che la vita ci impone, ma, nella maggior parte delle occasioni, tali risorse sono sepolte in fondo al nostro cuore, e ciò ci fa perdere molto tempo nel ritrovarle.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’angelo Custode di Martina


L’angelo Custode di Martina

Improvvisamente Martina si svegliò di soprassalto e si ritrovò nel suo lettino tutto a fiori nella sua bella cameretta.
Il videogioco era ancora sul tappeto di fianco al suo lettino ed il libro di storia era appoggiato ancora chiuso sul suo comodino.
Era stato tutto un sogno?
È possibile che tutto quello che aveva vissuto era stato solo un sogno?

Ed anche bellissimo!

Perché la presenza dell’Angelo Custode la sentiva ancora vicino a lei, il caldo e morbido delle sue ali era ancora dentro di lei, la pace, la serenità e la gioia che aveva provato a parlare e stare con lui era stata grandissima!
Si ricordava ogni particolare, ogni cosa detta nel sogno, non aveva dimenticato nulla.
Sapeva che quanto era avvenuto era davvero importante, sentiva che gli aveva fatto capire che per seguire il filo del suo destino e costruire la sua vita doveva impegnarsi a fondo, fare attenzione alle persone che stavano intorno a lei, superare con gioia i piccoli nodi quotidiani che doveva affrontare.

E soprattutto sapeva che non sarebbe mai stata sola a superare ed affrontare queste cose.

Aveva il suo amico Angelo Custode che gli aveva promesso che fino ad ottant’anni l’avrebbe seguita e consigliata.
A questo punto si ricordò del libro di storia, dell’interrogazione del giorno dopo, del fatto che non aveva ripassato per niente e subito accese la luce sul suo comodino, prese il libro ed iniziò a ripassare la lezione ad alta voce.
Si sarebbe impegnata tantissimo e il giorno dopo avrebbe fatto un’interrogazione magnifica.
Ed anche tutti i giorni della sua vita li avrebbe passati facendo con impegno le cose che riteneva importanti e giuste perché il suo destino lo voleva costruire con impegno e “pensando agli altri prima che a se stessa.”

Voleva tenere sempre caldo il suo cuore e usare tutta la sua forza dando amore agli altri.

Ed ecco che mentre iniziava il capitolo di Romolo e Remo, sentì sul collo un solletichino, come il segno che aveva accordato con il suo angelo e capì immediatamente che aveva ritrovato il bandolo del suo gomitolo e stava facendo la cosa giusta.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Sono importanti le persone che lasciano il segno, non quelle che lasciano cicatrici!


Sono importanti le persone che lasciano il segno, non quelle che lasciano cicatrici!

Ci sono persone che entrano nella tua vita e cambiano tutto, persone per le quali vale la pena fermarsi, respirare e che bisogna apprezzare.
Apprezzare le cose davvero importanti della vita: i dettagli…
Come l’acqua del mare, le nuvole, gli sguardi, gli occhi di queste persone, il loro modo di sorridere, gli abbracci infiniti che sanno di sale, le loro mani, svegliarsi al loro fianco …
Ci sono persone che sono fatte d’acciaio,

persone che danno un senso a tutto, persino a cose che prima non avevano nessuna importanza per noi.

Sono persone autentiche, che marcano un momento nella nostra vita, che arrivano come un soffio d’aria fresca e che, quando se ne vanno, lasciano un segno indelebile nei nostri ricordi.
Vi è un’enorme differenza tra lasciare il segno e lasciare cicatrici.
Le cicatrici simboleggiano il dolore, la sofferenza, le ferite aperte, le emozioni che vanno ripulite e curate.
Le cicatrici sono dei segni che non abbiamo scelto di avere e che ci ricordano un dolore che avremmo potuto evitare.

Invece, quando qualcuno lascia il segno,

significa che abbiamo delle tracce incancellabili sulla pelle e nella memoria, che ci fanno ricordare dei momenti d’amore, insegnamento e crescita, quando meno te lo aspetti.
Pertanto, non è importante la quantità di persone che ci circondano, bensì la qualità.
Se qualcuno ci ferisce sistematicamente, dovremmo cominciare a fare un po’ di pulizia nel nostro ambiente circostante, selezionare meglio le persone e sforzarci di continuare solo relazioni che ci apportano insegnamento e crescita interiore.

Sono i piccoli dettagli a dare senso alla vita,

cambiano tutto, rendono importante la quotidianità.
È per questo che non è tanto importante quello che riceviamo quanto il modo in cui lo riceviamo.
Quando una persona speciale vi abbraccia, riesce a ricomporre i frammenti presenti in voi, vi insegna a vivere e a rivivere la vostra interiorità.
Le persone speciali non aspettano che le cose succedano, fanno quello che desiderano e inseguono i loro obiettivi fino a che non li raggiungono.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La storia della matita



La storia della matita

Il bambino guardava la nonna intenta a scrivere una lettera.
Ad un certo punto, chiese:
“Stai scrivendo una storia su di noi?
E’ per caso una storia su di me?”
La nonna smise di scrivere, sorrise, e disse al nipote:

“In effetti, sto scrivendo di te.

Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando.
Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande.”
Il bimbo osservò la matita, incuriosito, e non vide niente di speciale.
“Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia!”
“Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose.” rispose la nonna.

Ci sono cinque qualità in essa che, se tu riuscissi a mantenere, farebbero di te un uomo in pace col mondo.

Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi.
Questa mano noi la chiamiamo Dio, e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.
Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo, e usare il temperino.
Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata.

Pertanto, sappi sopportare un po’ di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.

Terza qualità: la matita ci permette sempre di usare una gomma per cancellare gli sbagli.
Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.
Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all’interno.
Dunque, fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.
Infine, la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno.
Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce, e cerca di essere conscio di ogni singola azione.

Brano tratto dal libro “Come il fiume che scorre.” di Paulo Coelho