Tonto Zuccone e gli acquisti

Tonto Zuccone e gli acquisti
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Alla fiera

L’orologio

Il panino doppio

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“Alla fiera”

Tonto Zuccone andò ad una fiera e la sua attenzione venne richiamata da alcuni uomini concitati attorno ad un tavolino.
Stavano partecipando al gioco delle tre carte, per lui nuovo.
Con entusiasmo partecipò anche lui.
Provò a sfidare diverse volte la fortuna, che però gli voltava ripetutamente le spalle.
Alla fine chiese al banditore come si facesse a vincere almeno una volta, poiché ci teneva tanto.

All’imbonitore non parve vero e gli disse:

“Siccome ti chiami Tonto voglio, in via eccezionale venirti in contro ed accontentarti, con una vincita strepitosa e sicura.
Attraverso i miei poteri telepatici, basta che tu metta i soldi e rinunci alla posta vinta.
Tonto pur di vincere accettò e rientrò a casa con una grande soddisfazione tutta sua, comportandosi come tanti insistenti giocatori del gratta e vinci, dove il banco vince sempre.

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“L’orologio”

Tonto Zuccone desiderava tanto avere un orologio tutto suo per non dover chiedere sempre l’ora a qualcuno.
Voleva però spendere pochissimo.
Si recò da diversi orologiai, ma non trovò nessuno che vendesse l’orologio al prezzo da lui desiderato, poiché era fissato nel risparmiare a tutti i costi.
Incontrò casualmente per strada un venditore ambulante abusivo, che proponeva tra le sue mercanzie anche dei colorati orologi che piacevano tanto a Tonto, e scelse quello a prezzo più stracciato.
Dopo alcuni giorni, però, l’orologio non diede segni di vita e Tonto percorse in lungo e in largo tutte le strade, sotto un sole cocente, per incrociare l’ambulante.
Trovato, gli agitò in faccia l’orologio che non dava segni di vita, e lo supplicò di sostituirlo essendo, secondo lui, ancora in garanzia.

Lo minacciò di segnalarlo, altrimenti, alle autorità.

Il venditore non si scompose per niente, dopo aver inquadrato il tipo, e gli disse:
“Io te lo sostituirei anche, se fosse rotto del tutto, ma, se stai attento, segna ancora l’ora giusta due volte al giorno e, se lo conservi con cura, un giorno varrà una fortuna per questo!”
A queste argomentazioni Tonto non seppe rispondere e continuò a portare l’orologio, pur avendo la cinghia che gli scatenava una reazione allergica, contento e felice della minima prestazione.

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“Il panino doppio”

Tonto Zuccone entrò trafelato, e in disordine, in una rinomata paninoteca in pieno centro città.
Chiese se potesse avere un panino farcito doppio al prezzo di uno, non avendo soldi sufficienti, siccome li aveva spesi in souvenir.
Aveva tanta fame accumulata, avendo percorso in lungo e in largo, sotto il sole cocente, l’impegnativo percorso turistico.
Il navigato cameriere, che ne aveva visto di cotte e crude, inquadrò professionalmente il singolare personaggio e gli rispose che non cera nessun problema.
Continuò dicendogli che avrebbe onorato immediatamente tale richiesta e che, visto il caso umano, gli avrebbe riservato la precedenza su altri clienti meno affamati ed esigenti.

Dopo qualche minuto, Tonto vide arrivare due piatti di servizio.

Dentro un piatto c’era il panino desiderato, mentre nell’altro uno specchio.
Il cameriere, sarcasticamente, gli disse:
“Ecco il tuo bel panino, se lo vuoi doppio e gratis, mettilo davanti allo specchio!”

Brani di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione dei racconti a cura di Michele Bruno Salerno

Il sogno ed il tesoro

Il sogno ed il tesoro

Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam raccontava la storia di Rabbi Ezechia, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia.
Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale.
Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Ezechia si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga.
Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato.

Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera.

Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno.
Ezechia gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese.
Il capitano scoppiò a ridere:
“E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi?
Ah, ah, ah!
Stai fresco a fidarti dei sogni!
Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Ezechia, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa!
Ezechia, figlio di Jekel, ma scherzi?
Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Ezechia e l’altra metà Jekel!”

E rise nuovamente.

Ezechia lo salutò, tornò a casa sua e cercò sotto la stufa.
Trovò il tesoro e lo dissotterrò e con esso costruì la sinagoga del suo villaggio.
Il maestro divenne famoso mentre era ancora in vita.
Raccontavano che Dio stesso una volta avesse cercato il suo consiglio:
“Voglio giocare a nascondino con l’umanità.
Ho chiesto ai miei angeli quale sia il posto migliore per nascondersi.
Alcuni dicono le profondità dell’oceano.
Altri la vetta della montagna più alta.
Altri ancora la faccia nascosta della luna o una stella lontana.
Tu cosa mi consigli?”

Rispose il maestro:

“Nasconditi nel cuore umano.
È l’ultimo posto a cui penseranno!”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

L’astronauta in viaggio (La scoperta del pianeta Terra)

L’astronauta in viaggio
(La scoperta del pianeta Terra)

Ciao mia cara,
Non vedo l’ora di poteri abbracciare!
Da quanto tempo è che non ci vediamo:
più o meno saranno 3000 anni luce.
Non puoi immaginare quanto mi manchi e mi sembra ieri quando ci siamo lasciati.
Quanta fatica, e per quanto tempo abbiamo sognato di poter raggiungere un pianeta abitato come il nostro.
Mi sembra ieri quando i primi pionieri del volo violarono la quiete del cielo sfidando le leggi della natura; sento l’eco delle loro grida di gioia che risuonano nel tempo.
Noi, noi siamo la storia!
Ma a dirti la verità non è proprio come me lo aspettavo…

Ah, come sta la piccola?

Dalle un bacio e dille che presto il papà tornerà a casa.
Qui, il pianeta è insopportabile:
c’è un atmosfera irrespirabile, umida e piena d’acqua, tanto che la senti infilarsi nella tua tuta spaziale.
Le terre emerse occupano solo un terzo della superficie e per di più gli abitanti del pianeta con le loro costruzioni la stanno devastando, per non parlare dei rapporti che hanno tra loro:
sembrano divisi in tribù, parlano in lingue diverse e si comportano differentemente:
alcuni godono di stima e si vantano di possedere delle pietre luccicanti; hai presente quel metallo che noi usiamo per fare i tappi, ecco quello, mentre altri non vengono nemmeno considerati.
Pensa che dopo tutto questo, ed è solo un piccolo assaggio, si credono la razza più intelligente dell’universo.

Ma dove andremo a finire?

Non sono capaci di organizzarsi, non sono ancora al nostro livello tecnologico, non fanno altro che mangiarsi il cibo l’un l’altro e per di più sono anche orribili nell’aspetto.
Quando siamo scesi ci hanno circondato con delle armi insignificanti, credendo di spaventarci, e ci osservavano come se fossimo dei marziani.
Potevo vestirmi di verde, così almeno li avrei fatti felici!
Sono veramente disgustosi:
hanno peli sul corpo per proteggersi dal clima del pianeta, a volte fa un caldo insopportabile mentre altre volte fa un freddo, forse mi sto ammalando…
Comunque dovresti vederli:
sono piccoli e gracili perché la forza di gravità è inferiore di due volte rispetto alla nostra.
Emettono degli strani suoni, un po’ stornanti e quasi mai dolci, mi sembra quasi di impazzire per quanto mi rimbombano nella testa.
Non sono per niente socievoli e si credono padroni di tutto, pensa che volevano farmi una miriadi di analisi come se fossi un giocattolo; tutti erano diffidenti con me.

E noi che eravamo venuti in pace!

Fortunatamente è una sciocchezza imparare la loro lingua:
è semplicissima ed ha una struttura razionale primitiva; un po’ come sono loro fisicamente.
Quasi quasi assomigliano ai nostri progenitori nella loro evoluzione più arretrata …
Ormai, ad esser sincero, mi sto abituando:
sai com’è tutto il mondo è paese ed io non posso rinnegare la tolleranza e la solidarietà fraterna che mi hanno insegnato i miei genitori fin da quando ero piccolino!
Tutto sommato basta abituarsi alle diversità.
Ah ! Mi stavo dimenticando di dirti che ho fatto una nuova amicizia:
si chiama Giuseppe ed un essere umano della Terra!

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il lume (La sofferenza di un padre)


Il lume
(La sofferenza di un padre)

Un uomo soffriva la cosa peggiore che può capitare a un essere umano:
suo figlio era morto, e per anni non poteva dormire e piangeva tutta la notte finché albeggiava.
Un giorno gli apparve un angelo nel sogno e gli disse:
“Basta piangere!”
“Non posso sopportare di non vederlo più!” rispose l’uomo.

Così l’angelo disse:

“Lo vorresti rivedere?”
L’uomo annui, quindi l’angelo lo prese per mano e lo portò in cielo e disse:
“Pazienta un po’, lo vedrai passare.”
Al cenno dell’angelo una moltitudine di bambini iniziarono a passare vestiti come angeli con un lume in mano.

Così l’uomo incuriosito domandò:

“Chi sono?”
E l’angelo rispose:
“Sono i bambini che hanno lasciato la vostra terra troppo presto, tutti i giorni fanno questa passeggiata con noi perché hanno il cuore puro.”
Disse l’uomo:
“Mio figlio è tra di essi?”

“Si lo vedrai tra un po’.” rispose l’angelo.

Finalmente tra i tanti bambini passò anche il figlio di quell’uomo, che radiante scappò ad abbracciarlo, quando improvvisamente si accorse che aveva il lume spento.
Angosciosamente disse al ragazzo:
“Figlio mio, perché il tuo lume è spento?
Perché non infiamma la tua anima come agli altri?”
Il bambino lo guardò e disse:
“Papà, io accendo la mia candela come quella di tutti, ogni giorno, ma le tue lacrime la spengono la notte!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La stella verde (La speranza)


La stella verde (La speranza)

In cielo c’erano migliaia di stelle di tutti i colori:
bianche, argentate, dorate, rosse, blu e verdi.
Un giorno andarono da Dio e dissero:
“Desideriamo andare sulla terra e poter vivere tra la gente!”
“Così sia!” rispose Dio, “Io vi lascio così piccole come siete, così che discretamente possiate scendere sulla terra.”
E così, in quella notte, ci fu una meravigliosa pioggia di stelle.
Qualcuna si fermò su un campanile, qualcun’altra volò con le lucciole sopra i campi, qualcun’altra ancora si mescolò tra i giocattoli dei bimbi, così che la terra era meravigliosamente scintillante.

Con il passare del tempo però le stelle decisero di lasciare la gente sulla terra e di fare ritorno in cielo.

“Perché siete tornate indietro?” chiese loro Dio.
“Signore, non potevamo stare sulla terra, dove c’è così tanta miseria, ingiustizia e violenza!”
“Sì,” disse Dio, “il vostro posto è qui in cielo.
La terra è il luogo delle illusioni, il cielo è invece il luogo dell’eternità e della vita senza fine!”
Quando tutte le stelle furono tornate indietro, Dio le contò e si accorse che ne mancava una:
“Manca una di voi.
Ha forse preso la strada sbagliata?”

Un angelo, che era nelle vicinanze, disse:

“No, Signore, una stella ha deciso di rimanere tra la gente.
Ha scoperto che il suo posto era là, dove c’è l’imperfezione, il limite, la miseria e il dolore.”
“E qual è quindi questa stella?” volle sapere Dio.
È la stella verde, l’unica con questo colore, la stella della speranza!” rispose l’angelo.
Così quando ogni sera le stelle guardavano di sotto vedevano la terra meravigliosamente illuminata, perché in ogni dolore umano c’era una stella verde.

Brano di Don Angelo Saporiti, tratto dal libro “Commento sul Natale.”