Il giovane ed il vecchio

Il giovane ed il vecchio

Un uomo di 75 anni viaggiava in treno leggendo un libro durante il tragitto.
Al suo fianco viaggiava un giovane universitario che leggeva anche lui un voluminoso libro di scienze.
Improvvisamente, il giovane capì che il libro che stava leggendo il vecchio era una Bibbia e, senza troppe cerimonie, gli chiese:
“Credi ancora in quel libro pieno di favole e storie?
“Sì, certo!” rispose il vecchio, “Ma questo non è un libro di fiabe, né delle favole, è la Parola di Dio!
Voi pensate che mi stia sbagliando nel farlo?”

Il giovane rispose:

“Certo che ha torto…
Penso che lei, signore, dovrebbe dedicarsi allo studio della scienza e della storia del mondo!”
Dovreste vedere come la rivoluzione francese, avvenuta più di 100 anni fa, ha mostrato la miopia, la stupidità e le bugie della religione.
Solo persone senza cultura o fanatici, credono ancora in queste sciocchezze.
Dovreste sapere un po’ di più cosa dicono gli scienziati di queste cose!”

Il signore anziano con molta calma gli disse:

“E dimmi, giovane.
È questo che dicono i nostri scienziati della Bibbia?”
Il giovane gli rispose:
“Guarda, dovrei scendere alla prossima stazione, non ho tempo di spiegarti, ma lasciami il tuo nome con il tuo indirizzo, così posso inviarti del materiale scientifico per posta, in modo da illuminarti un po’ sulle questioni che contano davvero per il mondo!”
Il vecchio allora, con molta pazienza, aprì con cura la tasca del cappotto e diede al giovane universitario il suo biglietto da visita…
Il giovane prese il biglietto, e leggendo chi fosse la persona con cui aveva interloquito, uscì con la testa bassa e gli occhi persi, sentendosi peggio di un’ebete!

Sulla carta c’era scritto:

Professor Dottor Louis Pasteur,
Direttore generale dell’Istituto nazionale di ricerca scientifica dell’Università nazionale francese.

Brano senza Autore

Il viaggio in treno da solo

Il viaggio in treno da solo

Mamma e papà accompagnavano tutti gli anni in treno Martino, il loro figlio, dalla nonna per l’estate e poi tornavano a casa con lo stesso treno l’indomani.
Il ragazzo, quando divenne adolescente, disse ai suoi genitori:
“Sono già grande, cosa ne pensate se quest’anno provo ad andare dalla nonna da solo?”

Dopo un breve dibattito, i genitori furono d’accordo.

Eccoli in piedi sul marciapiede della stazione, salutandolo, dandogli l’ultimo consiglio, mentre Martino continuava a ripetere:
“Sì, lo so, lo so!
Me lo avete già detto cento volte!”

Il treno stava per partire quando il padre gli disse:

“Figlio, se improvvisamente ti senti male o sei spaventato, questo è per te!” e terminando la frase, mise qualcosa nella tasca del ragazzo.
Dopo qualche minuto, il ragazzo era solo, seduto in carrozza, senza genitori, per la prima volta, guardando fuori dal finestrino.
Intorno, persone estranee che si spintonavano, facevano rumore, entravano ed uscivano dal vagone, il bigliettaio che gli contestava il fatto di essere da solo, mentre qualcuno lo guardava anche con dispiacere, quando, improvvisamente, il ragazzo si sentì a disagio, sempre di più.

Al disagio subentrò lo spavento.

Abbassò la testa e si rannicchiò in un angolo del sedile con le lacrime che cominciavano a scendere.
In quel momento si ricordò che suo padre gli aveva messo qualcosa in tasca.
Con la mano tremante, dopo aver cercato a tentoni un pezzo di carta, lo aprì:
“Figliolo, sono nell’ultima carrozza!”

È così che nella vita dobbiamo lasciare andare i figli, fidandoci di loro, ma essendo sempre nell’ultima carrozza, in modo che loro non abbiano paura.
Per essere vicini, per sempre.

Brano senza Autore

Potresti farlo anche tu!

Potresti farlo anche tu!

Erano sposati da cinquant’anni.
Un giorno alla stazione si sedettero su una panchina ad aspettare il treno.

Sulla panchina di fronte a loro erano seduti due giovani innamorati.

I due anziani osservavano la giovane coppia in silenzio.
Il ragazzo abbracciava la ragazza con tenerezza e la baciava con trasporto.
La donna, con gli occhi che brillavano, sfiorò il marito con la mano e sussurrò:

“Potresti farlo anche tu!”

L’uomo la guardò sdegnato:
“Cosa? Ma se non la conosco neanche!”

Brano senza Autore

La visita alla mamma

La visita alla mamma

Quando mia nonna andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di tre giorni:
un giorno per viaggiare sul calesse trainato dal cavallo; un giorno per raccontare e apprendere le ultime notizie, un po’ in cucina e un po’ in giardino;

il terzo giorno per il viaggio di ritorno.

Quando mia madre andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di due giorni.
Viaggiava in treno e, se era fortunata con le coincidenze, si fermava la sera del primo giorno, raccontava le ultime novità e il giorno dopo ripartiva.

Quando io faccio visita a mia madre, impiego mezz’ora.

Vado in auto e mi fermo giusto una decina di minuti perché i bambini si annoiano e sono sempre in ritardo con le spese al supermercato.
Se un giorno mia figlia mi verrà a far visita, di quanto tempo avrà bisogno?

Brano di Bruno Ferrero

Stai vicino al generale

Stai vicino al generale

Durante la prima guerra mondiale furono chiamati al fronte anche i giovanissimi appena diciottenni.
L’addio alle famiglie di questi soldatini era straziante.
Alla stazione di una grande città, genitori e amici si stringevano intorno ad un gruppo di soldati in partenza.

Tutti si abbracciavano piangendo:

molti si vedevano per l’ultima volta.
Un uomo stringeva la mano del suo ragazzo e cercava invano di dirgli addio.
I suoi occhi erano pieni di lacrime.
Le mani gli tremavano e non riusciva a parlare.
Quello era il suo unico figlio, lo amava con tutte le sue forze.
Ma che cosa poteva dirgli?
Che cosa poteva riportarglielo a casa?
Il treno fischiò.
I soldati dovevano affrettarsi a salire in carrozza.
L’uomo desiderava raccomandare qualcosa a suo figlio.

Se lo strinse al petto e mormorò:

“Giovannino mio, Giovannino mio!
Non farti uccidere!”
I soldati erano sul treno che stava per partire.
La folla applaudiva e agitava le braccia in segno di saluto.
L’uomo, straziato, fissava il suo Giovanni che lo salutava dal finestrino.
Voleva ancora dirgli qualcosa.
Il treno incominciò a muoversi.

Il padre agitò il braccio.

Poi si aprì un varco tra la folla, si avvicinò al treno e gridò:
“Giovannino, ragazzo mio, stai vicino al generale!”

Brano senza Autore

Il bambino più bravo

Il bambino più bravo

Era la notte di Natale ed io ero già pronto ad andare a letto, quando all’ improvviso sentii tremare il pavimento sotto i piedi e colto di sorpresa, caddi.
Mi alzai rapidamente per affacciarmi alla finestra e vidi passere un treno, non un treno qualunque, non l’avevo mai visto.
Incuriosito uscii di casa e mi avvicinai ad un vagone, sul lato c’era scritto “Polar Express.”
Salii sul treno e vidi tanti bambini tra cui Amanda,

mia cugina, e Luca, un mio amico di scuola.

Mi dissero subito che il viaggio sarebbe durato molto ma non mi dissero dove il treno era diretto.
Durante il viaggio, arrivarono una decina di camerieri che, ballando, servivano cioccolata calda, e sembravano davvero simpatici.
Lungo il cammino, trovammo delle renne che bloccavano la strada.
Ci volle un bel po’ di tempo per far sì che si spostassero tutte.
Lentamente presi sonno e dormii per tutta la durata del viaggio.

Fui svegliato dalla voce di mia cugina Amanda che urlava:

“Sergio, guarda!
Svegliati, siamo arrivati!”
Aprii di scatto gli occhi e fuori dal finestrino vidi tanti elfi che aspettavano l’arrivo di Babbo Natale.
Scendemmo anche noi dal treno e poco dopo arrivò Babbo Natale sulla sua slitta piena di regali.
Mentre passava tra la folla, mi guardò e mi fece l’occhiolino, non so per quale motivo.
Lo vidi prendere il volo con le sue renne e salutare tutti dall’alto.

Noi risalimmo sul treno che ci riportò ognuno a casa sua.

La mattina dopo sotto l’albero trovai un sacco di regali e in una bustina c’era una lettera con sopra scritto:
“Complimenti sei stato il bambino più bravo quest’anno. Babbo Natale.”

Brano tratto dal sito https://www.icmonteforteirpino.edu.it/archivio/wp-content/uploads/2016/01/Racconti-di-Natale.pdf

La banca del tempo

La banca del tempo

Immagina che esista una banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto, non conservando, però, il tuo saldo giornaliero rimanente.
Questa banca, infatti, ogni notte cancella qualsiasi quantità di denaro che non sia stata usata durante il giorno.
Che faresti?
Ritireresti e spenderesti tutto fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente.
Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa banca…

Il suo nome?

Tempo.
Ogni mattina essa ti accredita 86.400 secondi; ogni notte questa banca cancella e da, come persa, qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito.
Questa banca non conserva saldi né permette trasferimenti.
Ogni giorno ti apre un nuovo conto.
Ogni notte elimina il saldo del giorno.
Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro, non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi.
Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute, felicità e successo:

l’orologio continua il suo cammino!

Ottieni il massimo da ogni giorno.

Per capire il valore di un anno, chiedi ad uno studente che è stato bocciato.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi ad una ragazza che ha un ritardo.
Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che aspettano di incontrarsi.
Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno.
Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente.
Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia di argento alle Olimpiadi.

Dai valore ad ogni momento che vivi e dagli ancor più valore se lo potrai condividere con una persona speciale, tanto speciale, da dedicarle il tuo tempo…

E ricorda che il tempo non aspetta nessuno!

Ieri? Storia.
Domani? Mistero.
È per questo che esiste il presente.

Brano senza Autore
Non aver paura del domani, perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri.

Corri, non esitare! (Senza Rimpianto)

Corri, non esitare!
(Senza Rimpianto)

Che cos’è il rimpianto?
Il rimpianto non è altro che una reazione negativa a comportamenti avuti nel passato.
In poche parole:
È il rendersi conto di una determinata cosa che avremmo voluto fare, ma che non abbiamo mai fatto.
Sono sicura che ognuno di noi rimpiange almeno una cosa nella vita.
Ognuno di noi vorrebbe ritornare indietro nel tempo per dire o fare, cose che non abbiamo mai avuto il coraggio di fare.
Che cosa succederebbe se avessimo la possibilità di correggere le cose?

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“La vita è troppo breve per avere dei rimpianti.” mi disse una donna anziana.
Forse sull’ottantina.
“Come dice, scusi?” chiesi cortesemente come per accertarmi che si stesse rivolgendo a me.
“Mi ricordi me alla tua età.” continuò tenendo lo sguardo fisso davanti a se.
“A quei tempi ero piena di rimpianti… e lo sono tutt’ora.”
E mentre disse l’ultima frase, mi guardò negli occhi abbozzando un sorriso amaro.
La guardai per diversi minuti, senza saper cosa dire.
Poi, quando feci per andar via, ricominciò a parlare.
Presi posto su una delle sedie accanto alla sua, mentre lei cominciò ad avere dei violenti colpi di tosse:

“Tutto bene?

Non deve sforzarsi per…”
Ma mi rassicurò con un gesto della mano e proseguì il suo racconto.
“Quando avevo la tua età avevo questo amico, che poi tanto amico non era.” pronunciò con uno sguardo nostalgico, “A quei tempi non capivo cos’era l’amore.
Pensavo che quello che provavo per lui fosse normale, sai, nei confronti di un amico.”
“E cosa è accaduto?
Quando si è resa conto di amarlo?” mi scoprì a dire ritrovandomi in quanto ha detto.
“Me ne accorsi quando una mattina mi confessò di voler andare a fare il militare.”
“E lei come l’ha presa?
Gli ha confessato di amarlo?”

“Oh, no, tutt’altro!

Mi congratulai con lui.
Non era da tutti voler andare in guerra.
In quel momento, pensai che fosse stupido ma anche maledettamente coraggioso.
Ma non osavo ammettere a me stessa che in realtà non volevo che partisse…” ricominciò a tossire, ma non fermò la narrazione, “Quando arrivò il giorno della partenza non andai a salutarlo, non ne ero in grado.
E quello fu il mio più grande rimpianto, perché lui non tornò più.” concluse con gli occhi lucidi.
Mi alzai bruscamente dalla sedia mentre il cuore cominciò a rimbombarmi nel petto.
L’unica cosa che riuscivo a sentire era il rumore del treno che si stava avvicinando.

“Corri, non esitare!”

Mi disse lei sorridendo come se avesse capito tutto quanto.
Sorrisi a mia volta, consapevole del fatto che se non le avessi dato retta, me ne sarei pentita per il resto della vita.
Feci per correre verso i binari, ma una domanda mi balenò in mente facendomi ritornare sui miei passi:
“Scusi la domanda improvvisa ma posso chiederle perché lei è qui?”
Mi guardò negli occhi, e solo allora notai quanto fossero famigliari.
Mi sorrise e mi disse semplicemente:
“Ogni giorno a quest’ora prendo un treno nella speranza di ricongiungermi con lui.”
E così fu.

Brano di Maddalena Dinu

L’oroscopo personale

L’oroscopo personale

Non tutti gli anni che viviamo durante la nostra vita sono uguali; basta vedere questo 2020 quanto sconquasso ha portato per colpa del coronavirus.
Anche alcuni giorni iniziano apparentemente uguali, ma cambiano senza neanche saperne il perché;

basta crederci in modo da farli diventare unici.

Anni fa mi capitò di recarmi come turista a Venezia, con un treno locale, in una bella giornata fra tanta bella gente.
Vedere dai finestrini il susseguirsi della campagna veneta mi ha sempre messo di buon umore.
Contemporaneamente nella mia mente componevo poesie in piena libertà, momenti unici che fanno tanto bene al cuore.
Dopo alcune fermate, sul treno salì un mio caro amico di infanzia che, sedendosi di fronte, mi chiese come andasse.

Gli risposi:

“Bene! Alla grande! Oggi sono proprio contento, sento dentro di me una forza positiva che sarei capace di far alzare in piedi mezza carrozza.”
Il mio amico replicò:
“Sei sempre il solito che si fa l’oroscopo da solo!”
Allora mi alzai di scatto e guardando fuori dal finestrino esclamai ad alta voce:

“Guarda! Guarda quante pecorelle!”

Non ci crederete, ma mezza carrozza passeggeri si alzò in piedi contemporaneamente per guardare fuori sperando di vedere un gregge.
Il mio amico, ma anche tutti gli altri passeggeri, non vedendo niente, si stizzirono.
Con molta tranquillità esclamai:
“Nuvole, cari amici, nuvole a pecorelle!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno