Le lenzuola sporche


Le lenzuola sporche

Una giovane coppia di sposi novelli andò ad abitare in una zona molto tranquilla della città.
Una mattina, mentre bevevano il caffè, la moglie si accorse, guardando attraverso la finestra, che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria.
“Guarda che sporche le lenzuola di quella vicina!

Forse ha bisogno di un altro tipo di detersivo…

Magari un giorno le farò vedere come si lavano le lenzuola!”
Il marito guardò e rimase in silenzio.
La stessa scena e lo stesso commento si ripeterono varie volte, mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento.

Dopo un mese,

la donna si meravigliò nel vedere che la vicina stendeva le sue lenzuola pulitissime, e disse al marito:
“Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato!
Chi le avrà fatto vedere come si fa?”
Il marito le rispose:
“Nessuno le ha fatto vedere; semplicemente questa mattina, io mi sono alzato più presto e, mentre tu ti truccavi, ho pulito i vetri della nostra finestra!”

Così è nella vita!

Tutto dipende dalla pulizia della finestra attraverso cui osserviamo i fatti.
Prima di criticare, probabilmente sarà necessario osservare se abbiamo pulito a fondo il nostro cuore per poter vedere meglio.
Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il fuoco


Il fuoco

Sei persone, colte dal caso nel buio di una gelida nottata, su un’isola deserta, si ritrovarono ciascuna con un pezzo di legno in mano.
Non c’era altra legna nell’isola persa nelle brume del mare del Nord.
Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile.
Il freddo si faceva sempre più insopportabile.
La prima persona era una donna, ma un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura.

La donna se ne accorse.

Strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno.
Perché consumare il suo legno per scaldare uno scansafatiche venuto a rubare pane e lavoro?
L’uomo che stava al suo fianco vide uno che non era del suo partito.
Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.
La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno.

Il suo vicino era certamente ricco.

Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso riccone?
Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca.
Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri e inetti.
Il volto scuro dell’immigrato era una smorfia di vendetta nella fievole luce del fuoco ormai spento.
Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno.
Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano.
Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco.

Era arrivato il momento della vendetta.

L’ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente.
Non faceva nulla se non per profitto.
Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito.
Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno, pensava.
Li trovarono così, con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento.
Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero

Storia di un pezzo di pane

Storia di un pezzo di pane

Quando l’anziano dottore morì, arrivarono i suoi tre figli per sistemare l’eredità:
i pesanti vecchi mobili, i preziosi quadri e i molti libri.
In una finissima vetrinetta il padre aveva conservato i pezzi delle sua memoria:
bicchieri delicati, antiche porcellane, pensieri di viaggio e tante altre cose ancora.
Nel ripiano più basso, in fondo all’angolo, venne trovato un oggetto strano:
sembrava una zolletta dura e grigia.

Come venne portata alla luce, si bloccarono tutti:

era un antichissimo pezzo di pane rinsecchito dal tempo.
Come era finito in mezzo a tutte quelle cose preziose?
La donna che si occupava della casa raccontò:
Negli anni della fame, alla fine della grande guerra, il dottore si era ammalato gravemente e per lo sfinimento le energie lo stavano lasciando.
Un suo collega medico aveva borbottato che sarebbe stato necessario procurare del cibo.

Ma dove poterlo trovare in quel tempo?

Un amico del dottore portò un pezzo di pane sostanzioso cucinato in casa, che lui aveva ricevuto in dono.
Nel tenerlo tra le mani, al dottore ammalato vennero le lacrime agli occhi.
E quando l’amico se ne fu andato, non volle mangiarlo, bensì donarlo alla famiglia della casa vicina, la cui figlia era ammalata.
“La giovane vita ha più bisogno di guarire, di questo vecchio uomo.” pensò il dottore.

La mamma della ragazza ammalata portò il pezzo di pane donatole dal dottore alla donna profuga di guerra che alloggiava in soffitta e che era totalmente una straniera nel paese.

Questa donna straniera portò il pezzo di pane a sua figlia, che viveva nascosta con due bambini in uno scantinato per la paura di essere arrestata.
La figlia si ricordò del dottore che aveva curato gratis i suoi due figli e che adesso giaceva ammalato e sfinito.
Il dottore ricevette il pezzo di pane e subito lo riconobbe e si commosse moltissimo.
“Se questo pane c’è ancora, se gli uomini hanno saputo condividere tra di loro l’ultimo pezzo di pane, non mi devo preoccupare per la sorte di tutti noi.” disse il dottore “Questo pezzo di pane ha saziato molta gente, senza che venisse mangiato.

È un pane santo!”

Chi lo sa quante volte l’anziano dottore avrà più tardi guardato quel pezzo di pane, contemplandolo e ricevendo da esso forza e speranza specialmente nei giorni più duri e difficili!.
I figli del dottore sentirono che in quel vecchio pezzo di pane il loro papà era come più vicino, più presente, che in tutti i costosi mobili e i tesori ammucchiati in quella casa.
Tennero quel pezzo di pane, quella vera preziosa eredità tra le mani come il mistero più pieno della forza della vita.
Lo condivisero come memoria del loro padre e dono di colui che una volta, per primo, lo aveva spezzato per amore.

Brano di Don Angelo Saporiti

La storia del vicino buono e del vicino cattivo


La storia del vicino buono e del vicino cattivo

C’erano una volta in un villaggio del Tibet due vicini che avevano un carattere completamente diverso.
Uno era molto ricco, ma estremamente avaro, l’altro molto povero, ma sempre pronto a dare e ad aiutare chiunque fosse in difficoltà.
Un giorno, due passeri costruirono il nido sopra la finestra della casa del povero e vi deposero alcune uova.
Dopo alcuni giorni le uova si schiusero e i genitori furono costretti a restare per molto tempo fuori dal nido in cerca di cibo.
Un mattino, un uccellino cadde dal nido e si ruppe una zampa.
Fortunatamente, il povero lo raccolse, gli steccò la zampina e lo rimise nel nido.
Quando si fu rimesso, l’uccellino tornò dal povero con dei chicchi di frumento nel becco per dimostrargli la sua gratitudine, dicendogli di piantare i chicchi nel suo giardino ed aspettare il raccolto.

Quel passero era, in realtà, uno spirito buono con le sembianze di un uccello.

Il povero non poteva saperlo, ma piantò ugualmente i chicchi come gli era stato detto e non ci pensò più.
Immaginatevi la sua sorpresa quando, parecchie settimane dopo, apparvero sugli steli, al posto del frumento, delle pietre preziose!
Così il pover’uomo diventò improvvisamente ricco.
Il suo vicino ne fu estremamente geloso e fu colto dalla curiosità di sapere a cosa fosse dovuto quel colpo di fortuna.
Invitò il brav’uomo a pranzo e gli chiese come mai fosse diventato ricco.
L’ingenuo, senza farsi pregare, gli raccontò l’accaduto.
L’avido vicino decise di diventare ricco anche lui, dal momento che sembrava una cosa tanto facile.

Per caso, una famiglia di passeri aveva costruito un nido anche sulla sua finestra.

Si sporse dalla finestra all’ultimo piano della sua casa, prese un pulcino dal nido e lo fece cadere per terra.
Il piccolo uccellino si ruppe così una zampa.
Poi corse giù, legò con una cinghia la zampa dell’uccellino e lo rimise nel nido, con la speranza di ottenere anche lui una ricompensa.
Come aveva sperato, gli furono dati dei chicchi da piantare nel giardino.
Ma quando crebbero, l’uomo ebbe la spiacevole sorpresa di trovarsi davanti, al posto delle pietre preziose, un brutto ceffo con un fascio di carte sotto il braccio.
Lo strano tipo lo minacciò dicendogli di pagare tutti i debiti che aveva accumulato durante la sua vita, presentandogli i documenti come prova.

Così, l’avido spilorcio perse tutto ciò che possedeva.

Questo fatto aumentò in lui l’odio e l’invidia per il vicino onesto, mentre quest’ultimo aveva ormai dimenticato le loro divergenze.
Un giorno l’uomo onesto chiese al vicino di custodirgli una borsa piena d’oro, mentre lui si assentava per un viaggio.
Il vicino disonesto non seppe resistere e si lasciò sopraffare dall’avidità.
Quando l’uomo onesto ritornò, trovò che l’oro nella borsa era stato sostituito con della sabbia.
L’avaro disse che l’oro che gli era stato lasciato si era sorprendentemente tramutato in sabbia.

Senza discutere, il vicino onesto ritornò a casa.

Trascorsero molti giorni e il brav’uomo manteneva sempre dei buoni rapporti con il vicino.
Un giorno, l’avaro dovette andare per qualche tempo in un altro villaggio e decise di lasciare il suo figlio più piccolo dal vicino, certo che ormai questi avesse dimenticato la faccenda.
In realtà, l’uomo buono voleva dargli una lezione.
Addomesticò una scimmia e le insegnò a dire:
“Padre, padre, sono tuo figlio!”
Quando l’avaro ritornò e chiese del figlio, il buon vicino rispose:

“È in casa.”

Egli guardò dentro e rimase sconvolto nell’udire una scimmia che, da un angolo, gridava:
“Padre, padre, sono tuo figlio!”
L’avaro incollerito chiese che suo figlio gli fosse subito restituito.
Il buon vicino gli disse con calma:
“Ma questo è tuo figlio… si è trasformato in una scimmia.”.
Allora il cattivo vicino di casa si rese conto di essere stato un imbroglione.
Pregò il brav’uomo di restituirgli il figlio, promettendogli di ridargli la borsa d’oro che gli aveva ingiustamente sottratto e giurò che in futuro non avrebbe più ingannato nessuno.

Favola Tibetana.
Brano senza Autore, tratto dal Web

Cittadino del Mondo


Cittadino del Mondo

Il tuo Cristo è ebreo e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero e il tuo walkman è coreano.

La tua pizza è italiana e la tua camicia hawaiana.
Le tue vacanze sono turche, tunisine o marocchine.
Cittadino del Mondo, non rimproverare al tuo vicino di essere straniero.

Graffito inciso a Monaco nel 1994.

Brano senza Autore, tratto dal Web