I due passerotti


I due passerotti

Due passerotti se ne stavano beatamente a prendere il fresco sulla stessa pianta, che era un salice.
Uno si era appollaiato sulla cima del salice, l’altro in basso su una biforcazione dei rami.
Dopo un po’, il passerotto che stava in alto, tanto per rompere il ghiaccio, dopo la siesta disse:
“Oh, come sono belle queste foglie verdi!”
Il passerotto che stava in basso la prese come una provocazione.

Gli rispose in modo seccato:

“Ma sei cieco? Non vedi che sono bianche!”
E quello di sopra, indispettito:
“Tu sei cieco! Sono verdi!”
E l’altro dal basso con il becco in su:
“Ci scommetto le piume della coda che sono bianche.

Tu non capisci nulla! Sei matto!”

Il passerotto della cima si sentì bollire il sangue e senza pensarci due volte si precipitò sul suo avversario per dargli una lezione.
L’altro non si mosse.
Quando furono vicini, uno di fronte all’altro, con le piume del collo arruffate per l’ira, prima di cominciare il duello ebbero la lealtà di guardare nella stessa direzione, verso l’alto.
Il passerotto che veniva dall’alto emise un “oh” di meraviglia:
“Guarda un po’ che sono bianche!”

Disse però al suo amico:

“Prova un po’ a venire lassù dove stavo prima!”
Volarono sul più alto ramo del salice e questa volta dissero in coro:
“Guarda un po’… sono verdi.”

Non giudicare nessuno se prima non hai camminato un’ora nelle sue scarpe.

Brano tratto da “Quaranta storie nel deserto.” di Bruno Ferrero. Casa Editrice Elledici.

L’incidente


L’incidente

Una giovane donna tornava a casa dal lavoro in automobile.
Guidava con molta attenzione perché l’auto che stava usando era nuova fiammante, ritirata il giorno prima dal concessionario e comprata con i risparmi soprattutto del marito che aveva fatto parecchie rinunce per poter acquistare quel modello.
Ad un incrocio particolarmente affollato, la donna ebbe un attimo di indecisione e con il parafango andò ad urtare il paraurti di un’altra macchina.

La giovane donna scoppiò in lacrime.

Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito?
Il conducente dell’altra auto fu comprensivo, ma spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente e i dati del libretto.
La donna cercò i documenti in una grande busta di plastica marrone.
Cadde fuori un pezzo di carta.
In una decisa calligrafia maschile vi erano queste parole:
“In caso di incidente… ricorda, tesoro, io amo te, non la macchina!”

Lo dovremmo ricordare tutti, sempre.

Le persone contano, non le cose.
Quanto facciamo per le cose, le macchine, le case, l’organizzazione, l’efficienza materiale!
Se dedicassimo lo stesso tempo e la stessa attenzione alle persone, il mondo sarebbe diverso.
Dovremmo ritrovare il tempo per ascoltare, guardarsi negli occhi, piangere insieme, incoraggiarsi, ridere, passeggiare…

Ed è solo questo che porteremo con noi davanti a Dio.

Noi e la nostra capacità d’amare.
Non le cose, neanche i vestiti, neanche questo corpo!

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero

Il cane allo specchio


Il cane allo specchio

Vagabondando qua e là, un grosso cane finì in una stanza in cui le pareti erano dei grandi specchi.
Così si vide improvvisamente circondato da cani.

Si infuriò, cominciò a digrignare i denti e a ringhiare.

Tutti i cani delle pareti, naturalmente, fecero altrettanto, scoprendo le loro minacciose zanne.
Il cane cominciò a girare vorticosamente su se stesso per difendersi contro gli attaccanti,

poi abbaiando rabbiosamente si scagliò contro uno dei suoi presunti assalitori.

Finì a terra tramortito e sanguinante per il tremendo urto contro lo specchio.
Avesse scodinzolato in modo amichevole una sola volta,

tutti i cani degli specchi l’avrebbero ricambiato.

E sarebbe stato un incontro festoso.

Brano tratto da “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero

L’incendio nella foresta


L’incendio nella foresta

Un giorno, in un bosco molto frequentato scoppiò un incendio.
Tutti fuggirono, presi dal panico.

Rimasero soltanto un cieco e uno zoppo.

In preda alla paura, il cieco si stava dirigendo proprio verso il fronte dell’incendio.
“Non di là!” gli gridò lo zoppo “Finirai nel fuoco!”

“Da che parte, allora?” chiese il cieco.

“Io posso indicarti la strada” rispose lo zoppo “ma non posso correre.
Se tu mi prendi sulle tue spalle, potremmo scappare tutti e due molto più in fretta e metterci al sicuro!”

Il cieco seguì il consiglio dello zoppo.

E i due si salvarono insieme.
Se sapessimo mettere insieme le nostre esperienze, le nostre speranze e le nostre delusioni, le nostre ferite e le nostre conquiste, ci potremmo molto facilmente salvare tutti.

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero

Il fiore senza nome. La storia del girasole.



Il fiore senza nome
La storia del girasole

C’era una volta un giardino ricco di fiori di ogni specie, in cui cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome.
La pianta era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi che non emanavano alcun profumo particolare.
Le altre piante nobili del giardino la consideravano come un’erbaccia, e non le rivolgevano la parola.
La pianta senza nome però aveva un cuore pieno di bontà, di sogni e di ideali.
Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra, e a giocherellare con le gocce di rugiada per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un solo raggio di sole.

Se li beveva tutti, uno dopo l’altro, godendoseli appieno.
La pianta senza nome trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa.
Tanto che con il passare del tempo il suo fusto, che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.
Le piante del giardino cominciarono a darle attenzione e a nutrire anche un po’ d’invidia per il suo bell’aspetto.
“Quello spilungone, è un po’ matto!” bisbigliavano dalie e margherite.
La pianta senza nome, non ci badava.
Aveva un progetto.
Se il sole si muoveva nei cielo, lei l’avrebbe seguito, per non abbandonarlo un istante.
Non poteva certo sradicarsi dalla terra ma poteva costringere il suo fusto a girare all’unisono con il sole.

Così, non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersi di questa iniziativa della pianta senza nome furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari!
“Si è innamorato del sole!” cominciarono a propagare ai quattro venti.
“Lo spilungone, è innamorato del sole!” dicevano, ridacchiando, i tulipani.
“Oh, com’è romantico!” sussurravano, pudicamente, le viole mammole.
La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome, sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole!
Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo.
E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole giorno dopo giorno nella sua camminata attraverso il cielo.

Fu così che i garofani gli diedero un nome: Girasole.

Glielo misero per prenderlo in giro, ma nel giro di poco tutti lo accolsero come un nome bello.
Piacque a tutti, compreso al diretto interessato.
Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva, orgoglioso:
“Mi chiamo Girasole!”
Rose, ortensie e dalie non cessavano, però, di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o peggio qualche sentimento molto disordinato.
Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al Girasole.
“Perché guardi sempre in aria?
Perché non ci degni di uno sguardo?

Eppure, siamo piante, come te!” gridarono le bocche di leone, per farsi sentire.

“Amici!” rispose il Girasole “Sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole.
Esso è la mia vita, e non posso staccare gli occhi da lui! Lo seguo, nel suo cammino…
Lo amo tanto, che sento già di assomigliargli un po’!
Che ci volete fare?
Il sole è la mia vita.”
Come tutti i buoni il Girasole parlava forte e l’udirono tutti i fiori del giardino.
E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per l’innamorato del sole.

Brano tratto dal libro “Tutte storie” di Bruno Ferrero. Edizione Elledici.

I due boscaioli


I due boscaioli

Due boscaioli lavoravano nella stessa foresta ad abbattere alberi.
I tronchi erano imponenti, solidi e tenaci.
I due boscaioli usavano le loro asce con identica bravura, ma con una diversa tecnica:
il primo colpiva il suo albero con incredibile costanza, un colpo dietro l’altro, senza fermarsi se non per riprendere fiato rari secondi.
Il secondo boscaiolo faceva una discreta sosta ogni ora di lavoro.

Al tramonto, il primo boscaiolo era a metà del suo albero.

Aveva sudato sangue e lacrime e non avrebbe resistito cinque minuti di più.
Il secondo era incredibilmente al termine del suo tronco.
Avevano cominciato insieme e i due alberi erano uguali!
Il primo boscaiolo non credeva ai suoi occhi:
“Non ci capisco niente!
Come hai fatto ad andare così veloce se ti fermavi tutte le ore?”
L’altro sorrise:
“Hai visto che mi fermavo ogni ora.
Ma quello che non hai visto è che approfittavo della sosta per affilare la mia ascia!”

Il tuo spirito è come l’ascia.

Non lasciarlo arrugginire.
Ogni giorno affilalo un po’:
1. Fermati dieci minuti e ascolta un po’ di musica.
2. Cammina ogni volta che puoi.
3. Abbraccia ogni giorno le persone che ami e dì loro: “Ti voglio bene.”
4. Festeggia compleanni, anniversari, onomastici e tutto quello che ti viene in mente.

5. Sii gentile con tutti. Anche con quelli di casa tua.

6. Sorridi.
7. Prega.
8. Aiuta qualcuno che ha bisogno di te.
9. Coccolati.
10. Guarda il cielo e punta in alto.

Brano tratto dal libro “Il segreto dei pesci rossi.” di Bruno Ferrero

Un bicchiere d’acqua o il mare


Un bicchiere d’acqua o il mare

Un uomo si sentiva perennemente oppresso dalle difficoltà della vita e se ne lamentò con un famoso maestro di spirito.
“Non ce la faccio più!

Questa vita mi è insopportabile!”

Il maestro prese una manciata di cenere e la lasciò cadere in un bicchiere pieno di limpida acqua da bere che aveva sul tavolo, dicendo:
“Queste sono le tue sofferenze.”
Tutta l’acqua del bicchiere s’intorbidì e s’insudiciò.

Il maestro la buttò via.

Il maestro prese un’altra manciata di cenere, identica alla precedente, la fece vedere all’uomo, poi si affacciò alla finestra e la buttò nel mare.
La cenere si disperse in un attimo e il mare rimase esattamente com’era prima.

“Vedi?” spiegò il maestro,

“Ogni giorno devi decidere se essere un bicchiere d’acqua o il mare.”

Brano di Bruno Ferrero

La corruzione


La corruzione

Un capomastro lavorava da molti anni alle dipendenze di una grossa società edile.
Un giorno ricevette l’ordine di costruire una villa esemplare secondo un progetto a suo piacere.

Poteva costruirla nel posto che più gradiva e non badare alle spese.

I lavori cominciarono ben presto.
Ma, approfittando di questa cieca fiducia,

il capomastro pensò di usare materiali scadenti,

di assumere operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma risparmiata.
Quando la villa fu terminata, durante una festicciola, il capomastro consegnò al Presidente della società la chiave d’entrata.

Il Presidente gliela restituì sorridendo e disse, stringendogli la mano:

“Questa villa è il nostro regalo per lei in segno di stima e di riconoscenza.”

Questi tuoi giorni sono i mattoni della tua casa futura.

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero

Il muro nella caverna


Il muro nella caverna

In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti.
Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all’altra.

Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni,

uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L’altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente.
Si fermava a conversare con i rari pellegrini,

confortava e ospitava coloro che si erano persi, e coloro che fuggivano;

tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera, pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell’altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all’imboccatura della propria grotta,

ogni volta che l’altro commetteva una colpa.

Dopo qualche mese davanti alla grotta c’era un muro di pietre grigie e soffocanti.
E lui era murato dentro.

Brano di Bruno Ferrero

Il disegno


Il disegno

Un bambino stava disegnando e l’insegnante gli disse:
“E’ un disegno interessante, cosa rappresenta?”
“E’ un ritratto di Dio!”
“Ma nessuno sa come sia fatto Dio!”

“Quando avrò finito il disegno lo sapranno tutti.”

Poco dopo la nascita di suo fratello, la piccola Sachi cominciò a chiedere ai genitori di lasciarla sola con il neonato.
Si preoccupavano che, come quasi tutti i bambini di quattro anni, potesse sentirsi gelosa e volesse picchiarlo o scuoterlo, per cui dissero di no.
Ma Sachi non mostrava segni di gelosia.
Trattava il bambino con gentilezza e le sue richieste di essere lasciata sola si facevano più pressanti.

I genitori decisero di consentirglielo.

Esultante, Sachi andò nella camera del bambino e chiuse la porta, ma rimase una fessura aperta, abbastanza da consentire ai curiosi genitori di spiare e ascoltare.
Videro la piccola Sachi andare tranquillamente dal fratellino, mettere il viso accanto al suo e dire con calma:
“Bambino, dimmi come è fatto Dio.
Comincio a dimenticarmelo.”

I bambini sanno com’è fatto Dio, ma arrivano in un mondo che fa di tutto per farglielo dimenticare il più in fretta possibile.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero